A volte Alessandro Pellizzari, amico giornalista, sembra puntare il dito verso una a caso quando scrive: me! Lo fa involontariamente (non sempre a dir la verità) ma va a cogliere imperterrito argomenti che, con il mio vissuto, hanno sempre un nesso. E questa volta è molto forte. Pellizzari mi ha chiamato a rapporto (cito) su questo post http://www.alessandropellizzari.com/donne-contro-altre-donne-la-calciatrice/ che tratta l'argomento del tradimento da un punto di vista alternativo: parliamo di traditi e traditori andandoci a focalizzare su di lei: la pietra dello scandalo! Sì lei, l'istigatrice, la donna di malaffare, la rovina famiglie! Alessandro non sbaglia una virgola in questo post, e lo dico da donna che un bel po' di tempo fa veniva definita proprio così: una rovina famiglie. Non in generale ecco, non che fossi una patita inseguitrice di uomini sposati ma bensì all'età di 24 anni mi sono innamorata di un uomo sposato. Sposato e con figli. Non faccio parte di quella categoria di donne che vanno in cerca a tutti i costi di un uomo sposato, né per spassarsela una sera, né per spirito di ossessivo di rubare mariti; piuttosto, già a quell'età, ero una donna risoluta e determinata, che metteva le sensazioni avanti a tutto. E così è stato quando mi sono innamorata di quell'uomo: non ho fatto nulla per "prendermelo", gli ho solo e sempre detto ciò che di lui sentivo, ciò che stando con lui provavo, le sensazioni che mi dava il suo esserci. E che io c'ero. Inutile raccontare le varie situazioni che si sono avvicendate anche perché sarebbe uno sterile riassunto tipo quelli che si leggevano una volta su Sorrisi e Canzoni Tv, delle puntate di Beautiful. La cosa che mi ha centrata in pieno oggi, leggendo il post di Pellizzari, è questa perpetua raffigurazione mentale che viene proposta della donna che "ruba l'uomo ad un'altra donna". L'immagine immediata è quella di una donna invadente, agguerrita, senza scrupoli né morale. Una donna il cui obiettivo è quello di "rubare l'uomo di un'altra", quasi come se l'uomo (che pare diventare oggetto inanimato) non facesse la differenza. Io questa immagine me la sono sentita scagliare addosso e vi assicuro che è pesante sopportarla, ma non impossibile. Soprattutto quando tu (a differenza della sua ex moglie) non consideri quell'uomo un inetto che soccombe fragilmente al sesso e null'altro. Perché proprio qui sta la questione: mogli che si arrabbiano con le amanti perché gli hanno rubato il marito!! Ma se è la rovina-famiglie a dover fare un passo indietro per salvare il matrimonio, poi cosa rimane a quella moglie, oltre al titolo coniugale? Come si sentirà ad avere vicino un uomo solo perché l'altra si è ritirata? Quando chiesero a me di fare un passo indietro e rinunciare a lui per coscienza (perché sposato e con figli) fu proprio il momento in cui realizzai che ancora di più dovevo dargli tutta me stessa, perché lei non poteva essere innamorata di lui, se pensava che per "ripristinare" il loro matrimonio fosse sufficiente che io mi nascondessi, mi negassi a lui. Lo trattava come un capriccioso, come se avesse dovuto togliere dalle mani di un bambino il gioco per fargli fare i compiti! Mi fece riflettere un sacco questa cosa. E fu proprio quel momento a farmi realizzare che avrei dovuto rinunciare all'uomo che amavo, e per il quale avevo cercato di moderare e limitare i miei sentimenti perché era già impegnato, per "lasciarlo" ad una donna che non aveva il rispetto di considerarlo come una mente pensante ma solo come un inetto da gestire. I conflitti interiori non furono pochi, anzi, per lungo periodo mi ero sentita invasa da perplessità, più che altro perché temevo poi di non essere all'altezza della situazione, nel senso che: ero sicura che sarei stata la donna giusta per lui? Ero sicura che sarei stata in grado di essere una buona compagna? In fin dei conti ci conoscevamo molto ma c'è differenza tra lo star bene insieme qualche ora al giorno e passare invece ad una convivenza con la responsabilità di una separazione sulle spalle, con tutti gli aspetti che una separazione tocca: i figli, i parenti (suoi e miei), i risvolti economici, il cambio di stile di vita (io vivevo sola allora, indipendente). Ma proprio la richiesta da parte della sua ex moglie (di fare un passo indietro e smettere di vederlo) mi ha dato la spinta ad affidarmi solo alle sensazioni. E questa è l'unica cosa che ho fatto! Nessuna pressione a lui perché decidesse in un senso o nell'altro ma solo l'esternazione di ciò che sentivo: IO CI SONO. Non ho combattuto per averlo, non ho inventato nessun sotterfugio, non ho fatto nulla che lo spingesse a "scegliere" me: mi sono semplicemente messa a sua disposizione, con calma e tranquillità, evitando di farmi sconvolgere e incattivire dalle continue pressioni di chi mi giudicava cercando di far uscire un'immagine distorta di me e focalizzandomi sul fatto che (è questa la solidarietà femminile Pellizzari?) quella donna non era obiettiva: se trattava il marito come un incapace a gestirsi, ne era innamorata o forse era semplicemente attaccamento. Massimo rispetto per l'indiscutibile dolore che io stessa potevo comprendere ma di cui non riuscivo ad attribuirmi la colpa. Perché un uomo che sta bene "a casa sua" magari la sbandata di una sera può averla, anche di qualche sera. Ma quando a pelle si sente di non poter più fare a meno di un'altra persona, le sbandate non c'entrano, è tutta un'altra storia. Una storia fatta di evoluzioni, di cambiamenti e di problemi risolti insieme sempre. Una storia fatta di complicità, di confronto e di crescita continua. Una storia fatta di intensità mentale e fisica, di compatibilità emotiva e di predisposizione all'altro. Una storia di complementarità, di alchimia e di menti intrecciate che viaggiano sullo stesso binario. Una storia fatta di rispetto. No! Non ero sicura di essere all'altezza, non ero sicura di poter essere una compagna ideale, non ero sicura di amarlo in tutto e per tutto! Mi facevano male i giudizi insindacabili delle persone, mi facevano male gli sguardi sprezzanti, mi facevano male gli insulti. Ma forse sono stati proprio quelli a spingermi a seguire solo le mie sensazioni e quelle che da lui percepivo. Poca importanza alle parole, ma molta ai fatti. E i fatti, a distanza di anni, mi dicono che forse essere più sensuali faciliterebbe la vita ad un sacco di persone. E ancora di più dico, per supportare la categoria delle donne in generale, che non serve accanirsi (chi per trattenere chi per prendersi un uomo): la via migliore è quella di dare per ciò che si sente, senza attaccarsi alle persone ma semplicemente rispettando il loro sentire, il loro essere e soprattutto senza macchinare cose incredibili per ottenere! Con i sotterfugi si ottengono situazioni basate su verità malate, finzioni devianti, equilibri instabili... tutto ciò che non può sicuramente portare ad un reale benessere. Essere se stesse e mettersi a disposizione completa dell'altro (non nel senso di sottomissione, naturalmente ma di condivisione dell'essere) è l'unica via per avere accanto un uomo che vi ama davvero e per quello che siete! Il primo passo? Prendete il telecomando e spegnete per sempre le macchinazioni modello Beautiful!!
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Oggi sulle ali delle parole di Alessandro Pellizzari (amico giornalista che ha scoperto lo stimolo a scrivere di rapporti tra uomini e donne da poco ma con parecchia ridondanza) mi sono trovata a riflettere sul passato. Pellizzari ha affrontato un outing che più che una confessione, come la definisce lui, mi sembra una esternazione di presa di coscienza (non di ora dico, ma maturata con il tempo) atta a scusarsi di un comportamento che credo appartenga a parecchie persone, magari è più un comportamento più di appartenenza maschile, ma non esclusiva. Alessandro parla da uomo in modo del tutto personale ma descrivendo un atteggiamento abbastanza diffuso: quello del non prendersi la responsabilità di fare una scelta: http://www.alessandropellizzari.com/uomini-che-non-lasciano-mai-uominichenonlascianomai/. Io in questo comportamento non mi ci ritrovo, nel senso che semmai sono sempre stata quella crudele e apparentemente "leggera" che ovviava le convenzioni: se una storia (fosse nata da 2 giorni o da 2 anni) non mi convinceva o iniziava a darmi sensazioni di disagio, parlavo chiaro e la storia finiva. Ho sempre amato le storie "piene", le storie che fossero il giusto equilibrio tra divertimento e passione, responsabilità e intensità. Quindi, quando capivo che certe cose mi davano fastidio o non erano compatibili con il mio modo di essere, parlavo chiaramente al compagno del momento e gli spiegavo che non era possibile andare avanti perché io non ci stavo dentro. Cosa succedeva matematicamente? Venivo incolpata di "leggerezza e mancanza di responsabilità". Le mie amiche poi, mono-fidanzatarie per convinzione (o convenzione?), mi criticavano un sacco... dicevano che non si poteva passare da un ragazzo all'altro come se si cambiasse un abito o una borsa. Per non parlare di quando lasciavo un ragazzo perché non mi ci trovavo sessualmente: lì il loro Super-Io si gonfiava prima di scatenarsi in frasi del tipo: "Che sciocca e immatura che sei! L'amore tu non sai nemmeno cosa sia!" Gli uomini in questione si arrabbiavano, anche loro naturalmente mi davano della poco seria e mi biasimavano il fatto di non volerci riprovare! Non era facile comunque lasciare, andarsene, dire alla persona che credeva in te che "non faceva al caso tuo". Sembrava un comportamento superficiale eppure preferivo dare il dolore acuto in quel momento piuttosto che dare un dolore cronico di mesi o anni. Ho sempre un po' ragionato di testa mia, ho sempre chiesto pochi consigli perché le riflessioni degli altri non facevano altro che cozzare contro la mia unica certezza: quando stai con una persona e i suoi atteggiamenti ti irritano e non ti danno un ritorno empatico, significa che non si è compatibili. E inevitabilmente, se quelle storie fossero proseguite, cosa sarebbe successo? Che avremmo cercato a vicenda di cambiarci o avremmo vissuto nell'insofferenza del non riuscirci. Ora, io ho estremo rispetto dell'essere degli altri e già da giovane non me la sono mai sentita di pretendere che una persona cambiasse per "accontentare" me. Lo trovo il modo più sbagliato di instaurare una relazione. Insomma: io "riprovare" l'ho sempre visto un comportamento di riparazione, di soluzione insolvente, di mancata presa di coscienza della vera essenza delle cose: un benessere a metà! Detto questo, è successo poche volte che io mi trovassi a decidere se lasciare la persona con cui stavo perché mi ero innamorata di un'altra. O meglio, era molto breve il periodo di indecisione, praticamente nullo perché quando capivo di essere attratta da un altro uomo non riuscivo a nascondere, non riuscivo a stare con il piede in due scarpe, nemmeno per brevi periodi! La coscienza del fatto che, se ti interessa un'altra persona significa che qualcosa sta cambiando, mi ha sempre spinta a scegliere la strada nuova, senza vigliaccherie, senza sensi di colpa. Inutile stare con una persona che dovresti amare e fingere di essere ciò che non sei. Chiaro che la condizione dell'essere in "coppia senza figli" mi dava la possibilità di ragionare con molta più lucidità e i problemi relativi erano molto minori. A distanza di anni, quando ricordo le mie amiche che mi "riprendevano" dicendomi "Ma tu non sei mica a posto!" sorrido sempre ma un po' amaramente: se avessi saputo spiegare loro che, prima di assumersi responsabilità quali quella di dire un sì che ha valenza per una vita (sotto stretto controllo sociale!) e soprattutto di fare figli, è MIRACOLOSO vivere e confrontarsi con diverse persone per capire davvero quale significato abbia trovare la persona giusta con cui condividersi, adesso sarebbero molto più serene anche loro, meno separate, meno agonizzanti, meno frustrate e meno desiderose di vivere tutto ciò che da ragazze hanno ripudiato per il timore di essere mal giudicate! Ho scoperto da pochi giorni di essere arrivata seconda. Seconda su una riflessione sulla quale credevo di avere già una conclusione. Mirca Viola, con il suo film Camgirls (non l'ho ancora visto), credo abbia fatto un po' quel che ho fatto io: cercare di capire. Sarà molto interessante confrontare i risultati della regista con i miei. Lo stimolo a prendere in esame questa riflessione mi è venuta dopo aver partecipato a "PORNO MONDO" http://graziascanavini.weebly.com/eventi-e-momenti/2 . Non sapevo che il fenomeno delle Cam girls fosse così diffuso. In realtà credevo fosse un qualcosa di molto limitato, uno dei tanti modi per prendersi un po' di piacere virtuale, un divertimento effimero, fine a se stesso. Stimolata dalle argomentazioni dello spettacolo, mi sono messa in gioco e ho approfondito (molto approfondito) creandomi un profilo da camgirl! Sì sì, ho fatto la camgirl per quattro settimane!! Ho scelto un sito che ha altissima frequentazione, ho studiato per un mese le dinamiche di approccio e di interazione e poi mi sono lanciata! Non scriverò il nome che ho usato (ma giuro che è stato azzeccatissimo), mi sono immedesimata nel personaggio (dovevo fare l'attrice io!!) e mi sono buttata, proponendomi come donna in affari che si eccita a fare sesso in cam a pagamento!! Lo so, lo so, state pensando che sono pazza, che queste cose non si fanno, che sono cose da pervertiti mentali ma (come già assistendo a PORNO MONDO avevo intuito) quelli che le persone estranee al cyber sex ritengono pervertiti mentali sono milioni, sono persone normalissime, sono geometri, ingegneri, bancari, avvocati, commercialisti, facchini, segretarie, studenti, portieri, autisti, insegnanti, rappresentanti... insomma... i nostri mariti, le nostre mogli, i nostri figli! Sì sì, anche i nostri figli perché sappiate che, come anche PORNO MONDO ha reso noto, un ragazzo su quattro tra i 13 e i 18 anni ha già messo in rete un proprio filmato o foto in situazione sessuale!! 1 su 4!!! L'esperienza è stata davvero interessante anche perché mi ha rivelato, ancora una volta, che i pregiudizi non hanno nulla a che fare con la coscienza del conoscere. Il sistema CAMGIRLS sostanzialmente si articola su due fronti: la richiesta e l'offerta. Le donne sono l'offerta, la parte attraente e pagata, gli uomini sono la controparte: il pubblico pagante! Come ogni mercato, anche questo offre ciò che la richiesta cerca, quindi considerando le diverse tipologie di approccio mentale alla sessualità, le camgirls sono diversissime una dall'altra, sia per l'aspetto fisico che per l'aspetto mentale. Soprattutto per l'aspetto mentale. Fisicamente parlando andiamo dalla camgirl bellissima e con corpo statuario a quella che rispecchia appieno la casalinga normalissima che ha avuto 3 gravidanze. Dalla adolescente alla matura (e per matura intendo anche 70enne), dalla efebica alla giunonica (ma anche extra-large o bbw come vengono definite nell'ambiente), dalla chirurgicamente rifatta alla naturalissima. Ancora più vasta è la scelta se tentiamo una "classificazione" dal punto di vista di approccio, di tipo di esibizione, e quindi di esternazione del proprio essere esibizionista delle camgirls. Sì perché ognuna di loro esprime un tipo di sessualità diversa, soggettiva: dalla fredda escutrice di show alla sensualissima, dalla simpaticona alla scontrosa, dalla dolce, carina e fine alla più volgare che possa esserci, dalla slave alla mistress. Insomma... ce n'è per tutti i gusti!! E proprio questo intendevo dire quando ho scritto che il mercato offre la risposta ad ogni tipo di richiesta, perché ognuna di queste ragazze/donne corrisponde all'immaginario sessuale maschile a seconda delle caratteristiche fisiche e comportamentali. Quando ho iniziato questo studio ero, pregiudizievolmente, partita formulando l'ipotesi che gli uomini cercassero in cam un appagamento puramente visivo, approcciandosi alla donna che più corrispondesse al proprio immaginario erotico. In effetti l'ipotesi è stata confermata ma il mio approccio di studio era troppo limitato, limitante e restrittivo. Man mano che ho curato la parte inerente l'approccio (il contatto pre-cam), ho iniziato a capire che anche per ogni diversa camgirl ci sono diverse tipologie di uomini che l'approcciano. Per intenderci: io sono un tipo di donna, con un tipo di fisicità e di comportamento che è un modo di essere. Uno. Ma vengo approcciata da uomini che hanno aspettative e caratteristiche comportamentali diversissime l'uno dall'altro. C'è quello che, bando alle ciance, ti chiede subito quanto vuoi per un cam to cam, che metodi di pagamento accetti, cosa fai e se usi sex toys. Diretto e conciso, questo è l'uomo che mira al puro soddisfacimento del desiderio di fare sesso virtuale, senza troppi coinvolgimenti, un momento a sé stante; effettua il pagamento, si collega e trascorso il tempo concordato, ti saluta e ti ringrazia, spesso dicendoti che sei stata BRAVA. Quando ti ricontatta per un nuovo cam to cam, ti chiede se sei libera, effettua il pagamento e di nuovo finisce facendoti i complimenti. Diciamo che per le camgirls questi sono i clienti ideali: si investe poco tempo nell'approccio e tutto fila liscio. Un po' più impegnativo è quello timido, che parte da lontano: ciao come stai? che fai? ah sei al lavoro? e che lavoro fai? e che tempo fa oggi da te? Insomma, a un certo punto sta alla camgirl, rischiando di sembrare maleducata, tirare a concludere e trovare il modo più carino per finalizzare (e finirla con la miriade di domande banali e inconcludenti che lui sta facendo). Arrivare al nocciolo è un po' pesante e laborioso ma diciamo che il timido andava solo stimolato. In cam poi non è nemmeno tanto timido, era più una questione di approccio. Quello che invece davvero diviene estenuante, e che per me è stata la vera scoperta durante questo percorso, è quello che (magari anche senza esserne consapevole) entra in una chat-cam per cercare una compagna virtuale. Attenzione: lui non lo dice... non è che si presenta dicendolo ma con lui inizia un tipo di rapporto vero e proprio; magari al primo approccio chiede cam subito, è sbrigativo come quello che cerca sesso virtuale solo per divertimento ma, appena chiusa la cam del primo incontro, comincia a scrivere messaggi di complimenti, di ringraziamenti profondi, di carinerie eccessive. Scrive la mattina appena accende il pc, cominciando da un semplice "buongiorno e buon lavoro" e, con messaggi continui nell'arco della giornata, cerca di sapere di più della vita della camgirl, delle sue abitudini, delle sue attitudini, cercando di trovare interessi comuni pur di stimolare la ragazza ad interagire con lui in continuazione, anche fuori dal discorso sessuale. Qui mi è suonato un campanello: possibile che un avvocato non abbia nulla da fare tutto il giorno? L'avvocato ha da fare! Mille cose!! Le solite noiosissime, pesantissime e ripetitive mille cose che fa tutti i giorni della vita: rincorre le pratiche, i clienti, i colleghi, la moglie, la spesa, l'auto da cambiare, la cena coi parenti, il weekend da organizzare, l'investimento da fare, il tennis del figlio, la danza della figlia e le medicine della mamma... insomma... rincorre!! Arriva in ufficio e accende il pc. Ti scrive. E' la prima cosa che fa. Il perché, il motivo di questo comportamento può sembrare banale: è annoiato, vuole evadere! Anche! Ma non solo... L'apparenza sottintende tutto ciò che il pregiudizio non ci fa vedere: siamo talmente convinti della nostra opinione su un fatto (che in realtà però non conosciamo perché non l'abbiamo vissuto), che non riusciamo a vedere cosa ci sia sotto ad un fenomeno del genere. CI SIAMO NOI. Noi con il nostro vero essere, non quello schiacciato dai pregiudizi. Ci siamo noi. Il nostro ES, le nostre pulsioni, il nostro desiderio di essere noi stessi, quello che non non riusciamo ad essere nella vita extra-virtuale. Non a caso uso il termine extra-virtuale perché per tante persone i rapporti in cam diventano importanti. Ma per tanti altri diventano importanti al punto da rendere i rapporti che vivono nella realtà quasi un peso, un obbligo, la fatica da fare prima di ritrovarsi lì, a chattare con la camgirl. Questo è diventato fulcro del mio interesse nell'ambito di questo studio, al punto di decidere (visto il molto materiale raccolto) di farne studio particolareggiato. Ora lo studio è finito. Ed è diventato un manoscritto di libro... L'amico Alessandro Pellizzari mi invita al confronto su questo suo post http://www.alessandropellizzari.com/lui-ha-unaltra-test-fai-da-te-tradimento-coppia/, chiedendomi di spiegare quali sono i segni femminili indicatori di "tradimento in corso". Ovviamo le banalità: look nuovo, pettinatura nuova, dieta dimagrante... questi sono semplicemente segnali di un momento di rivalutazione del sé, in cui la donna ha voglia di cambiamento, di miglioramento, di sentirsi diversa e più piacente. Non necessariamente ha un altro, probabile che si guardi in giro ma può anche avere semplicemente il desiderio di essere più apprezzata e più notata sia dal proprio uomo che dagli altri. Sì perché alle donne piace essere guardate, apprezzate e desiderate, anche da uomini con cui non andrebbero mai, con cui non cercano una storia ma solo il nutrimento del proprio ego (è quell'aspetto delle donne per cui gli uomini le definiscono QUELLA CHE SE LA TIRA MA NON LA DA). I segnali reali di tradimento, in una donna, sono diversi a seconda del tipo di tradimento: se tradisce per sesso e lo fa abitualmente è probabile che il marito nemmeno se ne accorga, almeno finché non scopre che lei ha un secondo telefono di cui lui ignorava l'esistenza o qualcuno gli soffia all'orecchio di averla vista da qualche parte con qualcuno. La donna che tradisce abitualmente ha storie brevi, legate solo all'aspetto sessuale, una sorta di autocompiacimento erotico per il quale non mette in gioco la vita coniugale, quindi difficilmente manifesta cambiamenti caratteriali o comportamentali. Sa gestire la situazione, diciamo, a differenza della donna che tradisce per innamoramento. In questo caso intervengono meccanismi molto più complessi ma, indipendentemente dal motivo per cui la donna si innamora di un altro (coinvolgimento casuale con un altro uomo per affinità o meno casuale per carenze nel rapporto con il coniuge), quando la testa di una donna si emoziona per un altro uomo solo un marito in stato vegetativo potrebbe non accorgersene. Perché la donna che riscopre le emozioni non riesce a gestire la situazione "come se niente fosse": diventa più assente mentalmente e sessualmente, più intollerante su certe cose che prima magari tollerava, più nervosa quando le cambiano i programmi all'ultimo momento e decisamente rabbiosa se doveva uscire "per vedere un'amica" e non può farlo per qualche motivo legato alla vita famigliare. Certo è che, quando arriva a manifestare questi segni, la situazione è già molto avanzata. Perché la donna non sopporta a lungo una situazione del genere, per lei è faticoso gestire "una seconda vita" e continuerà a farlo solo fino a quando non arriverà all'inevitabile bivio di decisione: lasciare il marito per iniziare una relazione alla luce del sole con l'amante o lasciare l'amante perché la pressione mentale è diventata insopportabile ma, per i motivi più disparati, non ci sono i presupposti per credere che una vita con l'amante sarebbe meglio che quella con il marito attuale o l'amante non è disposto ad intraprendere una relazione ufficiale. Nel primo caso la moglie lascia il marito, e sappiamo a memoria le dinamiche che si instaurano. Nel secondo caso invece le reazioni comportamentali sono diverse a seconda che la donna scelga di rimanere con il marito perché non è sicura che con l'amante le cose andrebbero al meglio (sceglie la stabilità all'incertezza) o si veda obbligata ad interrompere la storia perché l'amante non le da alcuna possibilità di costruire un futuro insieme, limitando la loro storia ad un perpetuo incontrarsi ufficioso che a lei non basta: perché la donna ha bisogno di emozioni crescenti e una storia del tipo "ci vediamo quando e se si può, ma non ti aspettare nulla da me" ha una fine già scritta. Nel primo caso la ripresa della vita coniugale è forse un po' più facile perché la figura dell'amante ha perso d'intensità agli occhi della donna, rivelandosi non all'altezza di essere l'uomo della sua vita. Nel secondo caso sarà più dura a morire l'idealizzazione che la donna si era fatta dell'amante perché, essendo stato lui a negarsi, quell'istinto all'attaccamento che noi donne abbiamo innato le vieta di essere razionale al 100%. Soprattutto se l'amante è di quelli incapaci di dire le cose come stanno e si trincera dietro alla frase tipica: "Tu sei la donna della mia vita, non ho mai amato nessuna come te, ma non posso lasciare mia moglie. Vorrei ma non posso." Ovvio che questa semplificazione sottintende una miriade di situazioni, le più svariate e variabili, ma in fin dei conti allora... uomini e donne, siamo così diversi? |
GRAZIA SCANAVINI Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo.
L'obiettivo è stimolare riflessione al fine di favorire la consapevolezza personale nelle relazioni.
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