
Ancora una volta il box office internazionale attesta il successo di Cinquanta sfumature di nero interpretato da Dakota Johnson e Jamie Dornan. Sono oltre dieci milioni gli incassi, ad oggi.
Devo ammettere che la regia di James Foley ha regalato un imprinting diverso, un po' più dinamico, ma i miracoli ancora non si possono fare e solo Quentin Tarantino potrebbe rendere coinvolgente una trama così scarna di suo.
Dopo anni di queste Sfumature che dettano legge in termini di marketing, mi sono rassegnata al fatto che le favole piacciano, del resto proprio a colpi di favole veniamo cresciute noi donne e l'aspirazione ad essere principesse e crocerossine è ormai un costrutto educativo inaffondabile, ahimè. Ben vengano quindi le favole, se questo il pubblico vuole, perché il fine di film come questo è l'incasso e all'incasso si deve puntare.
L'obiettivo di questo film è reso evidente dall'interpretazione simil soap opera dei protagonisti: abbiamo un Jamie Dornan visivamente più adatto al ruolo ma ancora lontano dall'essere un master, che si definisce sadico ma ne interpreta una caricatura, più che altro. Poi abbiamo una Dakota Johnson che ancora una volta risulta efficace nel permettere alle aspiranti principesse di identificarsi in questo personaggio femminile dal conflitto comune a moltissime donne: il desiderio, la volontà di essere indipendenti e l'incapacità di sottrarsi alla dipendenza da un uomo che non è come lo si vorrebbe e che si aspira a cambiare, combattute tra il lasciarlo e il salvarlo.
Personaggio chiave, ovviamente, per la riuscita del film. Un'Anastasia fragile, che sembra tentare una crescita ma non può, schiava non di Grey ma dell'amore che prova per lui e bandiera del "al cuor non si comanda".
Lei, che per un tentativo di approccio fisico da parte del capo magari un po' forte (ma niente di particolare), sembra uscire traumatizzata che nemmeno in un assalto terroristico. Lei, che quando Grey le dice: "E se ti dessi le chiavi (di casa)?", sfodera un'espressione stupita (e da stupida) che nemmeno in Beautiful abbiamo mai visto.
Banalità insomma, questo vedo nella trama. Ottimamente interpretata dagli attori.
Speravo in una crescita dei personaggi, in questa seconda fase del sequel, ma non sono stata accontentata. Pazienza.
Ma veniamo all'aspetto per me principale, nel recensire quel che viene definito un film erotico. Già nel primo, chi sa di cosa si parli quando vengono tirati in ballo sensualità ed erotismo, è rimasto a bocca asciutta: anestesia dei sensi.
E nulla è cambiato nel secondo. Scene erotiche rese ridicole dalle incoerenze con la realtà: un rapporto orale di lui a lei, lei in piedi, a gambe chiuse; lui che la tocca in un ascensore gremito di persone, lei ansima incapace di non abbandonarsi al piacere, lui le dice di non venire, gli altri non si accorgono di nulla; lei che esce dal letto dopo aver fatto sesso e indossa le mutande o che ha dormito con la camicia di lui addosso e quando si alza la camicia è stirata; sculacciate che di intenso hanno solo l'idea; la stanza rossa che dovrebbe essere un punto cruciale della storia, in realtà sembra contenere solo bende e legacci... giusto un divaricatore rigido per le gambe. Chiara indicazione che il Bdsm è stato usato solo come esca per stimolare pruriti di una massa che ha bisogno di sentirsi autorizzata a guardare contenuti considerati trasgressivi ma che non lo sono affatto e, men che meno, hanno a che fare con le reali dinamiche Bdsm.
Insomma: anche la coerenza vuole la sua parte!
Così come la vorrebbero i dialoghi: infantili, banali, scialbi.
Cosa c'è di buono in questo film?
Alcuni aspetti mi sono piaciuti: la fotografia, ad esempio.
La scena banale, trita e ritrita, in cui al ristorante lui le chiede di togliere gli slip è resa preziosa dall'immagine sensuale delle gambe e dei piedi (con scarpa indovinata) di Anastasia, sotto al tavolo.
Il momento in cui lei si veste prima di una festa: in lingerie, davanti a uno specchio, e lui che le infila le "palline vaginali". Peccato che poi, alla festa, lei quella lingerie non la indossi più...
Positivo il segnale di consapevolezza di Anastasia quando dice a Grey che non potrà mai essere tutto quello che lui vuole in termini di sottomissione.
"Scopati qualcuno che possa renderti più in gamba, non solo più ricca", frase pronunciata dal capo di Anastasia, invidioso di Grey, forse è l'unico momento di brillantezza mentale del film.
Il passaggio della pazza ex sottomessa di Grey, che si fa trovare nell'appartamento di Anastasia e vuole spararle, dà un tocco di real al personaggio di Grey: forse l'unico momento in cui lui mostra un atteggiamento da master.
Concludendo: lasciamo passare la pessima scena dell'elicottero in avaria, lasciamo pure passare il finale da serie tv a cui mancava solo che comparisse una scritta tipo "se vuoi sapere come finisce, torna l'anno prossimo" ma non passi che Cinquanta sfumature di nero sia un film erotico.
Narrare una storia che ha una base sessuale non necessariamente coincide con una narrazione erotica. Il mercato offre ciò che la massa vuole e la fantastica operazione di marketing del primo libro, ha usato la dicitura "erotico" senza che di fatto il libro lo fosse. Così pure, naturalmente per i film.
Come per il primo, vi dico: se il genere vi piace, andate a vederlo ma non chiamatelo EROTICO. L'erotismo pretende sensualità, coinvolgimento in termini di senso, coerenza con la realtà, intensità di emozioni.
E continuo a sperare di incontrare un giorno, in Italia, un produttore disposto a fare un film davvero EROTICO.