Ieri una persona mi ha fatto la domanda più interessante di tutta la mia carriera: perché fissarsi a parlare di prostituzione?
A quella persona ho già risposto, ma lo scrivo anche qui: perché la prostituzione è la chiave di lettura dalla quale partire per snocciolare la questione della disparità tra i generi. State pensando che io sia impazzita? In effetti, per trovare il filo a questo discorso ho rischiato grosso e, chi non vuol capire, probabilmente dirà che qualche rotella spostata ce l'ho. Sono anni che il pensiero laterale mi porta ad analizzare la dinamica della prostituzione da un punto di vista alternativo. Di tante cose che si dicono sulla prostituzione, che sia il mestiere più vecchio del mondo lo abbiamo detto più o meno tutti, almeno una volta nella vita... giusto? Ed è verissimo, perché quel mestiere è quello che ci è stato attribuito ai tempi della nascita della proprietà privata, nell'era dell'agricoltura, quando il potere economico è stato attribuito agli uomini e alle donne è stato attribuito il ruolo di colei che riceve sostentamento in cambio di accudimento ed esclusivismo sessuale. Le prime prostitute sono state proprio quelle donne che, se volevano campare, dovevano diventare esse stesse proprietà di un uomo, accudirlo, dargli figli. E se ancora oggi esiste la prostituzione è perché la società è evoluta perpetuando il concetto per il quale l'uomo elargisce potere economico (che poi sono soldi) alla donna in cambio di accudimento anche sessuale. Siamo d'accordo tutti che poco è cambiato su questo, riflettendosi anche negli àmbiti lavorativi? I ruoli di accudimento (dal fare pulizie, al babysitteraggio, alla segretaria del capo, ecc.) sono in maggioranza svolti ancora da donne, no? Che sono le prime a perdere il lavoro se arriva una crisi. Che, quando un lavoro ce l'hanno, difficilmente raggiungono la parità salariale. Che, quando raggiungono il successo, in realtà semplicemente eguagliano un risultato maschile. Questo perché? Perché nella nostra società, da millenni a questa parte, non è mai esistito un modello di successo femminile. Noi non abbiamo un modello di riferimento, per l'autorealizzazione: corriamo appresso a quello maschile. Perché sono loro che hanno deciso come si dovesse sviluppare la società, sono loro che hanno determinato il sistema socio-economico in cui viviamo. Il potere decisionale e governativo è sempre stato maschile e, ovviamente, è stato costruito con mentalità maschile. Badate bene, non sto accusando nessuno, non sto recriminando niente. Sto solo spiegando oggettivamente come sono andati i fatti. E solo se conosciamo i fatti, possiamo comprendere certe dinamiche. Quella della prostituzione, appunto, è mantenuta viva dal fatto che le donne sono sempre nella posizione del dover dimostrare di valere più di una semplice "accudente". Devono dimostrare di valere quanto un uomo. E, in un modello di società in cui l'uomo ha il potere economico e la donna sopravvive se accudisce, la donna può davvero ottenere potere economico, senza battagliare, solo accudendo al meglio. Pensate, per esempio, a questo fatto: un uomo di cinquant'anni, che dispone di un discreto/buono/ottimo potere economico, se non ha una moglie/mamma che si occupa delle faccende domestiche, in media paga una donna che assolva a queste incombenze e utilizza il denaro anche per offrire cene, viaggi, ecc. al fine di avere compagnia femminile. O paga donne che gli dedichino compagnia per ore o giornate. Elargisce potere economico per essere accudito. Ovviamente, i soldi elargiti per l'accudimento sessuale sono i più piacevoli, perché - appunto - legati alla sfera del piacere. Se poi vogliamo pensare agli uomini che una donna che li accudisca in senso domestico ce l'hanno, pagano una prostituta quando? Quando la donna accudente non accudisce più sessualmente. Qui dovrei snocciolarvi la miriade di condizionamenti che hanno contribuito a mantenere vivo questo sistema: basti pensare al concetto di fedeltà, che da sempre vede la donna che tradisce come una troia, mentre l'uomo che lo fa ha un'aura di figaggine. Non a caso, la donna che tradisce viene lasciata senza alimenti più spesso di quella che viene lasciata per scelta maschile. Ti tolgo il sostentamento, perché tu non mi hai accudito. Non siamo, allora, sempre a quell'epoca là? Ecco cos'è, quindi, la prostituzione: tu, donna, mi accudisci sessualmente, io ti riconosco il sostentamento. E che il ruolo femminile sia ancora quello, oggi, lo dicono chiaro i numeri: su 101.000 persone che hanno perso il posto di lavoro causa Covid, 99.000 sono donne. Se qualcuno deve perdere potere economico nella nostra società, ancora oggi, è la donna. Lo sappiamo, direte voi. È normalità, praticamente. Già. Ma sapete anche che, nel bisogno di denaro per sostentarsi, le donne hanno la prostituzione come soluzione più immediata? Mi ripeto dicendo che c'è poco da moralizzare, se le donne si prostituiscono (virtualmente e non solo), se la forma mentis rimane questa, se il potere economico continua a essere prevalentemente in mano maschile e se le donne non hanno un modello femminile di successo. Ragazze mie, leggetevi IL VIAGGIO DELL'EROINA, Maureen Murdock, Ed. Dino Audino. È proposto come manuale di sceneggiatura, ma date retta: le prime dieci pagine sono quanto di più consapevolizzante io abbia mai letto o sentito dire. Vi manderà un po' in crisi perché vi spiegherà che quella sensazione di "vuoto" che le donne sentono a un certo punto dell'età adulta non dipende esclusivamente dalla menopausa, come questa società ci racconta da millenni. Quella è l'ennesima modalità di definirci "isteriche". In realtà, quel vuoto che assale anche quando abbiamo tutto (affetti, denaro, successo), è dovuto al fatto che ci siamo realizzate su un modello societario maschile... che non è il nostro. Lo so. Probabilmente avete mille obiezioni da muovere, a questo scritto... ma usatemi la cortesia di farlo solo a ragion veduta. Leggete quel libro, poi sono qui con piacere. Leggete anche "In principio era il sesso" di Ryan e Jethà, poi sono qui con piacere. Sto dicendo: andate a conoscere la storia antropologica delle relazioni, perché solo avere consapevolezza delle radici sociali dalle quali ancora siamo nutriti, può renderci consapevoli che il terreno velenoso dà frutti velenosi. E la chiusa è sempre la stessa: ci vuole impegno a conoscere per poter attuare un cambiamento. E ci vuole intento educativo per un cambiamento costruttivo. Se poi volete capire oggettivamente il discorso della prostituzione, legato al ruolo femminile nella società, io ho scritto NON CHIAMATELE PUTTANE e HO FATTO LA CAM GIRL (Ed. Effetto), come sapete bene perché vi sto sfracellando i neuroni da tre giorni. È autopromozione? Sì, anche. Ma è soprattutto desiderio che si prenda consapevolezza dell'oggettività delle cose. #abbattiamoipregiudizi Ché sono loro a mantenerci in questa situazione.
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Oggi arriviamo a quota sessanta. Sessanta donne uccise in Italia, dall'inizio dell'anno, per mano di chi "le amava e non poteva sopportare di perderle". Questo titolano i giornali ogni volta che un fidanzato o un marito ammazzano la propria donna perché li ha lasciati o ha intenzione di farlo, no? E il problema reale sta proprio in queste poche parole, che sono diventate la normalità nella comunicazione mediatica (magari allegate a un selfie della coppia, scattato in un momento di "guardate quanto siamo felici"). Io sono schifata dai titoli che vengono utilizzati e anche dal modo in cui, solitamente, vengono redatti gli articoli su questi fatti, perché spesso usano le parole dell'assassino (per fare clamore) e hanno sempre un che di "giustificazione sommaria" dell'accaduto che inconsapevolmente va a "scusare" l'azione: "L'amavo troppo", "Non sopportavo di perderla" ,"Ho perso la testa perché voleva lasciarmi", "Non potevo vivere senza di lei". Sono tutte rivelazioni sensazionali, che esprimono cioè uno stato d'animo di sofferenza, un'attenuante, e altro non sono che la conferma perpetua di una convinzione patologica che non vede evoluzione dalla notte dei tempi: il partner è una nostra proprietà. Convinzione non solo maschile con l'unica differenza che mentre le donne, da sempre meno educate alla violenza rispetto al genere maschile, agiscono mediante ricatti morali e rigature delle auto o tagli delle gomme, gli uomini arrivano anche a usare la forza fisica perché quella, hanno insegnato loro, è la massima espressione di quanto vale un uomo. Quindi attraverso l'omicidio rivendica la proprietà mentre nell'omicidio/ suicidio, immagina di ritrovare nella morte quell'unità che si stava perdendo in vita. Ogni volta che viene mediaticamente diffusa una notizia relativa alla violenza sulle donne mi dispiaccio e mi stupisco di come non si arrivi mai al nocciolo della questione, che non troverà mai soluzione nel " deve essere impazzito, era un bravo ragazzo" e nemmeno nel "è sempre stato un violento". Personalmente sono convinta che l'unica soluzione possibile sia andare al di là dei singoli accadimenti (che sono l'estrema punta dell'iceberg) e comprendere che alla base ci sta la convinzione che se abbiamo una relazione con una persona, quella persona diventa di nostra proprietà e che non possa cambiare idea senza subirne le conseguenze, qualsiasi esse siano. Questo comportamento ha radici lontanissime, lo sappiamo bene: nel momento storico in cui le donne sono diventate dipendenti dall'uomo economicamente parlando, e cioè alla nascita dell'era dell'agricoltura, si è instaurato il meccanismo dell'esclusivismo sentimentale e sessuale come valore assoluto, un garante dello status: io uomo lavoro e ti garantisco il cibo e la protezione, tu donna devi garantirmi l'accudimento e la procreazione di figli che continuino la mia dinastia. Sono trascorsi millenni... ma cosa è cambiato? Niente, o poco, semmai l'evoluzione ha portato a una "relativa" indipendenza economica delle donne (conquistata a suon di battaglie ancora in corso) per la quale la donna, oltre ad accudire e procreare, ha "ottenuto" di poter lavorare. Ma in realtà l'approccio mentale è evoluto ben poco, talmente poco che ancora oggi l'unico garante dell'amore rimane ai nostri occhi il possesso dell'altro, non il piacere della condivisione della vita con una persona compatibile. E mentre la maggior parte delle donne, se scopre tradimento, mette in atto una serie di comportamenti atti a colpire l'uomo in modo che abbia problemi con un'eventuale nuova partner, l'uomo agisce usando la forza sia per preservare il proprio onore (che un uomo tradito è da sempre vittima di derisione e non può accettarlo), sia per ribadire il concetto di proprietà (tu sei mia e se ti ribelli, non sarai di nessun altro). MIA. Quante volte alle donne ha fatto piacere sentirsi dire "tu sei mia!"? Anche a quelle stesse donne che in queste tre parole hanno trovato la morte sarà capitato di provare un brivido piacevole all'epoca in cui si scattavano i selfie con il loro amato, con quell'uomo che le aveva portate a toccare il cielo con un dito. I film, la letteratura, le poesie sono intrisi di scene strappacuore in cui il dirsi "sei mia" "sono tua" ha scatenato coinvolgimento emotivo all'ennesima potenza. E questa è e rimane la nostra gabbia, dalla quale purtroppo ancora pochissime persone riescono a liberarsi. E allora io vi invito a riflettere su questo: se non apprendiamo la necessità di educare le nuove generazioni a non dipendere dall'altro, a non instaurare relazioni che si basino sull'attaccamento, a non considerare l'altro come una nostra proprietà, come possiamo credere che questa mattanza finisca? Non sicuramente a suon di denunce per stalking, che ovviamente vanno fatte e prese in considerazione con molta molta serietà, a cui dovrebbero seguire pene imponenti, ma hanno il limite di agire solo laddove la situazione è già a rischio. Non con manifestazioni femministe, che non nego avere estrema importanza per stimolare le donne a non piegarsi, a non sottomettersi, ma che sulla mentalità sociale hanno impatto relativo perché solitamente vi partecipa solo chi ha già chiaro il problema mentre un uomo la cui personalità potrebbe portarlo ad uccidere una donna non cambia carattere perché vede un corteo sfilare. Solo l'educazione può affrontare il problema alla base! Educazione, al rispetto dell'altro in primis, ma mirata a cambiare totalmente l'approccio mentale alle relazioni: nessuno è di nessuno! Si possono condividere momenti, anni, una vita ma amare davvero un'altra persona significa viverla come un valore aggiunto, accettarne l'individualità ed essere consapevoli della possibilità che un giorno possa non volere più condividere la vita con noi! E' ora di affrontare con serietà e competenza l'educazione sentimentale e sessuale dei bambini e degli adolescenti, prendendo consapevolezza che loro saranno gli adulti di domani e se continueremo a fingere che non abbiano sessualità e sentimenti questi casi saranno sempre più frequenti! Finiamola di crescere i bambini con le favole del "E vissero per sempre felici e contenti" o di riempirgli la testa dei "per sempre" che la religione continua a volerci imporre perché è proprio nel nome del "per sempre" che molti uomini hanno ucciso e continueranno a uccidere. Vi invito a leggere "IN PRINCIPIO ERA IL SESSO" (Ryan/Jethà) se siete davvero interessati a comprendere da dove veniamo e dove stiamo andando. Non è il solito post questo, vi avviso. Non vi parlerò di dinamiche tra uomini e donne ma vi parlo di una DONNA che vorrei aveste la fortuna di incontrare. Lei è un viaggio nel tempo, l’unione dei mondi, la ricchezza della riservatezza. Lei è Fellini, ai miei occhi: una storia di apparente divertimento e ricchezza, che cela momenti di dolore dell’anima inenarrabili. Ieri sera mi sono soffermata a guardare le sue foto pubblicate su facebook, è stato come rivedere Federico, avvertire quella sensazione di tutto e niente alternati in una vita combattuta tra ciò che gli altri vogliono che tu divenga e ciò che tu vuoi essere. Situazioni diverse che creano quel misto di bellissimo e bruttissimo insieme. Situazioni che ti mettono continuamente in discussione con gli altri, con chi ti vuole "dentro le righe", con chi pensa di sapere cosa sia giusto per te. Forse mi ricorda così tanto Fellini perché nel periodo in cui l'ho frequentato era intollerante alle regole imposte, detestava che gli altri decidessero per lui cosa fosse meglio e cosa peggio, odiava pensare che gli "intellettuali" avrebbero sostituito i filosofi senza averne il diritto e voleva fare i conti solo con se stesso. KITTY VINCIGUERRA, questo è il nome della donna di cui vi sto parlando, ha trascorso una vita la cui narrazione sembrerebbe un film, anzi, secondo me dovrebbe diventare il soggetto di un film! Perché? Vi do solo qualche input: obbligata a sposarsi a 15 anni con l'amante di una parente stretta, a 21 non resiste e scappa da Catania. Roma, Milano, Londra... Posa per Helmut Newton, ha una storia d'amore con John Lennon, frequenta la dimora di Sai Baba. E tanto altro. Io di solito non entro molto in sintonia con le donne perché la maggior parte non mi piace: si lamenta in continuazione e non fa nulla per vivere come vorrebbe (la maggior parte, secondo me, nemmeno sa cosa vorrebbe!). Lei è diversa, lei mi piace. Perché? Perché è un'anima eterna, quando la stai ad ascoltare SENTI il suo viaggio emozionale nel tempo ed è sempre attuale. Solitamente le donne dell'età di Kitty sono spente, riportano i ricordi con la tristezza dei rimpianti e narrano solo fatti: ascoltare Kitty invece è un viaggio di testa e di pelle, di sentimenti vissuti con l'anima, di scelte ardue ma combattive. Potrei parlarvi di lei per ore, più di quante ne abbia trascorse insieme a lei, ma la sensazione che ho avuto uscendo da casa sua è stata quella di aver vissuto con lei la sua vita, tanto è "gagliarda": ingegno, energia, coraggio, originalità... non manca nulla! E' brillante, elegante, accogliente. Una donna con tutte le lettere maiuscole! Ammetto, mi ci sono innamorata anche perché la sento molto simile nei tratti caratteriali e l'ho invidiata! No, forse non è il termine giusto... non avrei voluto essere lei, avrei voluto essere con lei durante il suo percorso, vederlo con i miei occhi, viverlo in prima persona. Le rimprovero una sola cosa: aver scritto questo libro (EDIZIONI DAVID&MATTHAUS) perché avrei voluto scrivere io la sua biografia. Ho rubato un po' di immagini dal suo profilo FB ma perché so che lei ama le fotografie che ha conservato negli anni. Se volete trascorrere del bel tempo, andate a visitare la pagina delle sue foto del profilo...
https://www.facebook.com/kitty.vinciguerra?fref=ts Apritele, leggete ciò che lei scrive perché, oltre a questo libro, Kitty ha scritto e continua a scrivere poesie, erotiche anche, di ottimo spessore. Leggetela ma attenzone: è contagiosa! Può indurre benessere!! |
GRAZIA SCANAVINI Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo.
L'obiettivo è stimolare riflessione al fine di favorire la consapevolezza personale nelle relazioni.
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