Sensazioni. Emozioni scaturite da attimi fuggenti, magari inconcepibili ma naturali reazioni dell’esistere. Inutile respingerle, i sensi non si spengono a comando, chiedono alla mente di fremere e assecondare il piacere. E allora chiudo gli occhi. Per farmi trasportare da emozioni calde e inquietanti. Non le lascio svanire in vortici di compromessi e pregiudizi. Me le tengo addosso.
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Acqua che cade, leggera, quasi intoccabile. Acqua che bagna, le cose vere e le cose sognate. Acqua che chiama, i ricordi, le sensazioni. Acqua che entra nell’anima. E lì innonda i pensieri, trasporta il desiderio, annega la razionalità. Acqua. Acqua sui nostri corpi, che bagna le nostre labbra, che ci rende fluidi al nostro desiderio. E’ solo acqua ma tu ed io siamo fatti di acqua. Immagine tratta dal web, di Diego Fazio Pensieri strani. Sensazioni diverse. Reazioni avverse. La mancanza non trova compensazione. E ti chiedi perché. Decidi che la ragione deve condurti oggi. Quella ragione che si scontra con il sentire. La stessa che ti ha spinta a decidere. La razionalità che sovrasta l'essere.. Eppure soffri. Vorresti certezze. Vorresti che fosse già finita. Vorresti capire che la ragione ha torto. Vorresti anima. Ma non succede. Immagine tratta dal web. Succede di rado che le persone ti stupiscano… soprattutto piacevolmente. Ci sono sguardi che ti scivolano addosso senza che tu te ne accorga, per lungo tempo, per anni. Non li percepisci, forse deviata dall’atteggiamento scherzoso, giocoso, apparentemente superficiale. Poi succede che un giorno nasce un gioco, sembra casuale, qualche battuta che capisci non essere uno scherzo, non essere il solito gioco. Parole che escono, una dopo l’altra, quasi legate al filo del tempo, del lungo tempo in cui sono state taciute. Escono come una liberazione pacata, un’ammissione del sentire quasi non importassero le conseguenze. Un dire gentile, un chiedere dolcemente, nulla pretendere. Parole che non ti aspettavi, pensieri che non immaginavi. La cosa strana è che non ti sconvolgono, ti sembrano quasi una carezza, un lieve sfiorare il tuo essere, un dolce cullare il tuo aver vissuto. Ti fermi. Non pensi. Non ti chiedi cosa vorresti, se vorresti. Non ci avevi mai pensato, non vuoi pensarci. Resti lì, immobile, a lasciarti accarezzare dalla dolcezza di quei pensieri, senza chiederti dove porteranno. E se fosse che eri già dentro me. E se fosse che mi hanno insegnato ad alzare un muro dentro me. E se fosse che in fondo ai miei pensieri ce n’era uno che non ho mai voluto leggere. Un solo neurone forse ha capito davvero il significato di quella frase, uno solo, in mezzo a milioni. Ma non si è isolato, non si è spento. Ha lentamente iniziato ad irradiare informazioni ai neuroni vicini. Qualcuno ha respinto. Qualcuno si è modificato. Qualcuno ha continuato ad agire sinapticamente. E ora sei qui, nella mia testa. I miei pensieri sono pieni di te, di sensazioni immaginate, di emozioni desiderate. Notte di pensieri. Notte di passioni. Notte di fumo e di whisky. Notte di parole già scritte. E scrivo proprio lì. sullo stesso foglio. Parole di vite diverse, di sensazioni simili. Come fossero allo specchio. Una testa che mi attrae. Dai pensieri che come mare trascinano al largo. Dai pensieri che come onde impetuose portano intensità e d’improvviso se la portano via. Restano note che sembrano dar voce alle tue parole che le urlano dentro fino a farle sbattere contro la pelle. E la pelle vuole. Non c’è spazio nella mia mente per trattenere le cose che gli altri non vogliono sentire, per tacciare i miei sensi, per non dire le cose che sento. Non voglio che l’attività dei miei cari neuroni sia rallentata dai pensieri non detti, dalle emozioni non comunicate, dalle sensazioni trattenute. Vivo in questo attimo, che può essere uno solo. Le sinapsi devono poter funzionare veloci, percorso pulito, non irretito da quel che dovrebbe essere. E’ così, e così va bene. Ancora una volta davanti a quello specchio. Guardati. Sei l'anima di quel corpo, sei l'odore di quella pelle, sei il movimento di quelle mani, sei l'ardore di quelle labbra, sei l'intensità di quello sguardo. Respirati. Come se a respirarti fosse uno sconosciuto. Ora guardalo quel corpo riflesso nello specchio. E smetti di vederlo. Non esiste. Non ha difetti. Non è altro che lo strumento per vivere le sensazioni. Lasciale fluire. Non cercare l'ordine. Non rinchiuderti nella ricerca della perfezione corporea e nelle limitazioni dell'idea di inadeguatezza. I sensi non chiedono impeccabilità, vogliono dare per nutrirsi. Che sia sull'orlo e fino al limite, dove i limiti non esistono. Perché questo è quel che sei. Un intenso fluire di emozioni e sensazioni. Non sapeva perché lo stesse facendo, ma non voleva chiederselo. Stava camminando fiera del rumore dei suoi tacchi che scandivano ogni suo passo. L'intercedere era deciso e con quel che di sicura leggerezza di chi ha deciso e non tornerà indietro. Stava camminando con una sensazione di libertà mai provata prima. "SONO MIA. DI NESSUN ALTRO. Voglio godere. Godere mentalmente, perdermi nel piacere." Un nuovo piacere. Come avrebbe aperto? Le aveva detto di suonare "Astolfi": che strano cognome, vecchio e goffo. Come avrebbe aperto? E cosa avrebbe detto? L'avrebbe fatta accomodare offrendole qualcosa da bere o avrebbe allungato le mani sui fianchi per sentirsela subito addosso? "SUBITO. PRENDIMI SUBITO." Dai. L'ultima sigaretta e poi andiamo. Torniamo a quella finta vita. Io alla mia, tu alla tua. Con il desiderio di essere di nuovo vicini. Con la sensazione di esserci ancora dentro. Con gli odori delle nostre pelli ancora addosso. Con i segni della bramosia che ci ha presi. Con il calore del piacere che ci siamo dati. Con la convinzione che l'abitudine soffocherebbe la passione. O forse no. Sento il tuo desiderio di me, cerco la dimensione in cui incontrarlo. Sento il tuo pensiero sulla mia pelle, cerco la chiave per leggerlo. Sento la tua immagine farsi spazio tra i miei neuroni, cerco di elaborarla e darle una collocazione. Sento l'intensità della tua carne che chiama la mia, cerco il tuo respiro per lasciarmi andare. Sento passione indecisa, impaurita, cerco di capire qual è il grado di piacere che riesci a sopportare. Poi succede che non torna. Tu aspetti. Ti arrabbi. Ti disperi. Vuoi che torni. Non tornerà. Non c'è mai stato. Avevi il suo corpo, ma non la sua mente. Avevi l'apparenza, ma non il sentire. Non chiederti il perché. La ragione è scritta sulla mia pelle. Non cadere nella lotta delle colpe. Non è una colpa voler vivere. Non tornerà. Non c'è mai stato. La sua testa era altrove. Era sulla mia pelle. Era dentro di me. Nella mia bocca c’è ancora il sapore della tua bocca. Mentre respiro sento ancora l’odore della tua pelle. Sto chiudendo i pugni per stringere ancora la tua carne. La tua voce risuona nella mia testa, mi vuoi ancora. Mi piace godere di te in mezzo alla gente. Quella gente che si scandalizza se scrivo di sensazioni, di pelle, di amore. Quella gente che sogna storie impossibili, rincorre sentimenti che si spengono, rimpiange le sensazioni provate pensando che fossero uniche, ineguagliabili, insuperabili. Quella gente che vive in ciò che è stato, che si ferma a ciò che la morale gli consente. Dietro l’apparenza, dietro l’ostentata ipocrisia c’è la vergogna, c'è la paura, c'è l’incapacità di abbandonarsi a ciò che è vero. Io e te. Veri. |
AuthorGRAZIA SCANAVINI Archives
Febbraio 2017
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