Non credo nell'amore di chi brama disperatamente un amore che è finito. Non credo nell'amore di chi si annulla nell'amore per un'altra persona. Non credo nell'amore di chi dice di non poter vivere senza la persona che ama. Non credo nell'amore di chi critica la persona che dice d'amare. Non credo nell'amore di chi ossessiona l'amato per paura di perderlo. Non credo nell'amore di chi promette amore eterno. Non credo nell'amore di chi crede di amare più dell'altro. Non credo nell'amore di chi vorrebbe che la persona amata cambiasse. Non credo nell'amore di chi limita la fantasia della persona che ama. Non credo nell'amore di chi pretende più amore. Credo nell'amore fatto di pelle, di mente, di sorrisi, di carezze, di serenità, di rispetto. Chi ama vive delle sensazioni del momento, del calore della pelle della persona che ama, del piacere derivante dal pensare alla persona che ama, dei sorrisi spontanei che nascono sulle labbra pensando alla persona che ama, delle carezze che fa inaspettatamente alla persona che ama, della serenità che sente stando vicino alla persona che ama, del rispetto per "l'essere" della persona che ama. Per amare un'altra persona bisogna amare se stessi al punto di trarre benessere da ciò che si da alla persona amata. Amore non è misurare ciò che ci da la persona che amiamo. Amore è godere le sensazioni positive, senza recriminare mancanze, senza desiderare cambiamenti, senza pretendere ciò che l'altro non ci da spontaneamente. Amore non è avere bisogno dell'altro... amore è aver voglia di dargli sempre di più! Tutto il resto è attaccamento.
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Lo so, vi aspettavate che le cose andassero bene, che sarebbe durata... magari per sempre. Invece vi siete lasciati. E fa male. Di chi sia l'apparente responsabilità nella fine della relazione poco cambia per questo post che vuole essere solo uno stimolo a riflettere, ad elaborare nella maniera più efficace possibile per alleviare la sofferenza che assale i lasciati ma anche i lascianti: sì perché anche chi lascia soffre, soggiogato dal senso di colpa soprattutto. Lo so che poco importa del dolore di coloro che lasciano, hanno scelto loro no? Sì ma non è sempre facile, non sempre lo si fa per una questione "egoista", perché c'è un'altra persona o perché si è degli stronzi. E comunque, qualsiasi sia la dinamica, se si lascia o si viene lasciati c'è una sola ragione: la storia è finita. Fa male pensarlo, questo è ovvio e giustificato ma proviamo a ragionare in un modo un po' diverso da come solitamente succede, a mettere in atto alcune strategie per evitare di prolungare il dolore ad oltranza. Come si fa ad uscire da questa sofferenza? Partiamo con l'eliminare il più possibile la presenza di persone che ci inducono a parlare in termini di rabbia e di banalità: avete presente quelle amiche o quegli amici che "Sì perché lui è solo uno stronzo, l'ho sempre saputo, devi fargliela pagare" o quelli che "Comunque lei non ti meritava, è solo una zoccola, non vedi che ha già un altro? Devi smettere di stare male per lei." Su una cosa hanno ragione: dovete smettere di stare male ma a che serve dire a una persona che soffre "Smetti di soffrire?". A niente, ve lo dico io, se non ad aumentare sentimenti negativi dentro di voi. La rabbia spesso sembra l'unica via per prendere le distanze dalla persona che vi ha provocato dolore, e invece crea un circolo vizioso per il quale più fomentate rabbia verso la persona, più entrate in relazione negativa con lei, perpetuando sofferenza. Qui entra in gioco un consiglio che sicuramente non troveremo nelle opere di psicologia, se non tra qualche tempo: state lontani dai social network! Nel 2015 la Dottoressa Jesse Fox ha dimostrato in maniera sperimentale che stalkerizzare l'ex sui social, fa stare peggio: in generale, seguire gli aggiornamenti, quindi guardare cosa fa e chi frequenta, perdendo ore davanti a una foto su Instagram o a un post su Facebook o controllando l'ultima volta che ha fatto l'accesso a What'sapp, vi mantiene negativamente dipendenti dall'ex. Vi sembra che vi faccia stare meglio perché vi permette di sentirvi meno distanti dalla persona: lasciarsi significa non vedersi più, nella maggior parte delle relazioni, no? Spiare sembra l'unica via possibile per continuare a vedere la persona. Siete liberi di farlo, naturalmente, ma a questo punto dovete decidere se ciò che cercate è smettere di soffrire o cosa. La fine della sofferenza arriva solo attraverso la presa di consapevolezza che è finita e bisogna necessariamente riprendere a vivere, andare oltre, riorganizzarsi la vita. La faccio facile io, eh? Sì, ma perché è molto difficile solo se continuiamo a mettere in atto comportamenti che anziché consapevolizzarci, ci mantengono negativamente legati alla persona che non ci vuole più. Brutto pensarlo, lo so. Ma se ha deciso di lasciarci, o comunque se è finita, c'è ben poco da fare e da sperare: non doveva essere, non faceva più stare bene almeno uno dei due partner e, inutile dirlo credo, se in una relazione a due uno dei due non sta più bene, pensate che avanzando il tempo anche per l'altro non sarebbe sopraggiunto malessere? Sempre che già non fosse così per entrambi e uno dei due cercasse di nasconderlo anche a se stesso. Ma consapevolizzarsi cosa significa? Semplicemente prendere atto che poco importa, a questo punto, come siano andate le cose, chi abbia più responsabilità, chi abbia amato di più, chi sia stato più leale o più scorretto. Importa uscire dal dolore, andare oltre, ed è possibile solo se ci si focalizza sul fatto che è finita. Tutte le idee che andate a crearvi, da soli o con gli altri, su cosa sia successo, come sia successo, dove sia successo, altro non fanno che affondarvi un po' di più in quella dipendenza che vi fa soffrire. È finita, punto. Potete focalizzarvi su questo pensiero senza pensare che forse potrebbe ricominciare? Perché non sarà così, avviene talmente di rado che sarebbe come credere alle favole e, quando accade, raramente c'è un reale benessere nella coppia: più spesso c'è un adattamento, una condizione in cui ci si impone di farsi andare bene ciò che c'è. È finita. Partiamo da qui. Si sta male, un male che va dal sentirsi svuotati al sentirsi finiti. Che ci si senta svuotati (e confusi) è fisiologico, che ci si senta finiti un po' meno perché in generale denota che più che una relazione d'amore, c'era attaccamento, dipendenza. In questo caso consiglio ovviamente di rivolgersi a uno psicologo o a uno psicoterapeuta che sappia come condurvi nel percorso di recupero della risoluzione di voi stessi. Dallo psicologo non ci vanno i pazzi... ci vanno le persone che hanno intelligentemente capito che la salute mentale è come quella fisica: se hai un po' male un ginocchio, puoi provare a prendere un farmaco da banco, per un giorno, due, ma se il dolore persiste nel tempo, è necessario che tu vada da un medico che ti prescrive la terapia adatta, no? Così è quando si viene lasciati: se il dolore è sopportabile e non vi porta fare cose che non avreste mai fatto, potete lavorarci da soli. Ma se fa così male da non sopportarlo o peggiora col passare del tempo fino a farvi fare brutti pensieri, bè... provateci: un consulto. Sento spesso dire dalla gente che è inutile pagare uno psicologo ché tanto altro non fa che ascoltarvi: per quello ci sono gli amici. È una sciocchezza ma in parte è vero, nel senso che lo psicologo vi ascolta tanto e non vi dice granché, ma con quel "poco" che vi dice vi guida attraverso una riflessione che vi permette di consapevolizzarvi e di trovare strategie per ridefinire voi stessi. E poi quando parlate con gli amici, sapete bene che spesso a loro frega poco (soprattutto dopo un po') e che l'empatia scema mentre il vostro bisogno di sfogarvi continua. Arrivate al punto che non interessa più a nessuno. Con gli amici fa bene sfogarsi (a patto che non siano dei gossippari o dei fomentatori) quando si è appunto nella condizione di provare dolore ma poterlo anche sopportare: e allora fa bene piangere, fa bene ridere, fa bene esternare le emozioni, fa bene abbracciarsi: la vicinanza con gli altri induce nel nostro corpo il rilascio di ossitocina che, come hanno evidenziato diversi esperimenti scientifici, è un po' una "droga" naturale, una "dose" di positività. A questo può essere molto utile anche l'esercizio fisico: sono molteplici gli studi che hanno dimostrato che l'esercizio fisico, qualunque esso sia, ha effetto benefico anche sulla mente, per una questione chimica fisiologica: l’attività fisica provoca il rilascio di sostanze (i neurotrasmettitori endorfina e dopamina) nel sistema nervoso, che provocano una sensazione di piacere e ricompensa. Occhio a non eccedere perché, vi sembrerà impossibile, ma pure questo può creare dipendenza: se l'esercizio fisico è eccessivo, anche il livello dei neurotrasmettitori aumenta e si crea un circolo di assuefazione-bisogno di aumentare, esattamente come nell'utilizzo di sostanze quali alcool, droghe, ecc. Qui vi lancio uno dei consigli più determinati: non attaccatevi a queste sostanze, soprattutto in un momento emotivamente instabile. La sbronza (UNA!) ci sta, ma che non diventi l'abitudine per dimenticare il problema: quello va affrontato, punto. Vi starete dicendo: "Sì vabbè, ma a parte esercizio fisico, amici per pianti e abbracci che producono ossitocina, come ne esco?" Vi siete dimenticati forse la prima parte del post: la consapevolizzazione. Per questo può essere molto efficace scrivere, lo sapevate? Esternare le emozioni su un foglio, che nessuno leggerà, è un po' come il vecchio "guardarsi allo specchio" ma un po' più efficace perché attivo e trascinante. Date retta: se iniziate a scrivere come vi sentite, e tutto ciò che vi passa per la mente, trarrete subito beneficio perché scrivere aiuta a scaricarsi, migliora l’umore, favorisce l’elaborazione mentale. Se non siete abituati a scrivere, immagino che vi sembri una sciocchezza ma vi chiedo di provarci. Non è che dovete scrivere un romanzo o un trattato, eh. Dovete semplicemente scrivere (rigorosamente a mano, con carta e penna) come vi sentite, come è andata la giornata, in cosa vi sentite cambiati o in cosa dovreste cambiare. Provate anche a dare delle ragioni alla fine della storia, senza mentire però... perché tanto quello che scrivete non lo leggerà mai nessuno, quindi non avete bisogno di apparire, non avete bisogno di filtrare o di nascondere le vostre debolezze. Vi riesce difficile pensare di scrivere solo per voi stessi? Allora facciamo così: scrivete a me! Cioè, scrivete pensando "Cara Grazia, sai come mi sento? E sai perché mi sento così?". Non dovete rileggere e non dovrete spedirmi quelle lettere o, se volete, chiedetemi l'indirizzo a cui inviarle e io le conserverò con piacere. Non vi risponderò però sappiatelo, non le leggerò nemmeno, perché ciò che deve essere scritto su quei fogli è la vostra essenza e non necessita di nessun giudizio, di nessuna considerazione. È ciò che siete, il che non va giudicato ma semplicemente bisogna prenderne consapevolezza. E, scrivendo, è davvero molto più facile elaborare gli stati d'animo. Ultima dritta: c'è questo luogo comune diffuso secondo il quale mettersi in una nuova relazione a poca distanza di tempo dalla fine di un'altra sarebbe sbagliato. Non è sempre vero. In uno studio del 2015, Fraley e Brumbaugh hanno dimostrato che per alcune persone iniziare una nuova storia "di rimbalzo" a quella finita (rebound relationships -relazioni di rimbalzo) è un ottimo aiuto. Ovviamente non è un "must", non funziona per tutti e sempre, ma è importante sapere che nemmeno imporsi di non iniziare una storia solo perché chissà cosa penserebbero gli altri o perché "Tanto sono tutti/e uguali, io ho chiuso" fa necessariamente bene. Dovete un po' sentirvi, insomma, seguire le vostre sensazioni: se in quel momento una persona vi stimola, non vietatevi la frequentazione o l'approfondimento solo perché temete che poi gli altri parlino male o perché l'ex penserebbe che allora non ve ne fregava niente, ecc... Se sentite la spinta verso una nuova persona, non bloccatevi. Se sentite che non è il momento, non forzatevi. Se iniziate, e poi non vi sentite a vostro agio, fermatevi. Avere consapevolezza di sé significa anche seguire le proprie sensazioni senza assoggettarle a ciò che gli altri vorrebbero. E sempre, ma soprattutto adesso che state soffrendo, avete il diritto e il dovere di farlo. Vi dico quale sarebbe l'obiettivo ideale da raggiungere, elaborando una storia finita? Arrivare a capire che le relazioni di qualsiasi durata, intensità e comunque finiscano, sono esperienze che se volete davvero chiamare d'amore non potete far finire male. Ci si è amati? Allora si dovrebbe volere solo il bene dell'altro, anche se non è con noi che lo ha trovato. Bisognerebbe riuscire a pensare che le persone sono tutte diverse, che cambiano nell'arco del tempo e non perché siano cattive, stronze o chissà cosa... semplicemente la vita ci cambia. Tutti. Ogni giorno. Lo so, state pensando che "Però lui si è davvero comportato da stronzo" o "Eh ma lei però mi ha tradito": i comportamenti hanno sempre un motivo alla base, che possono non piacerci, possiamo trovarli assurdi, ma se una persona si comporta in un certo modo, evidentemente non poteva comportarsi diversamente, in quel momento. Lasciare non è facile, date retta a me se non vi è mai capitato di farlo. Essere lasciati è più doloroso? Non è detto, dipende dalla soggettività: le persone sensibili soffrono in modo particolare quando devono lasciare qualcuno perché non vorrebbero determinare sofferenza nell'altro ma non vogliono nemmeno illudere. La cosa fondamentale è arrivare a capire che le storie in cui uno dei due vorrebbe lasciare, se continuano, sono solo un procrastinare nel tempo un malessere che inevitabilmente si riversa su entrambe i partner. Volete davvero vivere in una relazione che non fa stare bene chi dite di amare, e quindi non può far star bene nemmeno voi? Io so solo, per certo, che lasciarsi fa male ma è necessario quando uno dei due non ci sta più dentro, perché presto succederà pure all'altro, per riflesso. E lasciarsi "male" è uno degli errori più grossi che si possano commettere perché mantiene legati al malessere più di quanto sia necessario. Solitamente affermare di aver deciso di cambiare vita e di fregarsene altamente dell'opinione degli altri può avere un senso. Anche dichiararlo su un social può avere un significato, considerando le dinamiche odierne, se si è consapevoli che lo si fa per il bisogno che gli altri lo sappiano e ci appoggino (e già capite da sole che decade il #nonmenefregauncazzo di ciò che pensano gli altri). Ma postare ogni ventisette minuti le tappe del cambiamento, amiche mie, è chiara espressione di tutt'altro e, se al primo post otterrete like su like e commenti incoraggianti perché le decisioni "forti" di cambiamento stimolano sempre empatia, man mano che posterete selfie di aperitivi, abiti nuovi, look innovativi, nottate da diciottenni, ecc, i like diminuiranno. E allora via di: "Chi non apprezza i tuoi successi prova solo invidia". Non è invidia, amiche mie: è tristezza. Tristezza nel prendere coscienza che non c'è nessuna emancipazione nel vostro comportamento. È una messa in scena nella quale, chi assiste, non riesce più a sostenervi perché capisce che non state cambiando: state solo cercando di far credere agli altri (e forse a voi stesse) che siete felici, che non siete più quelle che eravate. Al vostro ex, alla nuova donna del vostro ex, agli amici del vostro ex e a tutti quelli della cui opinione, avevate dichiarato all'inizio, non ve ne frega un cazzo. Lo so, state pensando che sono una stronza, che vi sto mal giudicando, ecc... Fermatevi un attimo a pensare che io potrei solo volervi dare un consiglio: io lo so che avete voglia di riscattarvi e questo è assolutamente positivo! Volersi liberare del dolore dovuto a una storia finita male è assolutamente condivisibile e necessario ma perché avvenga dovete liberarvi del bisogno che l'altro sappia cosa fate, con chi uscite, cosa vi mettete, chi vi corteggia. Per liberarvi dal dolore, dovete solo prendere coscienza che è finita (colpa sua, colpa vostra, colpa di altri... non importa, è finita!). Se invece il vostro intento è quello di far ricredere l'ex (mostrandovi più belle di prima, più attive, più corteggiate) con queste dinamiche in cui diventate una caricatura di ciò che siete, otterrete esattamente l'effetto contrario. Perché lui vi ha conosciute, sa come siete davvero... E allora potrebbe essere più efficace un semplice: "Mi manchi". Date retta. Facebook, Twitter, Instagram sono il peggior posto per rinascere. Si rinasce dentro. Affronto questo argomento scegliendo un percorso a ritroso, dicendo subito che il sottotitolo di questo post potrebbe essere "Non chiamatele MILF". Vi starete chiedendo se questa mattina io mi sia alzata male, considerando che me ne esco con una imposizione relativa a un termine che ormai nel gergo sociale è diffusissimo e più che legittimato dall'uso comune. Non mi sono alzata male, seguitemi nella riflessione. Ormai tutti sanno che l'acronimo MILF indica una donna di mezza età considerata ancora piacente e sessualmente attraente, in particolare dagli uomini più giovani. Ma conoscete solo l'acronimo o dell'acronimo stesso conoscete il significato e l'origine? Il termine MILF appartiene allo slang anglo-americano e significa letteralmente Mother I'd Like to Fuck (in italiano: mamma che vorrei scoparmi). Questa espressione nasce negli anni Novanta all’interno di gruppi online nei quali i ragazzi definivano in questo modo alcune mamme fotografate per la rivista americana Playboy. Largamente diffusosi poi in àmbito pornografico, al punto da diventare una categoria vera e propria in cui raccogliere i filmati o i contenuti riguardanti appunto le donne di mezza età. Siamo quindi davanti ad un fenomeno per il quale, come spesso accade, un termine nato in un àmbito specifico e ristretto entra nel gergo quotidiano, fino a divenire normale. Non si sconvolge nessuno, oggi, se in radio, in tv, al bar, in qualsiasi situazione, si parla di MILF, no? E se vi dicessi che alle donne non piace essere definite MILF? Se vi dicessi che non è per una questione di "età" ma di categorizzazione e di associazione a una immagine mentale che per le donne non ha nulla di piacevole? Mi spiego: io che sono una donna sessualmente non condizionata, trovo banale e spiacevole essere racchiusa in una categoria che rimanda a una immagine della donna vista come mero oggetto di desiderio. Da donna, essere definita MILF, mi fa sentire sminuita, giudicata in termini di media, valutata come "passabile", "trombabile" da un uomo più giovane quindi "fortunata". Cosa mi infastidisce di tutto questo: in primis l'associazione al termine MAMMA, lo ammetto. L'immagine di una mamma scopata dall'amico del figlio, per esempio e bando alle ipocrisie, nel nostro sistema sociale non è un granché come classificazione, no? È un'immagine "sporca", intrisa di perversione, ovviamente condizionata dall'origine pornografica del termine. Nonostante l'acronimo non desti più stupore, conserva comunque una connotazione negativa celata dalla normale diffusione del termine stesso: l'uso dell'acronimo ha un effetto diverso dall'espressione interamente considerata no? C'è una bella differenza tra sentirsi dire "Sei una MILF" e sentirsi invece dire "Sei una mamma che vorrei scoparmi". Eppure la traduzione letterale è questa. E voi davvero pensate che a una donna possa far piacere sentirsi definire in questo modo? Qualcuno mi dice "Ma sì dai, lo dico in modo scherzoso, giocoso, leggero..." e io posso capire che sia così realmente, ma non lo è per la maggior parte delle donne. Guardare una immagine come quella che ho usato qui sopra, che reazione emotiva può scatenare in una donna, secondo voi? È uno scherzo, certo. Una leggerezza. Ironia per qualcuno? Non per una donna. Non posso cambiare il mondo, lo so (mio marito me lo ripete spessissimo quando mi arrabbio per certe cose), ma posso favorire gli uomini che mi leggono a capire che utilizzare quel termine, nei confronti di una donna, non li rende piacevoli ma fa pensare a quella donna che essi ragionino in modalità "sito porno", sui quali ancora oggi la donna è OGGETTO e non soggetto di piacere. E questo concetto è ancor più comprensibile se si considera il corrispondente acronimo maschile FILF (Father I'd Like to Fuck) di cui pochissimi conoscono l'esistenza, che vede praticamente inesistenti categorie sui siti porno e che comunque riguarda rapporti tra uomini più maturi e donne più giovani. Dinamica che potremmo definire normale nella nostra società, no? La donna matura che ha rapporti con uomini più giovani, invece, desta ancora giudizi maliziosi. Insomma: se vi trovate ad avere a che fare con una piacente donna di mezz'età, soprattutto se vi interessa, non usate il termine MILF in sua presenza... ai suoi occhi perdete di consistenza perché la sua reazione emotiva a questo termine è tutt'altro che legata al piacere. Stimolata da un articolo pubblicato da Vanity Fair, l'ennesimo nel web sulle fantasie erotiche femminili più diffuse, mi sono messa a cercare online tutti gli articoli che stilano queste graduatorie del fantasy con il desiderio di trovarne una che andasse un po' oltre la banalità letta e riletta in questi anni: niente! Ho trovato di tutto, in certi forum anche qualcosa di interessante, ma davvero poco. Quel che mi ha lasciata spiazzata è la tendenza di molti siti a dare una "giustificazione" alla fantasia: se immagini questo, allora significa che! Ma cazzate oltremisura... eccone un esempio: "Fare l’amore con più partner Avere molti uomini a propria disposizione, essere al centro delle loro attenzioni per sentirti una vera regina! In realtà, questa fantasia rivela l’esistenza di un vuoto all’interno della coppia, o una mancanza di comunicazione tra i due partner. Il partner esterno colma questo vuoto e serve da mediatore." Vi prego, quando leggete queste cose non memorizzatele, non credeteci: i giornali al giorno d'oggi hanno la tendenza a diagnosticare problemi e fornire la cura necessaria come fossero psicoterapeuti di lunga esperienza ma in realtà è il trend editoriale per vendere il prodotto, niente più. Non sto sminuendo il lavoro di tutti i giornali ma, soprattutto quelli che non propongono l'argomento supportato dal parere di un professionista nel campo, li trovo assurdi e patetici oltre che inconsistenti. Ma torniamo alle FANTASIE SESSUALI! Quelle maschili fanno un po' meno scalpore perché, si dice, gli uomini non le hanno mai nascoste. Io dico il contrario: le fantasie maschili rese pubbliche sono sempre le stesse ma perché, gli uomini come le donne, continuano a nascondere (anche a sé stessi spesso) ciò che li eccita per paura di essere giudicati. Vi sembra strano? A me per nulla. Nell'esperienza-studio fatta su un sito di sex-cam in questi mesi, ho rilevato un aspetto molto importante a questo riguardo e sempre molto negato dal mondo maschile: gli uomini si eccitano vedendo altri uomini masturbarsi o avere rapporti sessuali. E non sto parlando di omosessuali dichiarati, sto parlando di uomini che nel profilo sidichiarano "eterosessuale" ma che di fatto li vedi guardare e partecipare alle trasmissioni in cam di uomini e anche cercare incontri (virtuali o live). E io lo trovo del tutto naturale, così come per le donne c'è la fantasia di un rapporto bisex, per gli uomini anche... ma nessuno di loro lo ammetterà mai perché su di loro grava la regola sociale secondo cui un uomo "vero" è il tombeur de femmes e già se ti mostri un po' più sensibile della media il giudizio degli altri ti etichetta come "femminuccia", figuriamoci se dovessi ammettere un'eccitazione mentale riguardante gli uomini. Altra fantasia maschile molto condizionante è quella dei CUCK-OLD: se ti eccita pensare alla tua donna posseduta da un altro uomo, per la società media sei un perdente e un "cornuto": Niente a che fare con le dinamiche reali relative a questo tipo di desiderio sessuali: tutti, e dico tutti, i cuck-old con cui ho interagito dicono che l'eccitazione sta nel riuscire a vedere la propria compagna "dal di fuori", avere la possibilità di guardarla in ogni movimento ed espressione di piacere, cosa difficilmente realizzabile durante un amplesso con lei perché impegnato nell'atto sessuale ma che va ben oltre la banale ed abitudinaria interpretazione secondo la quale il piacere sta nell'essere cornificati. Sappiate che molte donne apprezzano il fatto che un marito cerchi un uomo per loro, curandosi di contattare un uomo che possa piacere loro e dar loro piacere. Stiamo sicuramente parlando di coppie all'interno delle quali il rapporto è molto solido, che va al di là della coppia standard che ritiene l'esclusivismo sessuale la base dell'amore. Ma basta parlare di uomini, questo post è nato per dire ciò che le donne non dicono dei loro desideri, di ciò che farebbero se potessero. Premetto che non farò un elenco delle fantasie comuni tra le donne ma di quelle fantasie che molte donne mi hanno scritto in queste 24 ore, dopo che ho chiesto di dirmi quali sono le situazioni che più le eccitano e a cui pensano durante i rapporti sessuali "classici", molto spesso senza avere il coraggio di dirle al partner. Anche se non hanno la possibilità di realizzare perché timide, timorose o in una situazione sentimentale che non consente loro la libertà di avverarle, queste le FANTASIE HOT che mi sono arrivate: -essere l'unica donna con più di un uomo: è la più quotata in questa indagine-lampo! E non si parla di scene tipo film porno dove lei viene "usata" quanto più di un rapporto molto intenso dove lei è al centro dell'attenzione e gli uomini (da due a numero indefinto) si amalgamano nel darle piacere. Un clima intenso, intriso di passione, senza prevaricazioni (ricorrente che gli uomini immaginati siano di colore). -sesso con superdotato: l'uomo superdotato eccita la fantasia di molte, non di tutte (qualcuna teme il dolore) ma di tante! -essere prese con forte passione senza aspettarselo, magari in un bagno di un ristorante, al primo appuntamento: annoiate da corteggiamenti troppo sentimentali per una storia di sesso, preferiscono un uomo che si imponga subito, con pochi giri di parole. Un uomo forte, mentalmente e fisicamente che "non dia scampo", che le sappia accendere con sguardi e gesti molto espliciti ma, attenzione, anche eleganti. Il "ci facciamo una scopata?" non funziona! -essere dominate con savoir-faire: un uomo deciso che magari leghi i polsi al letto, bendi gli occhi e si dedichi in toto a soddisfarla con ogni pratica sessuale possibile. Non si parla di pratiche bdsm vere e proprie ma una sorta di dominazione dei sensi: io mi metto nelle tue mani uomo, fammi vedere cosa sai fare! -fare sesso con uno sconosciuto: un bell'uomo, interessante, incontrato al bar la mattina, per caso, e magari uno sguardo un po' più intenso intercorso è lo stimolo a fantasticare sul fatto che quell'uomo possa aspettarla fuori o lasciarle un biglietto sulla macchina con il numero di telefono. Non sa chi è e non lo vuole sapere. Vuole un incontro, anche fugace, che sia un momento di sesso intenso, senza un prima o un dopo. -il ragazzo delle pizze! Più di una donna mi scrive che la eccita pensare che il pony express della pizzeria suoni il campanello e non resista ad un chiaro atteggiamento da parte della donna stessa appena entrato in casa. Una di loro mi ha raccontato di aver soddisfatto questa fantasia e di aver anche instaurato un gioco con questo ragazzo: ogni volta che lei ha voglia di lui, ordina la pizza! Nessun contatto fuori da questo gioco, né una telefonata, né un messaggio, nulla. Solo sesso annesso all'ordinazione della pizza! Se ci pensiamo, una volta erano i garzoni dei negozi ad avere qualche volta questa possibilità... -sesso violento: cit."Non mi riferisco a uno stupro ma ad un sesso poco gentile, con gesti violenti, sottomissione completa. Diciamo che se nel quotidiano frasi volgari o atteggiamenti di prepotenza mi manderebbero letteralmente in bestia, in certe occasioni potrei apprezzarle molto." -in una stanza tutta buia, sanza vedere il volto di colui con cui si fa sesso: si tratta sempre del famoso "sconosciuto" ma qui, ancor di più, non si vuole nemmeno conoscere il volto di quest'uomo. -fare l'amore con una donna. Diciamo che quelli sopra erano raggruppamenti delle fantasie più espresse, in senso numerico. Qui di seguito invece alcune citazioni dirette delle meno "popolari" ma molto interessanti: "Il massimo? Essere rapita da più uomini, messa al centro della stanza e obbligata a toccarmi davanti a loro che iniziano a masturbarsi per poi avvicinarsi e usarmi a loro piacimento" "Sai quante volte ho pensato, entrando a casa della mia migliore amica, di trovare solo suo marito e non riuscire a resistergli? Mi dispiace, razionalmente, ma quanto mi eccita!" "Quando faccio l'amore con mio marito penso spesso che vorrei che una cena tra amiche, una sera, con molta naturalezza e gioco si trasformasse in un'orgia tra di noi... Guardo spesso film porno di sesso tra donne... wow!" "Il bagnino! Fin da adolescente ho sognato che il bagnino dello stabilimento balneare mi seguisse in cabina e mi prendesse lì, con la gente fuori che aspetta!" "Nuova nuova questa, l'ho pensata l'altro ieri uscendo dal commercialista (gran bell'uomo per altro): vorrei dominarlo! Entrare nel suo studio e obbligarlo a fare tutto ciò che voglio, magari anche penetrarlo con qualche giocattolo... Già di mio sono piuttosto dominatrice e poi... lui mi ha inculata tante volte! ahahah" "Ogni volta che entro in Chiesa mi eccito pensando che il prete mi prenda durante la confessione e mi scopi nel confessionale" "Mio marito con un altro uomo che fanno sesso tra loro. Poi eventualmente posso aggregarmi." "Ho pensato un sacco di volte che mi piacerebbe guardare mio marito che scopa un'altra ma senza che loro mi vedano. Mi ecciterebbe ma sarei anche curiosa di vedere come si comporta con un'altra." "Credo di essere un po' banale ma mi eccita pensarmi in doccia, entra un ragazzo giovane (tipo idraulico) che rimane imbarazzato ma io lo invito ad entrare in doccia con me" "Non riesco a godere se non ci penso: doppia penetrazione con due uomini superdotati e altri due che mi succhiano i capezzoli. Chiedo niente, eh?!" "Il pasticcere del bar dove faccio colazione! Che mi portasse nel laboratorio e mi stendesse sul tavolo infarinato!" "Mi vergogno un po' a dirtelo ma, avendo un figlio ventenne, ho pensato spesso di trovarmi un giorno in casa con i suoi amici e che lui non ci fosse" "E' forte, tieniti stretta: entro in casa e mio marito è seduto su una sedia, legato e con nastro sulla bocca. Un uomo con un corpo potente mi prende alle spalle e mi obbliga a fare sesso. Subito cerco di divincolarmi, più per rispetto a mio marito ma quando mi accorgo che lui è eccitato nel vedermi con l'altro me lo godo tutto! Anzi, ripensandoci, se fossero due meglio" "Mi eccita pensare che un uomo seduto a fianco a me, al cinema, allunghi la mano e mi tocchi mentre mio marito guarda il film!" "Fare la prostituta per una notte. Sì, mi piacerebbe per una sera ricevere uomini, uomo dopo l'altro, ognuno diverso e farlo perché sono pagata." "Mio marito con un trans" "Essere fermata da due carabinieri ed essere obbligata a fare sesso con loro" "Vado spesso con un'amica alle terme e, nonostante io sia eterosessuale, l'ultima volta in sauna ho immaginato di abbassarle l'asciugamano e iniziare a leccarle i capezzoli, per poi scendere, aprirle le gambe e leccarla come piace a me essere leccata. So che esistono posti "adatti" a farlo ma ho l'impressione che lì vadano solo lesbiche vere e proprie... quello mi metterebbe a disagio, vorrei che fosse una cosa spontanea" "Cosa darei perché mio marito entrasse a casa con un amico e cominciasse a toccarmi davanti a lui che guarda. Come andrebbe a finire è inutile che te lo dica vero?" "Ho sognato più di una volta di vedere mio marito con un'altra donna o più di una. Io non farei nulla, lo guarderei solo. Mi eccita da impazzire pensare a quanto sarebbe eccitato" "Vorrei che la sera del mio compleanno mio marito entrasse a casa, mi bendasse, mi dicesse: stasera ti festeggio a modo mio e mi portasse in un club privé. Lo sogno da tanto questo e ci ho pensato ancor di più da quando ho letto il tuo articolo sui club ma non ho il coraggio di dirglielo" Mi riallaccio, per concludere, all'ultima citazione: "ma non ho il coraggio di dirglielo" e vi invito a riflettere perché a queste donne ho chiesto se abbiano mai confessato al marito queste fantasie e la maggior parte (quasi tutte) non lo hanno mai fatto perché temono che il marito diventi geloso o creda che lei lo tradisca, avendo pensieri di questo genere. Le fantasie sono desideri "congelati"... vorrei farlo ma non si può, quindi le vivo mentalmente e basta. Siamo sicuri che siano tutte inattuabili? Siamo così certi che, metterle in pratica, sia così sbagliato? Perché abbiamo così paura di attuarle? Quel che è certo è che tante fantasie femminili corrispondono in toto a quelle maschili ma il muro del timore, del senso di colpa e di tutti i condizionamenti che abbiamo, fa sì che ognuno tenga le sue ben nascoste dentro di sé. E se facessimo il tentativo di fantasticare insieme? |
GRAZIA SCANAVINI Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo.
L'obiettivo è stimolare riflessione al fine di favorire la consapevolezza personale nelle relazioni.
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