Questa volta a stimolare la mia riflessione sono alcuni commenti di un paio di amici ad un mio scritto pubblicato su Facebook:
"Ti voglio e ti avrò. Non puoi nulla contro il mio essere. Puoi provare a resistere al mio corpo, ma non resisterai alla mia mente. Puoi credere di guidare, ma ti accorgerai di camminare nella mia direzione. Puoi combattere per restare distaccato, ma ti sentirai sempre a un respiro dalla mia pelle. Puoi mentire a te stesso, ma ti sentirai uomo solo nei miei pensieri." La mia esternazione è chiaramente un pensiero impositivo, un comando mentale. E proprio riguardo a questo nasce, nei commenti, un confronto tra un uomo e una donna, due persone con le quali mi piace parecchio confrontarmi perché non scrivono "bellissima, fantastica, meravigliosa" ma introiettano le mie parole e ne analizzano la consistenza. E che succede? Finiscono a concordare che c'è differenza tra il TI VOGLIO di un uomo e il TI VOGLIO di una donna: il primo manifesta un desiderio, la seconda un comando. Detta così parrebbe che la donna abbia la capacità di comandare la mente di un uomo, mentre difficilmente accade l'inverso. E allora mi chiedo? Quale può essere il motivo di questa differenza? Premetto che personalmente non ho mai amato il Principe Azzurro... quello che ti fa "cadere" a suon di carinerie, fiori e tutto il resto; quello che ti fa sentire una Principessa insomma. Magari funziona con la maggior parte delle donne, cresciute in un'educazione "modello Cenerentola", ma con me no! Analizzando i fatti ho incontrato pochi uomini nella mia vita che hanno "preteso" (e lo metto tra virgolette perché chiaramente la connotazione è mentale) ma mi ha sempre "eccitata" molto (sempre in senso mentale) l'uomo che non si mette in fila a corteggiarti con l'atteggiamento del "a me piacerebbe". Ho sempre preferito gli uomini che non ammettevano un "NO", che facevano di tutto per impormi il loro desiderio. Chiaro, non in senso molesto ma, qualora nascesse una sorta di intrigo, sono sempre stata attirata dagli uomini di carattere forte, pretenziosi, imprevedibili, sanguigni. Uomini imponenti mentalmente. La sensazione di possesso mentale è sicuramente uno degli stati d'animo più forte che si possa provare. Per come sono fatta credo che "l'approccio principesco" non sia meno galante dell'approccio determinato, ma sicuramente è più istintivo e va a colpire dritto dritto. Scatena un'emozione più pulsionale, determina una risposta più passionale (e non mi riferisco solo all'aspetto sessuale). Ma presuppone un mettersi in gioco molto impegnativo... E allora mi chiedo: cosa fa desistere gli uomini dall'impegnarsi? Il timore del rifiuto forse? Il timore di risultare perdenti? O il condizionamento venuto da molti anni di "dover fare attenzione come ci si comporta"? Campo minato questo: gli uomini sono assolutamente tutti concordi che in amore così come nel sesso a decidere sono le donne. Eppure da anni a questa parte le donne sono definite il sesso debole, quelle che bisogna trattare con i guanti per intenderci: sia perché il retaggio culturale le ha rese tutte aspiranti Cenerentola, sia perché ci vuole un attimo perché una donna (anche a ragione spesse volte, intendiamoci) si senta "a rischio", minacciata nella sua debolezza di essere donna. Insomma... il conto non mi torna... le donne sono il sesso debole ma sono loro a decidere. Dove sta l'inghippo? Io non mi sento debole per nulla e anche quando sono stata il centro di un corteggiamento indesiderato non ho mai temuto il peggio, forse per questo preferisco un uomo deciso, che mi fa sentire che mi vuole, non che mi vorrebbe. Dirò di più: nel mio passato hanno guadagnato di più uomini determinati che magari non rispecchiavano il mio "ideale di uomo" piuttosto che uomini che mi interessavano molto ma non erano determinati nel dimostrarmi che ero io la donna che volevano. A parità di comportamenti, l'uomo che pretende mi ha sempre presa di più mentalmente rispetto a quello che chiede. Un esempio? Arriva un mazzo di fiori con un biglietto per un invito a cena: un "STASERA A CENA. MIA" mi manda fuori di testa, mi carica emotivamente ed eroticamente, mi induce spontaneamente a seguire questa intensità di desiderio; un "POSSO INVITARTI A CENA QUESTA SERA?" mi fa pensare che devo decidere se andare o no, come vestirmi, come approcciarmi e mi da l'idea di una serata di luoghi comuni, di galanterie finalizzate a farmi prendere in considerazione il fatto di accettare la sua corte, di potermi concedere. Non mi piace concedermi, mi piace non avere scampo!
0 Comments
A volte Alessandro Pellizzari, amico giornalista, sembra puntare il dito verso una a caso quando scrive: me! Lo fa involontariamente (non sempre a dir la verità) ma va a cogliere imperterrito argomenti che, con il mio vissuto, hanno sempre un nesso. E questa volta è molto forte. Pellizzari mi ha chiamato a rapporto (cito) su questo post http://www.alessandropellizzari.com/donne-contro-altre-donne-la-calciatrice/ che tratta l'argomento del tradimento da un punto di vista alternativo: parliamo di traditi e traditori andandoci a focalizzare su di lei: la pietra dello scandalo! Sì lei, l'istigatrice, la donna di malaffare, la rovina famiglie! Alessandro non sbaglia una virgola in questo post, e lo dico da donna che un bel po' di tempo fa veniva definita proprio così: una rovina famiglie. Non in generale ecco, non che fossi una patita inseguitrice di uomini sposati ma bensì all'età di 24 anni mi sono innamorata di un uomo sposato. Sposato e con figli. Non faccio parte di quella categoria di donne che vanno in cerca a tutti i costi di un uomo sposato, né per spassarsela una sera, né per spirito di ossessivo di rubare mariti; piuttosto, già a quell'età, ero una donna risoluta e determinata, che metteva le sensazioni avanti a tutto. E così è stato quando mi sono innamorata di quell'uomo: non ho fatto nulla per "prendermelo", gli ho solo e sempre detto ciò che di lui sentivo, ciò che stando con lui provavo, le sensazioni che mi dava il suo esserci. E che io c'ero. Inutile raccontare le varie situazioni che si sono avvicendate anche perché sarebbe uno sterile riassunto tipo quelli che si leggevano una volta su Sorrisi e Canzoni Tv, delle puntate di Beautiful. La cosa che mi ha centrata in pieno oggi, leggendo il post di Pellizzari, è questa perpetua raffigurazione mentale che viene proposta della donna che "ruba l'uomo ad un'altra donna". L'immagine immediata è quella di una donna invadente, agguerrita, senza scrupoli né morale. Una donna il cui obiettivo è quello di "rubare l'uomo di un'altra", quasi come se l'uomo (che pare diventare oggetto inanimato) non facesse la differenza. Io questa immagine me la sono sentita scagliare addosso e vi assicuro che è pesante sopportarla, ma non impossibile. Soprattutto quando tu (a differenza della sua ex moglie) non consideri quell'uomo un inetto che soccombe fragilmente al sesso e null'altro. Perché proprio qui sta la questione: mogli che si arrabbiano con le amanti perché gli hanno rubato il marito!! Ma se è la rovina-famiglie a dover fare un passo indietro per salvare il matrimonio, poi cosa rimane a quella moglie, oltre al titolo coniugale? Come si sentirà ad avere vicino un uomo solo perché l'altra si è ritirata? Quando chiesero a me di fare un passo indietro e rinunciare a lui per coscienza (perché sposato e con figli) fu proprio il momento in cui realizzai che ancora di più dovevo dargli tutta me stessa, perché lei non poteva essere innamorata di lui, se pensava che per "ripristinare" il loro matrimonio fosse sufficiente che io mi nascondessi, mi negassi a lui. Lo trattava come un capriccioso, come se avesse dovuto togliere dalle mani di un bambino il gioco per fargli fare i compiti! Mi fece riflettere un sacco questa cosa. E fu proprio quel momento a farmi realizzare che avrei dovuto rinunciare all'uomo che amavo, e per il quale avevo cercato di moderare e limitare i miei sentimenti perché era già impegnato, per "lasciarlo" ad una donna che non aveva il rispetto di considerarlo come una mente pensante ma solo come un inetto da gestire. I conflitti interiori non furono pochi, anzi, per lungo periodo mi ero sentita invasa da perplessità, più che altro perché temevo poi di non essere all'altezza della situazione, nel senso che: ero sicura che sarei stata la donna giusta per lui? Ero sicura che sarei stata in grado di essere una buona compagna? In fin dei conti ci conoscevamo molto ma c'è differenza tra lo star bene insieme qualche ora al giorno e passare invece ad una convivenza con la responsabilità di una separazione sulle spalle, con tutti gli aspetti che una separazione tocca: i figli, i parenti (suoi e miei), i risvolti economici, il cambio di stile di vita (io vivevo sola allora, indipendente). Ma proprio la richiesta da parte della sua ex moglie (di fare un passo indietro e smettere di vederlo) mi ha dato la spinta ad affidarmi solo alle sensazioni. E questa è l'unica cosa che ho fatto! Nessuna pressione a lui perché decidesse in un senso o nell'altro ma solo l'esternazione di ciò che sentivo: IO CI SONO. Non ho combattuto per averlo, non ho inventato nessun sotterfugio, non ho fatto nulla che lo spingesse a "scegliere" me: mi sono semplicemente messa a sua disposizione, con calma e tranquillità, evitando di farmi sconvolgere e incattivire dalle continue pressioni di chi mi giudicava cercando di far uscire un'immagine distorta di me e focalizzandomi sul fatto che (è questa la solidarietà femminile Pellizzari?) quella donna non era obiettiva: se trattava il marito come un incapace a gestirsi, ne era innamorata o forse era semplicemente attaccamento. Massimo rispetto per l'indiscutibile dolore che io stessa potevo comprendere ma di cui non riuscivo ad attribuirmi la colpa. Perché un uomo che sta bene "a casa sua" magari la sbandata di una sera può averla, anche di qualche sera. Ma quando a pelle si sente di non poter più fare a meno di un'altra persona, le sbandate non c'entrano, è tutta un'altra storia. Una storia fatta di evoluzioni, di cambiamenti e di problemi risolti insieme sempre. Una storia fatta di complicità, di confronto e di crescita continua. Una storia fatta di intensità mentale e fisica, di compatibilità emotiva e di predisposizione all'altro. Una storia di complementarità, di alchimia e di menti intrecciate che viaggiano sullo stesso binario. Una storia fatta di rispetto. No! Non ero sicura di essere all'altezza, non ero sicura di poter essere una compagna ideale, non ero sicura di amarlo in tutto e per tutto! Mi facevano male i giudizi insindacabili delle persone, mi facevano male gli sguardi sprezzanti, mi facevano male gli insulti. Ma forse sono stati proprio quelli a spingermi a seguire solo le mie sensazioni e quelle che da lui percepivo. Poca importanza alle parole, ma molta ai fatti. E i fatti, a distanza di anni, mi dicono che forse essere più sensuali faciliterebbe la vita ad un sacco di persone. E ancora di più dico, per supportare la categoria delle donne in generale, che non serve accanirsi (chi per trattenere chi per prendersi un uomo): la via migliore è quella di dare per ciò che si sente, senza attaccarsi alle persone ma semplicemente rispettando il loro sentire, il loro essere e soprattutto senza macchinare cose incredibili per ottenere! Con i sotterfugi si ottengono situazioni basate su verità malate, finzioni devianti, equilibri instabili... tutto ciò che non può sicuramente portare ad un reale benessere. Essere se stesse e mettersi a disposizione completa dell'altro (non nel senso di sottomissione, naturalmente ma di condivisione dell'essere) è l'unica via per avere accanto un uomo che vi ama davvero e per quello che siete! Il primo passo? Prendete il telecomando e spegnete per sempre le macchinazioni modello Beautiful!! Oggi sulle ali delle parole di Alessandro Pellizzari (amico giornalista che ha scoperto lo stimolo a scrivere di rapporti tra uomini e donne da poco ma con parecchia ridondanza) mi sono trovata a riflettere sul passato. Pellizzari ha affrontato un outing che più che una confessione, come la definisce lui, mi sembra una esternazione di presa di coscienza (non di ora dico, ma maturata con il tempo) atta a scusarsi di un comportamento che credo appartenga a parecchie persone, magari è più un comportamento più di appartenenza maschile, ma non esclusiva. Alessandro parla da uomo in modo del tutto personale ma descrivendo un atteggiamento abbastanza diffuso: quello del non prendersi la responsabilità di fare una scelta: http://www.alessandropellizzari.com/uomini-che-non-lasciano-mai-uominichenonlascianomai/. Io in questo comportamento non mi ci ritrovo, nel senso che semmai sono sempre stata quella crudele e apparentemente "leggera" che ovviava le convenzioni: se una storia (fosse nata da 2 giorni o da 2 anni) non mi convinceva o iniziava a darmi sensazioni di disagio, parlavo chiaro e la storia finiva. Ho sempre amato le storie "piene", le storie che fossero il giusto equilibrio tra divertimento e passione, responsabilità e intensità. Quindi, quando capivo che certe cose mi davano fastidio o non erano compatibili con il mio modo di essere, parlavo chiaramente al compagno del momento e gli spiegavo che non era possibile andare avanti perché io non ci stavo dentro. Cosa succedeva matematicamente? Venivo incolpata di "leggerezza e mancanza di responsabilità". Le mie amiche poi, mono-fidanzatarie per convinzione (o convenzione?), mi criticavano un sacco... dicevano che non si poteva passare da un ragazzo all'altro come se si cambiasse un abito o una borsa. Per non parlare di quando lasciavo un ragazzo perché non mi ci trovavo sessualmente: lì il loro Super-Io si gonfiava prima di scatenarsi in frasi del tipo: "Che sciocca e immatura che sei! L'amore tu non sai nemmeno cosa sia!" Gli uomini in questione si arrabbiavano, anche loro naturalmente mi davano della poco seria e mi biasimavano il fatto di non volerci riprovare! Non era facile comunque lasciare, andarsene, dire alla persona che credeva in te che "non faceva al caso tuo". Sembrava un comportamento superficiale eppure preferivo dare il dolore acuto in quel momento piuttosto che dare un dolore cronico di mesi o anni. Ho sempre un po' ragionato di testa mia, ho sempre chiesto pochi consigli perché le riflessioni degli altri non facevano altro che cozzare contro la mia unica certezza: quando stai con una persona e i suoi atteggiamenti ti irritano e non ti danno un ritorno empatico, significa che non si è compatibili. E inevitabilmente, se quelle storie fossero proseguite, cosa sarebbe successo? Che avremmo cercato a vicenda di cambiarci o avremmo vissuto nell'insofferenza del non riuscirci. Ora, io ho estremo rispetto dell'essere degli altri e già da giovane non me la sono mai sentita di pretendere che una persona cambiasse per "accontentare" me. Lo trovo il modo più sbagliato di instaurare una relazione. Insomma: io "riprovare" l'ho sempre visto un comportamento di riparazione, di soluzione insolvente, di mancata presa di coscienza della vera essenza delle cose: un benessere a metà! Detto questo, è successo poche volte che io mi trovassi a decidere se lasciare la persona con cui stavo perché mi ero innamorata di un'altra. O meglio, era molto breve il periodo di indecisione, praticamente nullo perché quando capivo di essere attratta da un altro uomo non riuscivo a nascondere, non riuscivo a stare con il piede in due scarpe, nemmeno per brevi periodi! La coscienza del fatto che, se ti interessa un'altra persona significa che qualcosa sta cambiando, mi ha sempre spinta a scegliere la strada nuova, senza vigliaccherie, senza sensi di colpa. Inutile stare con una persona che dovresti amare e fingere di essere ciò che non sei. Chiaro che la condizione dell'essere in "coppia senza figli" mi dava la possibilità di ragionare con molta più lucidità e i problemi relativi erano molto minori. A distanza di anni, quando ricordo le mie amiche che mi "riprendevano" dicendomi "Ma tu non sei mica a posto!" sorrido sempre ma un po' amaramente: se avessi saputo spiegare loro che, prima di assumersi responsabilità quali quella di dire un sì che ha valenza per una vita (sotto stretto controllo sociale!) e soprattutto di fare figli, è MIRACOLOSO vivere e confrontarsi con diverse persone per capire davvero quale significato abbia trovare la persona giusta con cui condividersi, adesso sarebbero molto più serene anche loro, meno separate, meno agonizzanti, meno frustrate e meno desiderose di vivere tutto ciò che da ragazze hanno ripudiato per il timore di essere mal giudicate! Eccolo qui il post che aspettavo!! Stamattina altro bello stimolo da parte di Pellizzari, amico giornalista che oggi mi esce con questo: http://www.alessandropellizzari.com/uomini-che-hanno-paura-delle-amazzoni/#comment-366 ! Immediatamente lo correggo su una cosa (e lo bastono virtualmente!) perché la perfetta donna amazzone (come la definisce lui) non è una donna magra ma è una donna che è talmente in armonia con il proprio corpo da riuscire a cavalcare leggiadramente perché è in grado di "sentire" il movimento del cavallo (i tacchi in questo caso) e dell'ambiente che la circonda fino al punto di armonizzarsi con esso in modo totale e sentirsi sicura nell'avanzare (anche combattendo). E ci tengo a sottolinearlo, non solo perché io magra non sono (e amazzone mi sento proprio anima e corpo) ma anche perché non mi va che passi l'idea che una donna è caratterialmente un'amazzone se supera il metro e 70 e corrisponde al'utopico 90/60/90! La vera donna amazzone, quindi in grado di gestire il proprio cammino e la propria battaglia come Pellizzari descrive, non ha bisogno di rispondere a canoni estetici fissi, anzi!! Preferisce distinguersi, magari proprio per quella sensualità e quell'abilità che il suo modo di muoversi, sia fisicamente che psicologicamente, la distingue all'interno della società. Non dimentichiamo che, nell'antichità, alle amazzoni veniva asportato il seno destro o bruciata la ghiandola mammaria destra affinché fosse più abile al tiro con l'arco; solitamente la donna amazzone odierna ha affrontato un momento di crisi particolare, durante l'adolescenza o in giovane età, che ha determinato un'evoluzione caratteriale mirata all'autodeterminazione. La figura dell'amazzone richiama indubbiamente ad una immagine di donna tenace, capace, combattiva, caparbia, che sa gestirsi e difendersi, che non ha bisogno di essere guidata, che decide quale strada prendere e che non ha bisogno di un servitore al suo fianco, o di una guida, o di uno stalliere. Cavalca da sola, fiera e per nulla intimorita dalla battaglia. Semmai quando rallenta i ritmi ha il piacere di cavalcare con un cavaliere che sappia tenerle testa, senza intimorirsi quando decide di cambiare strada; un cavaliere che ami correre con lei senza porle troppi divieti per il timore che lei possa cadere o farsi male; un cavaliere che la lasci anche uscire sola per cavalcare, senza temere che lei possa incontrare un altro cavaliere ed innamorarsene. Un cavaliere che sia un piacere, un'emozione positiva, uno stimolo. Che sia deciso, che sappia gestirsi da sé, che sia propositivo e fiero! E qui mi riallaccio al fatto che questa tipologia di donne, sia spesso single o divorziata: direi che gli uomini non hanno (più?) voglia di "investire", di faticare, di mettersi in discussione e, la donna amazzone, piuttosto che stare con un uomo solo per status, decide di cavalcare altrove. Ma il torto è tutto degli uomini? Io non credo, penso piuttosto che ci sia stato un reale momento di disequilibrio tra il cambiamento del mondo femminile e quello del mondo maschile nell'ultima epoca. Diciamo che non sono stati direttamente proporzionali, e il genere maschile esce un po' frastornato dai passaggi perché la donna amazzone (così come la definisce Pellizzari) è una donna che richiede impegno e predisposizione ai cambiamenti. Mentre prima gli uomini erano abituati, nel rapporto di coppia, ad essere la colonna portante e decisiva della famiglia, con una moglie debole e dipendente dalle decisioni del marito, ora si trovano in situazione quasi paritaria, con una moglie che la debolezza non vuole nemmeno sentirla nominare e per decidere non ha bisogno di chiedere l marito, semmai ha l piacere di confrontarsi con lui. E per poter reggere il confronto è necessario avere due p.... ops... tacchi così! Lunedì mattina ore 8: bevo caffè mentre accendo il pc e che mi propone il mio caro amico di penna (tasti veramente!!) nonché giornalista Alessandro Pellizzari? http://www.alessandropellizzari.com/50sfumature-di-nuovo-interesse-per-il-sesso-per-niente-grigie/ Naturalmente per me è argomento adatto a qualsiasi orario ma, siccome questo post è intriso di spunti e di argomentazioni, devo fissare qualche punto! Sono notoriamente disordinata (anche mentalmente passo da un pensiero all'altro come se apparentemente non ci fosse alcun nesso ma perché mi riesce difficile non cogliere ogni stimolo che mi sfiora!) quindi parto da qui: 50 SFUMATURE DI GRIGIO! Cosa penso di questo romanzo? Non mi è piaciuto: l'ho trovato scontato, poco consistente e pesante. Va specificato che io sono figlia di quella letteratura erotica che parlava di sensazioni, di stati d'animo e che ti narrava gli eventi dal punto di vista emozionale: vivevi mentalmente la storia immedesimandoti nel personaggio perché sapevi cosa il personaggio provasse; era una sorta di condivisione. In "50 sfumature" io queste sensazioni non le ho provate... mi è sembrato un susseguirsi di immagini distaccate messe in fila (anche con poca attinenza e consequenzialità) e per nulla sentite dalla narratrice, di conseguenza anche dal lettore. Eppure ha venduto quante copie? Oltre 100 milioni di copie (l'intera serie)!! Ma adesso viene la parte positiva: credo che questa sia stata una delle campagne di marketing più riuscita del centennio editoriale. Hanno scelto un libro che parlasse di uno dei generi fino ad allora ritenuti proibiti, lo hanno pompato pubblicitariamente con ottimo risultato, lo hanno distribuito all'inverosimile (lo si trovava anche sul banco del salumiere sotto casa, ad ogni cassa autogrill, credo mancasse solo sui banchi delle farmacie) con quale risultato? LO SDOGANAMENTO DELLA NARRATIVA EROTICA! Con questa ottima campagna editoriale è come se si fosse concesso alle persone di leggere di erotismo sena vergognarsene, una sorta di autorizzazione sociale: quei libri ritenuti letture per pervertiti mentali e relegati agli scaffali più bui delle librerie, sono diventati il genere del momento, determinando così un'apertura mentale che ritengo molto positiva. Naturalmente mi rende triste pensare che, come pecore, altro non facciamo che seguire il branco laddove viene guidato. E mai come in questo "fenomeno letterario" è chiara la manipolazione mediatica che hanno approntato: hanno preso un romanzo mediocre (non lo dico io, ma le recensioni serie, quelle non pilotate), che trattasse un argomento molto pruriginoso e lo hanno diffuso a macchia d'olio, in modo che raggiungesse chiunque. La mediocrità del romanzo non è stata casuale, ma mirata a raggiungere la maggior parte dei probabili consumatori: superfluo ribadire che al giorno d'oggi i lettori sono pochissimi e quelli acculturati sono ancora meno! Se avessero pubblicato e fatto marketing a questo modo utilizzando un romanzo più forbito, ricercato e strutturato, non avrebbe potuto diffondersi a questo modo perché la gente non sarebbe stata in grado di leggerlo o comunque sarebbe stata una lettura meno scorrevole, e quindi meno usufruibile dalla larga maggioranza! Chiusa la parentesi legata al discorso editoriale in sé, rispondo ad Alessandro che il fatto che i lettori del web si accendano su questi argomenti non è segnale che "si fa più sesso" ma semplicemente che ora sembra quasi che se ne possa parlare!! Chiaro che il mondo virtuale da la possibilità di interagire in modo molto più costruttivo che nelle semplici chiacchiere da bar come magari era unica possibilità fare fino a qualche anno fa, tutt'al più se ne poteva parlare tra amici e anche limitatamente. Io, come Alessandro sa, sono molto "combattiva" su questo argomento, al punto di arrivare a fondare SensualMente la prima associazione culturale in Italia che parla di sensualità: https://www.facebook.com/pages/Associazione-Culturale-Sensual-Mente/235530653277687?fref=ts http://www.sensualmente-sensualmind.com/chi-siamo.html Mi piace che se ne parli perché la sessualità e la sensualità sono, che piaccia o no ai perbenisti, il motore principale del nostro essere. E non lo dico io: lo diceva Freud già alla fine dell'800 e non fu il primo comunque! Viene da sé che non è che certe dinamiche sessuali siano nate oggi (individuali, di coppia o di gruppo) semplicemente oggi si inizia a parlarne. E parliamone allora!! Che male c'è? Ce lo dimostrano le http://leragazzedelporno.org/ che hanno deciso che è ora di cambiare anche la mentalità cinematografica rispetto alla sessualità!! Durante il mio percorso in parecchi mi hanno chiesto per quale motivo uno debba mettere alla mercé di tutti i propri pensieri o il proprio vissuto sessuale; sono stata spesso "accusata" di esibizionismo, di eccentricità, di voler essere "un fenomeno". E' l'esatto contrario per quanto mi riguarda: ho semplicemente capito, man mano che mi addentravo nelle conoscenze dell'ambito sessuale, che sbarazzarsi della vergogna significa riportare il nostro lato sessuale ad una spontaneità primordiale che permette di vivere le cose per come le si sentono e non in base al timore dei giudizi degli altri. Proprio qualche giorno fa, durante un momento di elaborazione mentale su uno studio che sto conducendo sulle camgirls, mi sono obbligatoriamente ritrovata a pensare che in fin dei conti l'ambiente del cybersex non è altro che l'espressione più vera probabilmente della reale essenza sessuale del nostro tempo. Quei desideri che per la maggior parte delle persone rimanevano nascosti, "irrisolti" e insoddisfatti ora hanno trovato "sfogo" nel virtual sex!! Lo so, lo so... non vi piace che sia così e avrete mille perplessità al riguardo ma appena vi esporrò questo studio che ho iniziato dopo aver assistito a PORNO MONDO documentario teatrale di cui vi parlo qui http://graziascanavini.weebly.com/eventi-e-momenti/2) vi renderete conto che esiste un mondo che pochi sembrano conoscere ma milioni di persone vivono quotidianamente con la stessa intensità con cui vivono il mondo non-virtuale!! Anche io, come Alessandro, preferisco viaggiare mentalmente sulle righe di un buon libro di letteratura erotica ma nell'epoca del virtuale risultiamo essere dei nostalgici quasi... Occhio Pellizzari... rimarrai sbigottito!!! |
GRAZIA SCANAVINI Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo.
L'obiettivo è stimolare riflessione al fine di favorire la consapevolezza personale nelle relazioni.
|