Ieri una persona mi ha fatto la domanda più interessante di tutta la mia carriera: perché fissarsi a parlare di prostituzione?
A quella persona ho già risposto, ma lo scrivo anche qui: perché la prostituzione è la chiave di lettura dalla quale partire per snocciolare la questione della disparità tra i generi. State pensando che io sia impazzita? In effetti, per trovare il filo a questo discorso ho rischiato grosso e, chi non vuol capire, probabilmente dirà che qualche rotella spostata ce l'ho. Sono anni che il pensiero laterale mi porta ad analizzare la dinamica della prostituzione da un punto di vista alternativo. Di tante cose che si dicono sulla prostituzione, che sia il mestiere più vecchio del mondo lo abbiamo detto più o meno tutti, almeno una volta nella vita... giusto? Ed è verissimo, perché quel mestiere è quello che ci è stato attribuito ai tempi della nascita della proprietà privata, nell'era dell'agricoltura, quando il potere economico è stato attribuito agli uomini e alle donne è stato attribuito il ruolo di colei che riceve sostentamento in cambio di accudimento ed esclusivismo sessuale. Le prime prostitute sono state proprio quelle donne che, se volevano campare, dovevano diventare esse stesse proprietà di un uomo, accudirlo, dargli figli. E se ancora oggi esiste la prostituzione è perché la società è evoluta perpetuando il concetto per il quale l'uomo elargisce potere economico (che poi sono soldi) alla donna in cambio di accudimento anche sessuale. Siamo d'accordo tutti che poco è cambiato su questo, riflettendosi anche negli àmbiti lavorativi? I ruoli di accudimento (dal fare pulizie, al babysitteraggio, alla segretaria del capo, ecc.) sono in maggioranza svolti ancora da donne, no? Che sono le prime a perdere il lavoro se arriva una crisi. Che, quando un lavoro ce l'hanno, difficilmente raggiungono la parità salariale. Che, quando raggiungono il successo, in realtà semplicemente eguagliano un risultato maschile. Questo perché? Perché nella nostra società, da millenni a questa parte, non è mai esistito un modello di successo femminile. Noi non abbiamo un modello di riferimento, per l'autorealizzazione: corriamo appresso a quello maschile. Perché sono loro che hanno deciso come si dovesse sviluppare la società, sono loro che hanno determinato il sistema socio-economico in cui viviamo. Il potere decisionale e governativo è sempre stato maschile e, ovviamente, è stato costruito con mentalità maschile. Badate bene, non sto accusando nessuno, non sto recriminando niente. Sto solo spiegando oggettivamente come sono andati i fatti. E solo se conosciamo i fatti, possiamo comprendere certe dinamiche. Quella della prostituzione, appunto, è mantenuta viva dal fatto che le donne sono sempre nella posizione del dover dimostrare di valere più di una semplice "accudente". Devono dimostrare di valere quanto un uomo. E, in un modello di società in cui l'uomo ha il potere economico e la donna sopravvive se accudisce, la donna può davvero ottenere potere economico, senza battagliare, solo accudendo al meglio. Pensate, per esempio, a questo fatto: un uomo di cinquant'anni, che dispone di un discreto/buono/ottimo potere economico, se non ha una moglie/mamma che si occupa delle faccende domestiche, in media paga una donna che assolva a queste incombenze e utilizza il denaro anche per offrire cene, viaggi, ecc. al fine di avere compagnia femminile. O paga donne che gli dedichino compagnia per ore o giornate. Elargisce potere economico per essere accudito. Ovviamente, i soldi elargiti per l'accudimento sessuale sono i più piacevoli, perché - appunto - legati alla sfera del piacere. Se poi vogliamo pensare agli uomini che una donna che li accudisca in senso domestico ce l'hanno, pagano una prostituta quando? Quando la donna accudente non accudisce più sessualmente. Qui dovrei snocciolarvi la miriade di condizionamenti che hanno contribuito a mantenere vivo questo sistema: basti pensare al concetto di fedeltà, che da sempre vede la donna che tradisce come una troia, mentre l'uomo che lo fa ha un'aura di figaggine. Non a caso, la donna che tradisce viene lasciata senza alimenti più spesso di quella che viene lasciata per scelta maschile. Ti tolgo il sostentamento, perché tu non mi hai accudito. Non siamo, allora, sempre a quell'epoca là? Ecco cos'è, quindi, la prostituzione: tu, donna, mi accudisci sessualmente, io ti riconosco il sostentamento. E che il ruolo femminile sia ancora quello, oggi, lo dicono chiaro i numeri: su 101.000 persone che hanno perso il posto di lavoro causa Covid, 99.000 sono donne. Se qualcuno deve perdere potere economico nella nostra società, ancora oggi, è la donna. Lo sappiamo, direte voi. È normalità, praticamente. Già. Ma sapete anche che, nel bisogno di denaro per sostentarsi, le donne hanno la prostituzione come soluzione più immediata? Mi ripeto dicendo che c'è poco da moralizzare, se le donne si prostituiscono (virtualmente e non solo), se la forma mentis rimane questa, se il potere economico continua a essere prevalentemente in mano maschile e se le donne non hanno un modello femminile di successo. Ragazze mie, leggetevi IL VIAGGIO DELL'EROINA, Maureen Murdock, Ed. Dino Audino. È proposto come manuale di sceneggiatura, ma date retta: le prime dieci pagine sono quanto di più consapevolizzante io abbia mai letto o sentito dire. Vi manderà un po' in crisi perché vi spiegherà che quella sensazione di "vuoto" che le donne sentono a un certo punto dell'età adulta non dipende esclusivamente dalla menopausa, come questa società ci racconta da millenni. Quella è l'ennesima modalità di definirci "isteriche". In realtà, quel vuoto che assale anche quando abbiamo tutto (affetti, denaro, successo), è dovuto al fatto che ci siamo realizzate su un modello societario maschile... che non è il nostro. Lo so. Probabilmente avete mille obiezioni da muovere, a questo scritto... ma usatemi la cortesia di farlo solo a ragion veduta. Leggete quel libro, poi sono qui con piacere. Leggete anche "In principio era il sesso" di Ryan e Jethà, poi sono qui con piacere. Sto dicendo: andate a conoscere la storia antropologica delle relazioni, perché solo avere consapevolezza delle radici sociali dalle quali ancora siamo nutriti, può renderci consapevoli che il terreno velenoso dà frutti velenosi. E la chiusa è sempre la stessa: ci vuole impegno a conoscere per poter attuare un cambiamento. E ci vuole intento educativo per un cambiamento costruttivo. Se poi volete capire oggettivamente il discorso della prostituzione, legato al ruolo femminile nella società, io ho scritto NON CHIAMATELE PUTTANE e HO FATTO LA CAM GIRL (Ed. Effetto), come sapete bene perché vi sto sfracellando i neuroni da tre giorni. È autopromozione? Sì, anche. Ma è soprattutto desiderio che si prenda consapevolezza dell'oggettività delle cose. #abbattiamoipregiudizi Ché sono loro a mantenerci in questa situazione.
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Sto portando a termine la stesura del reportage complementare a NON CHIAMATELE PUTTANE. In quella prima pubblicazione riportavo dieci storie e testimonianze di donne che -per libera scelta- si prostituiscono. Storie che sono andata ad ascoltare in prima persona, chiedendo la disponibilità delle prostitute a raccontarsi. In questa seconda, invece, offrirò di leggere -direttamente dalle testimonianze dei diretti interessati- le risposte a quelle domande che tutti mi fanno: chi sono gli uomini che pagano per avere una relazione (sessuale ma non solo) con queste donne? Perché lo fanno? Hanno carenze nel rapporto matrimoniale? E perché pagare? Cosa pensano delle donne che si prostituiscono? In quelle relazioni, trovano appagamento reale o è solo tutta finzione? Per rispondere a queste domande nel modo più esauriente possibile, ho messo annunci fingendomi io stessa prostituta e sono andata a conoscere cinquanta uomini che usufruiscono di questa fascia di prostituzione. Il volume sarà pubblicato in piattaforma Amazon, come il primo, e sarà acquistabile dal 15/06/2020. Vi propongo intanto un estratto, e vi chiedo di soffermarvi al titolo un attimo: se l'ho scelto è perché usare un termine intriso di pregiudizi per definire persone, comporta spesso il fatto di approcciarsi con pregiudizio... è solo una questione di logica. Provate a leggere queste storie per quello che sono, non per dare giudizio. A dirci chi sono questi uomini, saranno i dati emersi dallo studio. GIOVANNI Roma Sono le undici di mattina e sono seduta in una caffetteria, a Piazza Santa Maria Maggiore. Giovanni è leggermente in ritardo per l’appuntamento ma mi ha avvisato con un messaggio. Nello scambio di mail mi ha raccontato di avere cinquant’anni, di essere sposato e di avere un ruolo lavorativo dirigenziale, che lo appaga. È laureato in scienze politiche e il suo linguaggio induce a pensare a una persona di ottimo livello culturale. Quando entra, capisco subito che è lui. Si è descritto alto, capelli neri, corporatura imponente e sorriso smagliante. Non ha mentito. Si avvicina al tavolo sorridendo e si presenta come se fosse un incontro qualsiasi, con molta naturalezza e giovialità. Un leggero imbarazzo nello sguardo, forse, che lascia svanire scherzando, chiedendomi se mi sia seduta così vicina all’uscita per potermela dare a gambe. Scambiamo qualche parola di circostanza, poi mi chiede come mai io abbia messo quell’annuncio e io rispondo ampliando la versione che già avevo dato nelle mail: il lavoro non mi va granché bene e ho deciso di unire il dilettevole all’utile. Giovanni non corrisponde di certo all’immagine che si può avere di un uomo che abbia bisogno di pagare una donna, per averla: è spigliato, allegro, espansivo. Molto cortese e affabile. Giacca blu, jeans e camicia bianca, è anche decisamente un bell’uomo. Mi conferma di essere sposato. Ha una figlia e una vita famigliare serena. E ALLORA PERCHÉ HAI RISPOSTO AL MIO ANNUNCIO? O, MEGLIO, PERCHÉ UN UOMO COME TE LEGGE QUEGLI ANNUNCI? Non è facile da capire, eh? Non mi manca niente, men che meno la possibilità di avere storie senza pagare, ma non voglio mettermi nei casini. Sono sposato da venticinque anni e lo troverai assurdo ma non ti racconterò di una moglie che non sopporto più o di frustrazioni: io amo mia moglie. Amo lei e amo la mia famiglia, però come dice mia sorella sono probabilmente un eterno Peter Pan! Ho bisogno di volare, almeno qualche ora ogni tanto. Di uscire da tutto: dalle responsabilità del lavoro, dalle pressioni quotidiane di ciò che la vita comporta. E ho bisogno di farlo in sicurezza, senza avere problemi… ché se devo andare a incasinarmi ancor di più, che senso ha? Ho come bisogno di quella sensazione che si prova quando ci si innamora di una persona che non si conosce, hai presente? È come se nella tua vita cambiasse tutto, se tutto prendesse un colore più vivo. Adrenalina, che ne so. La prima volta che ho sentito questo desiderio, qualche anno fa, è successo con una donna che lavorava al mio studio: lei era single, io sentivo questo trasporto per lei al punto che avevo messo in discussione tutta la mia vita. Non che non amassi più mia moglie, anzi, mi sentivo tremendamente in colpa, ma quando andavo a casa di Laura (la collega) mi sentivo un altro. Passavamo ore ad amarci, a ridere, a scherzare, abbracciarci, mangiare, ascoltare musica… un po’ come due ragazzini, insomma. Dopo qualche tempo tutto questo svanì, nel senso che svanì proprio in me il desiderio di continuare: conoscevo già tutto di Laura. I nostri pomeriggi, le nostre serate, erano diventate abitudine, pure quelle. Piacevoli, eh, ma abitudini. Avevo la sensazione di essere sposato due volte. Te la faccio corta: le dissi apertamente le mie sensazioni. Lei sapeva che tra di noi non ci sarebbe mai stato niente più di quello, ero stato molto sincero con lei, ma quando capì che stavo troncando, cominciò a tampinarmi: in studio, al telefono. Mi ritrovai in un casino infinito, con la paura che facesse colpi di testa, con il timore di giocarmi la famiglia per le mie ore da Peter Pan. Ci vollero un paio di mesi perché le cose tornassero alla normalità e credo siano stati i mesi più difficili della mia vita. Il timore di perdere mia moglie erano all’ennesima potenza. Tu dirai: ben ti sta! MA FIGURATI! CREDO DI AVER CAPITO COSA INTENDI… Dopo quella storia mi misi buono buono. Ovvio che continuavo a sognare le ore da Peter Pan, sono fatto così, c’è poco da fare. Un annetto più tardi, a un evento di lavoro, iniziò un gioco di sguardi complici con una ragazza dello staff che gestiva la serata; il mio socio se ne accorse e mi stuzzicò. Io gli dissi che mai e poi mai mi sarei ricacciato nei casini e lui molto candidamente mi disse che potevo averla e non avere problemi, bastava pagare. Lei mi piaceva e pensai che un paio d’ore di sesso non mi avrebbero fatto male. Fu una delle storie più belle della mia vita, quella in cui mi sono sentito di poter essere me stesso fino in fondo. Lei era una bellissima persona, in tutto, e pagarla era come prendersi cura di lei, ringraziarla per essere quel che era. Dopo un paio di mesi successe la stessa cosa che accadeva con le altre donne, l’abitudine, ma non ci fu nulla di quanto vissuto in passato: nessun pianto, nessun litigio. Mi disse accarezzandomi che pure per lei cominciavo a essere come una vecchia ciabatta. Facemmo l’amore e quella storia si chiuse, così come si era aperta. Dopo qualche tempo le scrissi che mi mancava, il che era vero. Lei mi rispose che non le mancavo io, mi mancava la possibilità di essere Peter Pan, e che dovevo cercarmi una nuova Trilli per poter fare i voli che piacciono a me. Vuoi essere la mia Trilli? (RIDO) E CON QUANTE TRILLI HAI VOLATO? Non tantissime, a dir la verità. Non è facile trovare una donna che sappia volare davvero e poi, rimessi i piedi a terra, non pretenda di più. Che poi Trilli, da quanto ho capito attraverso mia figlia, è gelosa di Peter Pan, no? Quindi la metafora ci sta fino a un certo punto. Comunque, quando mi viene voglia di volare, cerco di farlo, ecco. E mi organizzo il volo in questo modo perché ho capito che le storie coi soldi di mezzo sono più schiette e meno problematiche. Può sembrare una posizione da vigliacco, ma io me ne frego: ho smesso da tempo di farmi seghe mentali su questa cosa, perché se dovessi misurarmi in termini moralistici probabilmente mi suiciderei. La morale la lascio agli altri: mi sono accettato per quel che sono, ho bisogno di spazi in cui sentirmi solo Giovanni: non marito di, padre di, titolare di. Giovanni ha bisogno di momenti in cui dedicarsi al bello della leggerezza e, viste le esperienze, questa in cui cercherò di portare pure te è la forma migliore che conosco. MA TI ECCITA ANCHE IL PENSIERO DI PAGARMI O È SOLO IL MODO PER SENTIRTI AL SICURO? Se avessi confidenza, ti direi di metterci una mano e sentirlo da te. EFFETTO POTERE MASCHILISTA? Uhm… mi pare che sia più l’effetto delle tue labbra e il pensiero di perdermici. Mi sa che il potere, qui, ce l’hai tu. Se ti alzi e te ne vai senza lasciarmi il tuo numero, io con il mio potere e i miei soldi mi ci faccio una pippa! SE INVECE TI LASCIO IL MIO NUMERO? Mi paleso per ciò che sono: un maschio semplice. Che appena sarai uscita da quella porta ti chiamerà per prenotare il primo volo disponibile, sperando che sia in giornata o domani al più tardi. VABBÈ MA SE FAI IL PIACIONE, CI CREDO CHE LE DONNE POI SI INNAMORANO. Ma quale piacione. Ovvio che non sono insensibile alla tua sensualità e che sto facendo di tutto per piacerti e strapparti una conferma. Mi incuriosisci. Tu sei una da storia fuori dal comune, ne sono certo. E io, quello voglio. Sto concludendo un libro-inchiesta sulla prostituzione. In particolare su quella fascia di prostitute che non trovi la sera lungo le strade ma che scelgono la prostituzione come mestiere sì spinte dal bisogno economico ma anche dal lato piacevole che questo tipo di lavoro offre loro. E ci sono sempre state. Nelle case chiuse non si trovavano solo donne costrette a farlo ma anche donne che lo facevano perché "portate", così come avviene anche oggi all'estero, nei Paesi che (bando all'ipocrisia) hanno deciso di regolarizzare l'attività. In seguito ad una discussione stimolata dalla pubblicazione di questo mio post su Facebook: "Il mondo è pieno di prostitute e di uomini che non pagherebbero mai una donna per fare sesso! I conti non tornano..." ho deciso di pubblicare qui uno stralcio dell'inchiesta, secondo me molto significativo. BIANCA Presenza notevole quella di Bianca: sarà alta un metro e settantacinque ma indossa un tacco dodici quindi è impossibile non notare una donna di quell’altezza. Le gambe camminano eleganti e sicure, appaiono forti. I muscoli scolpiti, decisi. Elegante e sensuale, in abito nero molto semplice che sembra esserle stato creato addosso. Un corpo importante, spalle larghe, fianchi evidenti ma non sgarbati. Armoniosa. Ha quasi quarantacinque anni ma ne dimostra trentotto, trentanove al massimo. Pelle candida, trucco impercettibile, labbra ben disegnate di un rosso intenso naturale. Il pensiero che ho avuto vedendola è stato questo: “Qualsiasi uomo pagherebbe per venire a letto con te… ne sono certa” e lei ha sorriso, lo sa meglio di me! Bianca è sposata da diciotto anni con un marito che venera. Lui sa che lei si prostituisce, è una soluzione che hanno trovato insieme dopo che la ditta del marito, in cui lavorava anche Bianca, è stata pignorata. Hanno tre figli, in età adolescente, e si sono trovati da un momento all’altro senza soldi per vivere. Non conducevano una vita di lusso prima del pignoramento, una vita normale ma fatta di buon vivere, vacanze e sufficiente serenità economica. In pochi mesi si sono trovati a non avere più i soldi nemmeno per pagare le utenze. Tra Bianca e il marito c’è sempre stata un’ottima intesa, hanno vissuto vicende intense ma sono sempre stati affiatati. A sentire lei l’affiatamento è sempre aumentato, anno dopo anno, vicenda dopo vicenda. MI RACCONTI COME SIETE ARRIVATI A QUESTA SOLUZIONE? In un modo molto semplice, abbiamo unito l’utile al dilettevole. Non ci siamo arrivati subito, non è che appena chiusa l’azienda ho iniziato a prostituirmi. L’idea mi è venuta un giorno, leggendo il giornale. Mio marito in quel periodo faceva turni notturni in nero in una fabbrica dove fortunatamente è stato preso subito ma con i soldi che portava a casa non riuscivamo più a sostenere la famiglia. L’articolo di quel giornale diceva che una donna era stata arrestata per prostituzione, per un giro di affari altissimo, e quella sera stessa lanciai a mio marito una battuta: “Ma se ci provassi anche io?”. Glielo dissi con molta ironia, come se stessi scherzando, ma in realtà volevo vedere la sua reazione. Lui ed io siamo molto legati, anche sessualmente… il nostro è stato un percorso intenso: siamo passati dal semplice conoscerci ad amarci realmente per quello che siamo, senza gelosie, senza pudori, senza limiti. Lui è la persona che meglio mi conosce al mondo e sa come sono fatta. Gli sono stata fedele per molti anni poi un giorno mi è scattato qualcosa: ho sentito che per amarlo intensamente avevo bisogno di avere stimoli nuovi ma temevo che cambiasse qualcosa nel nostro rapporto, così ho iniziato a tradirlo. Non una storia d’amore ma innamoramenti. Tanti. Sapevo di piacere agli uomini e ho semplicemente smesso di dire di no quando mi facevano proposte uomini che mi intrigavano. Poi ho iniziato anche io a esplicitare il mio interesse, ero capace di vedere un uomo che mi piaceva per strada e seguirlo dentro al bar magari, facendo in modo che si accorgesse della mia attenzione nei suoi confronti e cercando di creare la situazione giusta per innescare il gioco! Sì, era un gioco, il gioco di un attimo. La realtà è che tutti mi volevano. Pochissimi uomini rimanevano indifferenti nei miei confronti e quindi ero libera di scegliere. Non sono mai stata rifiutata o lasciata, nemmeno una volta, perché ognuno si innamorava di me a suo modo ma in nessuno avevo mai trovato una quantità tale di caratteristiche e stimoli da saziarmi, da farmi smettere di "cercare" in continuazione nuove emozioni. Naturalmente mio marito ha sospettato dopo pochissimo tempo e mi ha affrontata a viso aperto. Abbiamo parlato a lungo, ci siamo confrontati e abbiamo capito che potevamo farlo insieme. A lui eccitava ad esempio l’idea di guardarmi fare l’amore con un altro, quindi in pochi mesi abbiamo trovato un equilibrio fantastico: non avevo più bisogno di tradirlo… mi bastava dire quale fosse la situazione fantasiosa che desideravo e lui si amalgamava al mio desiderio. Così, quando ho lanciato quella battuta sull’articolo del giornale ho visto il viso di mio marito “rimescolarsi”. Un misto di paura, eccitazione, timore e positività. Come me pensava che ero stata con altri uomini gratuitamente, solo per il piacere, perché non unire l’utile al dilettevole? Poi la ragione, naturalmente, ci ha portati a considerare i rischi e tutto il resto, e allora abbiamo deciso di provare a pianificare questa attività: una sorta di progetto! Volevamo capire se era fattibile senza che accadesse nulla, senza avere conseguenze. Non ci abbiamo impiegato molto, tre giorni dopo stavamo già cercando clienti. Sono molto selettiva: solo uomini distinti, intorno ai cinquant’anni meglio, solo sposati (per evitare di avere problemi da single che si innamorano) e solo nell’appartamento in cui lavoro. Lo abbiamo affittato non in regola, senza contratto, in centro. Roma è talmente grande che nessuno fa caso a chi entra o esce da quel palazzo e gli inquilini degli altri interni li incontro raramente. L’appartamento è l’unico ricavato sul terrazzato del tetto, quindi non ho vicini e oltre a godermi la vista della città in modo fantastico, posso godere di tranquillità assoluta. Abbiamo predisposto tutto insomma: i miei figli e tutti sanno che lavoro come manager, quindi è normale che ogni tanto io esca a cena o dorma via o trascorra qualche giornata fuori città. Tendo a non lavorare di sera comunque, per stare con i ragazzi. Intanto mio marito ha trovato impiego in un’azienda in regola e quindi siamo una famiglia normale che ora, grazie alle mie entrate, può pagare i debiti che ha con lo Stato e con le banche. Loro ci hanno instradato a questo, nessun lavoro mi avrebbe mai permesso di pagare le cifre che siamo arrivati ad accumulare con gli interessi, nel tentativo di salvare l’azienda. Per noi la prostituzione, se così vogliamo chiamarla, è stata il giro di svolta insomma, la salvezza. Certo che per fortuna io ho questa predisposizione al sesso e il legame con mio marito è talmente forte già da prima che non abbiamo mai problemi dettati dalla gelosia, anzi, spesso mi chiede di raccontargli cosa succede quando sono con altri… lo eccita. PROSTITUZIONE, SE COSI’ VOGLIAMO CHIAMARLA, DICI… TU TI SENTI UNA PROSTITUTA? Per nulla. Mi sento una donna, punto. Donna che sfrutta la sua attitudine con il mondo maschile, niente di più. La prostituta, nell’immaginario della gente, è una donna “sporca”, senza amor proprio, che sottostà agli uomini per compiacerli, che farebbe qualsiasi cosa per denaro. Io non sono così. Io mi dedico a loro realmente, per questo la selezione dei clienti è molto importante in ciò che faccio: quando arrivo a conoscerli, di loro mi sono già fatta un’idea attraverso la corrispondenza online e, solitamente, non sbaglio. Il momento della conoscenza è fondamentale e non transigo: la persona deve piacermi e corrispondere ai canoni di sicurezza che io e mio marito abbiamo stabilito, altrimenti non se ne fa nulla. In un mese posso conoscere e avere una storia (di qualsiasi livello di intensità) con una decina di nuovi uomini e continuare le storie in atto con quelli presenti da giorni, da mesi, da anni. Sì, perché in tutte le nuove conoscenze scelgo di continuarne qualcuna e qualcuna resta il ricordo di un caffè, una cena, una scopata. Con qualcuno si instaurano rapporti intensissimi, con alcuni un po' più freddi, con alcuni puramente sessuali. Le prime volte ho anche intrattenuto relazioni basate su una soglia di sopportazione: ci stavo giusto per non dir di no, per non rinunciare al denaro ma in realtà non ne avevo voglia perché non mi sentivo stimolata né intellettualmente né fisicamente. Quindi il rapporto si riduceva a un incontro che sentivo pesantissimo e, pensa, la parte meno pesante era il momento sessuale. Per farti un esempio, i primi tempi ho conosciuto un avvocato, persona distinta, gentilissimo, sempre molto attento e rispettoso nei miei confronti. Troppo. Sai quegli uomini che ti venerano in tutto e per tutto, che farebbero qualsiasi cosa per compiacerti… Ecco, ogni volta che dovevo incontrarlo sentivo una pesantezza enorme anche se mi dispiaceva perché di fatto era una buonissima persona, ma pesante caspita! Ogni volta che entrava in casa mi prendeva una tristezza tale da diventare quasi asettica quando attaccava a raccontare dei suoi problemi, del figlio ammalato, della moglie distaccata. E’ caratteristica di tanti clienti quella di “usarmi” per parlare, per sfogarsi, per alleggerire la mente, soprattutto quando la frequentazione diventa abituale e si instaura una sorta di confidenza. Solitamente non mi da fastidio, anzi, ma con lui proprio non ce la facevo, era più forte di me. Sono arrivata al punto di trattarlo quasi male, o per lo meno in modo totalmente diverso sia dal mio modo di fare che dal mio modo di essere. Non sopportavo la sua presenza e cercavo sempre di portarlo a letto subito, in modo che se ne andasse il prima possibile. Era l’unico con il quale ero fiscale sul tempo: due ore, non di più. Se concordavamo di vederci dalle dieci a mezzogiorno e arrivava in ritardo anche di un’ora per il traffico, comunque alle dodici doveva andarsene… inventavo scuse di ogni genere affinché non prolungasse la sua presenza. Mi chiedevo come facesse a chiamarmi “amore”, “tesoro”, a desiderare di stare in mia compagnia nonostante e a pagarmi duecentocinquanta euro quando io lo trattavo con insofferenza. Era davvero impossibile per me comportarmi diversamente. A letto facevo in modo che godesse prima possibile… già lui soffriva di eiaculazione precoce, quindi diventava una lotta tra i miei movimenti che sapientemente cercavano di portarlo all’orgasmo subito e la sua difficoltà a cercare di resistere, perché non si esaurisse tutto in pochi minuti. Mi dava proprio fastidio averlo addosso, non sopportavo che mi baciasse e chiudevo la bocca, giravo il viso di lato. Parlare con lui mi annoiava, fare sesso anche perché non era per niente eccitante, mi guardava come se fossi la Madonna scesa in terra, era come se io fossi su un piedistallo e lui fosse disposto a qualsiasi cosa pur di stare ai miei piedi. Io non amo gli uomini “oggetto”, quelli che si assoggettano alle donne. Amo il confronto alla pari, sia dal punto di vista relazionale che sessuale. Evito sempre di conoscere gli “schiavi” ad esempio, quelli che cercano una donna che li domini: non è nel mio carattere e non riesco a comandare nessuno. Preferisco un uomo deciso, che sappia quello che vuole, che mi tenga testa insomma. Quindi, appena il giro di clienti me lo ha permesso, ho chiuso la relazione con questo anche perché mi metteva a disagio prendere i suoi soldi senza dargli ciò che cercava, non mi sembrava giusto. Io sono fatta così! Gli uomini che pagano per stare con me, che sia sesso o compagnia, devono avere il meglio, devono essere soddisfatti quando mi salutano, altrimenti mi sento in difetto. Questa è solo una parte di una delle venti storie riportate dalle protagoniste di questa inchiesta che va a rivelare le dinamiche caratteristiche della fascia di prostitute che, anche attraverso percorsi diversi, è arrivata a scegliere la prostituzione come professione. Professione che tutti giudicano, nessuno confessa di usufruirne ma non tutte le donne sarebbero in grado di sostenere. Per concludere, vi riporto la riflessione di Roberta, una delle protagoniste dell'inchiesta: "Quando sento le persone giudicare le prostitute e dire che ci piacciono i soldi facili o temiamo la fatica, mi viene una gran voglia di chieder loro se davvero pensano che loro stesse o loro moglie abbia le caratteristiche psicologiche e mentali per far star bene un uomo al punto che questo arrivi a pagarle anche mille euro per trascorrere una serata insieme! E magari senza fare sesso! Per fare l'amante a pagamento, come mi definisco io, bisogna avere la capacità di innamorarsi di nuovo, sempre, e riuscire a trovare sempre il lato positivo delle caratteristiche di un uomo. Potrebbero farlo quel branco di isteriche che si accontentano di guardare reality e inventano mal di testa ogni due per tre?" |
GRAZIA SCANAVINI Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo.
L'obiettivo è stimolare riflessione al fine di favorire la consapevolezza personale nelle relazioni.
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