![]() Ho questa malattia per la ricerca. Da sempre. Fin da piccola, più che leggere favole o romanzi, passavo ore a sfogliare le enciclopedie. Tipo che cercavo una cosa a caso e la leggevo. In quella, mi colpiva un qualcosa che veniva citato, andavo a cercarlo, leggevo e trovavo qualcos'altro, che andavo a cercare, leggevo e così via. All'università ho iniziato a fare la stessa cosa con i libri: ne dovevo leggere uno per un esame? Quel libro ne citava altri tre? Io li andavo a leggere. Quelli ne citavano altri? Io andavo a leggerli. Quando è arrivato internet, ovviamente, per me è stato come potrebbe essere iniziare la convivenza con un pusher per una persona con una dipendenza da stupefacenti. Ancora oggi, parto dal cercare un contenuto e sono capace di passare quattro ore senza staccare gli occhi dal video, in una staffetta di contenuti che magari mi porta a mille miglia da quello iniziale. Oppure mi addentra nei particolari di quel contenuto fino all'osso. Qualche mese fa, mi è stato citato un personaggio, vissuto a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento, che ha una storia straordinaria che io non conoscevo. Sull'onda dell'entusiasmo, ho passato giornate ad approfondire tutto ciò che riguardasse lui e il contesto in cui ha vissuto, tra cui il terremoto di San Francisco del 1906. Ho spaziato dalla Gold Rush, alla guerra di secessione, all'immigrazione di ogni genere in America, alla questione della definizione della razza per gli italiani (lo sapete che quando siamo arrivati là, siccome gli immigrati italiani provenivano dal sud e avevano la pelle molto abbronzata, si è dibattuto sulla possibilità che fossimo neri e, pertanto, vendibili come schiavi?), a solo Cristo, se esiste, sa cosa. Perché macino parole dopo parole, contenuti dopo contenuti. Li mangio, me ne nutro. Articoli, immagini, archivi storici delle università di tutto il mondo, dei ministeri, delle associazioni culturali, delle raccolte di testimonianze... un delirio, letteralmente. Cercando libri e articoli di giornale americani di quel tempo, da leggere, mi sono inoltrata in quell'oceano di meraviglia che è Ebay e ho acquistato cose, tra cui due libri in lingua, da due venditori diversi, riguardanti questo personaggio. È arrivato il primo e ho avuto una botta al cuore: il libro portava una dedica scritta a mano proprio di sua figlia, che lo aveva inviato in omaggio a un ministro italiano. Una coincidenza meravigliosa, no? Quando qualche giorno più tardi è arrivato il secondo e l'ho aperto, ho passato una decina di minuti in un limbo mentale, cercando di capire se fossero le traveggole o cosa... una dedica, la stessa calligrafia, ancora inviato allo stesso ministro. Per una malata come me, quello è stato un segno, ovviamente. E siccome non sto cercando di disintossicarmi, ho continuato a cercare cose quasi compulsivamente. La cosa che più amo, su ebay, sono le lettere e le cartoline viaggiate, perché sono le persone che le hanno inviate a parlarmi. Ne leggo a centinaia, cercando di immaginare il contesto in cui quella persona l'ha scritta, la vita che stava facendo, da dove era partita, quando, ecc. E vado a vedere dove abitava chi l'ha ricevuta, a immaginare cosa dev'essere stato riceverla e cose così. Quelle degli emigrati italiani spedite alle famiglie, per esempio: sono pezzi di storia specifica e particolareggiata che dovremmo conoscere tutti, prima di esternare la nostra opinione sull'immigrazione, per dire. Perché a parlare di cifre e di stereotipi, son capaci tutti. Ma leggere le storie personali, entrare nella sofferenza e nella speranza di una persona che è andata a centinaia di migliaia di km da casa per cercare di mantenere chi è rimasto a casa, è tutt'altra. Ma lasciamo perdere, che sto divagando. In uno dei miei viaggi mentali, mentre studiavo la questione dei newspapers di San Francisco durante il terremoto, sfogliando le centinaia di cartoline che ritraggono la città devastata, spedite dall'America a chissà dove, mi sono imbattuta in questa che ritrae l'entrata della sede del Chronicle (che nel terremoto poi è bruciato). È stata inviata due mesi prima del disastro. Mi ha colpito subito, l'ho comprata. In attesa che arrivasse, con l'entusiasmo di una bambina che aspetta di poter aprire il regalo di Natale, ci ho costruito su una storia tra la sorella del venditore di fiori e il marito della signora che li sta comprando, che poi è un giornalista del Chronicle. Ci ho scalettato un romanzo, che da domani inizierò a scrivere e che diventerà la mia terra di nessuno. Ieri è arrivata. Solitamente, la posta la ritira mio marito, tranne quando aspetto cose di questo genere. Avevo guardato la buchetta della posta ogni giorno, questa settimana. Anche ieri, ma non c'era niente. Poi, quando è rientrato lui, me l'ha portata. Il regalo. Divento una bambina. Per la malattia che ho, tenerla tra le mani, pensare che si è conservata per oltre centosedici anni, peraltro in ottime condizioni, mi assale una sensazione che è difficile da spiegare. L'immagine è la prima cosa che colpisce, certo, ma io l'avevo già guardata chissà quante volte... ed è tutto l'insieme che mi ammalia. Il timbro di spedizione. Immaginare questa persona che è entrata all'ufficio postale di Palo Alto, il 24 febbraio 1906 alle 12.30. Era sabato. Un'impronta vicino al francobollo. L'impiegato dell'ufficio che lo attacca, con le dita imbrattate di inchiostro, e poi lo timbra. Il viaggio. Sarà stata chiusa in un sacco e portata all'imbarco con una delle prime macchine che viaggiavano o, essendo l'ufficio a poca distanza dal porto, più probabilmente su un carretto trainato da qualche bracciante cinese sottopagato o, chissà, era un facchino italiano? Avrà viaggiato nella stiva di qualche nave che portava a casa emigrati, che tornavano dalle proprie famiglie o per prendere moglie, forse. Presumibilmente a Genova. Come ci sarà arrivata, poi, in Germania? Di fatto, è giunta a Bruchsal, un paese che sta nelle lande sopra Stoccarda, il 10 marzo 1906. Quattordici giorni dopo. Era sabato. Frau Clara Grohe l'avrà ricevuta il lunedì... Chissà chi era, per lei, la persona che l'ha spedita. Chissà cos'ha pensato, vedendo che è un'immagine quasi estiva, quando ha letto che si tratta della mattina di Natale a San Francisco. Lei che, abitando lì, forse non ha mai visto un Natale senza la neve. ![]() Se fate parte in qualche modo del mondo dei libri (da chi li scrive, a chi li legge, passando per gli editor, gli uffici stampa, i recensori, gli agenti letterari, gli editori, i librai... insomma, tutti) fatevi questo regalo. Una narrazione dissacrante a livelli magistrali, divertente e che fa riflettere molto. MOLTISSIMO. L'ho divorato. E per fortuna che l'ho letto kindle... perché di carta me lo sarei magnato proprio. |
GRAZIA SCANAVINI
Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Accanita divoratrice di film, libri, serie tv e... di Vita. Blog dedicato a fatti, film, libri, serie tv e cose belle.
|