![]() Provo sempre molta meraviglia quando sento persone che hanno vissuto solo relazioni monogame dire, a una persona che vive relazioni poliamorose, "TU NON SAI COS'È L'AMORE VERO". Mi stupisce perché sono convinta che proprio non percepiscano quanta insicurezza e quanta incoerenza trasudi dalle loro parole. La relazione monogama è la più diffusa perché il sistema, con le sue radici nella proprietà privata, l'ha scelta come nucleo ideale del sistema società. Poi che da sempre ci sia un sommerso di relazioni extraconiugali e tradimenti è altra storia, ma la relazione ufficiale a due è un qualcosa cui ci hanno educati. Siamo venuti al mondo e si faceva così, punto. Chi non si accoppiava era uno scapolo, o una zitella. Degli sfigati, insomma. La relazione poliamorosa esiste da sempre, anche se prima era elitaria: solo in certi ceti o per certe motivazioni culturali. Adesso è una possibilità per tutti. Non sto dicendo che tutti dovrebbero esserlo, sia ben chiaro. Sto tentando di spiegare che essere poliamorico significa solo avere più relazioni contemporaneamente con persone diverse. Un po' quello che succede a chi mette le corna, no? Vive un amore stabile e diversi innamoramenti. La differenza sta nel fatto che i poliamorici lo dicono. E hanno quindi la serenità mentale per poterli coltivare di più, quegli innamoramenti, mantenendo equilibrio nella relazione principale ed essendo più onesti e meno bisognosi di sotterfugi rispetto a chi tradisce di nascosto. Mi annoia sentir dire che chi ha più di una relazione contemporaneamente non ama, perché è un falso ideologico proprio. Mi annoia sentir categorizzare l'amore, questo bisogno che abbiamo sempre di classificare tutto. Cosa vi spaventa dei poliamorosi? O di chi ha dinamiche amorose e/o sessuali diverse, fa scambio di coppia di coppia, magari, o cuckoldismo. Perché avete bisogno di dire loro che non è vero che si amano o che sessualmente sono malati? Non attaccate coi "No ma io non sono d'accordo" perché non è interessante. Lo so che non siete d'accordo, ma è irrilevante perché nessuno vi sta chiedendo di cambiare idea. Vi si sta solo chiedendo cosa vi preoccupa. Perché il bisogno di sminuire chi ama in un modo diverso dal vostro o ha relazioni di coppia differenti? Perché non comprendere semplicemente che tutti noi siamo diversi perché condizionati da vissuti e princìpi educativi diversi? Se un poliamoroso dice di amare ed essere sereno/felice, in relazioni appaganti, ma chi siete, che esperienza avete, per poter dire che si sta sbagliando o che è sbagliato? Vi risparmio la fatica di rispondere: non vi sentireste in diritto di giudicare con supponenza, se foste persone educate al rispetto dell'altro e al Ben Essere, e non viveste conflitti di vostro. Lasciate fare, smettete di pensare che il vostro concetto di relazione sia l'unico a significare Amore. Nessuno verrà prendervi a casa e obbligarvi a cambiarlo, se vi ci sentite bene. #stayeasy and #enjoyyourlife ![]() La cicatrice più brutta che lascia un narcisista patologico (uomo o donna che sia) a relazione conclusa è sicuramente la difficoltà di concedersi di vivere di nuovo emotivamente, di affidarsi alla spontaneità in una nuova relazione di qualsiasi genere. Un po' ciò che succede anche in altre relazioni in cui magari si scopre che il/la partner mentiva, sì, ma il grado d'intensità della ferita è tanto più profondo quanto più è stata totalizzante la manipolazione e quanto più sia consistente la dissonanza tra la persona che credevamo che fosse e quella che abbiamo scoperto essere in realtà. E soprattutto, a lasciare il segno, è l'evidenza dell'intento di chi manipolava. Ci si sente smarriti da sé, ci si chiede come si possa essere stati così stupidi, così incapaci di tutelarsi. Si rimane increduli di come ci si possa essere lasciati render ciechi, di come non ci si sia resi conto di perdere gradualmente la lucidità. Non ci si fida più di sé stessi, delle proprie capacità di capire chi si ha di fronte. Si entra in uno stato confusionale, in cui ci si sente incapaci di muoversi. Una totale sensazione di fallimento. Non si capisce in quale direzione si debba camminare per riprendere in mano sé stessi. Un'immobilità emotiva: si sente l'esigenza di andarsene da quello stato, di uscirne, ma non si capisce cosa si debba fare in concretezza. E i comportamenti altrui, per quanto onesti e spontanei, determinano un perpetuo dubbio interiore, generando un conflitto apparentemente ingestibile tra il desiderio di fidarsi e l'incapacità a farlo completamente. Ogni volta che qualcosa ci stimola emozione positiva, inevitabilmente quell'emozione si scontra con il timore che quella persona stia mentendo, che ci stia dando ciò che vorremmo al solo fine di attirarci nella gabbia in cui vorrebbe rinchiuderci. Se ho scelto di inoltrarmi nello studio di queste dinamiche è perché non riuscivo a capire per quale motivo, anche dopo aver preso consapevolezza di essere vittime di un NP, le persone non riuscissero a svincolarsi emotivamente dal manipolatore/manipolatrice. Nello studio delle dinamiche annesse alle dipendenze che ho portato avanti negli anni ho osservato centinaia di situazioni in cui la persona manipolata -seppur supportata psicologicamente da professionisti che stimolavano l'emancipazione con i corretti contenuti- di fatto non riusciva a uscire da quella gabbia fatta di schemi comportamentali del NP. Mi sono quindi chiesta se fosse possibile elaborare un metodo educativo per guidare l'emancipazione, al di là della necessità dell'analisi che la persona manipolata deve affrontare riguardo a sé e del necessario supporto per raggiungere la piena consapevolezza di quanto accaduto. Senza fare paragoni di sorta sul grado di sofferenza, quella che si genera quando ci si trova abbandonati in quella gabbia ha la particolarità di mantenere la persona lontana da sé: come se chi ha manipolato fosse entrato dentro la persona stessa, l'avesse buttata fuori da sé e se ne fosse andato tenendosi le chiavi del sé in tasca. Le chiavi di una gabbia che, anziché rinchiuderti dentro, ti chiude fuori. A quasi nulla valgono i "Devi stare lontano da quella persona", "Metti in atto il distacco totale", ecc. Devi, devi, devi... ma tu sei immobile. Lo vuoi, ma non ci riesci. Pensi a riprenderti quelle chiavi. Pensi di dovertele riprendere proprio da lui/lei, che le otterrai solo attraverso le spiegazioni che ti deve. Perché ti ha fatto questo? È davvero possibile che quello che tu sentivi come l'amore più intenso mai ricevuto fosse solo un insieme di comportamenti messi in atto metodologicamente per nutrirsi del ritorno emotivo che tu davi con tutt* te stess*? È davvero possibile che non ti abbia mai amato nemmeno un secondo? Il primo passo necessario per ritrovarsi è prendere consapevolezza che i NP non provano empatia. La recitano nel più funzionale dei modi, addirittura credendoci, in quel momento. Il bisogno che hanno di nutrirsi demolendo te, l'oggetto di manipolazione, li rende visceralmente credibili proprio perché non recitano una parte ma diventano realmente ciò che tu vorresti. Nella prima fase si conformano chirurgicamente a quello che tu ritieni l'ideale di persona con cui condividerti totalmente. Nelle fasi successive, all'apice del coinvolgimento che provi, mettono in atto comportamenti finalizzati a destabilizzarti, a metterti in confusione, a farti dubitare di te, a sentirti in colpa perché sbagli sempre nei suoi confronti, non gli/le dai mai ciò che vorrebbe, non sei mai all'altezza. Finché arrivi a pensare che se le cose vanno male la responsabilità è tutta tua. E tu cerchi in ogni modo di recuperare, ci capire come riportare la relazione all'idillio dei primi tempi, convinto di aver rovinato tutto proprio tu. Ma il/la NP ti allontana, mette in atto indifferenza, e rimani con la sensazione di aver rovinato proprio tu quella relazione che tanto avevi da sempre bramato. E vuoi recuperare. Ci provi in ogni modo. Ma non è possibile. Sono schemi. Non c'è un coinvolgimento emotivo puro nel NP: c'è solo l'inovviabile bisogno di annientare l'altro per nutrirsi. Non è che non vuole amarti. Non ce la fa proprio. A nulla vale il tentativo di guarirlo/a. La persona manipolata, memore dei momenti belli e intensi vissuti, quasi sempre crede che quello stato di ben essere iniziale sia la reale natura de* NP e che -con l'amore, l'accudimento, la dedizione- si possa far sì che il/la NP si acquieti in una relazione sana. Prendere atto che non è possibile è l'unico modo per iniziare il viaggio per ritrovare sé stessi. Ce la si fa. È durissima. Due passi avanti e uno indietro. Ma ce la si fa. (uso il termine Narcisismo Patologico per questioni di efficacia comune; la dicitura corretta è Disturbo Narcisistico della personalità) LA COPPIA È UNA FREGATURA!19/9/2020 Il titolo è volutamente provocatorio, e infastidisce proprio perché contiene una verità. Non sto dicendo che sia una fregatura innamorarsi e decidere di condividere la Vita, mi sto riferendo alla Coppia come istituzione sociale: ci viene da sempre dipinta come una naturale conseguenza dell'amarsi e del desiderarsi, ma in realtà cos'è? Partiamo dal fatto che quando parliamo di dinamiche sessuali, dovremmo avere sempre ben chiaro che la sessualità risponde in primis a un coinvolgimento biologico dell'individuo, mentre le dinamiche di amore monogamo rispondono a norme socio-economiche. Ve lo dico perché questi sono i dati di fatto: la Storia della Coppia è frutto del condizionamento socio-economico. La coppia non è nata perché il principe e la principessa si sono innamorati. È nata perché l'avvento della proprietà privata, all'Era dell'Agricoltura, ha consegnato il potere economico nelle mani dell'Uomo e ha reso necessario avere forza lavoro e eredi ai quali lasciare la proprietà. La coppia è nata quindi per evitare la promiscuità dei discendenti. Se fino a quel momento non era importante sapere di chi fossero i figli, con l'istituzione della proprietà privata è diventato necessario definire nuclei di appartenenza certi, sia per detenere la forza lavoro, sia per la successione della proprietà: l'Uomo ha chi far lavorare per la propria proprietà e sa a chi lasciarla. In tutto questo la Donna ha assunto quindi il ruolo di garante di eredi e della produzione di forza lavoro e, attraverso la fedeltà, assicurava l'esclusiva riproduttiva, oltre all'accudimento. In cambio di protezione e mantenimento. L'esclusivismo sessuale è una norma di comportamento sociale imposta per motivi economici dall'avvento della proprietà privata. È molto semplice, no? Nei millenni siamo stati educati all'esclusivismo sessuale perché era l'unico modo per garantire la continuità e la successione del patrimonio famigliare. Il problema è che nessuno ce lo racconta, nessuno ci educa nella consapevolezza che la Coppia come istituzione non c'entra un bel niente con il sentire. Non sto dicendo che tutti dovrebbero per forza cambiare, sia chiaro. Sto dicendo che è importante saperlo perché lì c'è la ragione per cui siamo eternamente affaticati nelle relazioni. Abbiamo mescolato le cose: se all'inizio chi si accoppiava lo faceva semplicemente in base a criteri socio-economici, nell'evoluzione storica dell'istituzione Coppia, abbiamo messo il sentimento, ma dobbiamo essere consapevoli di esserci immersi in una dinamica che non ha come base l'Amore, per le norme di comportamento. Non a caso per millenni (e ancora oggi) viene richiesto alla coppia di restare insieme anche quando il sentimento è cambiato, addirittura si ritiene un modello chi realizza il "per sempre". Modello idilliaco, lo sapete meglio di me: -c'è chi realizza il per sempre sopportando, e allora ha l'ammirazione di tutti, è considerato una brava persona, che si sacrifica per i figli, ecc; -c'è chi lo porta a termine con felicità, e viene addirittura invidiato, tanto succede raramente in rapporto alla media; -poi c'è chi invece non ce la fa proprio, decide di voler cercare Ben Essere e molla: viene additato come "irresponsabile", traditore e così via. Dal punto di vista socio-economico ha fallito, rompendo il nucleo famigliare. Dal punto di vista sentimentale, ha tradito il patto del per sempre. Non è possibile pretendere da una persona che il suo sentire resti immutato per un'altra persona per sempre, perché noi tutti evolviamo. Può succedere che si evolva insieme, che dalla compatibilità iniziale nasca una relazione in cui i partner si aggiustano l'un l'altro, man mano che si realizzano i reciproci cambiamenti individuali: questo è l'unico per sempre che può esistere. Ma pensate a quando c'è un problema in una coppia: la prima cosa che viene detta è "Sei cambiato" o cambiata, come fosse un difetto, una condotta sbagliata. Cambiare cambiamo tutti, in continuazione. Se non cambiamo granché è perché ce lo imponiamo per senso di dovere, fatto salvo poi finirci ai matti (espressione ironica ma veritiera... basta guardare le statistiche relative alla vendita di psicofarmaci). Ho scelto razionalmente di accogliere sempre ciò che gli altri sentono, senza mai dimenticare la variabile "Condizionamento socio-educativo" alla quale siamo tutti assoggettati, in misura diversa. Mi piace l'idea di arrivare a stimolare la riflessione sul fatto che ciò che noi pensiamo essere una nostra opinione, in realtà, è ciò che sentiamo per ciò che siamo come individuo-prodotto sociale. I concetti relativi alla monogamia, alle dinamiche di coppia, non dovrebbero nemmeno essere opinabili, perché non lo sono: -la scienza ci dice che siamo monogami seriali; -l'analisi antropologica dell'evoluzione delle dinamiche delle relazioni di coppia fotografa chiaramente il percorso che abbiamo fatto. Il problema è che l'educazione che ci impone il sistema socio-economico non ci consente di prenderci per quelli che siamo ma tende a imporci ciò che dovremmo essere. Lì nasce il mal essere generale che respiriamo: siamo in costante conflitto tra ciò che la società vuole da noi e ciò che noi non riusciamo a dare perché biologicamente inadeguati al modello imposto. Pensate a quanto vivremmo meglio se come riferimento avessimo la convinzione che le relazioni amore+sesso possono durare al massimo cinque anni... Vivremmo con più leggerezza, poi chi volesse restare insieme anche oltre potrebbe farlo, eh. Se ci avessero insegnato che la normalità per una relazione monogama è una durata quinquennale, tutto quello che verrebbe in più sarebbe straordinario. Questo farebbe sì che chi, invece, al termine dei cinque anni si lasciasse, prenderebbe la cosa come normale evoluzione: meno sofferenza, meno battaglie inutili, meno fatica di vita. Quanto malessere in meno... E non mi sembra un discorso così assurdo: se fino ad ora per educazione abbiamo pensato che l'obiettivo da raggiungere fosse il per sempre, e abbiamo vissuto frustrazioni enormi perché lo realizzano in pochissimi, spostando l'asticella a cinque anni non vivremmo più quella frustrazione. E non sarebbe una strategia di comodo, bensì basarsi semplicemente su ciò che siamo, punto. Non è che, in media, non raggiungiamo il Felici per sempre perché non vogliamo o non siamo capaci noi come individuo singolo: non lo raggiungiamo perché è un obiettivo che non tiene in considerazione le nostre potenzialità. UOMINI
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