Non posso comandare il mio pensiero. Annientare i miei desideri,. Il tuo odore, il tuo sguardo, il tuo calore. Fermare le dita che scrivono. Dare un senso a ciò che sento. Tacciare le parole che escono dalla mia bocca. Nel silenzio sembrano grida. Quella stessa bocca che vorrebbe non avere altro respiro che l’odore della tua pelle.
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"E’ necessario un richiamo alla ragione affinché assuma nuovamente il più arduo dei suoi compiti, cioè la conoscenza di sé, e istituisca un tribunale che la tuteli nelle sue giuste pretese, ma tolga di mezzo quelle prive di fondamento, non già arbitrariamente, ma in base alle sue leggi eterne e immutabili; e questo tribunale altro non è se non la critica della ragion pura stessa. Con questa espressione non intendo alludere a una critica dei libri e dei sistemi, ma alla critica della facoltà della ragione in generale". (Critica della ragion pura- Immanuel Kant). I fatti soli, sono fatti. Tutto ciò che noi pensiamo riguardo ai fatti sono interpretazioni condizionate dal nostro vissuto e dalle nostre aspettative. E per questo assumono un valore diverso, connotati non originari che possono deviare il significato dei fatti. Fermare il pensiero sui fatti, investendoli il meno possibile delle nostre aspettative, ci aiuta a vivere ciò che accade con maggiore serenità, con minore dispendio di energie e con maggior credibilità in noi stessi e nelle nostre possibilità. Sembrano solo parole. Prese ed assimilate con la giusta dose di autocritica, consentono una serenità troppo spesso turbata: apparentemente da ciò che gli altri fanno ma in realtà dalla nostra interpretazione. Per sentirsi davvero appagati è necessario che le parole di chi ci ama (per la vita o per una notte sola) arrivino a scriversi sulla nostra pelle, si fondano con i nostri nervi, sconvolgano i nostri neuroni con l’impeto dei fuochi d’artificio e infine accarezzino i nostri muscoli dopo averli spasmodicamente stimolati. Quante volte mi hai chiesto di non dire, di fermarmi, di non portarti in mezzo ai miei pensieri. E ogni volta quella richiesta era un invito a continuare, ad insistere, ad abbattere le tue resistenze. Il tuo silenzio è lo spazio infinito in cui si muovono il mio desiderio, la mia passione. Lo ascolto ogni giorno, mi chiama ogni notte, mi dice più delle tue parole. Il tuo silenzio, mentre guardi quella scatola, che contiene tutta me stessa. Così vorrei arrivarti, al semibuio, in silenzio. In quel silenzio che ti ferma per il timore di perderti nella mia testa, che ti urla dentro la fame che ho di te. Quel silenzio che mi tiene lì, dentro al tuo pensiero, a un soffio dalla tua pelle. Succede di rado che le persone ti stupiscano… soprattutto piacevolmente. Ci sono sguardi che ti scivolano addosso senza che tu te ne accorga, per lungo tempo, per anni. Non li percepisci, forse deviata dall’atteggiamento scherzoso, giocoso, apparentemente superficiale. Poi succede che un giorno nasce un gioco, sembra casuale, qualche battuta che capisci non essere uno scherzo, non essere il solito gioco. Parole che escono, una dopo l’altra, quasi legate al filo del tempo, del lungo tempo in cui sono state taciute. Escono come una liberazione pacata, un’ammissione del sentire quasi non importassero le conseguenze. Un dire gentile, un chiedere dolcemente, nulla pretendere. Parole che non ti aspettavi, pensieri che non immaginavi. La cosa strana è che non ti sconvolgono, ti sembrano quasi una carezza, un lieve sfiorare il tuo essere, un dolce cullare il tuo aver vissuto. Ti fermi. Non pensi. Non ti chiedi cosa vorresti, se vorresti. Non ci avevi mai pensato, non vuoi pensarci. Resti lì, immobile, a lasciarti accarezzare dalla dolcezza di quei pensieri, senza chiederti dove porteranno. Notte di pensieri. Notte di passioni. Notte di fumo e di whisky. Notte di parole già scritte. E scrivo proprio lì. sullo stesso foglio. Parole di vite diverse, di sensazioni simili. Come fossero allo specchio. Una testa che mi attrae. Dai pensieri che come mare trascinano al largo. Dai pensieri che come onde impetuose portano intensità e d’improvviso se la portano via. Restano note che sembrano dar voce alle tue parole che le urlano dentro fino a farle sbattere contro la pelle. E la pelle vuole. Legata, al tuo letto. Aspetto la tua bocca, aspetto le tue mani. Bendata, dalle tue mani. Aspetto il tuo respiro, aspetto le tue parole. Catturata, dall’odore della tua pelle. Aspetto di assaggiarla, aspetto di sentirla. Immobilizzata, dalla tua voce. Aspetto che mi sfiori, aspetto che mi tocchi. Interdetta, dal desiderio di te. Aspetto di sentire, aspetto di godere. L’attesa, è già piacere. Le tue immagini mi catturano, le tue parole avvolgono i miei neuroni, i pensieri che fai entrare nella mia mente non mi lasciano spazio. Non ho altra scelta. Io ci sarò, sarò tua, potrai fare con me quello che vuoi. E nessun limite. Perché sarò eccitata, al punto in cui mi lascerò andare a sensazioni sconosciute, fortissime, indefinite. Di qualsiasi tipo. E nessun limite. Nemmeno quelli che mi trattengono dagli eccessi. Perché devo dirti questo: quando amo qualcosa, amo in eccesso. Non chiedi le mie parole, eppure le cerchi. Elaborazione del mio sentire, esternazione del mio pensiero. Sono sicura che te le senti addosso, che ti scaldi al calore del loro tocco, che le respiri mentre ti soffiano. Un solo neurone ha carpito la tua intensità, ma sinapsi calme ed efficaci l'hanno diffusa. Ad ogni singola cellula cerebrale, ad ogni respiro, ad ogni cm della mia pelle. Un percorso lento ed efficace, come acqua che impregna la stoffa, come fumo che si mescola all'aria, come bianco che rischiara il nero. E quando le mie mani si muovono sulla mia pelle ho le sensazione che siano le tue. Il desiderio di sentirle calde, la certezza della loro bramosia. |
AuthorGRAZIA SCANAVINI Archives
Febbraio 2017
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