So che può sembrare tutto molto distante da noi ma, così come sapere la storia nei fatti dovrebbe essere basilare per capire da dove veniamo in termini di società, dovrebbe esserlo almeno a pari importanza sapere da dove vengono i nostri comportamenti sessuali e di coppia. Io consiglio sempre la lettura di "IN PRINCIPIO ERA IL SESSO" di Cacilda Jethá e Christopher Ryan per chi vuole avere una visione davvero efficace della storia delle relazioni, cosa che consentirebbe a noi tutti una maggior consapevolezza sulla nostra vita di relazione, ma lo scritto che segue spiega non poco dell'evoluzione dal matriarcato al patriarcato, ponendo particolare attenzione quindi sull'oggettiva correlazione tra le dinamiche di coppia e la sessualità. I COMPORTAMENTI SESSUALI NELLA PREISTORIA Ormai è ben documentato che il pianeta Terra ha un’età di ben circa 6 Mld. di anni e che in esso la specie animale preumana i cui membri sono stati denominati ''parapithechi'' ad incipiente conformità di quella che sarà definita specie umana vi è comparsa oltre 4 Ml. di anni fa (addirittura circa 6 Ml. di anni fa, secondo le recentissime scoperte del palentologo Robert Eckhardt. Ma il comportamento sessuale di tale specie animale permane, fino a meno di 30.000 anni fa, con carattere istintivo-compulsivo,strettamente dipendente da cicliche condizioni ormonali ad insorgenza periodica, per il raggiungimento esclusivo dell’accoppiamento riproduttivo, effettuato senza la minima coscienza dell’evento conseguenziale. Soltanto in tale epoca (cioè circa 30.000 anni or sono), in quella specie animale ormai qualificabile umana e solo in essa inizia lentamente a stigmatizzarsi la cosiddetta sessualità, complesso dei comportamenti maschili e femminili, propri dell’essere umano attivati volontariamente, al fine di soddisfare la concupiscenza reciproca mediante qualsiasi tipo di contatti erotici, compreso l’accoppiamento definito ''coito'' esprimenti la modalità di soddisfazione della pulsione erotica, consciamente vissuta ed indipendente dall’esito riproduttivo. I primi “ominidi” prototipi della specie umana (delineatisi circa 1.700.000 anni fa) sono stati denominati ''australopitechi'' poiché i loro resti fossili sono stati rinvenuti nell’Africa meridionale presso la regione etiopica dell’Afar, cioè appartenente all’emisfero australe. La struttura corporea degli “australopitechi” era ancora molto diversa da quella di un essere umano odierno, basta sottolineare che il loro cervello aveva un volume molto piccolo, equivalente a meno della metà di quello dell’attuale Homo sapiens sapiens, e che dovette trascorrere più di un milione di anni per raggiungere un apprezzabile successivo volume, pur sempre limitato, proprio dei cosidetti ''pitecantropi'' contemporaneamente in più parti del pianeta terra (i suoi resti fossili sono stati rinvenuti in Europa, Africa, Indonsia e Cina) e giunti fino a circa 30.000 anni fa (limite superiore del paleolitico medio, periodo compreso tra 80.000 e 30.000 anni fa, epoca in cui si è posto il confine con l’inizio del paleolitico superiore, che si ritiene concluso 20.000 anni or sono). Da questi ominidi i quali, ad un certo momento,cominciarono ad assumere preferibilmente la postura eretta ed a camminare con i soli arti posteriori, a tenere la testa in posizione quasi verticale (Homo erectus, di cui il più noto è quello giavanese) (delineatosi circa 600.000 anni fa), ad essere abili a costruire i rudimentali utensili di selce (Homo habilis detto anche Homo faber) ed a provvedere alla conservazione di parte delle provviste raccolte è derivato ''l’Homo sapiens'' che, pur avendo avuto origine evolutiva oltre 200.000 anni or sono, si è ben delineato come tale poco più di 20.000 mila anni fa, e che, a sua volta, ha dato origine all’attuale ''Homo sapiens-sapiens'' circa 15.000 anni fa. All’inizio del ''paleolitico medio'' (circa 80.000 anni fa) coincide anche la comparsa dei ''neanderthaliani'', i cui resti furono originariamente rinvenuti nel 1856 in Germania presso la valle di Neander, i quali, sebbene possedessero un cervello di volume relativamente superiore a quello umano attuale e fossero sufficentemente intelligenti, si estinsero completamente circa 30.000 anni fa. Per quanto riguarda il comportamento sessuale degli ''australopitechi'' (vissuti in un’epoca compresa tra circa 1.700.000 e 500.000 anni fa) dai reperti paleontologici si può solo arguire che essi vivevano nella più assoluta promiscuità e che copulavano in posizione ''mores ferarum''(da dietro). E' la posizione più simile al mondo animale. ferarum accoppiandosi a caso con qualsiasi femmina in estro, spinti dalla momentanea periodica tensione genesiaca. La relativa azione coitale era estremamente rapida e, spesso, doveva essere subito interrotta prima di averne completato l’espletamento per le frequenti interferenze di altri individui ed anche di animali. La reazione orgasmica femminile era del tutto sconosciuta non potendo essere assolutamente provocata, anche se la tensione erotica femminile diveniva, a periodi, talmente indominabile da elicitare un notevole comportamento recettivo. Per quanto riguarda il comportamento sessuale dei ''pitecantropi'' (vissuti in un epoca compresa tra circa 500.000 e 30.000 anni or sono) dai reperti paleontologici si rileva che, almeno da 100.000 a 30.000 anni fa (allorché divennero ''erectus'' ed ''habilis''), i maschi si allontanavano spesso dalle femmine per periodi più o meno brevi ma, a volte, anche abbastanza lunghi per recarsi a cacciare ogni tipo di selvaggina. I rapporti sessuali erano effettuati ancora mores ferarum, esclusivamente con femmine in estro e quasi sempre al ritorno degli uomini dalle uscite di caccia, in specie se prolungate e proficue, ma non si aveva ancora alcuna consapevolezza della connessione con le gravidanze. Le femmine, gravate dalle gestazioni, affaticate dall’allattamento e dall’accudimento della prole, non potevano essere di alcun aiuto nelle spedizioni di caccia. Pertanto, il loro compito era di raccogliere la legna nell’immediato dintorno, di alimentare il fuoco e di raccogliere frutti e vegetali commestibili. Di conseguenza, le donne diventarono autorevolmente padrone dei luoghi di ritiro domestico e, quando periodicamente divenivano sessualmente eccitate e recettive, si concedevano con selettiva preferenza a quei maschi che al rientro, oltre essere eroticamente ipereccitati dall’odore dei ferormoni del loro estro, potevano dimostrare di essere stati i più abili nel predare la selvaggina. Si costituiva, così, il matriarcato, destinato a durare fino a circa 15.000 anni or sono. Il matriarcato si è progressivamente consolidato nel periodo dell’ultima glaciazione del quaternario (circa 45.000 anni or sono) in quanto la donna, essendo preposta a conservare il fuoco, divenne una figura indispensabile di notevole importanza essenziale. Infatti, era lei che assicurava il confortevole calore del rifugio, che cuoceva i cibi rendendo la selvaggina più gustosa, ed era intorno a lei che i bambini e gli uomini si disponevano a cerchio per ricevere il pasto caldo. Conseguentemente, la donna, come dimostrato da Bachofen (1861),alla superiore forza fisica dell’uomo oppose un possente prestigio al principio della violenza quello della pace, ad ogni inimicizia cruenta lo spirito di conciliazione, all’odio l’amore, e così riusci ad indirizzare l’esistenza selvaggia primordiale, non frenata da alcuna legge, verso una forma temperata di civiltà da essa dominata . Ciò è ampiamente confermato dai rilievi archeologici effettuadi da Mallaart (1967) e da Gimbutas (1987) che attestano come il patriarcato di ritorno sia stato preceduto, nella preistoria, da un lungo e solido matriarcato caratterizzato dall’assenza di ogni attività bellica e dal culto della ''Dea Madre''. Per quanto riguarda il comportameno sessuale dell’Homo sapiens (iniziato a delinerasi da oltre 200.000 anni e pienamente affermatosi poco più di 20.000 anni fa) dai reperti preistorici si rileva la piena continuazione del matriarcato. Si presume che nel periodo in cui è vissuto ''l’Homo sapiens'' la sessualità della donna ha iniziato progressivamente a sganciarsi dalle cicliche condizioni ormonali. Infatti, si hanno notizie che, specialmente nell’ultima fase di tale periodo, le matriarche esercitavano spesso pratiche erotiche per secondi scopi (tra i più frequenti, per ottenere cibo o oggetti, per rinforzare l’amicizia e per disinnescare l’aggressività), indipendentemente dalle fasi di estro, tanto che molte immagini rupestri, risalenti a questo periodo, rappresentano l’unione sessuale con la donna di enorme dimensione posta al di sopra dell’uomo di dimensioni notevolmente inferiore. Per quanto riguarda il comportamento sessuale ''dell’Homo sapiens-sapiens'' (ben delinatosi 15.000 anni fa e tutt’ora in evoluzione) dai reperti preistorici di essenziale si rileva che gli uomini i quali, fino a quell’epoca, nell’atto dell’accoppiamento erano stati dominati dalle donne prendono coscienza dell’indispensabilità maschile per indurre la procreazione, iniziano ad esercitare autorità sulle donne sottomettendole non solo ai fini sessuali tanto che molte immagini rupestri, risalenti a questo periodo, rappresentano l’unione sessuale con scene in cui la donna risulta posta a gambe divaricate al disotto dell’uomo , il quale le introduce in vagina un enorme pene eretto coniforme, ma progressivamente anche ad ogni altro fine, dando così inizio al patriarcato che perdura tutt’ora, sebbene in subdola decadenza. Il persistere della sottomissione sessuale della donna al potere maschile è documentata dal fatto che nelle raffigurazioni artistiche prodotte tra il VI sec. a. C. ed il I sec. d.C., in pieno patriarcato dell’epoca storica, compare nuovamente con notevole frequenza la posizione coitale ''mores ferarum'', ma non come rappresentazione dell’accoppiamento istintivo, bensì per rappresentare l’asservimento femminile al soddisfacimento erotico maschile. Tuttavia, si deve precisare che le immagini rupestri dei comportamenti sessuali degli esseri umani dell’epoca preistorica non costituivano pornografia , nel senso attuale del termine, ed in chi le osservava non suscitavano alcun eccitamento erotico, né lo scopo di chi le realizzava era quello di erotizzare. Infatti, le immagini ipermacroscopiche dell’organo genitale maschile eretto, in specie, servivano per simboleggiare la potenza creatrice e ad esse si attribuiva virtù propiziatoria di buon auspicio ed anche potere di mantenere lontano gli spiriti maligni, cioè potere apotropaico. In definitiva, le predette immagini costituivano le ''Immagini Sacre'' della religione ancestrale. Claudio Nucci (2013) Minerologo, Cultore di Scienze Geologiche, Riproduttore di Manufatti e Utensili Preistorici
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Sto portando a termine la stesura del reportage complementare a NON CHIAMATELE PUTTANE. In quella prima pubblicazione riportavo dieci storie e testimonianze di donne che -per libera scelta- si prostituiscono. Storie che sono andata ad ascoltare in prima persona, chiedendo la disponibilità delle prostitute a raccontarsi. In questa seconda, invece, offrirò di leggere -direttamente dalle testimonianze dei diretti interessati- le risposte a quelle domande che tutti mi fanno: chi sono gli uomini che pagano per avere una relazione (sessuale ma non solo) con queste donne? Perché lo fanno? Hanno carenze nel rapporto matrimoniale? E perché pagare? Cosa pensano delle donne che si prostituiscono? In quelle relazioni, trovano appagamento reale o è solo tutta finzione? Per rispondere a queste domande nel modo più esauriente possibile, ho messo annunci fingendomi io stessa prostituta e sono andata a conoscere cinquanta uomini che usufruiscono di questa fascia di prostituzione. Il volume sarà pubblicato in piattaforma Amazon, come il primo, e sarà acquistabile dal 15/06/2020. Vi propongo intanto un estratto, e vi chiedo di soffermarvi al titolo un attimo: se l'ho scelto è perché usare un termine intriso di pregiudizi per definire persone, comporta spesso il fatto di approcciarsi con pregiudizio... è solo una questione di logica. Provate a leggere queste storie per quello che sono, non per dare giudizio. A dirci chi sono questi uomini, saranno i dati emersi dallo studio. GIOVANNI Roma Sono le undici di mattina e sono seduta in una caffetteria, a Piazza Santa Maria Maggiore. Giovanni è leggermente in ritardo per l’appuntamento ma mi ha avvisato con un messaggio. Nello scambio di mail mi ha raccontato di avere cinquant’anni, di essere sposato e di avere un ruolo lavorativo dirigenziale, che lo appaga. È laureato in scienze politiche e il suo linguaggio induce a pensare a una persona di ottimo livello culturale. Quando entra, capisco subito che è lui. Si è descritto alto, capelli neri, corporatura imponente e sorriso smagliante. Non ha mentito. Si avvicina al tavolo sorridendo e si presenta come se fosse un incontro qualsiasi, con molta naturalezza e giovialità. Un leggero imbarazzo nello sguardo, forse, che lascia svanire scherzando, chiedendomi se mi sia seduta così vicina all’uscita per potermela dare a gambe. Scambiamo qualche parola di circostanza, poi mi chiede come mai io abbia messo quell’annuncio e io rispondo ampliando la versione che già avevo dato nelle mail: il lavoro non mi va granché bene e ho deciso di unire il dilettevole all’utile. Giovanni non corrisponde di certo all’immagine che si può avere di un uomo che abbia bisogno di pagare una donna, per averla: è spigliato, allegro, espansivo. Molto cortese e affabile. Giacca blu, jeans e camicia bianca, è anche decisamente un bell’uomo. Mi conferma di essere sposato. Ha una figlia e una vita famigliare serena. E ALLORA PERCHÉ HAI RISPOSTO AL MIO ANNUNCIO? O, MEGLIO, PERCHÉ UN UOMO COME TE LEGGE QUEGLI ANNUNCI? Non è facile da capire, eh? Non mi manca niente, men che meno la possibilità di avere storie senza pagare, ma non voglio mettermi nei casini. Sono sposato da venticinque anni e lo troverai assurdo ma non ti racconterò di una moglie che non sopporto più o di frustrazioni: io amo mia moglie. Amo lei e amo la mia famiglia, però come dice mia sorella sono probabilmente un eterno Peter Pan! Ho bisogno di volare, almeno qualche ora ogni tanto. Di uscire da tutto: dalle responsabilità del lavoro, dalle pressioni quotidiane di ciò che la vita comporta. E ho bisogno di farlo in sicurezza, senza avere problemi… ché se devo andare a incasinarmi ancor di più, che senso ha? Ho come bisogno di quella sensazione che si prova quando ci si innamora di una persona che non si conosce, hai presente? È come se nella tua vita cambiasse tutto, se tutto prendesse un colore più vivo. Adrenalina, che ne so. La prima volta che ho sentito questo desiderio, qualche anno fa, è successo con una donna che lavorava al mio studio: lei era single, io sentivo questo trasporto per lei al punto che avevo messo in discussione tutta la mia vita. Non che non amassi più mia moglie, anzi, mi sentivo tremendamente in colpa, ma quando andavo a casa di Laura (la collega) mi sentivo un altro. Passavamo ore ad amarci, a ridere, a scherzare, abbracciarci, mangiare, ascoltare musica… un po’ come due ragazzini, insomma. Dopo qualche tempo tutto questo svanì, nel senso che svanì proprio in me il desiderio di continuare: conoscevo già tutto di Laura. I nostri pomeriggi, le nostre serate, erano diventate abitudine, pure quelle. Piacevoli, eh, ma abitudini. Avevo la sensazione di essere sposato due volte. Te la faccio corta: le dissi apertamente le mie sensazioni. Lei sapeva che tra di noi non ci sarebbe mai stato niente più di quello, ero stato molto sincero con lei, ma quando capì che stavo troncando, cominciò a tampinarmi: in studio, al telefono. Mi ritrovai in un casino infinito, con la paura che facesse colpi di testa, con il timore di giocarmi la famiglia per le mie ore da Peter Pan. Ci vollero un paio di mesi perché le cose tornassero alla normalità e credo siano stati i mesi più difficili della mia vita. Il timore di perdere mia moglie erano all’ennesima potenza. Tu dirai: ben ti sta! MA FIGURATI! CREDO DI AVER CAPITO COSA INTENDI… Dopo quella storia mi misi buono buono. Ovvio che continuavo a sognare le ore da Peter Pan, sono fatto così, c’è poco da fare. Un annetto più tardi, a un evento di lavoro, iniziò un gioco di sguardi complici con una ragazza dello staff che gestiva la serata; il mio socio se ne accorse e mi stuzzicò. Io gli dissi che mai e poi mai mi sarei ricacciato nei casini e lui molto candidamente mi disse che potevo averla e non avere problemi, bastava pagare. Lei mi piaceva e pensai che un paio d’ore di sesso non mi avrebbero fatto male. Fu una delle storie più belle della mia vita, quella in cui mi sono sentito di poter essere me stesso fino in fondo. Lei era una bellissima persona, in tutto, e pagarla era come prendersi cura di lei, ringraziarla per essere quel che era. Dopo un paio di mesi successe la stessa cosa che accadeva con le altre donne, l’abitudine, ma non ci fu nulla di quanto vissuto in passato: nessun pianto, nessun litigio. Mi disse accarezzandomi che pure per lei cominciavo a essere come una vecchia ciabatta. Facemmo l’amore e quella storia si chiuse, così come si era aperta. Dopo qualche tempo le scrissi che mi mancava, il che era vero. Lei mi rispose che non le mancavo io, mi mancava la possibilità di essere Peter Pan, e che dovevo cercarmi una nuova Trilli per poter fare i voli che piacciono a me. Vuoi essere la mia Trilli? (RIDO) E CON QUANTE TRILLI HAI VOLATO? Non tantissime, a dir la verità. Non è facile trovare una donna che sappia volare davvero e poi, rimessi i piedi a terra, non pretenda di più. Che poi Trilli, da quanto ho capito attraverso mia figlia, è gelosa di Peter Pan, no? Quindi la metafora ci sta fino a un certo punto. Comunque, quando mi viene voglia di volare, cerco di farlo, ecco. E mi organizzo il volo in questo modo perché ho capito che le storie coi soldi di mezzo sono più schiette e meno problematiche. Può sembrare una posizione da vigliacco, ma io me ne frego: ho smesso da tempo di farmi seghe mentali su questa cosa, perché se dovessi misurarmi in termini moralistici probabilmente mi suiciderei. La morale la lascio agli altri: mi sono accettato per quel che sono, ho bisogno di spazi in cui sentirmi solo Giovanni: non marito di, padre di, titolare di. Giovanni ha bisogno di momenti in cui dedicarsi al bello della leggerezza e, viste le esperienze, questa in cui cercherò di portare pure te è la forma migliore che conosco. MA TI ECCITA ANCHE IL PENSIERO DI PAGARMI O È SOLO IL MODO PER SENTIRTI AL SICURO? Se avessi confidenza, ti direi di metterci una mano e sentirlo da te. EFFETTO POTERE MASCHILISTA? Uhm… mi pare che sia più l’effetto delle tue labbra e il pensiero di perdermici. Mi sa che il potere, qui, ce l’hai tu. Se ti alzi e te ne vai senza lasciarmi il tuo numero, io con il mio potere e i miei soldi mi ci faccio una pippa! SE INVECE TI LASCIO IL MIO NUMERO? Mi paleso per ciò che sono: un maschio semplice. Che appena sarai uscita da quella porta ti chiamerà per prenotare il primo volo disponibile, sperando che sia in giornata o domani al più tardi. VABBÈ MA SE FAI IL PIACIONE, CI CREDO CHE LE DONNE POI SI INNAMORANO. Ma quale piacione. Ovvio che non sono insensibile alla tua sensualità e che sto facendo di tutto per piacerti e strapparti una conferma. Mi incuriosisci. Tu sei una da storia fuori dal comune, ne sono certo. E io, quello voglio. È iniziata così: nel clima di estraniamento quasi totale che -chi più, chi meno- abbiamo tutti vissuto, complici le erezioni mattutine e il perpetuo condizionamento da favola dal quale non riusciamo a emanciparsi tanto noi principesse quanto voi cavalieri erranti, ci siamo lasciati travolgere da relazioni virtuali spettacolari. Dico spettacolari non con l'intento di irridere i sentimenti e le erezioni fisiologiche che si sono investiti nel periodo appena trascorso ma per fare un po' di chiarezza su quelle dinamiche di cui quasi nessuno parla e che oggi, riacquistata la possibilità di incontrare le persone, sta condizionando negativamente la vita affettiva di tante persone. È successo che, in lockdown, milioni di persone si sono trovate ad alleviare la percezione dell'isolamento sociale utilizzando quegli strumenti che oggi abbiamo a disposizione per restare sempre vicini anche quando vicini fisicamente non ci si può stare. E, nel marasma generale di una situazione destabilizzante sotto tutti i punti di vista, milioni di persone hanno intrecciato relazioni virtuali intrise di desiderio e passione ma anche di condivisione di interessi comuni e di momenti altamente empatici. Soprattutto nei primi giorni, quando tutto sembrava irreale e il tempo assumeva quell'aspetto di sospensione e notti lunghissime, ci siamo trovati in uno stato d'animo di propensione a parlare di più di noi, a essere più disponibili e a cercare negli altri la conferma di non essere soli. E non è successo esclusivamente alle persone che hanno vissuto il lockdown effettivamente sole in casa ma anche a chi, pur non essendo solo in casa, era inserito nel sistema social e ha sfruttato il mezzo per sentirsi comunque un individuo sociale. Così, tra nuove amicizie nate, molto più tempo a disposizione da dedicare, la crisi interiore determinata dall'imposizione di un cambio repentino dello stile di vita, sono nate milioni di relazioni virtuali. Lo so, quando si parla di relazioni virtuali ancora oggi si tende a sorridere, a considerarle poco importanti e poco influenti sulla vita reale ma, se io stessa fino a pochi anni fa credevo che andassero ben distinte dalle relazioni classiche nate in presenza e conoscenza fisica, oggi più che mai dovremmo prendere atto che le relazioni virtuali funzionano all'incirca come quelle classiche e che non c'è più una netta distinzione tra le due dimensioni perché la virtualità è diventata parte integrante di noi. Ci piace pensarlo, non ci piace? Non cambia nulla, è così. E fingere che queste relazioni siano roba da poco non serve assolutamente a nulla, oltre a essere proprio controproducente. Equivale a negare i sentimenti. Sì, lo so, tanta gente sorride quando parlo di sentimenti investiti nelle relazioni virtuali e c'è l'abitudine a giudicare leggere le persone che si coinvolgono in queste relazioni. Oggi, al netto di un periodo che ha visto azzerate le nuove relazioni in presenza e moltiplicate quelle virtuali, tocca prendere atto che le storie virtuali agiscono sui sentimenti tanto quanto quelle in presenza, e tocca farlo perché in questi giorni tante persone stanno soffrendo. Qualcuno sta pure godendo dell'evoluzione di relazioni che da virtuali diventano "vere" (l'incontrarsi, il conoscersi anche fisicamente) ma la maggior parte sta affrontando la difficoltà di capire perché quella persona che tanto si era esposta in romantici "Non vedo l'ora di poterti guardare negli occhi" o più carnali "Non vedo l'ora di scoparti", adesso che sarebbe possibile trova mille scuse oppure è sparita. E se razionalmente si prova a relegare il tutto a "È solo uno stronza!", "Quello voleva solo spararsi seghe", ecc, la realtà è che in quelle relazioni ci si investono sentimenti, anche inconsapevolmente magari, e banalizzare il coinvolgimento emotivo non porta mai grandi risultati. Potrà sembrarvi efficace, vi verrà spontaneo, ma non è funzionale al ben essere perché di fatto se siete arrabbiati, delusi e inquieti, ciò che provate è negativo quindi bene non state. E non è da stupidi, starci male, non è sbagliato, non è da sciocchi, date retta: è normale, è fisiologico. Vi aveva detto che sareste state la prima persona che avrebbe visto appena fosse stato concesso di uscire e voi detestavate ancora di più il Covid e il Governo che non vi permettevano di vivere subito quell'impellenza di desiderio, quell'urgenza di vivere la persona a pelle. E ora, che sarebbe all'incirca possibile, che succede? Perché quella persona non vuole più vedervi? Perché è sparita? Perché non vi dice che non vuole vedervi, anziché rispondere alla vostra richiesta adducendo scuse? Avete sbagliato qualcosa? Forse non le piacete più. O forse non le siete mai piaciuti e in voi ha solo trovato il modo per distrarsi in quel momento, per racimolare qualche foto hot o per risolvere meno in solitudine quelle erezioni fisiologiche che al risveglio prima del lockdown sedava per correre al lavoro e invece negli ultimi due mesi si è potuto godere dedicandovi anche ore, viaggiando sull'onda ormonale ma anche spingendosi oltre. Stop! Fermiamo le domande e smettiamo di chiederci cose alle quali probabilmente non troveremo mai risposta. Prendiamo atto di aver vissuto tutti un momento molto particolare e nel quale ognuno di noi si è lasciato trasportare da ciò che quei momenti consentivano. Non sto dicendo che non capisco che anche nelle relazioni virtuali si investono sentimenti, l'ho scritto prima. Vi sto invece invitando a non farvi male inutilmente e a non cadere nell'errore di fissarvi in storie che sono oggettivamente nate in una condizione molto particolare per tutti. Magari sì, quello è uno stronzo o quella una mantide virtuale, ma non sarà insistendo, pretendendo spiegazioni o riversando offese che vi sentirete meglio. Come succede anche nelle relazioni vere, capire cosa sia successo sicuramente ci aiuterebbe a rasserenare la nostra autostima, ad assolverci nell'esserci immessi in una relazione con delle aspettative, a non sentirci degli stupidi creduloni; ma, siccome ciò che dovrebbe essere raramente corrisponde a ciò che è, e il nostro obiettivo deve essere il nostro ben essere, vi propongo di provare a considerare queste relazioni mal evolute non come fallimenti ma bensì nello stesso modo in cui si guarda un film che non è finito come ci sarebbe piaciuto. Ed è andata così perché la sceneggiatura non l'abbiamo scritta noi, i personaggi forse non erano quelli che avevamo idealizzato, ecc. Vi sto dicendo che io lo so che i sentimenti che si sentono sono veri: delusione, mancanza, incredulità, tristezza, rabbia, incompiutezza e similari... ma non ingabbiatevi in circoli viziosi di mal essere. È davvero inutile. Dovreste pure tenere in considerazione il fatto che, oltre all'agire in uno stato d'animo falsato dalla condizione destabilizzante imposta dal lockdown, il trasporto virtuale è di per sé più immediato, meno consapevole della reale consistenza emotiva della persona con la quale abbiamo a che fare e lo viviamo sempre e comunque in una dimensione priva di tante variabili che invece la presenza fisica impone. Il coinvolgimento emotivo è forte, ma è anche più effimero, più labile. Rigirando la situazione, se siete invece quella persona che aveva promesso, paventato passione mai vista, ma adesso vi siete resi conto che non vi va più (per i vostri mille motivi), non affondate in una situazione che vi metterà sotto pressione per nulla. Siate puliti. Fa molti meno danni un "Mi dispiace, sai. È che adesso mi sento così". Spiegare i motivi? Sì, se ve la sentite. Anche dicendo pari pari che era solo un gioco, che in quel momento effettivamente il desiderio c'era ma ora non c'è più. Magari siate carini nel dire che non dipende dalla persona ma da come vi sentivate voi in quel momento e da come invece vi sentite ora. Farlo non vi salverà dall'essere appellati stronzi (se va bene) ma almeno eviterà di ritrovarvi ad affrontare giorni di richiesta di attenzione, di risposte alle aspettative, ecc. Perpetrare un comportamento di giustificazioni assurde nell'attesa che la persona si stanchi, non fa altro che togliervi energia (e fomentare la rottura di palle). Prendetevi la responsabilità, che è sempre più efficace rispetto allo sfuggire: dire nel modo più vero possibile come ci si sente è il modo più semplice per non mantenersi in una relazione che non si vuole più. Virtuale o vera che sia. In questi giorni sto leggendo molti interessanti articoli che riguardano l'impatto del lockdown, della convivenza obbligata o del distanziamento imposto, sulle coppie ufficiali: sposate, fidanzate o comunque con una relazione "in regola". Ho letto anche un sacco di sciocchezze, eh, però in linea di massima sappiamo che il lockdown ha imposto alle coppie un check-up della relazione: sia nel caso della convivenza forzata, sia nel caso in cui le coppie abbiano vissuto disgiunte questo periodo. Diciamo che ha messo alla prova i partner con il risultato che le coppie che funzionavano hanno goduto del tempo condiviso o si sono mantenute in equilibrio anche a distanza, nonostante le difficoltà logistiche; le coppie che già versavano in crisi prima, invece, o si sono riscoperte nella ricerca di un equilibrio di convivenza o hanno trovato la spinta definitiva a chiudere la relazione. E le coppie "clandestine", dove sono finite? Ah già, di quelle si parla sottovoce perché non sta bene. E poi meglio se è finita o se sono andate in crisi, no? Boh, a me dispiace tanto per loro quanto per gli altri, se stanno soffrendo. Al netto di tutte le elucubrazioni mentali e morali, quando c'è una situazione di relazione che induce malessere, a me dispiace sempre. Lo so che chi tradisce secondo voi andrebbe messo al rogo ma, siccome il fenomeno delle relazioni extraconiugali esiste da quando esiste la coppia, io in quelle relazioni ci vedo solo milioni di persone che provano a sopravvivere nonostante la dittatura monogamista. E allora ho cercato di capire come stia andando in generale anche per chi non rientrerà mai in dati e statistiche perché ovviamente non si può dire, non se ne può parlare, ecc. In linea di massima par di capire che diverse relazioni siano saltate: parliamo soprattutto di quelle in cui uno dei due partner aveva creato aspettative del tipo "Mi serve solo un po' di tempo per trovare il modo e il momento giusto per dirglielo, ma poi lo/la lascio e mi metto con te". Effettivamente qualcuno (quelli realmente intenzionati) ha colto il momento della convivenza forzata per sbottare e andarsene quindi da chi stava aspettando, ma sono la minoranza. Gli altri, quelli che promettevano ma proprio non ci pensavano, hanno visto finire la relazione extraconiugale... il che mi sembra abbastanza ovvio e sensato: se l'amante si stava aspettando un cambiamento, e magari ha pure vissuto il lockdown in solitudine con la limitazione anche di non poter telefonare, messaggiare, ecc, l'amante ha capito che aspettare è pressoché inutile. Le storie extraconiugali che sono sopravvissute sono indicativamente quelle nelle quali non c'era attesa di cambiamento: magari entrambi sposati (o impegnati comunque in una relazione appagante) o magari solo uno dei due partner è impegnato ma all'altro non interessa un cambio di status. Hanno faticato a sopportare la lontananza e tutte le limitazioni, ma sanno che tornerà il tempo di amarsi anche fisicamente. Sublimano l'assenza attraverso i mezzi tecnologici e aspettano di potersi di nuovo toccare. Scalpitano un po' di più quelli che hanno allacciato affinità online proprio in questo periodo. Ecco, questi sono tanti, sposati o liberi. Complici il clima di maggior empatia e maggior disponibilità di tempo dedicato alla socializzazione via web, durante la quarantena sono nate molte storie passionali e più o meno appassionanti: qualcuna si è esaurita in un sexting intenso ma breve, qualcuna ha messo le basi per una futura evoluzione verso la conoscenza anche fisica, oggi ostacolata dalla situazione pandemica. La relazione virtuale reggerà il lungo tempo? Non è per nulla scontato perché la passione virtuale solitamente ha tempi più celeri di combustione rispetto a quella carnale. Non possiamo nemmeno omettere il fatto che una relazione virtuale rimane comunque un qualcosa di non tangibile e che la conoscenza via chat può prendere tante possibili direzioni a seconda delle caratteristiche delle persone ma anche del loro modo di esprimersi, del loro modo di comunicare. Se un concetto non perfettamente espresso può essere ampiamente motivato o rimodulato nelle conversazioni faccia a faccia, gli scambi via chat portano spesso con sé dubbi, incomprensioni, interpretazioni devianti. Ed essendo comunque una relazione virtuale, il ban scatta facile se quella persona non ti convince o non ti convince più come prima. Ieri una ragazza mi ha chiesto: "Ma come faccio ad aspettare tutto questo tempo per incontrarlo? Anche perché finché non lo vedo non posso essere certa che mi piaccia davvero." Eh già. È così. Il tempo davanti è parecchio e nemmeno si ha il riferimento di quanto possa essere. Allora il mio consiglio può essere solo uno: distinguere se stiamo parlando di una relazione puramente sessuale (che non credo possa reggere mesi di impossibilità a frequentarsi) o di una relazione un po' più condita, nella quale le affinità non sono solo sessuali. Non mi sto riferendo necessariamente a relazioni che aspirano ad essere l'amore della vita ma a quelle relazioni tra persone che si piacciono anche oltre il mero desiderio sessuale: quelle capaci di divertirsi insieme nonostante la lontananza fisica; quelle che non si concentrano esclusivamente sul piacere sessuale ma spaziano negli interessi comuni o stimolano vicendevolmente a nuovi interessi. Vabbè, direte voi, ma in pratica cosa devo fare per allungare la vita a questa relazione virtuale? Evitare di farsi prendere dall'ansia, in primis. Inutile e anche controproducente sbattere la testa al muro perché vorremmo andare: non si può fare, punto. Non sarà mantenendosi in uno stato negativo che saremo piacevoli a noi stessi e a chi sta aspettando di incontrarci. Evitare raffiche di messaggi continui e anche di darsi appuntamenti per le videochiamate. La sovrabbondanza di contatti potrebbe non fare granché bene. Meglio un approccio leggero, che non investa tutto il tempo che abbiamo a disposizione. Considerando anche la condizione di isolamento sociale, potremmo arrivare a dipendere da qualcuno che, intimorito dalla nostra onnipresenza, potrebbe defilarsi con un semplice ban, Evitare qualsiasi tipo di controllo: "Ho visto che stanotte alle due eri online e mi hai detto che andavi a dormire", "Ho visto che mentre chattavi con me hai messo i cuori a quella/o", "Ma che vuole quella/o che ti sta sempre sotto a tutti i post?", e potrei proseguire per ore con esempi. Non si fa. Se avete timore che stia chattando con altri/e, e questo vi mette a disagio, non potete riversare la vostra frustrazione sull'altro. L'altro è libero di avere a che fare con chi vuole e si diventa pesanti: se dovesse trovarsi a scegliere tra voi e qualcuno di più leggero e frizzante, chi sceglierebbe secondo voi? Mettere in atto il controllo non è mai buona cosa: né per chi lo attua, né per chi lo riceve. Evitare di addentrarsi troppo nella vita dell'altro: più che chiedere, date la disponibilità ad ascoltare. Lasciate che vi dica ciò che vuole della propria vita, del proprio modo di essere. Solo così capirete cosa effettivamente voglia o possa darvi. Evitare di pretendere promesse, strappare compromessi, ecc: ciò che deve venire, verrà da sé. Se c'è una cosa che non ci manca adesso è proprio il tempo per attendere. Avete tutti pensato o letto almeno una volta nella vita che L'attesa del piacere è essa stessa piacere (Lessing), no? Adesso è il momento di viverla davvero, quell'attesa, volenti o nolenti. Dedicarsi ad altre attività, in modo da rimanere vivi e attivi e non aver bisogno che il massimo adrenalinico dipenda esclusivamente da quella persona: non deve essere così nella vita virtuale così come in quella "normale" e, ancor di più, la situazione va presa in modalità leggerezza proprio perché non può mantenere sempre picchi altissimi di desiderio e stimolazione reciproca. Una volta raggiunto quel livello in cui il desiderio d'incontro è comune, "Ho voglia di te"/"Anch'io", stare due mesi a dirsi in continuazione che non ci si dura, poi diventa normalità. Riservate solo a certi momenti la passione, non pretendete attenzione continua. Semmai concentratevi su ciò che avete da fare e poi ogni tanto lanciate un messaggio preciso, che faccia capire che lo/la state pensando. Ah, ultima cosa. E questa la consiglio un po' a tutti, in generale: darsi una regolata con le pretese di risposta ai messaggi o le aspettative di riscontro. Se l'altro avverte che siete nervosi perché lui/lei ha visualizzato ma non ha risposto, non ha visualizzato però è online, ecc, non credo vi sopporterà per molto tempo. Prendetela con tranquillità: risponderà quando è il suo momento, sia per possibilità che per desiderio di farlo. Non vi piccate se per qualche motivo non ha risposto, è andato via senza salutare e altre sciocchezze varie. È uno spazio virtuale, prendetelo come tale: vi consente di sospendere il tempo e almeno una buona parte delle dinamiche che solitamente portano a scontri e ansie inutili. Com'è quel detto? Se sono rose, fioriranno? Voi annaffiatele, con equilibrio. Poca acqua le disidrata. Molta acqua le porta a marcire. È un periodo in cui ricevo sempre più spesso richieste di "aiuto" da parte di persone rimaste deluse da relazioni iniziate via chat. Sto parlando di storie diversissime tra loro, sia per le dinamiche, sia per i soggetti di queste relazioni, che però hanno un comune denominatore: la delusione delle aspettative. E non sto parlando di chi ci resta un po' male perché "aveva creduto che" e "invece", mi riferisco a chi in chat con una persona particolarmente affine si è trovato a investire molto di se stesso, al punto di mettere anche in discussione la propria vita, la propria relazione di coppia già in essere e la propria capacità di rimettere i piedi per terra. Lo so che tanti stanno già pensando: "Eh vabbè, che si aspettavano da una chattata?" Ecco, io invece non giudico queste persone, io le capisco. Perché la relazione via chat ha questo dannato potere di coinvolgere la mente al punto tale che sembra annullarsi la differenza tra la virtualità e la realtà. Addirittura, sembra essere più vero ciò che si vive in quella relazione virtuale rispetto a ciò che si vive quotidianamente nella realtà perché, se si instaura quel meccanismo per il quale la persona dall'altra parte ci appare accogliente e affine a noi come modo di pensare, si è addirittura portati a parlare di sé come non si è mai fatto con nessuno, a confessare le proprie debolezze, i propri desideri, i propri vorrei ma non posso, il proprio sentire. Quindi, seppur attraverso un mezzo virtuale, le persone investono realmente i propri sentimenti. Succede spesso in maniera quasi inconsapevole e si cade in una complicità che non è meramente sessuale come avviene nel sexting (pur magari essendo partito tutto da quello o comunque comprendendo anche quello), ma ci porta ad avere quella sensazione per la quale, a chi sta dall'altra parte, possiamo raccontare qualsiasi cosa di noi, anche le cose che non racconteremmo mai a chi ci sta accanto quotidianamente. Per il timore del giudizio, per la paura delle conseguenze o semplicemente perché il rapporto che abbiamo con partner e amici non ci consente di aprirci completamente. Superfluo dire che di relazioni di questo tipo ne nascono milioni ogni giorno, e altrettante finiscono. Il percorso emotivo, da quando iniziano a quando finiscono, potrebbe essere disegnato come una curva logica (a campana insomma): ci si conosce sullo zero, c'è un crescendo di coinvolgimento, si raggiunge l'apice, e poi si scende... per noia, perché si scopre che più in là non si vuole andare, perché l'interesse di uno dei due viene a mancare, perché non si ha più niente da dirsi o per mille altri ragioni. Il ritmo di chattata decresce, parallelamente all'interesse, e si torna allo zero iniziale. Amici come prima. Questo succede in una relazione virtuale che non fa male a nessuno. Ci sono poi le varianti in cui magari uno dei due sparisce improvvisamente (semplicemente bannando, o cancellando il profilo, ecc). Qui il "lasciato" ci rimane male, si chiede il perché, ma diciamo che in poco tempo razionalizza e si riprende. O quelle in cui uno dei due scopre che l'altro chatta con diverse/i, ecc. Anche qui passa tutto con po' di rabbia, qualche scaramuccia e spesso un vai a quel paese, siete tutti/e uguali, ecc. Diverso invece quando entrambi -o almeno uno dei due partecipanti- investe aspettative in questo tipo di relazione e, dopo mesi di conoscenza e interazione via chat, i due decidono di incontrarsi. Accenniamo subito la possibilità che uno dei due non si presenti: è successo molto spesso, soprattutto nei primi tempi in cui i social sono diventati un mezzo di incontro. La persona può non presentarsi sia perché l'incontro incognito mette timore, sia perché in realtà tante persone cercano solo il coinvolgimento virtuale (fine a sé), sia perché giunti al momento clou qualcuno si rende conto di non volersi mettere davvero in gioco. In questo caso la persona sedotta e abbandonata ci rimane male, certo, ma una bidonata l'abbiamo presa tutti nella vita reale, figuriamoci se il mezzo d'incontro è virtuale. Non sono poche nemmeno le situazioni in cui, quello che ha investito molto emotivamente, abbia scoperto di essere in realtà vittima di uno scherzo o di chissà quale situazione architettata per provare l'infedeltà del partner. Lo sappiamo no? Fidanzate che chiedono all'amica di intortare lui per potergli dire "Ecco ti ho beccato!", mariti che creano profili falsi per verificare che la moglie non chatti con altri, ecc. Qui diventa più un casino gestire le conseguenze dell'essere stati scoperti, che un problema di gestione di sentimenti investiti. L'oggetto principale di questo post però sono le relazioni virtuali in cui entrambi i partner si sono davvero coinvolti in questa relazione, sono realmente attratti dalla persona con cui condividono la giornata attraverso messaggi continui e, a volte per desiderio comune, a volte perché uno dei due spinge e l'altro accontenta, si arriva a guardarsi negli occhi. Le possibili evoluzioni, lo capite bene, non sono tante: -ci si piace e, dal punto di vista della nuova coppia, tutto va nel più romantico dei modi: nasce una vera e propria relazione. Poi le variabili delle conseguenze sulle reciproche vite possono essere infinite, ma questo è altro discorso: la coppia funziona in tutto e per tutto. -ci si piace e si riversa il tutto su una relazione amicale-sessuale: ci si incontra quando si può, per il piacere di prendersi uno stacco, e via. -non ci si piace: anche questo non è un risvolto negativo. Entrambi si rendono conto di essersi lasciati trasportare più dall'idealizzazione che da altro. Manca la chimica da parte di entrambi, la si butta quasi in ridere, magari nasce anche una bella amicizia o magari ciao, stammi bene. Diverso quando invece, incontrandosi, le reazioni sono completamente opposte: a uno, l'altro piace. L'altro, invece, non ne vuole sapere. Forse perché rimane deluso perché la persona incontrata non è come si aspettava: ma non solo in termini di fisicità, che sarebbe poco male, intendo proprio che la persona che si è trovato di fronte e che per mesi ha vissuto come persona intima, si rivela essere praticamente sconosciuta. Perché nella virtualità la persona dall'altra parte può dire tutto ciò che vuole, non necessariamente per fregarvi, ma anche inconsapevolmente perché nel virtuale spesso si finisce a disegnare sé stessi come si vorrebbe essere, più che con oggettività. Spesso, anche inconsapevolmente, si dipinge l'idea che si ha di sé stessi. E poi perché alla chimica non si sfugge: vero che il coinvolgimento mentale è una gran bella storia ma è anche vero che non è sufficiente, così come per tanti non è sufficiente l'attrazione fisica. Dopo aver fatto un breve riassuntivo discorso sulle dinamiche, mi preme affrontare invece la situazione dal punto di vista emotivo del "non corrisposto", perché vedo troppa gente soffrire, ma soffrire davvero eh, e non ritengo per nulla stupido tutto ciò in quanto possiamo irridere finché vogliamo le questioni virtuali, ma la realtà è che ci siamo caduti dentro a piedi pari: possiamo razionalizzare finché vogliamo ma quando ci si trova coinvolti emotivamente con una persona, e questo la rete lo consente, la ragione ha il suo bel da lavorare per farci accettare che le nostre aspettative sono deluse. Ancor di più vi dico che, nelle persone con cui mi sono trovata a trattare la problematica, ho visto un forte impegno alla razionalità ma una difficoltà oggettiva di gestire la propria emotività: intanto vivere il rifiuto è sempre un momento negativo per tutti. Per quanta autostima si abbia, essere rifiutati ci porta sempre a metterci in discussione, a vacillare, soprattutto quando chi ti ha rifiutato, ti aveva magari osannato e corteggiato per mesi, e per venti ore al giorno (notte compresa) aveva corrisposto il tuo sentire attraverso messaggi, magari telefonate, ecc. Capite anche voi che se, quando avviene la conoscenza reale, questo/a gira i tacchi e se ne va, per non cadere nella rete del cos'ho che non va bisogna essere di pietra. E non avete idea di quanto dispiaccia trovarsi davanti persone, per nulla stolte, che si definiscono stupide, cretine, ammattite, perché faticano a restare lucide e fregarsene di ciò che è successo. E il problema non è "voglio quella persona": il problema è proprio riprendersi in mano, capire come sia stato possibile arrivare a dipendere da una storia del genere e lasciarsi destabilizzare da un NO che, in fin dei conti, viene da una persona sconosciuta. Vero, gli abbiamo raccontato talmente tanto di noi, e lui/lei ha fatto altrettanto, che non la percepiamo assolutamente come persona sconosciuta. Ma di fatto, lo è. Semplicemente il virtuale, per quanto sembri darci "tutto" dell'altro, ci dà solo ciò che l'altro vuole o riesce a mostrarci di sé. Ancor di più, la persona che conosciamo attraverso il virtuale, di fatto, è l'idealizzazione che noi ci facciamo di quella persona: all'incontro carnale è sempre tutta un'altra storia... e più ci si sente entrati in relazione, più la persona è diversa da ciò che pensavamo che fosse, perché più dura la relazione virtuale prima dell'incontro, più si fortificano le aspettative, più l'idea che ci siamo fatti di quella persona diventa solida e si assolutizza. Ma è la nostra idea di quella persona. Le relazioni di questo genere sono talmente diffuse e in costante crescita che stanno comparendo studi studi antropologici e sociologici scientifici a riguardo, tant'è che già da qualche anno se ne occupano i festival della filosofia, i convegni di psicologia, di sociologia. Con voglio dire con questo? Che chi soffre in queste situazioni non deve ritenersi uno stupido perché è oggettivo che il fenomeno riguardi milioni di persone. Questo semplicemente perché chi ha ideato social network e similari, sapeva bene che sarebbe stato vincente, in termini di coinvolgimento numerico, costruire questi strumenti semplicemente trasportando sul virtuale le medesime dinamiche relazionali che viviamo nella realtà: ci si conosce, ci si approccia, si interagisce, ci si addentra con le persone riconosciute come più compatibili e nasce una relazione. Punto. Relazione resa più fluida dalla connessione costante che questi mezzi consentono così come dal fatto di essere estranei, del non dover condividere e affrontare la quotidianità insieme, del non pesare, anche, uno sull'altro: è un po' come prendersi solo la parte più leggera, più divertente, che concede di dire qualsiasi cosa senza dover necessariamente corrispondere a conseguenze. Basta bannare, no? Ovvio che il grado di coinvolgimento e di sofferenza è dato dalla soggettività di chi si mette in gioco: c'è chi lo fa con leggerezza, c'è chi invece ci si affida davvero con sentimenti e quanto altro. Ecco, io sono qui a dirvi di non sentirvi stupidi, se vi siete trovati in queste condizioni. Dico invece di prendere atto che quando ci si immette in una relazione virtuale bisognerebbe farlo senza dimenticare, appunto, che è virtuale quindi dall'altra parte possiamo trovare sì persone molto sincere, ma è sufficiente che siano persone poco oggettive sul sé, che va tutto a rotoli, ad esempio. Per quanta affinità percepiate, non dimenticate mai che state vedendo solo l'idea che voi vi siete fatti sulla parte di sé che quella persone può o vuole mostrare: stiamo parlando quindi della vostra interpretazione di ciò che una persona sconosciuta può o vuole mostrarvi. Potrebbe sì essere indicativa di una persona che effettivamente potrebbe fare al caso vostro: ma è un potrebbe che non è oggettivamente misurabile. Quindi occhio. Non fatevi del male. Se vi è successo, se vi sta succedendo, se addirittura vi manca la persona che vi ha rifiutato, nonostante la forte rabbia che provate nei suoi confronti, fatevi una domanda: vi manca quella persona o vi manca ciò che la relazione con quella persona in questi mesi vi ha dato? Lasciate andare la rabbia, quella persona ha girato i tacchi perché si è probabilmente resa improvvisamente conto che di voi si era fatta un'idea totalmente sbagliata e ha realizzato l'incompatibilità. Non che voi siate sbagliati, o che. Semplicemente quella persona pensava che foste compatibili e invece non lo siete, punto. Potete esserlo con molti altri, non con quella. E a nulla serve chiedersi perché e per come, se non a prolungare la vostra sofferenza. Poco cambia che quella persone vi abbia rifiutato (magari è pure sparito/a dopo un pranzo che a voi era sembrato fantastico o una notte focosa, eh) per un motivo o per l'altro: se n'è andato, se n'è andata. Non vuole proseguire la relazione: questo è il fatto. Tutti i pensieri che vi fate intorno a questo fatto sono solo idee, vostre, che potrebbero pure non avere nulla a che fare con ciò che quella persona pensa. Lo so che fa male, che porta a dubbi su sé stessi, ma ripetetevi come una mantra che la situazione che si è venuta a creare è dovuta semplicemente ai limiti che i mezzi social hanno, oggettivamente, e che sono terreno di coltura per le dinamiche già nostre molto tempo prima che Zuckerberg & co venissero al mondo: l'idealizzazione, le aspettative, il bisogno di sentirsi amati, il desiderio di una relazione appagante, il benessere che viene dal pensare di aver trovato una persona compatibile, ecc. So che è difficile non investire emotivamente ma se già dovremmo cercare di essere il più possibile oggettivi nelle relazioni reali (e fatichiamo) figuratevi in quelle virtuali in cui abbiamo accesso ai fatti in percentuale bassissima. Magari, quando capite che con una persona si sta instaurando qualcosa che vi piace, beveteci un caffè prima di arrivare al profondo. E datevi la possibilità di utilizzare tutti i sensi, insieme alla razionalità, per capire se davvero quella persona può fare al caso vostro. Non è comunque scontato che le cose andranno bene, ma sicuramente sarete più oggettivi nel lasciarvi andare ad un eventuale coinvolgimento vero e proprio. Non siete sbagliati. Date retta a me, non ai fenomeni che si ritengono al di sopra di queste situazioni e magari deridono chi investe emotivamente nel virtuale. Le dinamiche di relazione evolvono, e quelle virtuali (volenti o nolenti) oggi sono oggettivamente relazioni a tutti gli effetti: dobbiamo solo prenderne atto e imparare a prenderci le misure. Inutile sminuire un fenomeno che oggettivamente sta cambiando le nostre dinamiche di comportamento, dobbiamo invece imparare a gestirlo. Ovvio che non mi piace pensare che gran parte delle relazioni oggi nasca proprio attraverso mezzi tecnologici ma credo sia impossibile opporsi. Ha deciso il mercato. |
GRAZIA SCANAVINI Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo.
L'obiettivo è stimolare riflessione al fine di favorire la consapevolezza personale nelle relazioni.
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