...e SENTIMENTALE aggiungo! Qualche mese fa (era il periodo dei dibattiti sulla legge matrimoni/adozioni gay), sulla chat del gruppo-genitori della squadra di calcio di mio figlio, un papà ha postato un'immagine uguale a quella che trovate qui sotto, mancava giusto la scritta "non ricchioni". Diciamo che lasciava solo sottintendere. Ironica, non ne discuto. Ma non sono riuscita a trattenermi e gli ho risposto che, nonostante io apprezzi l'ironia, ero molto dispiaciuta di vedere che un padre postasse cose del genere e che riflettesse riguardo a quanto l'ironia di questo genere possa incidere su un ragazzino meno che adolescente, nel caso lo avesse visto. Gli ho chiesto se avesse mai pensato che il figlio, qualora in futuro avesse scoperto di essere gay, probabilmente avrebbe avuto seri problemi a confidarsi con un padre che deride i gay (per onor di cronaca veritiera, ho scritto ironicamente che se lo avessi avuto davanti gli avrei dato un calcio nel culo!). Mi rispose malissimo naturalmente, dicendo praticamente che non gliene fregava nulla e che io non avevo nulla da insegnargli. Dopo poco la moglie ha commentato a difesa del marito dicendo che il marito non è omofobo ma, essendo ad una cena un po' ubriaco, aveva postato la foto nel gruppo sbagliato. Il che naturalmente non cambiava nulla. Non era il gruppo sbagliato, il problema, no?
Comunque, a parte che chiaramente la coppia in questione ora fatica a salutarmi, nel pomeriggio ho postato questa riflessione su Facebook: "Se siete genitori, ogni volta che vi sovviene di fare una battuta sugli omosessuali, pensate ai vostri figli. Pensate che potrebbero esserlo o avere dubbi sul proprio orientamento sessuale. Pensate al fatto che non avrebbero il coraggio di parlarvene proprio perché vi sentono deridere. Magari lo fate senza darci peso. Non è che siete omofobi è che la battuta è facile, divertente o anche solo carina.. O stare dalla parte di chi deride vi mette al sicuro dall'essere giudicati gay. Pensate che li fate soffrire. ...sempre che il vostro amore per loro sia superiore al bisogno di ridicolizzare un aspetto dell'essere umano che di ridicolo non ha nulla." Ne è scaturito un dibattito e dopo poche ore ho ricevuto questa mail:"Ciao ho letto il tuo post su fb e ho pensato di scriverti. In questo periodo sto male xché quando guardo video porno mi eccito di più a guardare quelli tra i gay. Secondo te sono gay? Io non li ho mai guardati poi con degli amici un pomeriggio li abbiamo visti per ridere. Quando sono stato da solo sono andato a rivederli e adesso mi masturbo guardandoli ma appena ho sborrato mi faccio schifo. Non ne parlo con nessuno xché so che i miei amici mi prenderebbero in giro fino a fottermi xché una volta mi sono azzardato a dire di lasciare in pace un ragazzino un po' effemminato che a scuola prendono in giro e mi hanno detto allora sei finocchio anche tu. Con i miei non ho mai parlato di sesso. Mio papa' poi li chiama checche quindi figurati. Tre mesi fa ho anche scritto a uno psicologo in un forum ma lui mi ha detto che dovevo andare a fare terapia da uno e io non ci penso neanche. Non ho mai scopato con una ragazza mi sono solo fatto fare un pompino da una in discoteca mentre lo faceva ad altri amici per gioco e mi è piaciuto. A volte penso a lei quando mi faccio una sega ma sborro di più guardando i video gay. Sono un finocchio secondo te? Vorrei scoparmi una ragazza per vedere ma ho anche paura che non mi diventi duro e di fare una figuraccia. Quando sono in palestra vedere gli altri nudi non mi fa un gran effetto ma se li penso a incularsi mi diventa di marmo. Cioè le donne mi piacciono, guardare le tette me lo fa diventare duro ma non voglio fare una figura di merda che se poi lei lo va a raccontare in giro? Da qualche parte ho anche letto che uno ha provato con una troia così non correva il rischio ma io non ho i soldi e neanche la macchina per ora. Quindi secondo te dovrei provare prima a scoparmi una ragazza o un ragazzo? XXX" Credo che qualsiasi genitore possa immaginare il mio stato d'animo quando ho letto questa mail. I punti su cui riflettere sono molteplici: - il malessere psico-fisico manifestato dal ragazzo per non essere in grado di comprendere la propria sessualità; - l'impellenza, il bisogno di capire subito; - la difficoltà di fare delle scelte sul come comportarsi per arrivare a capire se stesso; - il timore del giudizio da parte degli amici; - il linguaggio... purtroppo tipico di questa fascia adolescenziale, male educata ai rapporti in generale, utilizzano con adulti e sconosciuti la stessa terminologia che usano tra di loro, segnale che non sanno valutare la differenza dell'esporsi nei diversi ambiti (l'apoteosi sarebbe essere in grado di cambiare l'utilizzo di questo linguaggio anche tra di loro, il che sarebbe segnale dell'aver modificato il loro approccio mentale al problema); - l'impossibilità di chiedere consiglio ai genitori per la mancanza di dialogo e per la chiara idea che il padre non accetterebbe di avere un figlio "checca". Il timore di deludere il padre; - lo smarrimento di un adolescente che è buttato (come tutti gli adolescenti) in una vita sessuale non sana (credetemi che di ragazze che fanno a gara sui rapporti orali ho sentito parlare centinaia di volte dai ragazzi). La modalità con la quale questo ragazzo si rapporta alla sessualità è, mi sembra ovvio, molto indicativa di come i giovani vivano la sessualità oggi. Non stiamo più parlando dei sogni e dei timori che assillavano noi da adolescenti in attesa de "la prima volta" ma di trovare una soluzione rapida per risolvere un problema di classificazione: sono gay o non sono gay? La sofferenza è intrinseca, chiaro, ma pur considerando il coraggio di questo ragazzo a scrivermi, sono rimasta colpita dal fatto che per lui la problematica sia più relativa al mondo che lo circonda che alla comprensione della propria sessualità. E non c'è nessun accenno all'aspetto dell'affettività. Nessuno. Ho molto riflettuto su questa mail e sinceramente mi sono sentita totalmente disarmata: mi chiedeva un consiglio, niente più, che non mi sono sentita di dargli perché a parer mio andava educato da zero! Lui voleva una risposta pratica, immediata, che facessi io la scelta al posto suo. Ho pensato, in termini adolescenziali, che avrebbe voluto una APP probabilmente! Mi ha "usata" come si usa una APP: a domanda corrisponde soluzione! Perché ho scritto questo post? Oggi dopo aver letto che un diciottenne si è suicidato sotto un treno perché i genitori non accettavano la sua indole gay mi sono sentita in colpa! Io a quel ragazzino avevo risposto che non mi sentivo di dare consigli perché non lo conoscevo, non conoscevo la sua realtà e che ritenevo sbagliato mettersi alla prova fisicamente solo per capire; che un'esperienza affrontata con quello stato d'animo non gli avrebbe dato nessuna sicurezza, anzi, forse gli avrebbe causato maggior confusione. Gli ho scritto che forse sarebbe stato più utile "entrare in stand-by", sospendere momentaneamente la ricerca forsennata di una risposta ma lasciare che l'affettività lo guidasse. "...Prova a non pensare di dover capire ora, subito. Prova a non vivere situazioni come quella della ragazza dei pompini ma cerca invece di uscire con una ragazza o un ragazzo che ti stimola, che ti piace, con cui ti diverti e ti senti a tuo agio. Poi saranno le sensazioni che vivi a indicarti cosa ti da benessere e cosa no. Non avere fretta di "scoparti" una o l'altro. Essere eterosessuale, omosessuale o bisessuale non significa "scopare" degli orifizi ma trovare soddisfazione nel condividere il proprio corpo con una persona che ti piace, che ti da benessere..." Mi ha risposto con un semplice "Ok" ma è chiaro che la mia risposta, molto lontana da quanto avrebbe fatto una APP, non gli è piaciuta: ho dilatato i tempi, non ho risolto nulla, gli ho chiesto di essere diverso da quel che è, e cioè un figlio dell'immediato, del "datemi una soluzione". Naturalmente lui ha tutta la mia comprensione perché non è sicuramente colpa sua se abbiamo cresciuto una generazione ineducata sulla sessualità e sull'affettività. Non è colpa sua se riteniamo che l'affettività sia innata e non capiamo che nell'era delle APP non lo è! Non è colpa sua se continuiamo a far finta che gli adolescenti siano asessuati e a incutere loro la vergogna di parlacene. Non è colpa sua se per la vergogna di affrontare il discorso continuiamo a dire: "ci siamo passati tutti e non siamo morti!". Non è colpa sua se per stupidi moralismi continuiamo a ritenere la sessualità un aspetto secondario e li lasciamo ad autogestirsi tra pornografia online, chat a sfondo sessuale e bagni di discoteche in cui si fanno le "gare di pompini". Oggi, leggendo l'articolo del ragazzino suicidatosi, mi sono chiesta: e se fosse lui? Non era lui ma questo non mi rasserena comunque. Che società è quella in cui un ragazzo non sopporta più di vivere per i pregiudizi che lo circondano? Società che ha fallito, che fallisce ogni volta che un ragazzino soffre inutilmente: Società che usa le notizie come questa per vendere giornali o ottenere visualizzazioni ma non affronta il problema, se non in poche, inefficaci e sporadiche iniziative. Adesso la colpa ricade sui genitori naturalmente, che noi tutti stiamo additando e riguardo ai quali ci chiediamo "come hanno potuto"? Ma finisce tutto qui, fino al prossimo eclatante titolo sul giornale! Molto interessante leggere un dibattito stimolato sulla bacheca Fb da Alessandro Pellizzari: "Provocazione pre-chiusura del giornale. Ho diversi amici gay che stanno insieme come marito e moglie da anni. Sono coppie che, qualche volta, come solidità, danno dei punti a quelle etero. Se c'è una cosa che non discuto sono le preferenze sessuali: nel sesso non ci sono regole, e mai devono esserci. È il privato del privato, è la scelta delle scelte. Sono quindi favorevole ai matrimoni gay, nonostante io sia cattolico credente, e penso che molti gay siano ottimi cristiani. Detto questo sono contrario all'adozione di bambini o similari (utero in affitto ecc) da parte delle coppie gay per un solo motivo: la mancanza della madre biologica vera, presente. Chi ha figli, soprattutto se è padre, può vedere, sentire, toccare con mano il profondo vincolo, viscerale, biologico, genetico che i suoi figli hanno con la mamma. Un vincolo che neanche il padre biologico può sostituire, e che si vede dal momento in cui il piccolo viene messo sul ventre della madre e succhia il primo latte, alle sue confidenze di semiadulto adolescente che cerca ancora la coccola della madre. Fino alla morte della madre, una mutilazione per qualsiasi figlio. Alessandro Pellizzari " che altro non è, a mio parere, che un frammento dello specchio della nostra società: il diverso c'è, esiste e crea destabilizzazione. Io sono chiaramente a favore dei matrimoni gay, ci mancherebbe, chi sono io per decidere con chi deve condividere la vita un altro? Ho avuto riserve sul fatto dell'adozione da parte di coppie gay fino a che ragionavo esclusivamente in base alle leggi della natura: pensavo che la genitorialità dovesse essere competenza solo di chi può avere figli naturalmente. Poi ho cambiato punto di vista da quando sono diventata madre, da quando ho preso coscienza di cosa significhi crescere un figlio, non partorirlo. Partorire un figlio non è essere madre e l'istinto materno, se riusciamo ad andare oltre l'aspetto poetico, altro non è che l'amalgama di amore e desiderio di impegnarsi nella crescita di un essere umano. E' fuori discussione che il legame biologico sia la base perfetta del rapporto madre-figlio ma solo se consideriamo il fatto da un punto di vista "idealizzato": la condizione ideale è che ogni madre che partorisce un figlio se ne prende cura con amore e capacità educativa fino a che il bambino raggiunge l'età adulta. Fantastico, no? Ma la realtà è un'altra e non possiamo ovviarla per idealismo poetico. Il Prof Vittorino Andreoli, che io vorrei come Presidente della Repubblica, ha racchiuso il tutto in un ragionamento molto semplice e pragmatico: chiaro che l'iter ideale sarebbe che un bambino venisse cresciuto dalla madre e dal padre biologici con amore, rispetto e capacità educativa. Ma piuttosto che un bambino cresca in un orfanotrofio, preferisco che sia cresciuto nell'amore che anche una coppia gay può dare allo stesso livello di una coppia etero. E' fuori discussione che i bambini in questione dovranno affrontare purtroppo momenti di difficoltà sociale perché l'educazione ottusa di questa epoca ancora non predispone al rispetto dell'altro ma bensì alla sovrastazione. Ma più che vietare che questi bambini vengano adottati da coppie gay bisognerebbe educare i figli delle coppie etero a non schernirli, offenderli o ferirli. NON SI PUO' CONTINUARE A RAGIONARE IN BASE ALLA PERFEZIONE perché la perfezione non è realtà. Sinceramente, ho visto e vedo figli di coppie etero cresciuti in clima di totale disamore e diseducazione che non posso non credere che, probabilmente, sarebbero cresciuti più serenamente con una coppia gay che magari non avrà istinto materno biologico ma decide in modo consapevole di impegnarsi amorevolmente nella crescita di un bambino. Ammetto di concordare con Alessandro sul fatto che un figlio "di ventre" sia un'altra storia ma non è scontato, non è assoluto e quindi, ben venga che qualsiasi persona che si prende l'impegno consapevole ed affettivo di crescere un bambino abbandonato, possa farlo! Indipendentemente dall'inclinazione sessuale che, personalmente, è solo una variabile di disagio perché si trova a scontrarsi con la morale ipocrita del nostro tempo. Le favole non esistono, i bambini negli istitui sì! Io la penso così... chiaro che vorrei (nella visione "favolistica" della questione) che ogni madre biologica a questo mondo avesse le capacità psichiche, pratiche ed attitudinali di crescere il proprio figlio, allora potremmo basarci sul discorso della naturalità. Se non ci fosse nemmeno un bambino abbandonato, maltrattato o (cosa che sembra poco grave ma io la ritengo immane) cresciuto in un ambiente diseducativo, potremmo ragionare in termini di naturalità, ma lo stato della nostra società non ce lo consente. Non mi pare che sia discutibile il rapporto viscerale, ma che c'entra il rapporto viscerale con l'adozione da parte di gay? Non è che vengano tolti figli a madri con cui hanno rapporto viscerale e vengano affidati ai gay. Semmai il concetto di base che spicca nella provocazione di Pellizzari è che ai gay no e agli etero sì! Ma nemmeno nell'adozione da parte di coppie etero abbiamo "la madre biologica vera, presente" (cito Alessandro). E allora, se questo è il concetto portante di questa discussione, dovremmo non appoggiare qualsiasi tipo di adozione, no?! Secondo me l'unico "ma" può essere determinato dal fatto che, finché l'adozione da coppie gay sarà un "fenomeno" da stabilizzare, i bambini adottati potrebbero subire maltrattamenti psicologici da parte di coetanei male-educati o peggio da adulti ottusi. Io vedo questo unico problema! Concludo il discorso dedicato all'adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso puntualizzando che 20 Paesi al mondo consentono l'adozione e, in Australia ad esempio, questi sono i risultati. So che lo spirito conservatore dela nostra società ci tiene legati alla coppia tradizionale ma #ilprosciuttovamessosulpane http://www.ilpost.it/2014/07/08/figli-coppie-omosessuali-studio-australia/ Colgo un post pubblicato su Facebook dalla Psicologa LAURA GRIMELLI per pubblicare un mio scritto di qualche giorno fa, scaturito dalla riflessione su un episodio accaduto a mio figlio. E' uno di quegli episodi quasi banali, nel senso che succede talmente spesso di sentire dinamiche di questo tipo che la diffusione ne ha reso banali i contenuti, ma solo agli occhi degli ottusi. "Tu educhi tuo figlio al rispetto e lui a 9 anni sa già (da 2 anni) che essere gay non è una malattia, non è una cosa malfatta e non è sbagliato! È semplicemente essere sé stessi, essere meno ipocriti del mondo che ti circonda, è AMARE... semplicemente Al di la' di ogni pregiudizio morale. Impieghi tempo ed energie a spiegarglielo in modo che possa comprendere. Gli dici che l'importante è stare bene, indipendentemente dal genere. Si deve solo cercare il benessere. Nessuno ha deciso che un uomo deve stare con una donna o viceversa. Ognuno deve stare con una persona che lo faccia stare bene, per compatibilità e condivisione. Così discuti con l'insegnante di religione che dice che tuo figlio lo mette in imbarazzo dicendo in classe queste cose, con il vicino di casa che in presenza di tuo figlio continuamente fa battute di cattivo gusto sui gay e con chiunque altro abbia la mente talmente ottusa da definire gli omosessuali malati, perversi o deviati. Tuo figlio è sereno e ha compreso benissimo che il torto è degli ottusi. Poi un giorno torna triste dai campi ricreativi: i bambini più grandi lo prendono in giro dicendogli che è gay perché porta l'orecchino (da 4 anni peraltro). Ed è triste non perché gli abbiano detto che è gay, ma perché non capisce per quale motivo un bambino voglia gratuitamente offenderne un altro, fargli del male. E tu sorridi, nonostante la sua tristezza. Gli sorridi perché ce l'avete fatta! Siete una famiglia che ha cresciuto un figlio capace di andare al di la' dell'ipocrisia stereotipata: lui non ritiene essere gay un'offesa, ma ritiene sbagliato che un bambino usi concetti tali per offendere. Tesoro mio, quei bambini sono il risultato della mala educazione che genitori ottusi hanno dato loro o quantomeno sono figli di genitori che non hanno capito quanto sia importante insegnare al proprio figlio che la sessualità è il motore della vita e che, i pregiudizi, sono quelli che già hanno portato alla morte troppi adolescenti!" Questo è stato il mio pensiero ma vi invito caldamente a leggere questo articolo pubblicato sul sito dei Giovani Psicologi della Lombardia. E vi invito soprattutto a riflettere. http://www.giovanipsicologi.it/index.php/56-commissioni-gpl/news-di-gpl/204-a-proposito-del-dibattito-sulle-terapie-riparative Foto di STEFANO CRUPI https://www.facebook.com/stefano.crupi.54 |
GRAZIA SCANAVINI
Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Accanita divoratrice di film, libri, serie tv e... di Vita. Blog dedicato a fatti, film, libri, serie tv e cose belle.
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