Quando accenno la parola BONDAGE, qualcuno mi guarda come se parlassi in aramaico, qualcuno come se stessi farneticando e altri addirittura assumono un’espressione facciale mista tra il disgusto e il ripudio. Alcuni tacciono, capaci di non giudicare ciò che non conoscono o talmente condizionati mentalmente da vergognarsi anche solo di parlarne. La maggior parte lucida a festa il proprio Super-Io e si lancia nella più spettacolare espressione di perbenismo possibile: “Quelle cose sono da depravati mentali!” E adesso abbasso un po’ i toni perché questa frase corrisponde esattamente a ciò che pensavo io prima di conoscere STEFANO LAFORGIA! Chi è? Stefano è un istruttore di kinbaku (bondage giapponese) nonché il fondatore della prima scuola di bondage in Italia, a Roma. La mia conoscenza con Stefano risale a cinque anni fa quando, dopo avere pubblicato il romanzo erotico LA RAGIONE DEI SENSI, ho scoperto che buona parte della narrativa erotica racconta di situazioni legate al BDSM, argomento sul quale io ero assolutamente ignorante. Quindi (perché io sono fatta così) ho deciso che per scrivere dovevo capire, per capire dovevo conoscere, per cui… dovevo parlarne con un esperto e, dopo breve ricerca, nessun dubbio: il massimo conoscitore in Italia è lui! L’ho contattato e gli ho chiesto di incontrarci. Aperitivo e cena a Trastevere, la serata è volata tra le mie domande e le sue risposte, sulla parte tecnica delle pratiche ma soprattutto sull’aspetto “psicologico”, sulle dinamiche mentali. Diciamo che per predisposizione caratteriale sono una “curiosa” o meglio “fagocitatrice di punti alternativi”, adoro conoscere modi di vivere mentalmente diversi dai miei, quindi la serata con Stefano mi ha aperto un mondo a me completamente sconosciuto. Quando ci siamo lasciati, Stefano mi ha proposto di partecipare ad una serata del suo corso o eventualmente a qualche festa organizzata dal suo gruppo ma il mio Super-Io (mannaggia ai condizionamenti sociali!) ha gonfiato il petto e, nonostante io avessi compreso fin da subito la professionalità di Stefano, ho rifiutato. Parlare con lui mi aveva dato un’idea del bdsm abbastanza chiara e aveva reso molto interessante ai miei occhi le dinamiche dei rapporti interpersonali in questo ambito, ma ancora mi sentivo troppo diversa, troppo lontana da ciò che consideravo un “vivere estremo”. Sono trascorsi alcuni mesi e ogni tanto ripensavo a questo “prurito” conoscitivo che in effetti mi aveva preso: ero curiosa di vedere ma non mi sentivo adatta! Anche solo il pensiero di andare in questo ambiente (nonostante le rassicurazioni di Stefano sul fatto che il corso si svolgesse in un ambito normale, professionale, tranquillo) mi faceva sentire a disagio. Poi ho conosciuto G., un massaggiatore tantra amico di Stefano, con il quale avevo iniziato lo stesso percorso conoscitivo finalizzato allo scrivere. Dopo aver trascorso un pomeriggio a parlare di chakra lui mi dice: “Senti, io devo andare al corso di bondage ora, perché non vieni con me? Le bottom fanno sempre comodo!” “Le che?” “Le bottom, le ragazze che si fanno legare!” Insomma, tira e molla, sì e no, sono entrata al corso di Stefano! Non nascondo che ero imbarazzata, timorosa, mi sentivo a disagio. Stefano e i partecipanti mi hanno presto messa a mio agio e (ridete pure) mi sono tranquillizzata vedendo che erano tutti vestiti… chissà cosa si era immaginata la mia mente intrisa di pregiudizi!! Il clima era quello di un corso qualsiasi: uomini e donne di qualsiasi età in abbigliamento sportivo stavano tranquillamente chiacchierando. Unico segnale che riportasse al bondage erano le corde: corde ovunque, e corde di ogni colore (soprattutto quelle rosse hanno attirato la mia attenzione, adoro il rosso). Mi guardavo intorno intanto che Stefano parlava ora con un allievo, ora con un altro: lo guardavo controllare le corde e dare consigli su come trattarle perché scorressero al meglio (vanno cerate e messe in forno perché la cera penetri nel tessuto, poi distese in modo da non avere vizi di curvatura che creerebbero attrito); qualcuno gli chiedeva chiarimenti, qualcuno gli mostrava un nodo e lui gli dimostrava come renderlo più efficace. Poi, disposti a coppie, è iniziata l’attività. Mi ha colpita il fatto che Stefano ricordasse ad ognuno di tenere a portata di mano le forbici e si raccomandasse di non indugiare a tagliare le corde qualora la bottom manifestasse disagio, perché alle volte può succedere che il sentirsi legati provochi un reazione ansiosa. Ammetto che ero tesa, curiosa ma un po’ tesa. Ho posizionato le braccia dietro la schiena e, partendo dai polsi, l’amico massaggiatore ha iniziato a legarmi. Clima sereno, a tratti scherzoso per via di qualche battuta ma sempre piuttosto rigoroso e professionale. G. passava le corde intorno ai polsi, alle braccia, alle spalle, ai seni, al torace. Ad ogni giro sentivo una costrizione più intensa, non dolorosa, non spiacevole ma destabilizzante. Questo sì. G. mi legava e Stefano controllava la tecnica, consigliava e correggeva laddove ce ne fosse necessità, con una scrupolosità che mi ha colpita: non che non mi aspettassi da Stefano un comportamento professionale ma in quei momenti ho realizzato quanto sia fondamentale per lui che le legature si svolgano nella più totale sicurezza: non lascia nulla al caso. Così come ho assorbito, durante la serata, la reale passione che lui ha per le corde. Guardandolo maneggiare le corde ho realizzato quanto questa pratica per lui non sia solo un hobby, non sia un'attività qualsiasi. L'ho sentito molto vicino al mio modo di essere riguardo allo scrivere di erotismo... non un dovere venuto come conseguenza per lavoro. Ma una passione vera e propria, un modo di essere, un modo di vivere, un modo di emozionarsi. E ulteriore conferma l'ho avuta nella seconda parte della serata, quando a legarmi è stato proprio lui. Nulla da togliere a G. ma quando Stefano ha iniziato a girare le corde attorno al mio corpo ho avuto una sensazione diversa, forse perché i movimenti erano più decisi, meno timorosi. Ad ogni giro di corda in più sentivo crescere emozione e ogni piccolo strattone (quasi impercettibile) avvertivo una sensazione intensissima... il mio corpo sembrava in balìa delle sue mani, del suo volere. Man mano che la legatura avanzava e mi sentivo più "costretta", si intensificava questo gioco di perdita del controllo del corpo. Quando tirava la corda per fissare il nodo sentivo il mio corpo lasciarsi andare ad una sorta di movimento cullante, un abbandono fisico e mentale alla volontà di Stefano: era lui che decideva come farmi muovere, nello stato di mobilità limitata in cui mi trovavo. Ma più che un discorso fisico era una sorta di tensione mentale, di dipendenza direi: mi sentivo mentalmente nelle sue mani, come se facendomi legare avessi volontariamente abbandonato la capacità di autogestirmi, come se mi fossi completamente affidata al suo volere. E pensare che eravamo in una stanza con altre persone, situazione chiaramente condizionante perché gli effetti della loro presenza (rumori, vociare, spostamenti) chiaramente richiamavano comunque la mia attenzione, interrompendo l'incalzare delle emozioni. Emozioni diverse, alternate, calanti e crescenti, di tensione e di rilassamento. Quella più forte dal punto di vista emotivo l'ho provata quando Stefano mi ha slegata: man mano che sentivo allentare la presa delle corde, mi sentivo abbandonare, come se lui non si volesse più prendere cura di me, come se mi stesse restituendo la mia indipendenza fisica e mentale. Una volta liberata completamente dalle corde mi sono sentita sola. Provavo una sorta di disagio interno, un abbandono psichico, una perdita di contatto. Ribadisco spesso questa emozione quando parlo di bondage e quando parlo di Stefano Laforgia: dopo aver conosciuto (anche se solo in parte) l'ambito del bondage, è diventato per me molto stimolante e quasi un obiettivo far comprendere la reale essenza di questa pratica a chi, come me prima di viverla, ne ha una concezione banalmente distorta e pregiudizievolmente negativa. E devo dire con ottimi risultati visto che ogni volta che ho proposto il discorso durante qualche evento o corso o discussione in genere, persone molto reticenti all'argomento e molto diffidenti alla fine si sono dette incuriosite e piacevolmente colpite dal mio racconto. Racconto di esperienza che ho voluto fare anche alla presentazione di SENSUALMENTE la prima associazione culturale sulla sensualità in Italia. Ho voluto Stefano all'inaugurazione perché, come ormai vi sarà chiaro, mi piace far capire che il bondage è una pratica legata al discorso della SENSUALITA' più che della sessualità: quando poi sensualità del bondage va ad interagire con l'ambito sessuale, be'... vi lascio immaginare gli effetti!!! Già fare sesso con una persona E' abbandonarsi all'altro con una carica emotiva molto forte, figuratevi cosa possa essere vivere queste emozioni trovandosi in uno stato emotivo come quello che si crea durante il bondage. Solo dopo questa esperienza con Stefano ho capito cosa volesse intendere quando la prima sera gli avevo chiesto di spiegarmi il rapporto che si instaura nelle relazioni bdsm; chiaro che quello è un discorso diverso ancora da questo ma che credo trovi la base nelle emozioni che il bondage da: una persona che si affida completamente all'altro, il quale si prende carico in toto della fisicità e della psichicità dell'altro. Un gioco di ruoli intensissimo dal punto di vista emozionale, sia da dominato che da dominatore, perché comunque richiedono entrambi un investimento emotivo molto forte. Con questo articolo, oltre a perseguire il mio obiettivo di diffusione, voglio anche ringraziare Stefano Laforgia con l'assoluta convinzione di essermi affidata, per il mio percorso di conoscenza, ad una persona che ha fatto della sua passione un lavoro nella maniera più professionale possibile!! E tengo a specificare che questa è stata la mia esperienza legata alla professionalità di Laforgia; naturalmente invito sempre tutti a non affidarsi a persone prive di credibilità o improvvisati professionisti perché le pratiche bondage e bdsm possono avere conseguenze pesanti se affrontate senza averne le giuste conoscenze e competenze. AND NOW? LET'S TRY IT!!!! Qui trovate i contatti: https://www.facebook.com/stefano.laforgia.5?fref=ts http://www.alcova.biz/ http://www.scuoladibondage.it/ @stefanolaforgia https://twitter.com/stefanolaforgia E qui un video di una performance che io amo particolarmente di Stefano Laforgia http://vimeo.com/61448843
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Un paio di giorni fa ho condiviso questo post su LinkedIn e ne è nata una discussione davvero interessante e costruttiva (se volete leggerla la trovate qui) e facendo un sunto di tutti i commenti appare evidente che il problema di definire il tradimento nasce dal fatto che la sessualità sia stata subordinata al concetto di amore. Ma se vogliamo ragionare in modo obiettivo è fondamentale puntualizzare che la sessualità è un istinto (quello che guida la vita, per intenderci) e la sua subordinazione al concetto di amore è un fatto culturale, non naturale. Qui nasce l'inghippo. Chi non tradisce lo fa per condizionamento culturale, perché reprime l'istinto sessuale inconsapevolmente (mannaggia al SuperIo!). So di dire cose poco popolari e per qualcuno spiacevoli o addirittura etichettate come sovversioni atte al libertinismo ma la sessualità e l'amore sono due cose completamente scindibili, il cui legame è determinato solo dal tipo di educazione ricevuta e dall'effetto del condizionamento moralistico della società in cui si vive. Perché di fatto avere un rapporto o una relazione sessuale con una persona non esclude la possibilità di amarne un'altra: l'esclusivismo sessuale è un valore conseguente a regole sociali, che non fa parte della natura umana. La discussione su LinkedIn, che va avanti da due giorni, mi soddisfa molto perché si svolge intelligentemente non con l'intento di giudizio ma partendo dal concetto di base che il tradimento esiste da sempre ed è diffusissimo, quindi non può essere considerato un fenomeno legato a poche persone "deviate" ma piuttosto come un segno che indica la difficoltà umana a sottostare ad una regola morale imposta dalla società. Possiamo negarlo questo? Naturalmente l'influenza della Chiesa e dei valori cristiani hanno giocato un ruolo fondamentale in tutto questo: il peccato, la fedeltà eterna, la sessualità concessa solo a fini riproduttivi, l'obbligo di restare sposati indipendentemente dall'efficacia del rapporto... sono tutti concetti innegabilmente imposti, che non prendono in considerazione il benessere personale e condannano l'istinto. La Chiesa altro non ha fatto che recludere la sessualità assoggettandola al concetto di amore. Ora, è chiaro che il sesso è una cosa magnifica fatta con la persona che si ama, ma può essere molto soddisfacente anche in altre situazioni, in cui non ci sia necessariamente un rapporto d'amore... o vogliamo negarlo? Il concetto di tradimento risulta poi essere molto soggettivo proprio per il fatto che lo acquisiamo con l'educazione, non è un concetto oggettivo: per qualcuno tradire significa avere un rapporto carnale, per qualcun altro è sufficiente che il partner faccia sesso virtuale per incolparlo di tradimento e per altri ancora anche un semplice sguardo troppo intenso rivolto ad un'altra persona è una colpa! Le persone che tradiscono senza sentirsi in colpa hanno semplicemente scelto consapevolmente di scindere il concetto di sessualità da quello di amore. Per questo non si sentono di mancare a livello di fedeltà. Poi, diverso ancora il discorso, ci sono persone che hanno scelto consapevolmente lo stile di vita poliamoroso, che a livello "gestionale" ha difficoltà non indifferenti posto a livello di struttura e regolamentazione sociale ma che sicuramente consente a chi lo sceglie di vivere intensamente più emozioni e più amore, ci piaccia oppure no! Insomma, il tradimento è stato, è e sarà una lotta senza fine fino a che il sesso non sarà visto per quello che è: un istinto votato al piacere, all'accrescita dell'autostima, all'appagamento dei sensi, al benessere psicofisico. (come al solito mi sento di puntualizzare che non voglio incentivare il tradimento, non è questo il mio obiettivo, quanto quello di stimolare alla riflessione e alla comprensione che certe dinamiche non sono una "colpa personale" bensì un modo individuale, soggettivo, consapevole di vivere in virtù della propria essenza). Ieri sera mi sono trovata su questo post di Alessandro Pellizzari http://www.alessandropellizzari.com/non-vedo-lora-di-soffrire-per-amore-il-seguito-di-amanti-fanno-bene-o-male/ che vi invito a leggere prima di proseguire, perché qui di seguito troverete alcune mie considerazioni sul sempre-verde tema: IL TRADIMENTO. La mia riflessione, rivolta ad Alessandro, è questa: Sai che mi piace far quadrare i conti… che quando si parla d’amore io non resisto: devo mappare i percorsi, capire la causa e pure l’effetto, devo farmi il viaggio dalla radice alla conseguenza. E così commento con un concetto che potrebbe apparire di una banalità assurda ma considerando il fatto che in realtà il tradimento rimane una delle dinamiche interpersonali più ricorrenti, credo sia inevitabile. Si tradisce per rivivere il momento più emozionante dell’amore: l’innamoramento. Che per forza è il momento che da più intensità… perché le sensazioni che si provano durante la scoperta di nuova pelle e nuova mente non sono eguagliabili. E’ sempre effettivamente un soccombere all’idea che si tradisce per una mancanza nel rapporto di lunga durata. Ma non è una mancanza possibile da ovviare… è lo stimolo adrenalinico che da la novità, è l’eccitazione del vivere come in un film per qualche ora ogni tanto e godersi solo la parte migliore dell’altro, quella più eccitata, mentalmente e fisicamente. Più eccitata e più eccitante. Il rapporto tra i due amanti diventa un sistema che si autoalimenta, due componenti che in modo biunivoco infondono e ricevono energia e carica. Nella stessa misura. Rimangono sempre a carica totale. Quando la novità comincia ad essere nota, succede che si allenta la carica, ognuno dei due infonde e riceve meno energia di prima, non in modo sincronizzato, quindi c’è perdita di equilibrio, e come dici bene tu si giunge al bivio: o la storia finisce o si trasforma in qualcosa di più impegnativo. Se la storia finisce, si ritorna al punto di partenza, e quindi gli ex amanti probabilmente continueranno a perpetuare la ricerca e la soddisfazione del desiderio di innamoramento, fino a che eventualmente incontreranno una persona che, al bivio, non vorranno perdere. Se la storia continua può essere che la nuova coppia memore del vissuto, instauri un rapporto di continua crescita e cambiamento mentale che permette loro di mantenere alta la carica energetica dovuta agli stimoli. O può essere che non ci fosse una compatibilità tale da instaurare un rapporto efficace, quindi la coppia probabilmente reitererà la ricerca di nuovi innamoramenti. Vabbè perdonami… volevo esprimerVi la mia ammirazione per questo post sinergico su un argomento così delicato che di solito Pellizzari tratti in chiave ironica e invece qui ti percepisco più riflessivo, e invece ho usato il form per elaborare dei pensieri, un mio viaggio… un tentativo matematico di far quadrare i conti. Potrei tradurlo in grafico!! Pellizzari 10+ ma il 50% va a MariaGiovanna! Ho scoperto da pochi giorni di essere arrivata seconda. Seconda su una riflessione sulla quale credevo di avere già una conclusione. Mirca Viola, con il suo film Camgirls (non l'ho ancora visto), credo abbia fatto un po' quel che ho fatto io: cercare di capire. Sarà molto interessante confrontare i risultati della regista con i miei. Lo stimolo a prendere in esame questa riflessione mi è venuta dopo aver partecipato a "PORNO MONDO" http://graziascanavini.weebly.com/eventi-e-momenti/2 . Non sapevo che il fenomeno delle Cam girls fosse così diffuso. In realtà credevo fosse un qualcosa di molto limitato, uno dei tanti modi per prendersi un po' di piacere virtuale, un divertimento effimero, fine a se stesso. Stimolata dalle argomentazioni dello spettacolo, mi sono messa in gioco e ho approfondito (molto approfondito) creandomi un profilo da camgirl! Sì sì, ho fatto la camgirl per quattro settimane!! Ho scelto un sito che ha altissima frequentazione, ho studiato per un mese le dinamiche di approccio e di interazione e poi mi sono lanciata! Non scriverò il nome che ho usato (ma giuro che è stato azzeccatissimo), mi sono immedesimata nel personaggio (dovevo fare l'attrice io!!) e mi sono buttata, proponendomi come donna in affari che si eccita a fare sesso in cam a pagamento!! Lo so, lo so, state pensando che sono pazza, che queste cose non si fanno, che sono cose da pervertiti mentali ma (come già assistendo a PORNO MONDO avevo intuito) quelli che le persone estranee al cyber sex ritengono pervertiti mentali sono milioni, sono persone normalissime, sono geometri, ingegneri, bancari, avvocati, commercialisti, facchini, segretarie, studenti, portieri, autisti, insegnanti, rappresentanti... insomma... i nostri mariti, le nostre mogli, i nostri figli! Sì sì, anche i nostri figli perché sappiate che, come anche PORNO MONDO ha reso noto, un ragazzo su quattro tra i 13 e i 18 anni ha già messo in rete un proprio filmato o foto in situazione sessuale!! 1 su 4!!! L'esperienza è stata davvero interessante anche perché mi ha rivelato, ancora una volta, che i pregiudizi non hanno nulla a che fare con la coscienza del conoscere. Il sistema CAMGIRLS sostanzialmente si articola su due fronti: la richiesta e l'offerta. Le donne sono l'offerta, la parte attraente e pagata, gli uomini sono la controparte: il pubblico pagante! Come ogni mercato, anche questo offre ciò che la richiesta cerca, quindi considerando le diverse tipologie di approccio mentale alla sessualità, le camgirls sono diversissime una dall'altra, sia per l'aspetto fisico che per l'aspetto mentale. Soprattutto per l'aspetto mentale. Fisicamente parlando andiamo dalla camgirl bellissima e con corpo statuario a quella che rispecchia appieno la casalinga normalissima che ha avuto 3 gravidanze. Dalla adolescente alla matura (e per matura intendo anche 70enne), dalla efebica alla giunonica (ma anche extra-large o bbw come vengono definite nell'ambiente), dalla chirurgicamente rifatta alla naturalissima. Ancora più vasta è la scelta se tentiamo una "classificazione" dal punto di vista di approccio, di tipo di esibizione, e quindi di esternazione del proprio essere esibizionista delle camgirls. Sì perché ognuna di loro esprime un tipo di sessualità diversa, soggettiva: dalla fredda escutrice di show alla sensualissima, dalla simpaticona alla scontrosa, dalla dolce, carina e fine alla più volgare che possa esserci, dalla slave alla mistress. Insomma... ce n'è per tutti i gusti!! E proprio questo intendevo dire quando ho scritto che il mercato offre la risposta ad ogni tipo di richiesta, perché ognuna di queste ragazze/donne corrisponde all'immaginario sessuale maschile a seconda delle caratteristiche fisiche e comportamentali. Quando ho iniziato questo studio ero, pregiudizievolmente, partita formulando l'ipotesi che gli uomini cercassero in cam un appagamento puramente visivo, approcciandosi alla donna che più corrispondesse al proprio immaginario erotico. In effetti l'ipotesi è stata confermata ma il mio approccio di studio era troppo limitato, limitante e restrittivo. Man mano che ho curato la parte inerente l'approccio (il contatto pre-cam), ho iniziato a capire che anche per ogni diversa camgirl ci sono diverse tipologie di uomini che l'approcciano. Per intenderci: io sono un tipo di donna, con un tipo di fisicità e di comportamento che è un modo di essere. Uno. Ma vengo approcciata da uomini che hanno aspettative e caratteristiche comportamentali diversissime l'uno dall'altro. C'è quello che, bando alle ciance, ti chiede subito quanto vuoi per un cam to cam, che metodi di pagamento accetti, cosa fai e se usi sex toys. Diretto e conciso, questo è l'uomo che mira al puro soddisfacimento del desiderio di fare sesso virtuale, senza troppi coinvolgimenti, un momento a sé stante; effettua il pagamento, si collega e trascorso il tempo concordato, ti saluta e ti ringrazia, spesso dicendoti che sei stata BRAVA. Quando ti ricontatta per un nuovo cam to cam, ti chiede se sei libera, effettua il pagamento e di nuovo finisce facendoti i complimenti. Diciamo che per le camgirls questi sono i clienti ideali: si investe poco tempo nell'approccio e tutto fila liscio. Un po' più impegnativo è quello timido, che parte da lontano: ciao come stai? che fai? ah sei al lavoro? e che lavoro fai? e che tempo fa oggi da te? Insomma, a un certo punto sta alla camgirl, rischiando di sembrare maleducata, tirare a concludere e trovare il modo più carino per finalizzare (e finirla con la miriade di domande banali e inconcludenti che lui sta facendo). Arrivare al nocciolo è un po' pesante e laborioso ma diciamo che il timido andava solo stimolato. In cam poi non è nemmeno tanto timido, era più una questione di approccio. Quello che invece davvero diviene estenuante, e che per me è stata la vera scoperta durante questo percorso, è quello che (magari anche senza esserne consapevole) entra in una chat-cam per cercare una compagna virtuale. Attenzione: lui non lo dice... non è che si presenta dicendolo ma con lui inizia un tipo di rapporto vero e proprio; magari al primo approccio chiede cam subito, è sbrigativo come quello che cerca sesso virtuale solo per divertimento ma, appena chiusa la cam del primo incontro, comincia a scrivere messaggi di complimenti, di ringraziamenti profondi, di carinerie eccessive. Scrive la mattina appena accende il pc, cominciando da un semplice "buongiorno e buon lavoro" e, con messaggi continui nell'arco della giornata, cerca di sapere di più della vita della camgirl, delle sue abitudini, delle sue attitudini, cercando di trovare interessi comuni pur di stimolare la ragazza ad interagire con lui in continuazione, anche fuori dal discorso sessuale. Qui mi è suonato un campanello: possibile che un avvocato non abbia nulla da fare tutto il giorno? L'avvocato ha da fare! Mille cose!! Le solite noiosissime, pesantissime e ripetitive mille cose che fa tutti i giorni della vita: rincorre le pratiche, i clienti, i colleghi, la moglie, la spesa, l'auto da cambiare, la cena coi parenti, il weekend da organizzare, l'investimento da fare, il tennis del figlio, la danza della figlia e le medicine della mamma... insomma... rincorre!! Arriva in ufficio e accende il pc. Ti scrive. E' la prima cosa che fa. Il perché, il motivo di questo comportamento può sembrare banale: è annoiato, vuole evadere! Anche! Ma non solo... L'apparenza sottintende tutto ciò che il pregiudizio non ci fa vedere: siamo talmente convinti della nostra opinione su un fatto (che in realtà però non conosciamo perché non l'abbiamo vissuto), che non riusciamo a vedere cosa ci sia sotto ad un fenomeno del genere. CI SIAMO NOI. Noi con il nostro vero essere, non quello schiacciato dai pregiudizi. Ci siamo noi. Il nostro ES, le nostre pulsioni, il nostro desiderio di essere noi stessi, quello che non non riusciamo ad essere nella vita extra-virtuale. Non a caso uso il termine extra-virtuale perché per tante persone i rapporti in cam diventano importanti. Ma per tanti altri diventano importanti al punto da rendere i rapporti che vivono nella realtà quasi un peso, un obbligo, la fatica da fare prima di ritrovarsi lì, a chattare con la camgirl. Questo è diventato fulcro del mio interesse nell'ambito di questo studio, al punto di decidere (visto il molto materiale raccolto) di farne studio particolareggiato. Ora lo studio è finito. Ed è diventato un manoscritto di libro... |
GRAZIA SCANAVINI Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo.
L'obiettivo è stimolare riflessione al fine di favorire la consapevolezza personale nelle relazioni.
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