Poco fa ho letto una di quelle frasi da meme, tipo:
"SIAMO FATTI PER POCHE PERSONE E SPESSO NON LE INCONTRIAMO". Dodicimilaseicentocinquantatre like e più di duemila commenti. Ce ne fosse stato uno, uno dico, che dicesse: "È un'immane stronzata!" Io lo so che pensare romantico è figo. Perché ha quell'alone di mistero un po' possibilista, lasciato al fato, che piace tantissimo perché ci consente di trovare una motivazione alla solitudine e di alleviarci da quello stato in cui ci si sente un po' "difettosi" o "difettose" se non si è in una relazione di coppia. "Non ho incontrato la mia metà giusta, la sfortuna mi perseguita." Balle. Sono balle. Cazzate. Chiamatele come volete, ma non giocatevi il tempo ascoltando e credendo a cose del genere, perché sono una NARRAZIONE FALSATA che dipende ancora e sempre da una mala educazione fondata su concetti come la metà della mela, la dolce metà, ecc. Siamo quasi otto miliardi di persone diverse con caratteristiche di personalità individuali e vissuti diversi. E siamo sempre meno in grado di allacciare relazioni perché ci muoviamo all'interno di gabbie costruite da stereotipi, pregiudizi e sovrastrutture che fanno pensare a ognuna di essere fatta per poche altre persone. Che vuol dire "Siamo fatti per poche persone"? Che "Siamo talmente speciali che pochi ci capiscono", ha risposto una sotto a quel post. Sì, ma qualsiasi persona lo pensa di sé. Quindi, speciale, lo è chiunque. Quindi, alla fine, non lo è nessuno. "Se devo accontentarmi, preferisco morire sola" ha scritto una che dev'essere abbacchiata forte. Un preferisco VIVERE sola, non avrebbe avuto un sapore leggermente più da leggerezza dell'essere? "Ho passato dieci anni a credere che l'uomo che avevo accanto mi completasse davvero, poi ho scoperto che mi tradiva". È andato a completare un'altra, insomma. Ma perché completare? Cosa vi manca? Mi arrogo il diritto di dirvi che sta proprio qui il problema. Se in un partner o in una partner cercate la metà della mela, la persona che vi serve per stare bene, quella senza la quale non vivete, non la troverete mai... Perché diciamocelo: ognuno/a di noi ha già i problemi suoi... chi è che ha voglia di accollarsi la responsabilità di risolvere anche quelli di qualcun altro? Per essere funzionali dovremmo essere completi di nostro, al punto di poter condividere bel tempo e belle cose con l'altra/o. Poi nei problemi ci si supporta, certo, ma se la relazione parte da mancanze individuali e si basa su quelle, diventa una relazione d'aiuto. E, oggi men che meno, la gente ha voglia di entrare in una relazione d'aiuto, prese e presi come siamo dall'avere un carico di problemi enormi, anche quando non è oggettivamente così. A questo ci ha portate e portati il vivere moderno, frenetico, ambizioso... quello che ci fa desiderare di avere sempre di più e non ci fa accorgere che rincorriamo solo i desideri decisi da un immaginario sociale basato sulle leggi di mercato e da tutte le sovrastrutture che millenni di mala educazione ci hanno inculcato. Proviamo ad astrarci un attimo da tutto questo. Voglio dire: se due persone vanno a fare una passeggiata insieme, per esempio, ed entrambi camminano con le proprie gambe, intanto possono chiacchierare allegramente, guardarsi in giro e godere delle cose che hanno intorno, ridere, scherzare, ecc. Ma, se per camminare una delle due si addossa all'altra e si fa trascinare per tutto il tragitto, l'altra fa doppia fatica e le passa la voglia di ridere. E, dopo diverse passeggiate a trascinare, le passa proprio la voglia di camminare con qualcuno. Proviamo a pensare di cercare nell'altra persona semplicemente qualcuno al fianco del quale camminare. Dal quale non pretendere che ci completi o che ci dia ciò che manca a noi. Poi è ovvio che, se inciampiamo o cadiamo, l'altra persona ci darà una mano a tirarci su per proseguire insieme. E noi faremo altrettanto, no? Se provassimo a guardare le persone per quel che sono, e non per le aspettative che abbiamo, vedremmo che c'è un sacco di bella gente, in giro. Ve lo dico io. Anche se ormai c'è questo sentire sociale che ci siano solo brutte persone. Non lasciatevi fregare da questa convinzione e da tutte le menate sulla metà della mela, perché vi impedite di vedere le cose da un punto di vista costruttivo e funzionale al Ben Essere. Una. La vita è solo una. Non fatevi fregare la possibilità di godervela.
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INSEGNAMO ALLE FEMMINE CHE SI PUÒ DIRE DI NO E AI MASCHI CHE UN NO NON È LA FINE DEL MONDO8/10/2022 Non ricordo praticamente mai i sogni che faccio e mi succede molto raramente di svegliarmi con un sogno che mi gira ancora in testa.
Stanotte alle tre e mezza, invece, ho aperto gli occhi sudata, in ansia. Più che un sogno, stavo vivendo un ricordo, e la psicologia lo sa bene. Andiamo indietro di quasi trent'anni e credo che la mia amica Eleonora se la ricordi bene quella serata, perché l'ho mandata ai matti. Avevo diciotto anni e avevo accettato l'invito a uscire di uno che non ricordo dove e come avessi conosciuto. Era un bel tipo, sui trentacinque. So che era stato un invito volante, di quelli che accetti sull'onda del "Ma sì, dai". Non sai nulla di quella persona, ci hai scambiato forse due battute, ma ti piace... e allora perché no? Avevo rifiutato la sua proposta di venirmi a prendere perché ero già abbastanza scaltra da sapere che, prima di far entrare una persona nella tua vita, devi conoscerla bene. Ma non lo ero ancora abbastanza da sapere che a un uomo puoi anche semplicemente dire di no, alzarti e andartene. Cosa che avrei voluto fare già dopo la prima mezz'ora passata in quel locale ad ascoltare questo che mi elencava tutto ciò che avrebbe potuto offrirmi. Che fosse presumibilmente benestante lo si capiva dall'auto con cui era arrivato e dagli abiti che indossava, ma non sono mai stata granché attratta dall'apparenza economica delle persone. Quella volta, però, non potei esimermi dal guardarla perché la prima mezz'ora di dialogo si basò solo sul suo potenziale economico, in una strana conversazione che mi vide praticamente muta ad ascoltare i progetti che questo sconosciuto stava facendo su di me per i successivi vent'anni. Orafo e commerciante di diamanti, appena seduti, mi chiese di attendere un attimo e uscì. Rientrò con un mazzo di rose e una scatolina con all'interno un girocollo sottile che portava appeso un diamante. Piccolino, eh, ma un oggetto di eccessivo valore in quel momento. Mi imbarazzai. Voleva mettermelo al collo e io non glielo lasciai fare. Mi si avvicinò fisicamente per farlo, e quell'invadenza mi spinse a chiedergli di lasciarlo lì, sul tavolo, dove avrei potuto ammirarlo, mentre in realtà non me ne fregava assolutamente un cazzo e volevo solo che non mi toccasse. Tutto quello che fece in quella prima mezz'ora fu illustrarmi la nostra futura vita insieme e cercare di convincermi a chiamare casa dicendo che quella notte non sarei rientrata, così che l'indomani prestissimo sarei partita con lui per una fiera di oreficeria ad Arezzo. Io mi allontanai per fare un telefonata, in effetti ma non a casa. Chiamai Eleonora, la mia amica, che già era allertata rispetto a questo incontro: amavo conoscere gente fuori dai miei giri e lei era la mia base di sicurezza. Le telefonai chiedendole di richiamarmi dopo pochi minuti, cosicché davanti a lui avrei inventato un problema enorme e sarei fuggita. Il seguito non lo ricordo benissimo, so che trascorsi almeno un'ora prima di andarmene, ammazzata dall'ansia del conflitto che vivevo perché, ancora molto immatura, non riuscivo a contrastare la sua gentilezza (perché era gentile di modi, eh) e nessuno mi aveva insegnato che non sei obbligata a corrispondere per forza. Ero ancora molto soggetta ai meccanismi di relazione per i quali devi sentirti in colpa se un uomo fa cose per te e tu le rifiuti. In qualche modo me ne andai e quella serata mi cambiò nettamente, proprio per il malessere emotivo che avevo vissuto. Di sicuro mi aiutò Eleonora che mi disse semplicemente "Vattene" ma, conoscendomi e capendo il mio stato d'animo, quella telefonata la fece. Uscita dal locale, lasciandolo lì con gioiello, fiori e un numero di telefono finto inventato sul momento (chissà chi avrà chiamato), ebbi l'impressione di respirare un'aria completamente nuova. Ma quanto deve avermi segnata una situazione apparentemente banale come quella, se a distanza di trent'anni stanotte ho rivisto quel volto e ho di nuovo sentito l'invadenza fisica in quel gesto di spostarmi i capelli per cingermi il collo? Ho aperto gli occhi con la sensazione delle sue mani che si infilavano tra i miei capelli, che sfioravano la pelle, e dentro quel NO che avrei voluto gridargli ma non sapevo di poterlo (doverlo) fare. Insegnatelo alle vostre figlie che non c'è nessun obbligo, nemmeno davanti a una persona gentile. Perché, se anche i modi sono gentili, dietro a certi comportamenti c'è la convinzione che la donna non possa rifiutare e che vale la pena di insistere, anche quando si ritrae, perché prima o poi cederà. Non pensate che siano dinamiche passate anche perché, esempio banale, i fumetti e i video porno manga hentai che sempre più vengono tradotti in italiano e acquistano fruitori in Italia, passa questo messaggio imperterrito: la donna dice no, ma pensa sì. E l'insistenza porta sempre all'happy end. E i nostri adolescenti non hanno gli strumenti per valutare la differenza culturale in cui nascono quei fumetti. L'unico happy end di quella sera furono le risate che ci facemmo dopo con Eleonora, ironizzando su quel povero cristo che evidentemente pensava di valere solo ciò che possedeva e aveva proiettato su di me lo stesso meccanismo: nessuna domanda riguardo a me, nessun interesse a conoscermi. Gli bastava la mia apparenza, ciò che vedeva, ciò che ero fisicamente. Ma questa è un'altra storia. O, forse, la stessa. Quante volte in passato ho vissuto situazioni sessuali in cui subito mi sembrava di volerlo pure, poi durante capivo che invece non mi andava. Non necessariamente per qualcosa che facesse o non facesse il partner, non per una responsabilità insomma... semplicemente perché non mi stava piacendo, non c'era compatibilità. Ma fermare la situazione e andarsene, implicava spiegazioni, che forse avrebbero ferito l'altro che non avrebbe creduto alla motivazione, si sarebbe sentito sminuito. Lo feci una volta e in cambio ricevetti un comportamento piuttosto brutto ma non diedi colpe... siamo male educati: questo è il punto da cui partire, secondo me, se si vuole costruire qualcosa. Dalla consapevolezza che le donne hanno subito un imprinting educativo sbagliato - il dovere di essere accondiscendenti - così come gli uomini considerano un rifiuto sessuale come una negazione della loro mascolinità. A poco serve insultarsi, battagliare incolpando l'altro. Serve invece diffondere consapevolezza sotto forma di comprensione, allora forse riusciremo a stabilire una reale collaborazione tra i generi. E io vedo, invece, continuare a costruire muri tra buoni e cattivi. |
GRAZIA SCANAVINI Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo.
L'obiettivo è stimolare riflessione al fine di favorire la consapevolezza personale nelle relazioni.
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