GRAZIA SCANAVINI È QUESTIONE DI PELLE


UOMINI
E
DONNE
​

Dinamiche di relazione e dinamiche sessuali. 

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PERCHÉ FISSARSI A PARLARE DI PROSTITUZIONE?

15/7/2021

 
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​Ieri una persona mi ha fatto la domanda più interessante di tutta la mia carriera: perché fissarsi a parlare di prostituzione?
A quella persona ho già risposto, ma lo scrivo anche qui:
perché la prostituzione è la chiave di lettura dalla quale partire per snocciolare la questione della disparità tra i generi.
State pensando che io sia impazzita?
In effetti, per trovare il filo a questo discorso ho rischiato grosso e, chi non vuol capire, probabilmente dirà che qualche rotella spostata ce l'ho.
Sono anni che il pensiero laterale mi porta ad analizzare la dinamica della prostituzione da un punto di vista alternativo.
Di tante cose che si dicono sulla prostituzione, che sia il mestiere più vecchio del mondo lo abbiamo detto più o meno tutti, almeno una volta nella vita... giusto?
Ed è verissimo, perché quel mestiere è quello che ci è stato attribuito ai tempi della nascita della proprietà privata, nell'era dell'agricoltura, quando il potere economico è stato attribuito agli uomini e alle donne è stato attribuito il ruolo di colei che riceve sostentamento in cambio di accudimento ed esclusivismo sessuale.
Le prime prostitute sono state proprio quelle donne che, se volevano campare, dovevano diventare esse stesse proprietà di un uomo, accudirlo, dargli figli.
E se ancora oggi esiste la prostituzione è perché la società è evoluta perpetuando il concetto per il quale l'uomo elargisce potere economico (che poi sono soldi) alla donna in cambio di accudimento anche sessuale.
Siamo d'accordo tutti che poco è cambiato su questo, riflettendosi anche negli àmbiti lavorativi?
I ruoli di accudimento (dal fare pulizie, al babysitteraggio, alla segretaria del capo, ecc.) sono in maggioranza svolti ancora da donne, no?
Che sono le prime a perdere il lavoro se arriva una crisi.
Che, quando un lavoro ce l'hanno, difficilmente raggiungono la parità salariale.
Che, quando raggiungono il successo, in realtà semplicemente eguagliano un risultato maschile.
Questo perché? Perché nella nostra società, da millenni a questa parte, non è mai esistito un modello di successo femminile. Noi non abbiamo un modello di riferimento, per l'autorealizzazione: corriamo appresso a quello maschile. Perché sono loro che hanno deciso come si dovesse sviluppare la società, sono loro che hanno determinato il sistema socio-economico in cui viviamo. Il potere decisionale e governativo è sempre stato maschile e, ovviamente, è stato costruito con mentalità maschile.
Badate bene, non sto accusando nessuno, non sto recriminando niente. Sto solo spiegando oggettivamente come sono andati i fatti. E solo se conosciamo i fatti, possiamo comprendere certe dinamiche.
Quella della prostituzione, appunto, è mantenuta viva dal fatto che le donne sono sempre nella posizione del dover dimostrare di valere più di una semplice "accudente". Devono dimostrare di valere quanto un uomo.
E, in un modello di società in cui l'uomo ha il potere economico e la donna sopravvive se accudisce, la donna può davvero ottenere potere economico, senza battagliare, solo accudendo al meglio.
Pensate, per esempio, a questo fatto: un uomo di cinquant'anni, che dispone di un discreto/buono/ottimo potere economico, se non ha una moglie/mamma che si occupa delle faccende domestiche, in media paga una donna che assolva a queste incombenze e utilizza il denaro anche per offrire cene, viaggi, ecc. al fine di avere compagnia femminile. O paga donne che gli dedichino compagnia per ore o giornate. Elargisce potere economico per essere accudito.
Ovviamente, i soldi elargiti per l'accudimento sessuale sono i più piacevoli, perché - appunto - legati alla sfera del piacere.
Se poi vogliamo pensare agli uomini che una donna che li accudisca in senso domestico ce l'hanno, pagano una prostituta quando? Quando la donna accudente non accudisce più sessualmente.
Qui dovrei snocciolarvi la miriade di condizionamenti che hanno contribuito a mantenere vivo questo sistema: basti pensare al concetto di fedeltà, che da sempre vede la donna che tradisce come una troia, mentre l'uomo che lo fa ha un'aura di figaggine.
Non a caso, la donna che tradisce viene lasciata senza alimenti più spesso di quella che viene lasciata per scelta maschile.
Ti tolgo il sostentamento, perché tu non mi hai accudito.
Non siamo, allora, sempre a quell'epoca là?
Ecco cos'è, quindi, la prostituzione: tu, donna, mi accudisci sessualmente, io ti riconosco il sostentamento.
E che il ruolo femminile sia ancora quello, oggi, lo dicono chiaro i numeri: su 101.000 persone che hanno perso il posto di lavoro causa Covid, 99.000 sono donne. Se qualcuno deve perdere potere economico nella nostra società, ancora oggi, è la donna.
Lo sappiamo, direte voi. È normalità, praticamente.
Già.
Ma sapete anche che, nel bisogno di denaro per sostentarsi, le donne hanno la prostituzione come soluzione più immediata?
Mi ripeto dicendo che c'è poco da moralizzare, se le donne si prostituiscono (virtualmente e non solo), se la forma mentis rimane questa, se il potere economico continua a essere prevalentemente in mano maschile e se le donne non hanno un modello femminile di successo.
Ragazze mie, leggetevi IL VIAGGIO DELL'EROINA, Maureen Murdock, Ed. Dino Audino. È proposto come manuale di sceneggiatura, ma date retta: le prime dieci pagine sono quanto di più consapevolizzante io abbia mai letto o sentito dire.
Vi manderà un po' in crisi perché vi spiegherà che quella sensazione di "vuoto" che le donne sentono a un certo punto dell'età adulta non dipende esclusivamente dalla menopausa, come questa società ci racconta da millenni. Quella è l'ennesima modalità di definirci "isteriche".
In realtà, quel vuoto che assale anche quando abbiamo tutto (affetti, denaro, successo), è dovuto al fatto che ci siamo realizzate su un modello societario maschile... che non è il nostro.
Lo so. Probabilmente avete mille obiezioni da muovere, a questo scritto... ma usatemi la cortesia di farlo solo a ragion veduta.
Leggete quel libro, poi sono qui con piacere.
Leggete anche "In principio era il sesso" di Ryan e Jethà, poi sono qui con piacere.
Sto dicendo: andate a conoscere la storia antropologica delle relazioni, perché solo avere consapevolezza delle radici sociali dalle quali ancora siamo nutriti, può renderci consapevoli che il terreno velenoso dà frutti velenosi.
E la chiusa è sempre la stessa: ci vuole impegno a conoscere per poter attuare un cambiamento. E ci vuole intento educativo per un cambiamento costruttivo.
Se poi volete capire oggettivamente il discorso della prostituzione, legato al ruolo femminile nella società, io ho scritto NON CHIAMATELE PUTTANE  e HO FATTO LA CAM GIRL (Ed. Effetto), come sapete bene perché vi sto sfracellando i neuroni da tre giorni.
È autopromozione? Sì, anche. Ma è soprattutto desiderio che si prenda consapevolezza dell'oggettività delle cose.
##abbattiamoipregiudizi
Ché sono loro a mantenerci in questa situazione.



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OPPURE POTETE COMINCIARE  A PENSARE CHE NON SIAMO UOMINI E DONNE. SIAMO PERSONE.

11/11/2020

 
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​La condizione che si crea nella relazione tra due individui di genere sessuale diverso, io non la attribuirò mai a uno o all'altro.
Gli uomini non sono tutti uguali.
Così come non lo sono le donne.

E quando una persona si rivolge a me dicendo che gli uomini non hanno rispetto delle donne o le donne sono tutte rompicoglioni, di me e di quel che dico, non ha capito niente.
Avete due possibilità:
- restare con questi stereotipi in testa.
Ma non troverete mai un partner che vi soddisfi, finché avrete questo atteggiamento. Non attrarrete mai una persona come quella che dite di cercare perché partite già attribuendo caratteristiche generaliste che vedrete anche dove non ci sono.
- oppure potete cominciare a pensare che non siamo uomini o donne, siamo persone.
Che sono state divise su due diversi binari di comportamento molti centenni fa, a seconda del genere sessuale.
Immaginate una pista da ballo vuota.
A destra le donne, alle quali vengono insegnate cose. Tecniche.
A sinistra gli uomini, ai quali ne insegnano altre. Diverse.
In mezzo il vuoto.
Un terreno di conquista, ti dicono da entrambe le parti, in cui battagliare per ballare nel modo che ti è stato insegnato.
Ancora oggi funziona così, per tanti.
Qualcuno però si è voltato verso il centro.
Ha smesso di ascoltare chi insegnava tecniche e ha iniziato a guardare chi aveva davanti, a sperimentare, a mettersi in gioco al di là della tecnica, a sperimentare; a cercare di comprendere, a cercare di capire che, seppur istruiti con tecniche diverse, l'unico modo per ballare senza battagliare è ammorbidirsi, sentire l'altro.
Sì la tecnica di base, ma se non si ascoltano le specifiche e caratteristiche movenze dell'altro, non ci sarà mai armonia.
Se si resta rigidi nella pretesa che l'altro si adatti completamente alla nostra tecnica, e ci si incazza se ci pesta un piede, il divertimento e il ben essere che cercavamo in quel ballo, vanno a farsi fottere. Il ballo diventa una battaglia.
Potete scegliere. Battagliare o ballare?
Aggiungo: se una o più persone dell'altro sesso vi hanno fatto male, ricordate che cercando un partner con certe convinzioni, vi portate appresso pesantezze enormi, che l'altro non vorrà reggere.
Ogni persona è a sé.
I propri pregi, i propri difetti. Le proprie caratteristiche.
Se si vuole "ballare", l'unica possibilità è data dal guardare l'altro per ciò che è come individuo, lasciando ai lati della pista i pregiudizi generalisti e le aspettative rispetto a ciò che vi hanno detto che dovete conquistare.
Vedo quotidianamente gente affannarsi in relazioni di battaglia, senza demordere fino alla devastazione. Relazioni che non funzionano, in cui si pretende cambiamento da parte dell'altro perché non corrisponde a certe aspettative ma raramente si è disposti a smettere di battagliare e iniziare a comprendere che, se quella persona ha dati comportamenti, è perché così è stata cresciuta dal condizionamento socio-educativo.
Vedo molti in pista, che si ostinano a pestarsi i piedi a vicenda, per dimostrare all'altro di essere più bravi a ballare.
Vedo una moltitudine di persone restare ai lati della pista, con la convinzione che nessuno dell'altro lato sappia ballare.
Vedo pochissimi ballare in armonia, divertirsi, sentirsi.
​
Ecco. Ciò che volevo dire è che solo se noi per primi dimostriamo l'amore per il ballo, anziché per la battaglia, c'è possibilità di diventare davvero ottimi ballerini.

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INSEGNAMO ALLE FEMMINE CHE SI PUÒ DIRE DI NO E AI MASCHI CHE UN NO NON È LA FINE DEL MONDO

25/10/2020

 
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​Io non ricordo praticamente mai i sogni che faccio e mi succede molto raramente di svegliarmi con il sogno che mi gira ancora in testa.
Stanotte alle tre e mezza, invece, ho aperto gli occhi sudata, in ansia. Più che un sogno, stavo vivendo un ricordo, e la psicologia lo sa bene.
Andiamo indietro di quasi trent'anni e credo che la mia amica
Eleonora se la ricordi bene quella serata, perché l'ho mandata ai matti.
Avevo diciannove anni, massimo venti, e quella sera avevo accettato l'invito a uscire di uno che non ricordo dove e come avessi conosciuto.
Era un bel tipo, sui trentacinque. So che era stato un invito volante, di quelli che accetti sull'onda del "Ma sì, dai". Che non sai nulla di quella persona, che ci hai scambiato forse due battute.
Rifiutai che mi venisse a prendere perché ero già abbastanza scaltra da sapere che, prima di far entrare nella propria vita una persona, devi conoscerla bene. Ma non ero ancora abbastanza scaltra da sapere che a un uomo puoi anche semplicemente dire di no, alzarti e andartene.
Cosa che avrei voluto fare già dopo la prima mezz'ora passata in quel locale ad ascoltare questo che mi elencava tutto ciò che avrebbe potuto offrirmi.
Che fosse presumibilmente benestante lo si capiva dall'auto con cui era arrivato e dagli abiti che indossava, ma non sono mai stata granché attratta dall'apparenza economica delle persone. Quella volta non potei esimermi dal guardarla perché quella prima mezz'ora di dialogo si basò solo su quella, in una strana conversazione che mi vide praticamente muta ad ascoltare i progetti che questo sconosciuto stava facendo su di me per i successivi vent'anni.
Orafo e commerciante di diamanti, appena seduti, mi chiese di attendere un attimo e uscì. Rientrò con un mazzo di rose e una scatolina con all'interno un girocollo sottile che portava appeso un diamante. Piccolino, eh, ma un oggetto di eccessivo valore in quel momento.
Mi imbarazzai.
Voleva mettermelo al collo e io non glielo lasciai fare. Mi si avvicinò fisicamente per farlo, ma quell'invadenza mi spinse a chiedergli di lasciarlo lì, sul tavolo, dove avrei potuto ammirarlo, mentre in realtà non me ne fregava assolutamente un cazzo e volevo solo che non mi toccasse.
Tutto quello che fece in quella prima mezz'ora fu illustrarmi la nostra futura vita insieme e cercare di convincermi a chiamare casa dicendo che quella notte non sarei rientrata, così che l'indomani prestissimo sarei partita con lui per una fiera di oreficeria ad Arezzo.
Io mi allontanai per fare un telefonata, in effetti ma non a casa.
Chiamai Eleonora, la mia amica, che già era allertata rispetto a questo incontro: amavo conoscere gente fuori dai miei giri e lei era la mia base di sicurezza.
Le telefonai chiedendole di richiamarmi dopo pochi minuti, cosicché davanti a lui avrei inventato un problema enorme e sarei fuggita.
Il seguito non lo ricordo benissimo, so che trascorsi almeno un'ora prima di andarmene, ammazzata dall'ansia del conflitto che vivevo perché, ancora molto immatura, non riuscivo a contrastare la sua gentilezza (perché era gentile di modi, eh) e nessuno mi aveva insegnato che non sei obbligata a corrispondere per forza.
Ero ancora molto soggetta ai meccanismi di relazione per i quali devi sentirti in colpa se un uomo fa cose per te e le rifiuti.
In qualche modo me ne andai e quella serata mi cambiò nettamente, proprio per il malessere emotivo che avevo vissuto. Di sicuro mi aiutò Eleonora che mi disse semplicemente "Vattene" ma, conoscendomi e capendo il mio stato d'animo, quella telefonata la fece.
Uscita dal locale, lasciandolo lì con gioiello, fiori e un numero di telefono finto inventato sul momento (chissà chi avrà chiamato), ebbi l'impressione di respirare un'aria completamente nuova.
Ma quanto deve avermi segnata una situazione apparentemente banale come quella, se a distanza di trent'anni stanotte ho rivisto quel volto e ho di nuovo sentito l'invadenza fisica in quel gesto di spostarmi i capelli per cingermi il collo?
Ho aperto gli occhi con la sensazione delle sue mani che si infilavano tra i miei capelli, che sfioravano la pelle, e dentro quel NO che avrei voluto gridargli ma non sapevo di poterlo (doverlo) fare.
Insegnatelo alle vostre figlie che non c'è nessun obbligo, nemmeno davanti a una persona gentile. Perché, se anche i modi sono gentili, dietro a certi comportamenti c'è la convinzione che la donna non possa rifiutare e che vale la pena di insistere, anche quando si ritrae, perché prima o poi cederà.
Non pensate che siano dinamiche passate anche perché, esempio banale, i fumetti e i video porno manga hentai che sempre più vengono tradotti in italiano e acquistano fruitori in Italia, passa questo messaggio imperterrito: la donna dice no, ma pensa sì.
E l'insistenza porta sempre all'happy end.
E i nostri adolescenti non hanno gli strumenti per valutare la differenza culturale in cui nascono quei fumetti.
L'unico happy end di quella sera furono le risate che ci facemmo dopo con Eleonora, ironizzando su quel povero cristo che evidentemente pensava di valere solo ciò che possedeva e aveva proiettato su di me lo stesso meccanismo: nessuna domanda riguardo a me, nessun interesse a conoscermi.
Gli bastava la mia apparenza, ciò che vedeva, ciò che ero fisicamente.
Ma questa è un'altra storia.
​O, forse, la stessa.

Quante volte in passato ho vissuto situazioni sessuali in cui subito mi sembrava di volerlo pure, poi durante capivo che invece non mi andava. Non necessariamente per qualcosa che facesse o non facesse il partner, non per una responsabilità insomma... semplicemente perché non mi stava piacendo, non c'era compatibilità. Ma fermare la situazione e andarsene, implicava spiegazioni, che forse avrebbero ferito l'altro che non avrebbe creduto alla motivazione, si sarebbe sentito sminuito.
Lo feci una volta e in cambio ricevetti un comportamento piuttosto brutto ma non diedi colpe... siamo male educati: questo è il punto da cui partire, secondo me, se si vuole costruire qualcosa. Dalla consapevolezza che le donne hanno un imprinting educativo sbagliato -il dovere di essere accondiscendenti- così come gli uomini considerano un rifiuto sessuale come una negazione della loro mascolinità.
A poco serve insultarsi, battagliare incolpando l'altro.
Serve invece diffondere consapevolezza sotto forma di comprensione, allora forse riusciremo a stabilire una reale collaborazione tra i generi.
​E io vedo invece continuare a costruire muri tra buoni e cattivi.

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LA RELAZIONE CON IL NARCISISTA: ATTENTA!

13/10/2020

 
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Qualche tempo fa, dopo un post sul narcisismo patologico, mi sono trovata a parlare in privato con una persona che si autodefinisce NP.
Persona che apprezzo, con la quale siamo finiti a fare considerazioni sul fatto che, quando c'è un NP maschio al centro, dire "Attenta!" alle donne che gli stanno intorno (ignare) non è funzionale perché si ottiene l'effetto esattamente contrario.
Un po' perché noi donne per condizionamento socio-educativo abbiamo questa spinta alla convinzione di poter "guarire" l'altro,
un po' perché non possiamo di certo credere che quello spettacolo di uomo sia tutt'altro da ciò che percepiamo direttamente di lui, usiamo quel consiglio per dimostrare a lui che siamo dalla sua parte, che noi lo capiamo, ecc.
Convinte che chi dice "Attenta!" lo faccia per invidia, per bruciargli il terreno intorno solo per una questione di "gelosia".
Anche perché, diciamolo, succede anche questo, non esclusivamente quando c'è un NP di mezzo e nemmeno troppo di rado.
Non siamo bravissime, ancora, a supportarci l'un l'altra... e di conseguenza, facciamo più fatica a fidarci.
Non lo facciamo proprio, se quell'uomo al quale ci dicono di stare attente ci sembra Dio sceso in terra.

I social, su queste dinamiche, hanno un impatto ancor più importante: sia perché il mezzo consente facilmente al NP di costruirsi il personaggio come vuole (mentre dal vivo è ovviamente molto più impegnativo), sia perché i social sono vera e propria fonte dalla quale attingere quell'attenzione che diversamente, da chi lo conosce davvero, non ha più.
Succede quindi sovente che sul social il NP appaia come un'amalgama straordinaria di allegria, bellezza, ironia, bontà e chi più ne ha più ne metta.
È dalla parte delle donne, palesemente contro tutte le ingiustizie del mondo e brillantemente seducente.
Spesso ne ha passate di tutte i colori con le donne, ma se ne prende la colpa eh: ha scelto la donna sbagliata, si è lasciato irretire ma sa che tu sei diversa.
Spessissimo ti stava cercando. Aveva proprio smesso di cercare perché pensava che tu non esistessi.
Talmente capace nel costruire il proprio personaggio e diventarlo, che mai e poi mai potresti pensare che stia recitando.
Non ho scritto "fingendo" perché non è che finge, recita la parte così come succede a teatro ai migliori attori: diventa proprio il personaggio.
Di fronte a quel "Attenta!" pochissime donne possono credere che sia davvero un consiglio spassionato. Sono più portate a pensare che sia una mossa di gelosia o di vendetta, se tra i due c'è stato un trascorso.
Succede quindi che si rafforzi l'idea che davvero quell'uomo non sia stato compreso.
Del resto magari lui sta già scrivendo in privato "Come mi capisci tu, nessuna mai."
Se al centro c'è un NP, chi scrive "Attenta!" può farlo per diverse motivazioni:
-se non è entrata in relazione profonda con lui, perché nell'approccio ha subito riconosciuto il disturbo di personalità (ne ha competenza, oppure esperienza), ci tiene a mettervi in guardia;
-se è entrata in relazione profonda ed è ancora dentro alla dinamica di manipolazione in fase di scarto (lui l'ha scartata), lo fa effettivamente per un discorso di gelosia, anche se spesso provocata dalla triangolazione che il NP ha messo in atto (oltre che splendido attore, diventa anche ottimo regista di dinamiche tra pretendenti: si nutre della gara per averlo); non è una gelosia che nasce spontanea, insomma: è voluta, provocata da lui che mette in atto indifferenza nei confronti di questa, e palesa pubblicamente l'interesse per l'altra. Gli serve: due donne che competono per averlo sono manna; non c'entrano nulla i sentimenti, sia chiaro: il suo obiettivo è l'approvvigionamento narcisistico, niente altro;
-se è uscita dalla relazione, lo fa esclusivamente perché riconosce i comportamenti del NP, i suoi schemi, e le dispiace pensare che state rischiando di vivere quella sofferenza in cui lei è finita annientata e dopo la quale ha dovuto faticare enormemente per riprendersi in mano.
Faccio questo discorso perché diverse volte mi trovo io stessa a voler dire "Attenta!" a qualcuna riguardo a diverse persone che conosco e, per competenza o conoscenza, so per certo di non sbagliarmi.
Ma poi desisto, per evitare di rafforzare quella dinamica per la quale la donna consigliata finirebbe a investire emotivamente ancora di più in quella relazione.
È una situazione che non ha una soluzione "buona".
Desistere è come lasciare una potenziale vittima al suo destino.
Intervenire è un po' come fornire un assist al NP.
Quante volte vi è successo di dire "Attento!" a qualcuno e vedere poi distorcere il vostro intento buono?
Quando c'è di mezzo un NP, succede sempre.

So che, quando si legge qualcosa rispetto a questo disturbo, la risultante sembra sempre una caccia alla streghe ma in realtà questo succede solo perché noi analizziamo la relazione in termini empatici, mentre nel NP l'empatia non esiste.
E non lo dico per screditarli, ma perché è una caratteristica propria di chi è portatore della patologia. Non è che non vuole empatizzare con voi, amarvi, volervi bene: è proprio impossibilitato a farlo.
Sia chiaro che il NP non sta bene, non è felice, non è niente di ciò che appare... la sua vita è un totale dipendere dal bisogno di sentirsi il migliore, il più amabile, il più desiderato, il più degno di attenzione.
Se quell'attenzione decade, va in tilt.
E, aggiungo, non necessariamente ha bisogno di un riconoscimento positivo: trae approvvigionamento anche dal vostro stare male, dal sapere che fareste qualsiasi cosa per lui, per riaverlo.
Questo il motivo per cui è difficile uscirne: è un meccanismo perverso.
Se le persone sane traggono ben essere dalle situazioni positive, in cui entrambi i partner stanno bene, in una relazione con un NP l'equilibrio non esiste:
-nella prima fase, quella dell'idealizzazione (love bombing) lui fa di tutto per farvi vivere il paradiso, confacendosi al vostro ideale di uomo; e voi traete un appagamento emotivo enorme, incredibile. Tutto questo perché vi fa vivere un'euforia che scatena un rilascio di endorfine da sballo. Anche lui sembra al settimo cielo, eh. Sembra. In realtà sta investendo una quantità enorme di energie per rendervi dipendenti, per far sì che non abbiate scampo nella fase successiva.
-nella seconda fase, quella di svalutazione, il NP diventa freddo e indifferente, mettendo in atto continue critiche e svalutazioni sulla vittima che appare confusa poiché non capisce cosa stia accadendo: sperimenta un forte stress, si sente infelice, le sembra di “camminare sulle uova”. Confusa dal comportamento incomprensibile del narcisista, la vittima lavora di più per compiacerlo, nella speranza di recuperare il rapporto che aveva assaporato all’inizio. Mette in dubbio se stessa, prova a far di tutto per essere adeguata (e quindi amata). Privata della "droga narcisistica” (le endorfine) la vittima sperimenta i sintomi dell’astinenza con ansia, rabbia, tristezza; e per far fronte a questi stati d'animo mette in atto una serie di meccanismi inconsci di difesa (negazione, razionalizzazione, modelli regressivi di comportamento infantile, ecc) che rappresentano l’unico modo per poter sopravvivere all'ansia. Questa è la fase vera e propria del gaslighting: la vittima diventa ostaggio del grandioso e patologico sé del narcisista. Il narcisista la guarda con disprezzo; la concepisce come impotente, inferiore e priva di valore ma allo stesso tempo anche la fonte attraverso la quale alimentare il suo bisogno di sentirsi potente. Qui il paradosso: quanto più la vittima mostra la sua angoscia quanto più chi ne abusa alimenta il proprio narcisismo. Abuso che si manifesta attraverso la violenza verbale e fisica, la svalutazione delle capacità intellettive, della sessualità, della creatività. Svaluta ma al tempo stesso ha bisogno della vittima per autoalimentare il senso di sé grandioso: “Fai schifo, sei inadeguata a me, ma non ti azzardare a lasciarmi”. Per la vittima è difficile fuggire alla trappola. Quanto difficile, ce lo dicono tutti i femminicidi.
-la fase di rigetto: è la conclusione. L’interesse per la vittima ormai "inerme" decade. Il NP resiste a tutti i tentativi di salvataggio del rapporto, ha un atteggiamento da bullo (non risponde, si nega) ed è totalmente indifferente a qualsiasi necessità o desiderio della vittima. Sparisce, senza dare spiegazioni. Se lei rimane ancorata a questo livello (cosa che lui spesso predispone nella fase di Love Bombing dicendo "Se anche andrò via, un giorno, tornerò sempre da te perché tu sei l'unica che mi ha amato davvero. Passassero anche dieci anni, tornerò") rafforza solo il senso di potenza del narcisista e gli lascia la possibilità di ripresentarsi. Cosa che succede solitamente quando la vittima ha ripreso almeno in parte vitalità, allegria.

Mi fermo. Volevo scrivere solo alcune righe e invece mi sono persa in un'elaborazione forse fin troppo tecnica.
Sia chiaro che ho parlato in termini di NP maschio perché le dinamiche sono un po' diverse a seconda del genere di chi manipola usando la comunicazione perversa.
Non meglio o peggio, diverse.
E perché oggi c'è una donna in particolare alla quale vorrei dire "Attenta!".


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SEI POLIAMOROSO? TU NON SAI COS'È L'AMORE VERO.

29/9/2020

 
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Provo sempre molta meraviglia quando sento persone che hanno vissuto solo relazioni monogame dire, a una persona che vive relazioni poliamorose, "TU NON SAI COS'È L'AMORE VERO". 
Mi stupisce perché sono convinta che proprio non percepiscano quanta insicurezza e quanta incoerenza trasudi dalle loro parole.

La relazione monogama è la più diffusa perché il sistema, con le sue radici nella proprietà privata, l'ha scelta come nucleo ideale del sistema società. 
Poi che da sempre ci sia un sommerso di relazioni extraconiugali e tradimenti è altra storia, ma la relazione ufficiale a due è un qualcosa cui ci hanno educati. 
Siamo venuti al mondo e si faceva così, punto. 
Chi non si accoppiava era uno scapolo, o una zitella.
Degli sfigati, insomma. 

La relazione poliamorosa esiste da sempre, anche se prima era elitaria: solo in certi ceti o per certe motivazioni culturali. Adesso è una possibilità per tutti. 
Non sto dicendo che tutti dovrebbero esserlo, sia ben chiaro. Sto tentando di spiegare che essere poliamorico significa solo avere più relazioni contemporaneamente con persone diverse.
Un po' quello che succede a chi mette le corna, no?
Vive un amore stabile e diversi innamoramenti.  
La differenza sta nel fatto che i poliamorici lo dicono. 
E hanno quindi la serenità mentale per poterli coltivare di più, quegli innamoramenti, mantenendo equilibrio nella relazione principale ed essendo più onesti e meno bisognosi di sotterfugi rispetto a chi tradisce di nascosto.
Mi annoia sentir dire che chi ha più di una relazione contemporaneamente non ama, perché è un falso ideologico proprio. 
Mi annoia sentir categorizzare l'amore, questo bisogno che abbiamo sempre di classificare tutto. 
Cosa vi spaventa dei poliamorosi? O di chi ha dinamiche amorose e/o sessuali diverse, fa scambio di coppia di coppia, magari, o cuckoldismo. 
Perché avete bisogno di dire loro che non è vero che si amano o che sessualmente sono malati? 

Non attaccate coi "No ma io non sono d'accordo" perché non è interessante. 
Lo so che non siete d'accordo, ma è irrilevante perché nessuno vi sta chiedendo di cambiare idea. 
Vi si sta solo chiedendo cosa vi preoccupa.
Perché il bisogno di sminuire chi ama in un modo diverso dal vostro o ha relazioni di coppia differenti?
Perché non comprendere semplicemente che tutti noi siamo diversi perché condizionati da vissuti e princìpi educativi diversi?

Se un poliamoroso dice di amare ed essere sereno/felice, in relazioni appaganti, ma chi siete, che esperienza avete, per poter dire che si sta sbagliando o che è sbagliato?
Vi risparmio la fatica di rispondere: non vi sentireste in diritto di giudicare con supponenza, se foste persone educate al rispetto dell'altro e al Ben Essere, e non viveste conflitti di vostro. 
Lasciate fare, smettete di pensare che il vostro concetto di relazione sia l'unico a significare Amore.
Nessuno verrà prendervi a casa e obbligarvi a cambiarlo, se vi ci sentite bene. 

#stayeasy and #enjoyyourlife


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RELAZIONE CON UN NARCISISTA PATOLOGICO. SE NE ESCE?

21/9/2020

 
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​La cicatrice più brutta che lascia un narcisista patologico (uomo o donna che sia) a relazione conclusa è sicuramente la difficoltà di concedersi di vivere di nuovo emotivamente, di affidarsi alla spontaneità in una nuova relazione di qualsiasi genere.
Un po' ciò che succede anche in altre relazioni in cui magari si scopre che il/la partner mentiva, sì, ma il grado d'intensità della ferita è tanto più profondo quanto più è stata totalizzante la manipolazione e quanto più sia consistente la dissonanza tra la persona che credevamo che fosse e quella che abbiamo scoperto essere in realtà. 
E soprattutto, a lasciare il segno, è l'evidenza dell'intento di chi manipolava. 
Ci si sente smarriti da sé, ci si chiede come si possa essere stati così stupidi, così incapaci di tutelarsi. 
Si rimane increduli di come ci si possa essere lasciati render ciechi, di come non ci si sia resi conto di perdere gradualmente la lucidità. 
Non ci si fida più di sé stessi, delle proprie capacità di capire chi si ha di fronte. 
Si entra in uno stato confusionale, in cui ci si sente incapaci di muoversi. Una totale sensazione di fallimento. 
Non si capisce in quale direzione si debba camminare per riprendere in mano sé stessi. 
Un'immobilità emotiva: si sente l'esigenza di andarsene da quello stato, di uscirne, ma non si capisce cosa si debba fare in concretezza. 
E i comportamenti altrui, per quanto onesti e spontanei, determinano un perpetuo dubbio interiore, generando un conflitto apparentemente ingestibile tra il desiderio di fidarsi e l'incapacità a farlo completamente. 
Ogni volta che qualcosa ci stimola emozione positiva, inevitabilmente quell'emozione si scontra con il timore che quella persona stia mentendo, che ci stia dando ciò che vorremmo al solo fine di attirarci nella gabbia in cui vorrebbe rinchiuderci. 
Se ho scelto di inoltrarmi nello studio di queste dinamiche è perché non riuscivo a capire per quale motivo, anche dopo aver preso consapevolezza di essere vittime di un NP, le persone non riuscissero a svincolarsi emotivamente dal manipolatore/manipolatrice. 
Nello studio delle dinamiche annesse alle dipendenze che ho portato avanti negli anni ho osservato centinaia di situazioni in cui la persona manipolata -seppur supportata psicologicamente da professionisti che stimolavano l'emancipazione con i corretti contenuti- di fatto non riusciva a uscire da quella gabbia fatta di schemi comportamentali del NP. 
Mi sono quindi chiesta se fosse possibile elaborare un metodo educativo per guidare l'emancipazione, al di là della necessità dell'analisi che la persona manipolata deve affrontare riguardo a sé e del necessario supporto per raggiungere la piena consapevolezza di quanto accaduto. 

Senza fare paragoni di sorta sul grado di sofferenza, quella che si genera quando ci si trova abbandonati in quella gabbia ha la particolarità di mantenere la persona lontana da sé: come se chi ha manipolato fosse entrato dentro la persona stessa, l'avesse buttata fuori da sé e se ne fosse andato tenendosi le chiavi del sé in tasca.  
Le chiavi di una gabbia che, anziché rinchiuderti dentro, ti chiude fuori. 
A quasi nulla valgono i "Devi stare lontano da quella persona", "Metti in atto il distacco totale", ecc. 
Devi, devi, devi... ma tu sei immobile. Lo vuoi, ma non ci riesci. 
Pensi a riprenderti quelle chiavi. Pensi di dovertele riprendere proprio da lui/lei, che le otterrai solo attraverso le spiegazioni che ti deve. 

Perché ti ha fatto questo?  
È davvero possibile che quello che tu sentivi come l'amore più intenso mai ricevuto fosse solo un insieme di comportamenti messi in atto metodologicamente per nutrirsi del ritorno emotivo che tu davi con tutt* te stess*?
È davvero possibile che non ti abbia mai amato nemmeno un secondo?

Il primo passo necessario per ritrovarsi è prendere consapevolezza che i NP non provano empatia. La recitano nel più funzionale dei modi, addirittura credendoci, in quel momento. Il bisogno che hanno di nutrirsi demolendo te, l'oggetto di manipolazione, li rende visceralmente credibili proprio perché non recitano una parte ma diventano realmente ciò che tu vorresti. 
Nella prima fase si conformano chirurgicamente a quello che tu ritieni l'ideale di persona con cui condividerti totalmente.
Nelle fasi successive, all'apice del coinvolgimento che provi, mettono in atto comportamenti finalizzati a destabilizzarti, a metterti in confusione, a farti dubitare di te, a sentirti in colpa perché sbagli sempre nei suoi confronti, non gli/le dai mai ciò che vorrebbe, non sei mai all'altezza. Finché arrivi a pensare che se le cose vanno male la responsabilità è tutta tua. 
E tu cerchi in ogni modo di recuperare, ci capire come riportare la relazione all'idillio dei primi tempi, convinto di aver rovinato tutto proprio tu. 
Ma il/la NP ti allontana, mette in atto indifferenza, e rimani con la sensazione di aver rovinato proprio tu quella relazione che tanto avevi da sempre bramato.
E vuoi recuperare.
Ci provi in ogni modo.
Ma non è possibile.
Sono schemi. 
Non c'è un coinvolgimento emotivo puro nel NP: c'è solo l'inovviabile bisogno di annientare l'altro per nutrirsi.
Non è che non vuole amarti. Non ce la fa proprio.
A nulla vale il tentativo di guarirlo/a
. 
La persona manipolata, memore dei momenti belli e intensi vissuti, quasi sempre crede che quello stato di ben essere iniziale sia la reale natura de* NP e che -con l'amore, l'accudimento, la dedizione- si possa far sì che il/la NP si acquieti in una relazione sana. 
Prendere atto che non è possibile è l'unico modo per iniziare il viaggio per ritrovare sé stessi. 
Ce la si fa. 
È durissima. Due passi avanti e uno indietro.
Ma ce la si fa. 



(uso il termine Narcisismo Patologico per questioni di efficacia comune; la dicitura corretta è Disturbo Narcisistico della personalità)

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LA COPPIA È UNA FREGATURA!

19/9/2020

 





​Il titolo è volutamente provocatorio, e infastidisce proprio perché contiene una verità. 
Non sto dicendo che sia una fregatura innamorarsi e decidere di condividere la Vita, mi sto riferendo alla Coppia come istituzione sociale: ci viene da sempre dipinta come una naturale conseguenza dell'amarsi e del desiderarsi, ma in realtà cos'è?

Partiamo dal fatto che quando parliamo di dinamiche sessuali, dovremmo avere sempre ben chiaro che la sessualità risponde in primis a un coinvolgimento biologico dell'individuo, mentre le dinamiche di amore monogamo rispondono a norme socio-economiche.
Ve lo dico perché questi sono i dati di fatto: la Storia della Coppia è frutto del condizionamento socio-economico.
La coppia non è nata perché il principe e la principessa si sono innamorati. È nata perché l'avvento della proprietà privata, all'Era dell'Agricoltura, ha consegnato il potere economico nelle mani dell'Uomo e ha reso necessario avere forza lavoro e eredi ai quali lasciare la proprietà.
La coppia è nata quindi per evitare la promiscuità dei discendenti. Se fino a quel momento non era importante sapere di chi fossero i figli, con l'istituzione della proprietà privata è diventato necessario definire nuclei di appartenenza certi, sia per detenere la forza lavoro, sia per la successione della proprietà: l'Uomo ha chi far lavorare per la propria proprietà e sa a chi lasciarla. 
In tutto questo la Donna ha assunto quindi il ruolo di garante di eredi e della produzione di forza lavoro e, attraverso la fedeltà, assicurava l'esclusiva riproduttiva, oltre all'accudimento. In cambio di protezione e mantenimento.
L'esclusivismo sessuale è una norma di comportamento sociale imposta per motivi economici dall'avvento della proprietà privata.

È molto semplice, no?
Nei millenni siamo stati educati all'esclusivismo sessuale perché era l'unico modo per garantire la continuità e la successione del patrimonio famigliare. 
Il problema è che nessuno ce lo racconta, nessuno ci educa nella consapevolezza che la Coppia come istituzione non c'entra un bel niente con il sentire.
Non sto dicendo che tutti dovrebbero per forza cambiare, sia chiaro. Sto dicendo che è importante saperlo perché lì c'è la ragione per cui siamo eternamente affaticati nelle relazioni.  
Abbiamo mescolato le cose: se all'inizio chi si accoppiava lo faceva semplicemente in base a criteri socio-economici, nell'evoluzione storica dell'istituzione Coppia, abbiamo messo il sentimento, ma dobbiamo essere consapevoli di esserci immersi in una dinamica che non ha come base l'Amore, per le norme di comportamento.
Non a caso per millenni (e ancora oggi) viene richiesto alla coppia di restare insieme anche quando il sentimento è cambiato, addirittura si ritiene un modello chi realizza il "per sempre".
Modello idilliaco, lo sapete meglio di me:
-c'è chi realizza il per sempre sopportando, e allora ha l'ammirazione di tutti, è considerato una brava persona, che si sacrifica per i figli, ecc;
-c'è chi lo porta a termine con felicità, e viene addirittura invidiato, tanto succede raramente in rapporto alla media;
-poi c'è chi invece non ce la fa proprio, decide di voler cercare Ben Essere e molla: viene additato come "irresponsabile", traditore e così via. Dal punto di vista socio-economico ha fallito, rompendo il nucleo famigliare. Dal punto di vista sentimentale,  ha tradito il patto del per sempre. 
Non è possibile pretendere da una persona che il suo sentire resti immutato per un'altra persona per sempre, perché noi tutti evolviamo.
Può succedere che si evolva insieme, che dalla compatibilità iniziale nasca una relazione in cui i partner si aggiustano l'un l'altro, man mano che si realizzano i reciproci cambiamenti individuali: questo è l'unico per sempre che può esistere.
Ma pensate a quando c'è un problema in una coppia: la prima cosa che viene detta è "Sei cambiato" o cambiata, come fosse un difetto, una condotta sbagliata. 
Cambiare cambiamo tutti, in continuazione. Se non cambiamo granché è perché ce lo imponiamo per senso di dovere, fatto salvo poi finirci ai matti (espressione ironica ma veritiera... basta guardare le statistiche relative alla vendita di psicofarmaci). 

Ho scelto razionalmente di accogliere sempre ciò che gli altri sentono, senza mai dimenticare la variabile "Condizionamento socio-educativo" alla quale siamo tutti assoggettati, in misura diversa. 
Mi piace l'idea di arrivare a stimolare la riflessione sul fatto che ciò che noi pensiamo essere una nostra opinione, in realtà, è ciò che sentiamo per ciò che siamo come individuo-prodotto sociale. 
I concetti relativi alla monogamia, alle dinamiche di coppia, non dovrebbero nemmeno essere opinabili, perché non lo sono:
-la scienza ci dice che siamo monogami seriali;
-l'analisi antropologica dell'evoluzione delle dinamiche delle relazioni di coppia fotografa chiaramente il percorso che abbiamo fatto.
Il problema è che l'educazione che ci impone il sistema socio-economico non ci consente di prenderci per quelli che siamo ma tende a imporci ciò che dovremmo essere. 
Lì nasce il mal essere generale che respiriamo: siamo in costante conflitto tra ciò che la società vuole da noi e ciò che noi non riusciamo a dare perché biologicamente inadeguati al modello imposto. 
Pensate a quanto vivremmo meglio se come riferimento avessimo la convinzione che le relazioni amore+sesso possono durare al massimo cinque anni... 
Vivremmo con più leggerezza, poi chi volesse restare insieme anche oltre potrebbe farlo, eh. 
Se ci avessero insegnato che la normalità per una relazione monogama è una durata quinquennale, tutto quello che verrebbe in più sarebbe straordinario.
Questo farebbe sì che chi, invece, al termine dei cinque anni si lasciasse, prenderebbe la cosa come normale evoluzione: meno sofferenza, meno battaglie inutili, meno fatica di vita. 

Quanto malessere in meno... 
E non mi sembra un discorso così assurdo: se fino ad ora per educazione abbiamo pensato che l'obiettivo da raggiungere fosse il per sempre, e abbiamo vissuto frustrazioni enormi perché lo realizzano in pochissimi, spostando l'asticella a cinque anni non vivremmo più quella frustrazione. 
E non sarebbe una strategia di comodo, bensì basarsi semplicemente su ciò che siamo, punto. 
Non è che, in media, non raggiungiamo il Felici per sempre perché non vogliamo o non siamo capaci noi come individuo singolo: non lo raggiungiamo perché è un obiettivo che non tiene in considerazione le nostre potenzialità.

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DA DOVE VENIAMO? I COMPORTAMENTI SESSUALI (E NON SOLO) NELLA PREISTORIA

9/6/2020

 
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So che può sembrare tutto molto distante da noi ma, così come sapere la storia nei fatti dovrebbe essere basilare per capire da dove veniamo in termini di società, dovrebbe esserlo almeno a pari importanza sapere da dove vengono i nostri comportamenti sessuali e di coppia.
Io consiglio sempre la lettura di "IN PRINCIPIO ERA IL SESSO" di Cacilda Jethá e Christopher Ryan per chi vuole avere una visione davvero efficace della storia delle relazioni, cosa che consentirebbe a noi tutti una maggior consapevolezza sulla nostra vita di relazione, ma lo scritto che segue spiega non poco dell'evoluzione dal matriarcato al patriarcato, ponendo particolare attenzione quindi sull'oggettiva correlazione tra le dinamiche di coppia e la sessualità.

I COMPORTAMENTI SESSUALI NELLA PREISTORIA
Ormai è ben documentato che il pianeta Terra ha un’età di ben circa 6 Mld. di anni e che in esso la specie animale preumana i cui membri sono stati denominati ''parapithechi'' ad incipiente conformità di quella che sarà definita specie umana vi è comparsa oltre 4 Ml. di anni fa (addirittura circa 6 Ml. di anni fa, secondo le recentissime scoperte del palentologo Robert Eckhardt. 
Ma il comportamento sessuale di tale specie animale permane, fino a meno di 30.000 anni fa, con carattere istintivo-compulsivo,strettamente dipendente da cicliche condizioni ormonali ad insorgenza periodica, per il raggiungimento esclusivo dell’accoppiamento riproduttivo, effettuato senza la minima coscienza dell’evento conseguenziale. 
Soltanto in tale epoca (cioè circa 30.000 anni or sono), in quella specie animale ormai qualificabile umana e solo in essa inizia lentamente a stigmatizzarsi la cosiddetta sessualità, complesso dei comportamenti maschili e femminili, propri dell’essere umano attivati volontariamente, al fine di soddisfare la concupiscenza reciproca mediante qualsiasi tipo di contatti erotici, compreso l’accoppiamento definito ''coito'' esprimenti la modalità di soddisfazione della pulsione erotica, consciamente vissuta ed indipendente dall’esito riproduttivo. 
I primi “ominidi” prototipi della specie umana (delineatisi circa 1.700.000 anni fa) sono stati denominati ''australopitechi'' poiché i loro resti fossili sono stati rinvenuti nell’Africa meridionale presso la regione etiopica dell’Afar, cioè appartenente all’emisfero australe. La struttura corporea degli “australopitechi” era ancora molto diversa da quella di un essere umano odierno, basta sottolineare che il loro cervello aveva un volume molto piccolo, equivalente a meno della metà di quello dell’attuale Homo sapiens sapiens, e che dovette trascorrere più di un milione di anni per raggiungere un apprezzabile successivo volume, pur sempre limitato, proprio dei cosidetti ''pitecantropi'' contemporaneamente in più parti del pianeta terra (i suoi resti fossili sono stati rinvenuti in Europa, Africa, Indonsia e Cina) e giunti fino a circa 30.000 anni fa (limite superiore del paleolitico medio, periodo compreso tra 80.000 e 30.000 anni fa, epoca in cui si è posto il confine con l’inizio del paleolitico superiore, che si ritiene concluso 20.000 anni or sono). 
Da questi ominidi i quali, ad un certo momento,cominciarono ad assumere preferibilmente la postura eretta ed a camminare con i soli arti posteriori, a tenere la testa in posizione quasi verticale (Homo erectus, di cui il più noto è quello giavanese) (delineatosi circa 600.000 anni fa), ad essere abili a costruire i rudimentali utensili di selce (Homo habilis detto anche Homo faber) ed a provvedere alla conservazione di parte delle provviste raccolte è derivato ''l’Homo sapiens'' che, pur avendo avuto origine evolutiva oltre 200.000 anni or sono, si è ben delineato come tale poco più di 20.000 mila anni fa, e che, a sua volta, ha dato origine all’attuale ''Homo sapiens-sapiens'' circa 15.000 anni fa.
All’inizio del ''paleolitico medio'' (circa 80.000 anni fa) coincide anche la comparsa dei ''neanderthaliani'', i cui resti furono originariamente rinvenuti nel 1856 in Germania presso la valle di Neander, i quali, sebbene possedessero un cervello di volume relativamente superiore a quello umano attuale e fossero sufficentemente intelligenti, si estinsero completamente circa 30.000 anni fa. Per quanto riguarda il comportamento sessuale degli ''australopitechi'' (vissuti in un’epoca compresa tra circa 1.700.000 e 500.000 anni fa) dai reperti paleontologici si può solo arguire che essi vivevano nella più assoluta promiscuità e che copulavano in posizione ''mores ferarum''(da dietro). E' la posizione più simile al mondo animale. ferarum accoppiandosi a caso con qualsiasi femmina in estro, spinti dalla momentanea periodica tensione genesiaca. La relativa azione coitale era estremamente rapida e, spesso, doveva essere subito interrotta prima di averne completato l’espletamento per le frequenti interferenze di altri individui ed anche di animali. La reazione orgasmica femminile era del tutto sconosciuta non potendo essere assolutamente provocata, anche se la tensione erotica femminile diveniva, a periodi, talmente indominabile da elicitare un notevole comportamento recettivo. Per quanto riguarda il comportamento sessuale dei ''pitecantropi'' (vissuti in un epoca compresa tra circa 500.000 e 30.000 anni or sono) dai reperti paleontologici si rileva che, almeno da 100.000 a 30.000 anni fa (allorché divennero ''erectus'' ed ''habilis''), i maschi si allontanavano spesso dalle femmine per periodi più o meno brevi ma, a volte, anche abbastanza lunghi per recarsi a cacciare ogni tipo di selvaggina. I rapporti sessuali erano effettuati ancora mores ferarum, esclusivamente con femmine in estro e quasi sempre al ritorno degli uomini dalle uscite di caccia, in specie se prolungate e proficue, ma non si aveva ancora alcuna consapevolezza della connessione con le gravidanze. Le femmine, gravate dalle gestazioni, affaticate dall’allattamento e dall’accudimento della prole, non potevano essere di alcun aiuto nelle spedizioni di caccia. Pertanto, il loro compito era di raccogliere la legna nell’immediato dintorno, di alimentare il fuoco e di raccogliere frutti e vegetali commestibili. Di conseguenza, le donne diventarono autorevolmente padrone dei luoghi di ritiro domestico e, quando periodicamente divenivano sessualmente eccitate e recettive, si concedevano con selettiva preferenza a quei maschi che al rientro, oltre essere eroticamente ipereccitati dall’odore dei ferormoni del loro estro, potevano dimostrare di essere stati i più abili nel predare la selvaggina. 
Si costituiva, così, il matriarcato, destinato a durare fino a circa 15.000 anni or sono. Il matriarcato si è progressivamente consolidato nel periodo dell’ultima glaciazione del quaternario (circa 45.000 anni or sono) in quanto la donna, essendo preposta a conservare il fuoco, divenne una figura indispensabile di notevole importanza essenziale. Infatti, era lei che assicurava il confortevole calore del rifugio, che cuoceva i cibi rendendo la selvaggina più gustosa, ed era intorno a lei che i bambini e gli uomini si disponevano a cerchio per ricevere il pasto caldo. Conseguentemente, la donna, come dimostrato da Bachofen (1861),alla superiore forza fisica dell’uomo oppose un possente prestigio al principio della violenza quello della pace, ad ogni inimicizia cruenta lo spirito di conciliazione, all’odio l’amore, e così riusci ad indirizzare l’esistenza selvaggia primordiale, non frenata da alcuna legge, verso una forma temperata di civiltà da essa dominata . Ciò è ampiamente confermato dai rilievi archeologici effettuadi da Mallaart (1967) e da Gimbutas (1987) che attestano come il patriarcato di ritorno sia stato preceduto, nella preistoria, da un lungo e solido matriarcato caratterizzato dall’assenza di ogni attività bellica e dal culto della ''Dea Madre''. 
Per quanto riguarda il comportameno sessuale dell’Homo sapiens (iniziato a delinerasi da oltre 200.000 anni e pienamente affermatosi poco più di 20.000 anni fa) dai reperti preistorici si rileva la piena continuazione del matriarcato. 
Si presume che nel periodo in cui è vissuto ''l’Homo sapiens'' la sessualità della donna ha iniziato progressivamente a sganciarsi dalle cicliche condizioni ormonali. Infatti, si hanno notizie che, specialmente nell’ultima fase di tale periodo, le matriarche esercitavano spesso pratiche erotiche per secondi scopi (tra i più frequenti, per ottenere cibo o oggetti, per rinforzare l’amicizia e per disinnescare l’aggressività), indipendentemente dalle fasi di estro, tanto che molte immagini rupestri, risalenti a questo periodo, rappresentano l’unione sessuale con la donna di enorme dimensione posta al di sopra dell’uomo di dimensioni notevolmente inferiore. 
Per quanto riguarda il comportamento sessuale ''dell’Homo sapiens-sapiens'' (ben delinatosi 15.000 anni fa e tutt’ora in evoluzione) dai reperti preistorici di essenziale si rileva che gli uomini i quali, fino a quell’epoca, nell’atto dell’accoppiamento erano stati dominati dalle donne prendono coscienza dell’indispensabilità maschile per indurre la procreazione, iniziano ad esercitare autorità sulle donne sottomettendole non solo ai fini sessuali tanto che molte immagini rupestri, risalenti a questo periodo, rappresentano l’unione sessuale con scene in cui la donna risulta posta a gambe divaricate al disotto dell’uomo , il quale le introduce in vagina un enorme pene eretto coniforme, ma progressivamente anche ad ogni altro fine, dando così inizio al patriarcato che perdura tutt’ora, sebbene in subdola decadenza. Il persistere della sottomissione sessuale della donna al potere maschile è documentata dal fatto che nelle raffigurazioni artistiche prodotte tra il VI sec. a. C. ed il I sec. d.C., in pieno patriarcato dell’epoca storica, compare nuovamente con notevole frequenza la posizione coitale ''mores ferarum'', ma non come rappresentazione dell’accoppiamento istintivo, bensì per rappresentare l’asservimento femminile al soddisfacimento erotico maschile. Tuttavia, si deve precisare che le immagini rupestri dei comportamenti sessuali degli esseri umani dell’epoca preistorica non costituivano pornografia , nel senso attuale del termine, ed in chi le osservava non suscitavano alcun eccitamento erotico, né lo scopo di chi le realizzava era quello di erotizzare. Infatti, le immagini ipermacroscopiche dell’organo genitale maschile eretto, in specie, servivano per simboleggiare la potenza creatrice e ad esse si attribuiva virtù propiziatoria di buon auspicio ed anche potere di mantenere lontano gli spiriti maligni, cioè potere apotropaico. In definitiva, le predette immagini costituivano le ''Immagini Sacre'' della religione ancestrale.

Claudio Nucci (2013)
Minerologo, Cultore di Scienze Geologiche, Riproduttore di Manufatti e Utensili Preistorici


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NON CHIAMATELI PUTTANIERI

8/6/2020

 
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Sto portando a termine la stesura del reportage complementare a NON CHIAMATELE PUTTANE. 
In quella prima pubblicazione riportavo dieci storie e testimonianze di donne che -per libera scelta- si prostituiscono. Storie che sono andata ad ascoltare in prima persona, chiedendo la disponibilità delle prostitute a raccontarsi. 
In questa seconda, invece, offrirò di leggere -direttamente dalle testimonianze dei diretti interessati- le risposte a quelle domande che tutti mi fanno: chi sono gli uomini che pagano per avere una relazione (sessuale ma non solo) con queste donne? Perché lo fanno? Hanno carenze nel rapporto matrimoniale? E perché pagare? Cosa pensano delle donne che si prostituiscono? In quelle relazioni, trovano appagamento reale o è solo tutta finzione? 
Per rispondere a queste domande nel modo più esauriente possibile, ho messo annunci fingendomi io stessa prostituta e sono andata a conoscere cinquanta uomini che usufruiscono di questa fascia di prostituzione.
Il volume sarà pubblicato in piattaforma Amazon, come il primo, e sarà acquistabile dal 15/06/2020.
Vi propongo intanto un estratto, e vi chiedo di soffermarvi al titolo un attimo: se l'ho scelto è perché usare un termine intriso di pregiudizi per definire persone, comporta spesso il fatto di approcciarsi con pregiudizio... è solo una questione di logica. Provate a leggere queste storie per quello che sono, non per dare giudizio.
A dirci chi sono questi uomini, saranno i dati emersi dallo studio. 


GIOVANNI
Roma

Sono le undici di mattina e sono seduta in una caffetteria, a Piazza Santa Maria Maggiore.  
Giovanni è leggermente in ritardo per l’appuntamento ma mi ha avvisato con un messaggio. 
Nello scambio di mail mi ha raccontato di avere cinquant’anni, di essere sposato e di avere un ruolo lavorativo dirigenziale, che lo appaga. È laureato in scienze politiche e il suo linguaggio induce a pensare a una persona di ottimo livello culturale. 
Quando entra, capisco subito che è lui. Si è descritto alto, capelli neri, corporatura imponente e sorriso smagliante. 
Non ha mentito. 
Si avvicina al tavolo sorridendo e si presenta come se fosse un incontro qualsiasi, con molta naturalezza e giovialità. Un leggero imbarazzo nello sguardo, forse, che lascia svanire scherzando, chiedendomi se mi sia seduta così vicina all’uscita per potermela dare a gambe.
Scambiamo qualche parola di circostanza, poi mi chiede come mai io abbia messo quell’annuncio e io rispondo ampliando la versione che già avevo dato nelle mail: il lavoro non mi va granché bene e ho deciso di unire il dilettevole all’utile.
Giovanni non corrisponde di certo all’immagine che si può avere di un uomo che abbia bisogno di pagare una donna, per averla: è spigliato, allegro, espansivo. Molto cortese e affabile. 
Giacca blu, jeans e camicia bianca, è anche decisamente un bell’uomo. 
Mi conferma di essere sposato. 
Ha una figlia e una vita famigliare serena.
 
E ALLORA PERCHÉ HAI RISPOSTO AL MIO ANNUNCIO? O, MEGLIO, PERCHÉ UN UOMO COME TE LEGGE QUEGLI ANNUNCI?
Non è facile da capire, eh? Non mi manca niente, men che meno la possibilità di avere storie senza pagare, ma non voglio mettermi nei casini. 
Sono sposato da venticinque anni e lo troverai assurdo ma non ti racconterò di una moglie che non sopporto più o di frustrazioni: io amo mia moglie. Amo lei e amo la mia famiglia, però come dice mia sorella sono probabilmente un eterno Peter Pan! Ho bisogno di volare, almeno qualche ora ogni tanto. Di uscire da tutto: dalle responsabilità del lavoro, dalle pressioni quotidiane di ciò che la vita comporta. E ho bisogno di farlo in sicurezza, senza avere problemi… ché se devo andare a incasinarmi ancor di più, che senso ha?
Ho come bisogno di quella sensazione che si prova quando ci si innamora di una persona che non si conosce, hai presente? È come se nella tua vita cambiasse tutto, se tutto prendesse un colore più vivo. Adrenalina, che ne so. 
La prima volta che ho sentito questo desiderio, qualche anno fa, è successo con una donna che lavorava al mio studio: lei era single, io sentivo questo trasporto per lei al punto che avevo messo in discussione tutta la mia vita. Non che non amassi più mia moglie, anzi, mi sentivo tremendamente in colpa, ma quando andavo a casa di Laura (la collega) mi sentivo un altro. Passavamo ore ad amarci, a ridere, a scherzare, abbracciarci, mangiare, ascoltare musica… un po’ come due ragazzini, insomma. 
Dopo qualche tempo tutto questo svanì, nel senso che svanì proprio in me il desiderio di continuare: conoscevo già tutto di Laura. I nostri pomeriggi, le nostre serate, erano diventate abitudine, pure quelle. Piacevoli, eh, ma abitudini. 
Avevo la sensazione di essere sposato due volte. 
Te la faccio corta: le dissi apertamente le mie sensazioni. Lei sapeva che tra di noi non ci sarebbe mai stato niente più di quello, ero stato molto sincero con lei, ma quando capì che stavo troncando, cominciò a tampinarmi: in studio, al telefono. Mi ritrovai in un casino infinito, con la paura che facesse colpi di testa, con il timore di giocarmi la famiglia per le mie ore da Peter Pan. 
Ci vollero un paio di mesi perché le cose tornassero alla normalità e credo siano stati i mesi più difficili della mia vita. Il timore di perdere mia moglie erano all’ennesima potenza. 
Tu dirai: ben ti sta!
 
MA FIGURATI! CREDO DI AVER CAPITO COSA INTENDI…
Dopo quella storia mi misi buono buono. Ovvio che continuavo a sognare le ore da Peter Pan, sono fatto così, c’è poco da fare. 
Un annetto più tardi, a un evento di lavoro, iniziò un gioco di sguardi complici con una ragazza dello staff che gestiva la serata; il mio socio se ne accorse e mi stuzzicò. Io gli dissi che mai e poi mai mi sarei ricacciato nei casini e lui molto candidamente mi disse che potevo averla e non avere problemi, bastava pagare. 
Lei mi piaceva e pensai che un paio d’ore di sesso non mi avrebbero fatto male. 
Fu una delle storie più belle della mia vita, quella in cui mi sono sentito di poter essere me stesso fino in fondo. Lei era una bellissima persona, in tutto, e pagarla era come prendersi cura di lei, ringraziarla per essere quel che era. Dopo un paio di mesi successe la stessa cosa che accadeva con le altre donne, l’abitudine, ma non ci fu nulla di quanto vissuto in passato: nessun pianto, nessun litigio. Mi disse accarezzandomi che pure per lei cominciavo a essere come una vecchia ciabatta. 
Facemmo l’amore e quella storia si chiuse, così come si era aperta. Dopo qualche tempo le scrissi che mi mancava, il che era vero. Lei mi rispose che non le mancavo io, mi mancava la possibilità di essere Peter Pan, e che dovevo cercarmi una nuova Trilli per poter fare i voli che piacciono a me. 
Vuoi essere la mia Trilli?
 
(RIDO) E CON QUANTE TRILLI HAI VOLATO?
Non tantissime, a dir la verità. Non è facile trovare una donna che sappia volare davvero e poi, rimessi i piedi a terra, non pretenda di più. 
Che poi Trilli, da quanto ho capito attraverso mia figlia, è gelosa di Peter Pan, no? Quindi la metafora ci sta fino a un certo punto. 
Comunque, quando mi viene voglia di volare, cerco di farlo, ecco. E mi organizzo il volo in questo modo perché ho capito che le storie coi soldi di mezzo sono più schiette e meno problematiche. Può sembrare una posizione da vigliacco, ma io me ne frego: ho smesso da tempo di farmi seghe mentali su questa cosa, perché se dovessi misurarmi in termini moralistici probabilmente mi suiciderei. La morale la lascio agli altri: mi sono accettato per quel che sono, ho bisogno di spazi in cui sentirmi solo Giovanni: non marito di, padre di, titolare di. Giovanni ha bisogno di momenti in cui dedicarsi al bello della leggerezza e, viste le esperienze, questa in cui cercherò di portare pure te è la forma migliore che conosco. 
 
MA TI ECCITA ANCHE IL PENSIERO DI PAGARMI O È SOLO IL MODO PER SENTIRTI AL SICURO?
Se avessi confidenza, ti direi di metterci una mano e sentirlo da te. 
 
EFFETTO POTERE MASCHILISTA?
Uhm… mi pare che sia più l’effetto delle tue labbra e il pensiero di perdermici. Mi sa che il potere, qui, ce l’hai tu. Se ti alzi e te ne vai senza lasciarmi il tuo numero, io con il mio potere e i miei soldi mi ci faccio una pippa!
 
SE INVECE TI LASCIO IL MIO NUMERO?
Mi paleso per ciò che sono: un maschio semplice. Che appena sarai uscita da quella porta ti chiamerà per prenotare il primo volo disponibile, sperando che sia in giornata o domani al più tardi. 

VABBÈ MA SE FAI IL PIACIONE, CI CREDO CHE LE DONNE POI SI INNAMORANO.
Ma quale piacione. Ovvio che non sono insensibile alla tua sensualità e che sto facendo di tutto per piacerti e strapparti una conferma. Mi incuriosisci. Tu sei una da storia fuori dal comune, ne sono certo. E io, quello voglio.




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SCRIVEVA "NON VEDO L'ORA DI POTERTI INCONTRARE"                                     LOCKDOWN FINITO. CHE SUCCEDE?

19/5/2020

 
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È iniziata così: nel clima di estraniamento quasi totale che -chi più, chi meno- abbiamo tutti vissuto, complici le erezioni mattutine e il perpetuo condizionamento da favola dal quale non riusciamo a emanciparsi tanto noi principesse quanto voi cavalieri erranti, ci siamo lasciati travolgere da relazioni virtuali spettacolari.
Dico spettacolari non con l'intento di irridere i sentimenti e le erezioni fisiologiche che si sono investiti nel periodo appena trascorso ma per fare un po' di chiarezza su quelle dinamiche di cui quasi nessuno parla e che oggi, riacquistata la possibilità di incontrare le persone, sta condizionando negativamente la vita affettiva di tante persone. 
È successo che,
 in lockdown, milioni di persone si sono trovate ad alleviare la percezione dell'isolamento sociale utilizzando quegli strumenti che oggi abbiamo a disposizione per restare sempre vicini anche quando vicini fisicamente non ci si può stare. E, nel marasma generale di una situazione destabilizzante sotto tutti i punti di vista, milioni di persone hanno intrecciato relazioni virtuali intrise di desiderio e passione ma anche di condivisione di interessi comuni e di momenti altamente empatici. Soprattutto nei primi giorni, quando tutto sembrava irreale e il tempo assumeva quell'aspetto di sospensione e notti lunghissime, ci siamo trovati in uno stato d'animo di propensione a parlare di più di noi, a essere più disponibili e a cercare negli altri la conferma di non essere soli. E non è successo esclusivamente alle persone che hanno vissuto il lockdown effettivamente sole in casa ma anche a chi, pur non essendo solo in casa, era inserito nel sistema social e  ha sfruttato il mezzo per sentirsi comunque un individuo sociale. 
Così, tra nuove amicizie nate, molto più tempo a disposizione da dedicare, la crisi interiore determinata dall'imposizione di un cambio repentino dello stile di vita, sono nate milioni di relazioni virtuali.
Lo so, quando si parla di relazioni virtuali ancora oggi si tende a sorridere, a considerarle poco importanti e poco influenti sulla vita reale ma, se io stessa fino a pochi anni fa credevo che andassero ben distinte dalle relazioni classiche nate in presenza e conoscenza fisica, oggi più che mai dovremmo prendere atto che le relazioni virtuali funzionano all'incirca come quelle classiche e che non c'è più una netta distinzione tra le due dimensioni perché la virtualità è diventata parte integrante di noi.
Ci piace pensarlo, non ci piace? Non cambia nulla, è così. E fingere che queste relazioni siano roba da poco non serve assolutamente a nulla, oltre a essere proprio controproducente. Equivale a negare i sentimenti. 
Sì, lo so, tanta gente sorride quando parlo di sentimenti investiti nelle relazioni virtuali e c'è l'abitudine a giudicare leggere le persone che si coinvolgono in queste relazioni. 
Oggi, al netto di un periodo che ha visto azzerate le nuove relazioni in presenza e moltiplicate quelle virtuali, tocca prendere atto che le storie virtuali agiscono sui sentimenti tanto quanto quelle in presenza, e tocca farlo perché in questi giorni tante persone stanno soffrendo. 
Qualcuno sta pure godendo dell'evoluzione di relazioni che da virtuali diventano "vere" (l'incontrarsi, il conoscersi anche fisicamente) ma la maggior parte sta affrontando la difficoltà di capire perché quella persona che tanto si era esposta in romantici "Non vedo l'ora di poterti guardare negli occhi" o più carnali "Non vedo l'ora di scoparti", adesso che sarebbe possibile trova mille scuse oppure è sparita. 
E se razionalmente si prova a relegare il tutto a "È solo uno stronza!", "Quello voleva solo spararsi seghe", ecc, la realtà è che in quelle relazioni ci si investono sentimenti, anche inconsapevolmente magari, e banalizzare il coinvolgimento emotivo non porta mai grandi risultati. 
Potrà sembrarvi efficace, vi verrà spontaneo, ma non è funzionale al ben essere perché di fatto se siete arrabbiati, delusi e inquieti, ciò che provate è negativo quindi bene non state. 
E non è da stupidi, starci male, non è sbagliato, non è da sciocchi, date retta: è normale, è fisiologico. 
Vi aveva detto che sareste state la prima persona che avrebbe visto appena fosse stato concesso di uscire e voi detestavate ancora di più il Covid e il Governo che non vi permettevano di vivere subito quell'impellenza di desiderio, quell'urgenza di vivere la persona a pelle. 
E ora, che sarebbe all'incirca possibile, che succede?
Perché quella persona non vuole più vedervi? Perché è sparita? Perché non vi dice che non vuole vedervi, anziché rispondere alla vostra richiesta adducendo scuse? Avete sbagliato qualcosa? Forse non le piacete più. O forse non le siete mai piaciuti e in voi ha solo trovato il modo per distrarsi in quel momento, per racimolare qualche foto hot o per risolvere meno in solitudine quelle erezioni fisiologiche che al risveglio prima del lockdown sedava per correre al lavoro e invece negli ultimi due mesi si è potuto godere dedicandovi anche ore, viaggiando sull'onda ormonale ma anche spingendosi oltre. 
Stop! Fermiamo le domande e smettiamo di chiederci cose alle quali probabilmente non troveremo mai risposta. Prendiamo atto di aver vissuto tutti un momento molto particolare e nel quale ognuno di noi si è lasciato trasportare da ciò che quei momenti consentivano. Non sto dicendo che non capisco che anche nelle relazioni virtuali si investono sentimenti, l'ho scritto prima. Vi sto invece invitando a non farvi male inutilmente e a non cadere nell'errore di fissarvi in storie che sono oggettivamente nate in una condizione molto particolare per tutti. 
Magari sì, quello è uno stronzo o quella una mantide virtuale, ma non sarà insistendo, pretendendo spiegazioni o riversando offese che vi sentirete meglio. 
Come succede anche nelle relazioni vere, capire cosa sia successo sicuramente ci aiuterebbe a rasserenare la nostra autostima, ad assolverci nell'esserci immessi in una relazione con delle aspettative, a non sentirci degli stupidi creduloni; ma, siccome ciò che dovrebbe essere raramente corrisponde a ciò che è, e il nostro obiettivo deve essere il nostro ben essere, vi propongo di provare a considerare queste relazioni mal evolute non come fallimenti ma bensì nello stesso modo in cui si guarda un film che non è finito come ci sarebbe piaciuto. Ed è andata così perché la sceneggiatura non l'abbiamo scritta noi, i personaggi forse non erano quelli che avevamo idealizzato, ecc. 
Vi sto dicendo che io lo so che i sentimenti che si sentono sono veri: delusione, mancanza, incredulità, tristezza, rabbia, incompiutezza e similari... ma non ingabbiatevi in circoli viziosi di mal essere. È davvero inutile. 
Dovreste pure tenere in considerazione il fatto che, oltre all'agire in uno stato d'animo falsato dalla condizione destabilizzante imposta dal lockdown, il trasporto virtuale è di per sé più immediato, meno consapevole della reale consistenza emotiva della persona con la quale abbiamo a che fare e lo viviamo sempre e comunque in una dimensione priva di tante variabili che invece la presenza fisica impone. Il coinvolgimento emotivo è forte, ma è anche più effimero, più labile.

Rigirando la situazione, se siete invece quella persona che aveva promesso, paventato passione mai vista, ma adesso vi siete resi conto che non vi va più (per i vostri mille motivi), non affondate in una situazione che vi metterà sotto pressione per nulla. Siate puliti. Fa molti meno danni un "Mi dispiace, sai. È che adesso mi sento così".
Spiegare i motivi? Sì, se ve la sentite. Anche dicendo pari pari che era solo un gioco, che in quel momento effettivamente il desiderio c'era ma ora non c'è più. Magari siate carini nel dire che non dipende dalla persona ma da come vi sentivate voi in quel momento e da come invece vi sentite ora. Farlo non vi salverà dall'essere appellati stronzi (se va bene) ma almeno eviterà di ritrovarvi ad affrontare giorni di richiesta di attenzione, di risposte alle aspettative, ecc. 
Perpetrare un comportamento di giustificazioni assurde nell'attesa che la persona si stanchi, non fa altro che togliervi energia (e fomentare la rottura di palle). Prendetevi la responsabilità, che è sempre più efficace rispetto allo sfuggire: dire nel modo più vero possibile come ci si sente è il modo più semplice per non mantenersi in una relazione che non si vuole più.
Virtuale o vera che sia. 

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COPPIE UFFICIALI, COPPIE CLANDESTINE E NUOVI "AMORI" VIRTUALI IN TEMPI DI PANDEMIA

7/5/2020

 
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In questi giorni sto leggendo molti interessanti articoli che riguardano l'impatto del lockdown, della convivenza obbligata o del distanziamento imposto, sulle coppie ufficiali: sposate, fidanzate o comunque con una relazione "in regola".
Ho letto anche un sacco di sciocchezze, eh, però in linea di massima sappiamo che il lockdown ha imposto alle coppie un check-up della relazione: sia nel caso della convivenza forzata, sia nel caso in cui le coppie abbiano vissuto disgiunte questo periodo. Diciamo che ha messo alla prova i partner con il risultato che le coppie che funzionavano hanno goduto del tempo condiviso o si sono mantenute in equilibrio anche a distanza, nonostante le difficoltà logistiche; le coppie che già versavano in crisi prima, invece, o si sono riscoperte nella ricerca di un equilibrio di convivenza o hanno trovato la spinta definitiva a chiudere la relazione. 
E le coppie "clandestine", dove sono finite? Ah già, di quelle si parla sottovoce perché non sta bene. E poi meglio se è finita o se sono andate in crisi, no? 
Boh, a me dispiace tanto per loro quanto per gli altri, se stanno soffrendo.
Al netto di tutte le elucubrazioni mentali e morali, quando c'è una situazione di relazione che induce malessere, a me dispiace sempre.
Lo so che chi tradisce secondo voi andrebbe messo al rogo ma, siccome il fenomeno delle relazioni extraconiugali esiste da quando esiste la coppia, io in quelle relazioni ci vedo solo milioni di persone che provano a sopravvivere nonostante la dittatura monogamista. E allora ho cercato di capire come stia andando in generale anche per chi non rientrerà mai in dati e statistiche perché ovviamente non si può dire, non se ne può parlare, ecc. 
In linea di massima par di capire che diverse relazioni siano saltate: parliamo soprattutto di quelle in cui uno dei due partner aveva creato aspettative del tipo "Mi serve solo un po' di tempo per trovare il modo e il momento giusto per dirglielo, ma poi lo/la lascio e mi metto con te".
Effettivamente qualcuno (quelli realmente intenzionati) ha colto il momento della convivenza forzata per sbottare e andarsene quindi da chi stava aspettando, ma sono la minoranza. Gli altri, quelli che promettevano ma proprio non ci pensavano, hanno visto finire la relazione extraconiugale... il che mi sembra abbastanza ovvio e sensato: se l'amante si stava aspettando un cambiamento, e magari ha pure vissuto il lockdown in solitudine con la limitazione anche di non poter telefonare, messaggiare, ecc, l'amante ha capito che aspettare è pressoché inutile. 
Le storie extraconiugali che sono sopravvissute sono indicativamente quelle nelle quali non c'era attesa di cambiamento: magari entrambi sposati (o impegnati comunque in una relazione appagante) o magari solo uno dei due partner è impegnato ma all'altro non interessa un cambio di status. Hanno faticato a sopportare la lontananza e tutte le limitazioni, ma sanno che tornerà il tempo di amarsi anche fisicamente. Sublimano l'assenza attraverso i mezzi tecnologici e aspettano di potersi di nuovo toccare. 
Scalpitano un po' di più quelli che hanno allacciato affinità online proprio in questo periodo. Ecco, questi sono tanti, sposati o liberi. Complici il clima di maggior empatia e maggior disponibilità di tempo dedicato alla socializzazione via web, durante la quarantena sono nate molte storie passionali e più o meno appassionanti: qualcuna si è esaurita in un sexting intenso ma breve, qualcuna ha messo le basi per una futura evoluzione verso la conoscenza anche fisica, oggi ostacolata dalla situazione pandemica.
La relazione virtuale reggerà il lungo tempo? Non è per nulla scontato perché la passione virtuale solitamente ha tempi più celeri di combustione rispetto a quella carnale. Non possiamo nemmeno omettere il fatto che una relazione virtuale rimane comunque un qualcosa di non tangibile e che la conoscenza via chat può prendere tante possibili direzioni a seconda delle caratteristiche delle persone ma anche del loro modo di esprimersi, del loro modo di comunicare. Se un concetto non perfettamente espresso può essere ampiamente motivato o rimodulato nelle conversazioni faccia a faccia, gli scambi via chat portano spesso con sé dubbi, incomprensioni, interpretazioni devianti. Ed essendo comunque una relazione virtuale, il ban scatta facile se quella persona non ti convince o non ti convince più come prima. 
Ieri una ragazza mi ha chiesto: "Ma come faccio ad aspettare tutto questo tempo per incontrarlo? Anche perché finché non lo vedo non posso essere certa che mi piaccia davvero."
Eh già. È così. Il tempo davanti è parecchio e nemmeno si ha il riferimento di quanto possa essere. 
Allora il mio consiglio può essere solo uno: distinguere se stiamo parlando di una relazione puramente sessuale (che non credo possa reggere mesi di impossibilità a frequentarsi) o di una relazione un po' più condita, nella quale le affinità non sono solo sessuali. Non mi sto riferendo necessariamente a relazioni che aspirano ad essere l'amore della vita ma a quelle relazioni tra persone che si piacciono anche oltre il mero desiderio sessuale: quelle capaci di divertirsi insieme nonostante la lontananza fisica; quelle che non si concentrano esclusivamente sul piacere sessuale ma spaziano negli interessi comuni o stimolano vicendevolmente a nuovi interessi. Vabbè, direte voi, ma in pratica cosa devo fare per allungare la vita a questa relazione virtuale?
Evitare di farsi prendere dall'ansia, in primis. Inutile e anche controproducente sbattere la testa al muro perché vorremmo andare: non si può fare, punto. Non sarà mantenendosi in uno stato negativo che saremo piacevoli a noi stessi e a chi sta aspettando di incontrarci. 
Evitare raffiche di messaggi continui e anche di darsi appuntamenti per le videochiamate. La sovrabbondanza di contatti potrebbe non fare granché bene. Meglio un approccio leggero, che non investa tutto il tempo che abbiamo a disposizione. Considerando anche la condizione di isolamento sociale, potremmo arrivare a dipendere da qualcuno che, intimorito dalla nostra onnipresenza, potrebbe defilarsi con un semplice ban, 
Evitare qualsiasi tipo di controllo: "Ho visto che stanotte alle due eri online e mi hai detto che andavi a dormire", "Ho visto che mentre chattavi con me hai messo i cuori a quella/o", "Ma che vuole quella/o che ti sta sempre sotto a tutti i post?", e potrei proseguire per ore con esempi. Non si fa. Se avete timore che stia chattando con altri/e, e questo vi mette a disagio, non potete riversare la vostra frustrazione sull'altro. L'altro è libero di avere a che fare con chi vuole e si diventa pesanti: se dovesse trovarsi a scegliere tra voi e qualcuno di più leggero e frizzante, chi sceglierebbe secondo voi? Mettere in atto il controllo non è mai buona cosa: né per chi lo attua, né per chi lo riceve. 
Evitare di addentrarsi troppo nella vita dell'altro: più che chiedere, date la disponibilità ad ascoltare. Lasciate che vi dica ciò che vuole della propria vita, del proprio modo di essere. Solo così capirete cosa effettivamente voglia o possa darvi. 
Evitare di pretendere promesse, strappare compromessi, ecc: ciò che deve venire, verrà da sé. Se c'è una cosa che non ci manca adesso è proprio il tempo per attendere. Avete tutti pensato o letto almeno una volta nella vita che L'attesa del piacere è essa stessa piacere (Lessing), no? Adesso è il momento di viverla davvero, quell'attesa, volenti o nolenti. 
Dedicarsi ad altre attività, in modo da rimanere vivi e attivi e non aver bisogno che il massimo adrenalinico dipenda esclusivamente da quella persona: non deve essere così nella vita virtuale così come in quella "normale" e, ancor di più, la situazione va presa in modalità leggerezza proprio perché non può mantenere sempre picchi altissimi di desiderio e stimolazione reciproca. Una volta raggiunto quel livello in cui il desiderio d'incontro è comune, "Ho voglia di te"/"Anch'io", stare due mesi a dirsi in continuazione che non ci si dura, poi diventa normalità. 
Riservate solo a certi momenti la passione, non pretendete attenzione continua. Semmai concentratevi su ciò che avete da fare e poi ogni tanto lanciate un messaggio preciso, che faccia capire che lo/la state pensando.
Ah, ultima cosa. E questa la consiglio un po' a tutti, in generale: darsi una regolata con le pretese di risposta ai messaggi o le aspettative di riscontro. Se l'altro avverte che siete nervosi perché lui/lei ha visualizzato ma non ha risposto, non ha visualizzato però è online, ecc, non credo vi sopporterà per molto tempo.
Prendetela con tranquillità: risponderà quando è il suo momento, sia per possibilità che per desiderio di farlo. Non vi piccate se per qualche motivo non ha risposto, è andato via senza salutare e altre sciocchezze varie. È uno spazio virtuale, prendetelo come tale: vi consente di sospendere il tempo e almeno una buona parte delle dinamiche che solitamente portano a scontri e ansie inutili. 

Com'è quel detto? Se sono rose, fioriranno? 
Voi annaffiatele, con equilibrio. 
Poca acqua le disidrata. Molta acqua le porta a marcire. 


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IN CHAT MI DESIDERAVA, ALL'INCONTRO SE N'È ANDATO/A. E IO CI STO MALE.

27/2/2019

 
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​È un periodo in cui ricevo sempre più spesso richieste di "aiuto" da parte di persone rimaste deluse da relazioni iniziate via chat.
Sto parlando di storie diversissime tra loro, sia per le dinamiche, sia per i soggetti di queste relazioni, che però hanno un comune denominatore: la delusione delle aspettative.
E non sto parlando di chi ci resta un po' male perché "aveva creduto che" e "invece", mi riferisco a chi in chat con una persona particolarmente affine si è trovato a investire molto di se stesso, al punto di mettere anche in discussione la propria vita, la propria relazione di coppia già in essere e la propria capacità di rimettere i piedi per terra. 

Lo so che tanti stanno già pensando: "Eh vabbè, che si aspettavano da una chattata?"
Ecco, io invece non giudico queste persone, io le capisco. Perché la relazione via chat ha questo dannato potere di coinvolgere la mente al punto tale che sembra annullarsi la differenza tra la virtualità e la realtà. Addirittura, sembra essere più vero ciò che si vive in quella relazione virtuale rispetto a ciò che si vive quotidianamente nella realtà perché, se si instaura quel meccanismo per il quale la persona dall'altra parte ci appare accogliente e affine a noi come modo di pensare, si è addirittura portati a parlare di sé come non si è mai fatto con nessuno, a confessare le proprie debolezze, i propri desideri, i propri vorrei ma non posso, il proprio sentire. Quindi, seppur attraverso un mezzo virtuale, le persone investono realmente i propri sentimenti.
Succede spesso in maniera quasi inconsapevole e si cade in una complicità che non è meramente sessuale come avviene nel sexting (pur magari essendo partito tutto da quello o comunque comprendendo anche quello), ma ci porta ad avere quella sensazione per la quale, a chi sta dall'altra parte, possiamo raccontare qualsiasi cosa di noi, anche le cose che non racconteremmo mai a chi ci sta accanto quotidianamente. Per il timore del giudizio, per la paura delle conseguenze o semplicemente perché il rapporto che abbiamo con partner e amici non ci consente di aprirci completamente. 
Superfluo dire che di relazioni di questo tipo ne nascono milioni ogni giorno, e altrettante finiscono. 
Il percorso emotivo, da quando iniziano a quando finiscono, potrebbe essere disegnato come una curva logica (a campana insomma): ci si conosce sullo zero, c'è un crescendo di coinvolgimento, si raggiunge l'apice, e poi si scende... per noia, perché si scopre che più in là non si vuole andare, perché l'interesse di uno dei due viene a mancare, perché non si ha più niente da dirsi o per mille altri ragioni. Il ritmo di chattata decresce, parallelamente all'interesse, e si torna allo zero iniziale. Amici come prima. 
Questo succede in una relazione virtuale che non fa male a nessuno. 
Ci sono poi le varianti in cui magari uno dei due sparisce improvvisamente (semplicemente bannando, o cancellando il profilo, ecc). Qui il "lasciato" ci rimane male, si chiede il perché, ma diciamo che in poco tempo razionalizza e si riprende. O quelle in cui uno dei due scopre che l'altro chatta con diverse/i, ecc. Anche qui passa tutto con po' di rabbia, qualche scaramuccia e spesso un vai a quel paese, siete tutti/e uguali, ecc. 
Diverso invece quando entrambi -o almeno uno dei due partecipanti- investe aspettative in questo tipo di relazione e, dopo mesi di conoscenza e interazione via chat, i due decidono di incontrarsi.
Accenniamo subito la possibilità che uno dei due non si presenti: è successo molto spesso, soprattutto nei primi tempi in cui i social sono diventati un mezzo di incontro. La persona può non presentarsi sia perché l'incontro incognito mette timore, sia perché in realtà tante persone cercano solo il coinvolgimento virtuale (fine a sé), sia perché giunti al momento clou qualcuno si rende conto di non volersi mettere davvero in gioco. In questo caso la persona sedotta e abbandonata ci rimane male, certo, ma una bidonata l'abbiamo presa tutti nella vita reale, figuriamoci se il mezzo d'incontro è virtuale.
Non sono poche nemmeno le situazioni in cui, quello che ha investito molto emotivamente, abbia scoperto di essere in realtà vittima di uno scherzo o di chissà quale situazione architettata per provare l'infedeltà del partner. Lo sappiamo no? Fidanzate che chiedono all'amica di intortare lui per potergli dire "Ecco ti ho beccato!", mariti che creano profili falsi per verificare che la moglie non chatti con altri, ecc. Qui diventa più un casino gestire le conseguenze dell'essere stati scoperti, che un problema di gestione di sentimenti investiti.
L'oggetto principale di questo post però sono le relazioni virtuali in cui entrambi i partner si sono davvero coinvolti in questa relazione, sono realmente attratti dalla persona con cui condividono la giornata attraverso messaggi continui e, a volte per desiderio comune, a volte perché uno dei due spinge e l'altro accontenta, si arriva a guardarsi negli occhi.
Le possibili evoluzioni, lo capite bene, non sono tante:
-ci si piace e, dal punto di vista della nuova coppia, tutto va nel più romantico dei modi: nasce una vera e propria relazione. Poi le variabili delle conseguenze sulle reciproche vite possono essere infinite, ma questo è altro discorso: la coppia funziona in tutto e per tutto.
-ci si piace e si riversa il tutto su una relazione amicale-sessuale: ci si incontra quando si può, per il piacere di prendersi uno stacco, e via. 
-non ci si piace: anche questo non è un risvolto negativo. Entrambi si rendono conto di essersi lasciati trasportare più dall'idealizzazione che da altro. Manca la chimica da parte di entrambi, la si butta quasi in ridere, magari nasce anche una bella amicizia o magari ciao, stammi bene.
Diverso quando invece, incontrandosi, le reazioni sono completamente opposte: a uno, l'altro piace. L'altro, invece, non ne vuole sapere. Forse perché rimane deluso perché la persona incontrata non è come si aspettava: ma non solo in termini di fisicità, che sarebbe poco male, intendo proprio che la persona che si è trovato di fronte e che per mesi ha vissuto come persona intima, si rivela essere praticamente sconosciuta. Perché nella virtualità l
a persona dall'altra parte può dire tutto ciò che vuole, non necessariamente per fregarvi, ma anche inconsapevolmente perché nel virtuale spesso si finisce a disegnare sé stessi come si vorrebbe essere, più che con oggettività. Spesso, anche inconsapevolmente, si dipinge l'idea che si ha di sé stessi. E poi perché alla chimica non si sfugge: vero che il coinvolgimento mentale è una gran bella storia ma è anche vero che non è sufficiente, così come per tanti non è sufficiente l'attrazione fisica.
Dopo aver fatto un breve riassuntivo discorso sulle dinamiche, mi preme affrontare invece la situazione dal punto di vista emotivo del "non corrisposto", perché vedo troppa gente soffrire, ma soffrire davvero eh, e non ritengo per nulla stupido tutto ciò in quanto possiamo irridere finché vogliamo le questioni virtuali, ma la realtà è che ci siamo caduti dentro a piedi pari: possiamo razionalizzare finché vogliamo ma quando ci si trova coinvolti emotivamente con una persona, e questo la rete lo consente, la ragione ha il suo bel da lavorare per farci accettare che le nostre aspettative sono deluse. 
Ancor di più vi dico che, nelle persone con cui mi sono trovata a trattare la problematica, ho visto un forte impegno alla razionalità ma una difficoltà oggettiva  di gestire la propria emotività: intanto vivere il rifiuto è sempre un momento negativo per tutti. Per quanta autostima si abbia, essere rifiutati ci porta sempre a metterci in discussione, a vacillare, soprattutto quando chi ti ha rifiutato, ti aveva magari osannato e corteggiato per mesi, e per venti ore al giorno (notte compresa) aveva corrisposto il tuo sentire attraverso messaggi, magari telefonate, ecc. Capite anche voi che se, quando avviene la conoscenza reale, questo/a gira i tacchi e se ne va, per non cadere nella rete del cos'ho che non va bisogna essere di pietra. 
E non avete idea di quanto dispiaccia trovarsi davanti persone, per nulla stolte, che  si definiscono stupide, cretine, ammattite, perché faticano a restare lucide e fregarsene di ciò che è successo. E il problema non è "voglio quella persona": il problema è proprio riprendersi in mano, capire come sia stato possibile arrivare a dipendere da una storia del genere e lasciarsi destabilizzare da un NO che, in fin dei conti, viene da una persona sconosciuta. Vero, gli abbiamo raccontato talmente tanto di noi, e lui/lei ha fatto altrettanto, che non la percepiamo assolutamente come persona sconosciuta. Ma di fatto, lo è. 
Semplicemente il virtuale, per quanto sembri darci "tutto" dell'altro, ci dà solo ciò che l'altro vuole o riesce a mostrarci di sé. Ancor di più, la persona che conosciamo attraverso il virtuale, di fatto, è l'idealizzazione che noi ci facciamo di quella persona: all'incontro carnale è sempre tutta un'altra storia... e più ci si sente entrati in relazione, più la persona è diversa da ciò che pensavamo che fosse, perché più dura la relazione virtuale prima dell'incontro, più si fortificano le aspettative, più l'idea che ci siamo fatti di quella persona diventa solida e si assolutizza. Ma è la nostra idea di quella persona.
Le relazioni di questo genere sono talmente diffuse e in costante crescita che stanno comparendo studi studi antropologici e sociologici scientifici a riguardo, tant'è che già da qualche anno se ne occupano i festival della filosofia, i convegni di psicologia, di sociologia.
Con voglio dire con questo? Che chi soffre in queste situazioni non deve ritenersi uno stupido perché è oggettivo che il fenomeno riguardi milioni di persone. Questo semplicemente perché chi ha ideato social network e similari, sapeva bene che sarebbe stato vincente, in termini di coinvolgimento numerico, costruire questi strumenti semplicemente trasportando sul virtuale le medesime dinamiche relazionali che viviamo nella realtà: ci si conosce, ci si approccia, si interagisce, ci si addentra con le persone riconosciute come più compatibili e nasce una relazione. Punto. Relazione resa più fluida dalla connessione costante che questi mezzi consentono così come dal fatto di essere estranei, del non dover condividere e affrontare la quotidianità insieme, del non pesare, anche, uno sull'altro: è un po' come prendersi solo la parte più leggera, più divertente, che concede di dire qualsiasi cosa senza dover necessariamente corrispondere a conseguenze. Basta bannare, no?
Ovvio che il grado di coinvolgimento e di sofferenza è dato dalla soggettività di chi si mette in gioco: c'è chi lo fa con leggerezza, c'è chi invece ci si affida davvero con sentimenti e quanto altro. 
Ecco, io sono qui a dirvi di non sentirvi stupidi, se vi siete trovati in queste condizioni. Dico invece di prendere atto che quando ci si immette in una relazione virtuale bisognerebbe farlo senza dimenticare, appunto, che è virtuale quindi dall'altra parte possiamo trovare sì persone molto sincere, ma è sufficiente che siano persone poco oggettive sul sé, che va tutto a rotoli, ad esempio. 
Per quanta affinità percepiate, non dimenticate mai che state vedendo solo l'idea che voi vi siete fatti sulla parte di sé che quella persone può o vuole mostrare: stiamo parlando quindi della vostra interpretazione di ciò che una persona sconosciuta può o vuole mostrarvi. 
Potrebbe sì essere indicativa di una persona che effettivamente potrebbe fare al caso vostro: ma è un potrebbe che non è oggettivamente misurabile. 
Quindi occhio. Non fatevi del male.
Se vi è successo, se vi sta succedendo, se addirittura vi manca la persona che vi ha rifiutato, nonostante la forte rabbia che provate nei suoi confronti, fatevi una domanda: vi manca quella persona o vi manca ciò che la relazione con quella persona in questi mesi vi ha dato?
Lasciate andare la rabbia, quella persona ha girato i tacchi perché si è probabilmente resa improvvisamente conto che di voi si era fatta un'idea totalmente sbagliata e ha realizzato l'incompatibilità. Non che voi siate sbagliati, o che. Semplicemente quella persona pensava che foste compatibili e invece non lo siete, punto. Potete esserlo con molti altri, non con quella. 
E a nulla serve chiedersi perché e per come, se non a prolungare la vostra sofferenza. Poco cambia che quella persone vi abbia rifiutato (magari è pure sparito/a dopo un pranzo che a voi era sembrato fantastico o una notte focosa, eh) per un motivo o per l'altro: se n'è andato, se n'è andata. Non vuole proseguire la relazione: questo è il fatto. Tutti i pensieri che vi fate intorno a questo fatto sono solo idee, vostre, che potrebbero pure non avere nulla a che fare con ciò che quella persona pensa. 
Lo so che fa male, che porta a dubbi su sé stessi, ma ripetetevi come una mantra che la situazione che si è venuta a creare è dovuta semplicemente ai limiti che i mezzi social hanno, oggettivamente, e che sono terreno di coltura per le dinamiche già nostre molto tempo prima che Zuckerberg & co venissero al mondo: l'idealizzazione, le aspettative, il bisogno di sentirsi amati, il desiderio di una relazione appagante, il benessere che viene dal pensare di aver trovato una persona compatibile, ecc. So che è difficile non investire emotivamente  ma se già dovremmo cercare di essere il più possibile oggettivi nelle relazioni reali (e fatichiamo) figuratevi in quelle virtuali in cui abbiamo accesso ai fatti in  percentuale bassissima. 
Magari, quando capite che con una persona si sta instaurando qualcosa che vi piace, beveteci un caffè prima di arrivare al profondo. E datevi la possibilità di utilizzare tutti i sensi, insieme alla razionalità, per capire se davvero quella persona può fare al caso vostro. Non è comunque scontato che le cose andranno bene, ma sicuramente sarete più oggettivi nel lasciarvi andare ad un eventuale coinvolgimento vero e proprio. 

Non siete sbagliati. Date retta  a me, non ai fenomeni che si ritengono al di sopra di queste situazioni e magari deridono chi investe emotivamente nel virtuale.
Le dinamiche di relazione evolvono, e quelle virtuali (volenti o nolenti) oggi sono oggettivamente relazioni a tutti gli effetti: dobbiamo solo prenderne atto e imparare a prenderci le misure. Inutile sminuire un fenomeno che oggettivamente sta cambiando le nostre dinamiche di comportamento, dobbiamo invece imparare a gestirlo. Ovvio che non mi piace pensare che gran parte delle relazioni oggi nasca proprio attraverso mezzi tecnologici ma credo sia impossibile opporsi.
Ha deciso il mercato. 



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NON CREDO NELL'AMORE

19/5/2018

 
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​Non credo nell'amore di chi brama disperatamente un amore che è finito.
Non credo nell'amore di chi si annulla nell'amore per un'altra persona.
Non credo nell'amore di chi dice di non poter vivere senza la persona che ama.
Non credo nell'amore di chi critica la persona che dice d'amare.
Non credo nell'amore di chi ossessiona l'amato per paura di perderlo.

Non credo nell'amore di chi promette amore eterno.
Non credo nell'amore di chi crede di amare più dell'altro.
Non credo nell'amore di chi vorrebbe che la persona amata cambiasse.
Non credo nell'amore di chi limita la fantasia della persona che ama.
Non credo nell'amore di chi pretende più amore.

Credo nell'amore fatto di pelle, 
di mente, 
di sorrisi, 
di carezze, 
di serenità, 
di rispetto.

Chi ama vive delle sensazioni del momento, 
del calore della pelle della persona che ama,
del piacere derivante dal pensare alla persona che ama,
dei sorrisi spontanei che nascono sulle labbra pensando alla persona che ama,
delle carezze che fa inaspettatamente alla persona che ama,
della serenità che sente stando vicino alla persona che ama,
del rispetto per "l'essere" della persona che ama.

Per amare un'altra persona bisogna amare se stessi al punto di trarre benessere da ciò che si da alla persona amata. 
Amore non è misurare ciò che ci da la persona che amiamo.
Amore è godere le sensazioni positive, senza recriminare mancanze, senza desiderare cambiamenti, senza pretendere ciò che l'altro non ci da spontaneamente.


Amore non è avere bisogno dell'altro... amore è aver voglia di dargli sempre di più!
Tutto il resto è attaccamento.

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LASCIATI E LASCIANTI: COME SE NE ESCE?

21/4/2018

 
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Lo so, vi aspettavate che le cose andassero bene, che sarebbe durata... magari per sempre. 
Invece vi siete lasciati. 
E fa male.
Di chi sia l'apparente responsabilità nella fine della relazione poco cambia per questo post che vuole essere solo uno stimolo a riflettere, ad elaborare nella maniera più efficace possibile per alleviare la sofferenza che assale i lasciati ma anche i lascianti: sì perché anche chi lascia soffre, soggiogato dal senso di colpa soprattutto. 
Lo so che poco importa del dolore di coloro che lasciano, hanno scelto loro no? Sì ma non è sempre facile, non sempre lo si fa per una questione "egoista", perché c'è un'altra persona o perché si è degli stronzi.
E comunque, qualsiasi sia la dinamica, se si lascia o si viene lasciati c'è una sola ragione: la storia è finita.
Fa male pensarlo, questo è ovvio e giustificato ma proviamo a ragionare in un modo un po' diverso da come solitamente succede, a mettere in atto alcune strategie per evitare di prolungare il dolore ad oltranza. 
Come si fa ad uscire da questa sofferenza?
Partiamo con l'eliminare il più possibile la presenza di persone che ci inducono a parlare in termini di rabbia e di banalità: avete presente quelle amiche o quegli amici che "Sì perché lui è solo uno stronzo, l'ho sempre saputo, devi fargliela pagare" o quelli che "Comunque lei non ti meritava, è solo una zoccola, non vedi che ha già un altro? Devi smettere di stare male per lei."
Su una cosa hanno ragione: dovete smettere di stare male ma a che serve dire a una persona che soffre "Smetti di soffrire?". A niente, ve lo dico io, se non ad aumentare sentimenti negativi dentro di voi. La rabbia spesso sembra l'unica via per prendere le distanze dalla persona che vi ha provocato dolore, e invece crea un circolo vizioso per il quale più fomentate rabbia verso la persona, più entrate in relazione negativa con lei, perpetuando sofferenza. 
Qui entra in gioco un consiglio che sicuramente non troveremo nelle opere di psicologia, se non tra qualche tempo: state lontani dai social network! Nel 2015 la Dottoressa Jesse Fox ha dimostrato in maniera sperimentale che stalkerizzare l'ex sui social, fa stare peggio: in generale, seguire gli aggiornamenti, quindi guardare cosa fa e chi frequenta, perdendo ore davanti a una foto su Instagram o a un post su Facebook o controllando l'ultima volta che ha fatto l'accesso a What'sapp, vi mantiene negativamente dipendenti dall'ex. Vi sembra che vi faccia stare meglio perché vi permette di sentirvi meno distanti dalla persona: lasciarsi significa non vedersi più, nella maggior parte delle relazioni, no? Spiare sembra l'unica via possibile per continuare a vedere la persona. Siete liberi di farlo, naturalmente, ma a questo punto dovete decidere se ciò che cercate è smettere di soffrire o cosa. La fine della sofferenza arriva solo attraverso la presa di consapevolezza che è finita e bisogna necessariamente riprendere a vivere, andare oltre, riorganizzarsi la vita. 
La faccio facile io, eh? Sì, ma perché è molto difficile solo se continuiamo a mettere in atto comportamenti che anziché consapevolizzarci, ci mantengono negativamente legati alla persona che non ci vuole più. 
Brutto pensarlo, lo so. Ma se ha deciso di lasciarci, o comunque se è finita, c'è ben poco da fare e da sperare: non doveva essere, non faceva più stare bene almeno uno dei due partner e, inutile dirlo credo, se in una relazione a due uno dei due non sta più bene, pensate che avanzando il tempo anche per l'altro non sarebbe sopraggiunto malessere? Sempre che già non fosse così per entrambi e uno dei due cercasse di nasconderlo anche a se stesso. 
Ma consapevolizzarsi cosa significa? Semplicemente prendere atto che poco importa, a questo punto, come siano andate le cose, chi abbia più responsabilità, chi abbia amato di più, chi sia stato più leale o più scorretto. Importa uscire dal dolore, andare oltre, ed è possibile solo se ci si focalizza sul fatto che è finita. Tutte le idee che andate a crearvi, da soli o con gli altri, su cosa sia successo, come sia successo, dove sia successo, altro non fanno che affondarvi un po' di più in quella dipendenza che vi fa soffrire. È finita, punto. Potete focalizzarvi su questo pensiero senza pensare che forse potrebbe ricominciare? Perché non sarà così, avviene talmente di rado che sarebbe come credere alle favole e, quando accade, raramente c'è un reale benessere nella coppia: più spesso c'è un adattamento, una condizione in cui ci si impone di farsi andare bene ciò che c'è.
È finita. Partiamo da qui.
Si sta male, un male che va dal sentirsi svuotati al sentirsi finiti. Che ci si senta svuotati (e confusi) è fisiologico, che ci si senta finiti un po' meno perché in generale denota che più che una relazione d'amore, c'era attaccamento, dipendenza. In questo caso consiglio ovviamente di rivolgersi a uno psicologo o a uno psicoterapeuta che sappia come condurvi nel percorso di recupero della risoluzione di voi stessi. Dallo psicologo non ci vanno i pazzi... ci vanno le persone che hanno intelligentemente capito che la salute mentale è come quella fisica: se hai un po' male un ginocchio, puoi provare a prendere un farmaco da banco, per un giorno, due, ma se il dolore persiste nel tempo, è necessario che tu vada da un medico che ti prescrive la terapia adatta, no? Così è quando si viene lasciati: se il dolore è sopportabile e non vi porta  fare cose che non avreste mai fatto, potete lavorarci da soli. Ma se fa così male da non sopportarlo o peggiora col passare del tempo fino a farvi fare brutti pensieri, bè... provateci: un consulto. Sento spesso dire dalla gente che è inutile pagare uno psicologo ché tanto altro non fa che ascoltarvi: per quello ci sono gli amici. È una sciocchezza ma in parte è vero, nel senso che lo psicologo vi ascolta tanto e non vi dice granché, ma con quel "poco" che vi dice vi guida attraverso una riflessione che vi permette di consapevolizzarvi e di trovare strategie per ridefinire voi stessi.
​E poi quando parlate con gli amici, sapete bene che spesso a loro frega poco (soprattutto dopo un po') e che l'empatia scema mentre il vostro bisogno di sfogarvi continua. Arrivate al punto che non interessa più a nessuno.
Con gli amici fa bene sfogarsi (a patto che non siano dei gossippari o dei fomentatori) quando si è appunto nella condizione di provare dolore ma poterlo anche sopportare: e allora fa bene piangere, fa bene ridere, fa bene esternare le emozioni,  fa bene   abbracciarsi: la vicinanza con gli altri induce nel nostro corpo il rilascio di ossitocina che, come hanno evidenziato diversi esperimenti scientifici, è un po' una "droga" naturale, una "dose" di positività.
A questo può essere molto utile anche l'esercizio fisico: sono molteplici gli studi che hanno dimostrato che l'esercizio fisico, qualunque esso sia, ha effetto benefico anche sulla mente, per una questione chimica fisiologica: l’attività fisica provoca il rilascio di sostanze (i neurotrasmettitori endorfina e dopamina) nel sistema nervoso, che provocano una sensazione di piacere e ricompensa. Occhio a non eccedere perché, vi sembrerà impossibile, ma pure questo può creare dipendenza: se l'esercizio fisico è eccessivo, anche il livello dei neurotrasmettitori aumenta e si crea un circolo di assuefazione-bisogno di aumentare, esattamente come nell'utilizzo di sostanze quali alcool, droghe, ecc. 
Qui vi lancio uno dei consigli più determinati: non attaccatevi a queste sostanze, soprattutto in un momento emotivamente instabile. La sbronza (UNA!) ci sta, ma che non diventi l'abitudine per dimenticare il problema: quello va affrontato, punto.
Vi starete dicendo: "Sì vabbè, ma a parte esercizio fisico, amici per pianti e abbracci che producono ossitocina, come ne esco?" 
​Vi siete dimenticati forse la prima parte del post: la consapevolizzazione.
Per questo può essere molto efficace scrivere, lo sapevate? Esternare le emozioni su un foglio, che nessuno leggerà, è un po' come il vecchio "guardarsi allo specchio" ma un po' più efficace perché attivo e trascinante. Date retta: se iniziate a scrivere come vi sentite, e tutto ciò che vi passa per la mente, trarrete subito beneficio perché scrivere aiuta a scaricarsi, migliora l’umore, favorisce l’elaborazione mentale. Se non siete abituati a scrivere, immagino che vi sembri una sciocchezza ma vi chiedo di provarci. Non è che dovete scrivere un romanzo o un trattato, eh. Dovete semplicemente scrivere (rigorosamente a mano, con carta e penna) come vi sentite, come è andata la giornata, in cosa vi sentite cambiati o in cosa dovreste cambiare. Provate anche a dare delle ragioni alla fine della storia, senza mentire però... perché tanto quello che scrivete non lo leggerà mai nessuno, quindi non avete bisogno di apparire, non avete bisogno di filtrare o di nascondere le vostre debolezze. 
Vi riesce difficile pensare di scrivere solo per voi stessi? Allora facciamo così: scrivete a me! Cioè, scrivete pensando "Cara Grazia, sai come mi sento? E sai perché mi sento così?". Non dovete rileggere e non dovrete spedirmi quelle lettere o, se volete, chiedetemi l'indirizzo a cui inviarle e io le conserverò con piacere. Non vi risponderò però sappiatelo, non le leggerò nemmeno, perché ciò che deve essere scritto su quei fogli è la vostra essenza e non necessita di nessun giudizio, di nessuna considerazione. È ciò che siete, il che non va giudicato ma semplicemente bisogna prenderne consapevolezza. E, scrivendo, è davvero molto più facile elaborare gli stati d'animo. 
Ultima dritta: c'è questo luogo comune diffuso secondo il quale mettersi in una nuova relazione a poca distanza di tempo dalla fine di un'altra sarebbe sbagliato. Non è sempre vero. In uno studio del 2015, Fraley e Brumbaugh hanno dimostrato che per alcune persone iniziare una nuova storia "di rimbalzo" a quella finita (rebound relationships -relazioni di rimbalzo) è un ottimo aiuto. Ovviamente non è un "must", non funziona per tutti e sempre, ma è importante sapere che nemmeno imporsi di non iniziare una storia solo perché chissà cosa penserebbero gli altri o perché "Tanto sono tutti/e uguali, io ho chiuso" fa necessariamente bene. Dovete un po' sentirvi, insomma, seguire le vostre sensazioni: se in quel momento una persona vi stimola, non vietatevi la frequentazione o l'approfondimento solo perché temete che poi gli altri parlino male o perché l'ex penserebbe che allora non ve ne fregava niente, ecc... Se sentite la spinta verso una nuova persona, non bloccatevi. Se sentite che non è il momento, non forzatevi. Se iniziate, e poi non vi sentite a vostro agio, fermatevi. 
Avere consapevolezza di sé significa anche seguire le proprie sensazioni senza assoggettarle a ciò che gli altri vorrebbero.
E sempre, ma soprattutto adesso che state soffrendo, avete il diritto e il dovere di farlo.

Vi dico quale sarebbe l'obiettivo ideale da raggiungere, elaborando una storia finita? Arrivare a capire che le relazioni di qualsiasi durata, intensità e comunque finiscano, sono esperienze che se volete davvero chiamare d'amore non potete far finire male. Ci si è amati? Allora si dovrebbe volere solo il bene dell'altro, anche se non è con noi che lo ha trovato. 
Bisognerebbe riuscire a pensare che le persone sono tutte diverse, che cambiano nell'arco del tempo e non perché siano cattive, stronze o chissà cosa... semplicemente la vita ci cambia. Tutti. Ogni giorno. 
Lo so, state pensando che "Però lui si è davvero comportato da stronzo" o "Eh ma lei però mi ha tradito": i comportamenti hanno sempre un motivo alla base, che possono non piacerci, possiamo trovarli assurdi, ma se una persona si comporta in un certo modo, evidentemente non poteva comportarsi diversamente, in quel momento.
​Lasciare non è facile, date retta a me se non vi è mai capitato di farlo. Essere lasciati è più doloroso? Non è detto, dipende dalla soggettività: le persone sensibili soffrono in modo particolare quando devono lasciare qualcuno perché non vorrebbero determinare sofferenza nell'altro ma non vogliono nemmeno illudere.
​La cosa fondamentale è arrivare a capire che le storie in cui uno dei due vorrebbe lasciare, se continuano, sono solo un procrastinare nel tempo un malessere che inevitabilmente si riversa su entrambe i partner. Volete davvero vivere in una relazione che non fa stare bene chi dite di amare, e quindi non può far star bene nemmeno voi?

Io so solo, per certo, che lasciarsi fa male ma è necessario quando uno dei due non ci sta più dentro, perché presto succederà pure all'altro, per riflesso. E lasciarsi "male" è uno degli errori più grossi che si possano commettere perché mantiene legati al malessere più di quanto sia necessario.



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BASTA! DA OGGI CAMBIA TUTTO! Ovvero: DONNE CHE RINASCONO SUI SOCIAL NETWORK

20/4/2018

 
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Solitamente affermare di aver deciso di cambiare vita e di fregarsene altamente dell'opinione degli altri può avere un senso. 
Anche dichiararlo su un social può avere un significato, considerando le dinamiche odierne, se si è consapevoli che lo si fa per il bisogno che gli altri lo sappiano e ci appoggino (e già capite da sole che decade il #nonmenefregauncazzo di ciò che pensano gli altri). 
Ma postare ogni ventisette minuti le tappe del cambiamento, amiche mie, è chiara espressione di tutt'altro e, se al primo post otterrete like su like e commenti incoraggianti perché le decisioni "forti" di cambiamento stimolano sempre empatia,
man mano che posterete selfie di aperitivi, abiti nuovi, look innovativi, nottate da diciottenni, ecc, i like diminuiranno. 
E allora via di: "Chi non apprezza i tuoi successi prova solo invidia".
Non è invidia, amiche mie: è tristezza. 
Tristezza nel prendere coscienza che non c'è nessuna emancipazione nel vostro comportamento.
È una messa in scena nella quale, chi assiste, non riesce più a sostenervi perché capisce che non state cambiando: state solo cercando di far credere agli altri (e forse a voi stesse) che siete felici, che non siete più quelle che eravate.
Al vostro ex, alla nuova donna del vostro ex, agli amici del vostro ex e a tutti quelli della cui opinione, avevate dichiarato all'inizio, non ve ne frega un cazzo.
Lo so, state pensando che sono una stronza, che vi sto mal giudicando, ecc... 
Fermatevi un attimo a pensare che io potrei solo volervi dare un consiglio: io lo so che avete voglia di riscattarvi e questo è assolutamente positivo! Volersi liberare del dolore dovuto a una storia finita male è assolutamente condivisibile e necessario ma perché avvenga dovete liberarvi del bisogno che l'altro sappia cosa fate, con chi uscite, cosa vi mettete, chi vi corteggia. 
Per liberarvi dal dolore, dovete solo prendere coscienza che è finita (colpa sua, colpa vostra, colpa di altri... non importa, è finita!).
Se invece il vostro intento è quello di far ricredere l'ex (mostrandovi più belle di prima, più attive, più corteggiate) con queste dinamiche in cui diventate una caricatura di ciò che siete, otterrete esattamente l'effetto contrario. Perché lui vi ha conosciute, sa come siete davvero... E allora potrebbe essere più efficace un semplice: "Mi manchi".

Date retta. 
Facebook, Twitter, Instagram sono il peggior posto per rinascere.
Si rinasce dentro.


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DEL SESSO, DELL'AMORE E DELLE MILF

6/4/2018

 
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​Affronto questo argomento scegliendo un percorso a ritroso, dicendo subito che il sottotitolo di questo post potrebbe essere "Non chiamatele MILF".
Vi starete chiedendo se questa mattina io mi sia alzata male, considerando che me ne esco con una imposizione relativa a un termine che ormai nel gergo sociale è diffusissimo e più che legittimato dall'uso comune.
Non mi sono alzata male, seguitemi nella riflessione.
Ormai tutti sanno che l'acronimo MILF indica una donna di mezza età considerata ancora piacente e sessualmente attraente, in particolare dagli uomini più giovani.
Ma conoscete solo l'acronimo o dell'acronimo stesso conoscete il significato e l'origine? 
Il termine MILF appartiene allo slang anglo-americano e significa letteralmente Mother I'd Like to Fuck (in italiano: mamma che vorrei scoparmi). Questa espressione nasce negli anni Novanta all’interno di gruppi online nei quali i ragazzi definivano in questo modo alcune mamme fotografate per la rivista americana Playboy. Largamente diffusosi poi in àmbito pornografico, al punto da diventare una categoria vera e propria in cui raccogliere i filmati o i contenuti riguardanti appunto le donne di mezza età.
Siamo quindi davanti ad un fenomeno per il quale, come spesso accade, un termine nato in un àmbito specifico e ristretto entra nel gergo quotidiano, fino a divenire normale. Non si sconvolge nessuno, oggi, se in radio, in tv, al bar, in qualsiasi situazione, si parla di MILF, no?
E se vi dicessi che alle donne non piace essere definite MILF?
Se vi dicessi che non è per una questione di "età" ma di categorizzazione e di associazione a una immagine mentale che per le donne non ha nulla di piacevole?
Mi spiego: io che sono una donna sessualmente non condizionata, trovo banale e spiacevole essere racchiusa in una categoria che rimanda a una immagine della donna vista come mero oggetto di desiderio. Da donna, essere definita MILF, mi fa sentire sminuita, giudicata in termini di media, valutata come "passabile", "trombabile" da un uomo più giovane quindi "fortunata".
Cosa mi infastidisce di tutto questo: in primis l'associazione al termine MAMMA, lo ammetto. L'immagine di una mamma scopata dall'amico del figlio, per esempio e bando alle ipocrisie, nel nostro sistema sociale non è un granché come classificazione, no? È un'immagine "sporca", intrisa di perversione, ovviamente condizionata dall'origine pornografica del termine. Nonostante l'acronimo non desti più stupore, conserva comunque una connotazione negativa celata dalla normale diffusione del termine stesso: l'uso dell'acronimo ha un effetto diverso dall'espressione interamente considerata no? C'è una bella differenza tra sentirsi dire "Sei una MILF" e sentirsi invece dire "Sei una mamma che vorrei scoparmi". Eppure la traduzione letterale è questa. E voi davvero pensate che a una donna possa far piacere sentirsi definire in questo modo?
​Qualcuno mi dice "Ma sì dai, lo dico in modo scherzoso, giocoso, leggero..." e io posso capire che sia così realmente, ma non lo è per la maggior parte delle donne.
Guardare una immagine come quella che ho usato qui sopra, che reazione emotiva può scatenare in una donna, secondo voi? È uno scherzo, certo. Una leggerezza. Ironia per qualcuno? 
Non per una donna.

Non posso cambiare il mondo, lo so (mio marito me lo ripete spessissimo quando mi arrabbio per certe cose), ma posso favorire gli uomini che mi leggono a capire che utilizzare quel termine, nei confronti di una donna, non li rende piacevoli ma fa pensare a quella donna che essi ragionino in modalità "sito porno", sui quali ancora oggi la donna è OGGETTO e non soggetto di piacere. 
E questo concetto è ancor più comprensibile se si considera il corrispondente acronimo maschile FILF (Father I'd Like to Fuck) di cui pochissimi conoscono l'esistenza, che vede praticamente inesistenti categorie sui siti porno e che comunque riguarda rapporti tra uomini più maturi e donne più giovani. Dinamica che potremmo definire normale nella nostra società, no? La donna matura che ha rapporti con uomini più giovani, invece, desta ancora giudizi maliziosi.

Insomma: se vi trovate ad avere a che fare con una piacente donna di mezz'età, soprattutto se vi interessa, non usate il termine MILF in sua presenza... ai suoi occhi perdete di consistenza perché la sua reazione emotiva a questo termine è tutt'altro che legata al piacere. 

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FANTASIE SESSUALI FEMMINILI: QUELLO CHE LE DONNE NON DICONO (agli uomini!)

7/3/2018

 
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​Stimolata da un articolo pubblicato da Vanity Fair, l'ennesimo nel web sulle fantasie erotiche femminili più diffuse, mi sono messa a cercare online tutti gli articoli che stilano queste graduatorie del fantasy con il desiderio di trovarne una che andasse un po' oltre la banalità letta e riletta in questi anni: niente! Ho trovato di tutto, in certi forum anche qualcosa di interessante, ma davvero poco. 
Quel che mi ha lasciata spiazzata è la tendenza di molti siti a dare una "giustificazione" alla fantasia: se immagini questo, allora significa che! 
Ma cazzate oltremisura... eccone un esempio:

"Fare l’amore con più partner Avere molti uomini a propria disposizione, essere al centro delle loro attenzioni per sentirti una vera regina! In realtà, questa fantasia rivela l’esistenza di un vuoto all’interno della coppia, o una mancanza di comunicazione tra i due partner. Il partner esterno colma questo vuoto e serve da mediatore."

Vi prego, quando leggete queste cose non memorizzatele, non credeteci: i giornali al giorno d'oggi hanno la tendenza a diagnosticare problemi e fornire la cura necessaria come fossero psicoterapeuti di lunga esperienza ma in realtà è il trend editoriale per vendere il prodotto, niente più. 
Non sto sminuendo il lavoro di tutti i giornali ma, soprattutto quelli che non propongono l'argomento supportato dal parere di un professionista nel campo, li trovo assurdi e patetici oltre che inconsistenti.

Ma torniamo alle FANTASIE SESSUALI!
Quelle maschili fanno un po' meno scalpore perché, si dice,  gli uomini non le hanno mai nascoste. Io dico il contrario: le fantasie maschili rese pubbliche sono sempre le stesse ma perché, gli uomini come le donne, continuano a nascondere (anche a sé stessi spesso) ciò che li eccita per paura di essere giudicati. Vi sembra strano? A me per nulla. Nell'esperienza-studio fatta su un sito di sex-cam in questi mesi, ho rilevato un aspetto molto importante a questo riguardo e sempre molto negato dal mondo maschile: gli uomini si eccitano vedendo altri uomini masturbarsi o avere rapporti sessuali. E non sto parlando di omosessuali dichiarati, sto parlando di uomini che nel profilo sidichiarano "eterosessuale" ma che di fatto li vedi guardare e partecipare alle trasmissioni in cam di uomini e anche cercare incontri (virtuali o live). E io lo trovo del tutto naturale, così come per le donne c'è la fantasia di un rapporto bisex, per gli uomini anche... ma nessuno di loro lo ammetterà mai perché su di loro grava la regola sociale secondo cui un uomo "vero" è il tombeur de femmes e già se ti mostri un po' più sensibile della media il giudizio degli altri ti etichetta come "femminuccia", figuriamoci se dovessi ammettere un'eccitazione mentale riguardante gli uomini.
Altra fantasia maschile molto condizionante è quella dei CUCK-OLD: se ti eccita pensare alla tua donna posseduta da un altro uomo, per la società media sei un perdente e un "cornuto": Niente a che fare con le dinamiche reali relative a questo tipo di desiderio sessuali: tutti, e dico tutti, i cuck-old con cui ho interagito dicono che l'eccitazione sta nel riuscire a vedere la propria compagna "dal di fuori", avere la possibilità di guardarla in ogni movimento ed espressione di piacere, cosa difficilmente realizzabile durante un amplesso con lei perché impegnato nell'atto sessuale ma che va ben oltre la banale ed abitudinaria interpretazione secondo la quale il piacere sta nell'essere cornificati.
Sappiate che molte donne apprezzano il fatto che un marito cerchi un uomo per loro, curandosi di contattare un uomo che possa piacere loro e dar loro piacere. Stiamo sicuramente parlando di coppie all'interno delle quali il rapporto è molto solido, che va al di là della coppia standard che ritiene l'esclusivismo sessuale la base dell'amore.

Ma basta parlare di uomini, questo post è nato per dire ciò che le donne non dicono dei loro desideri, di ciò che farebbero se potessero. Premetto che non farò un elenco delle fantasie comuni tra le donne ma di quelle fantasie che molte donne mi hanno scritto in queste 24 ore, dopo che ho chiesto di dirmi quali sono le situazioni che più le eccitano e a cui pensano durante i rapporti sessuali "classici", molto spesso senza avere il coraggio di dirle al partner. Anche se non hanno la possibilità di realizzare perché timide, timorose o in una situazione sentimentale che non consente loro la libertà di avverarle, queste le FANTASIE HOT che mi sono arrivate:
-essere l'unica donna con più di un uomo: è la più quotata in questa indagine-lampo! E non si parla di scene tipo film porno dove lei viene "usata" quanto più di un rapporto molto intenso dove lei è al centro dell'attenzione e gli uomini (da due a numero indefinto) si amalgamano nel darle piacere. Un clima intenso, intriso di passione, senza prevaricazioni (ricorrente che gli uomini immaginati siano di colore).
-sesso con superdotato: l'uomo superdotato eccita la fantasia di molte, non di tutte (qualcuna teme il dolore) ma di tante! 
-essere prese con forte passione senza aspettarselo, magari in un bagno di un ristorante, al primo appuntamento: annoiate da corteggiamenti troppo sentimentali per una storia di sesso, preferiscono un uomo che si imponga subito, con pochi giri di parole. Un uomo forte, mentalmente e fisicamente che "non dia scampo", che le sappia accendere con sguardi e gesti molto espliciti ma, attenzione, anche eleganti. Il "ci facciamo una scopata?" non funziona! 
-essere dominate con savoir-faire: un uomo deciso che magari leghi i polsi al letto, bendi gli occhi e si dedichi in toto a soddisfarla con ogni pratica sessuale possibile. Non si parla di pratiche bdsm vere e proprie ma una sorta di dominazione dei sensi: io mi metto nelle tue mani uomo, fammi vedere cosa sai fare!
-fare sesso con uno sconosciuto: un bell'uomo, interessante, incontrato al bar la mattina, per caso, e magari uno sguardo un po' più intenso intercorso è lo stimolo a fantasticare sul fatto che quell'uomo possa aspettarla fuori o lasciarle un biglietto sulla macchina con il numero di telefono. Non sa chi è e non lo vuole sapere. Vuole un incontro, anche fugace, che sia un momento di sesso intenso, senza un prima o un dopo.
-il ragazzo delle pizze! Più di una donna mi scrive che la eccita pensare che il pony express della pizzeria suoni il campanello e non resista ad un chiaro atteggiamento da parte della donna stessa appena entrato in casa. Una di loro mi ha raccontato di aver soddisfatto questa fantasia e di aver anche instaurato un gioco con questo ragazzo: ogni volta che lei ha voglia di lui, ordina la pizza! Nessun contatto fuori da questo gioco, né una telefonata, né un messaggio, nulla. Solo sesso annesso all'ordinazione della pizza! Se ci pensiamo, una volta erano i garzoni dei negozi ad avere qualche volta questa possibilità...
-sesso violento: cit."Non mi riferisco a uno stupro ma ad un sesso poco gentile, con gesti violenti, sottomissione completa. Diciamo che se nel quotidiano frasi volgari o atteggiamenti di prepotenza mi manderebbero letteralmente in bestia, in certe occasioni potrei apprezzarle molto."
-in una stanza tutta buia, sanza vedere il volto di colui con cui si fa sesso: si tratta sempre del famoso "sconosciuto" ma qui, ancor di più, non si vuole nemmeno conoscere il volto di quest'uomo.
-fare l'amore con una donna.

Diciamo che quelli sopra erano raggruppamenti delle fantasie più espresse, in senso numerico. Qui di seguito invece alcune citazioni dirette delle meno "popolari" ma molto interessanti:

"Il massimo? Essere rapita da più uomini, messa al centro della stanza e obbligata a toccarmi davanti a loro che iniziano a masturbarsi per poi avvicinarsi e usarmi a loro piacimento"

"Sai quante volte ho pensato, entrando a casa della mia migliore amica, di trovare solo suo marito e non riuscire a resistergli? Mi dispiace, razionalmente, ma quanto mi eccita!"


"Quando faccio l'amore con mio marito penso spesso che vorrei che una cena tra amiche, una sera, con molta naturalezza e gioco si trasformasse in un'orgia tra di noi... Guardo spesso film porno di sesso tra donne... wow!"

"Il bagnino! Fin da adolescente ho sognato che il bagnino dello stabilimento balneare mi seguisse in cabina e mi prendesse lì, con la gente fuori che aspetta!"

"Nuova nuova questa, l'ho pensata l'altro ieri uscendo dal commercialista (gran bell'uomo per altro): vorrei dominarlo! Entrare nel suo studio e obbligarlo a fare tutto ciò che voglio, magari anche penetrarlo con qualche giocattolo... Già di mio sono piuttosto dominatrice e poi... lui mi ha inculata tante volte! ahahah"

"Ogni volta che entro in Chiesa mi eccito pensando che il prete mi prenda durante la confessione e mi scopi nel confessionale"

"Mio marito con un altro uomo che fanno sesso tra loro. Poi eventualmente posso aggregarmi."

"Ho pensato un sacco di volte che mi piacerebbe guardare mio marito che scopa un'altra ma senza che loro mi vedano. Mi ecciterebbe ma sarei anche curiosa di vedere come si comporta con un'altra."

"Credo di essere un po' banale ma mi eccita pensarmi in doccia, entra un ragazzo giovane (tipo idraulico) che rimane imbarazzato ma io lo invito ad entrare in doccia con me"

"Non riesco a godere se non ci penso: doppia penetrazione con due uomini superdotati e altri due che mi succhiano i capezzoli. Chiedo niente, eh?!"

"Il pasticcere del bar dove faccio colazione! Che mi portasse nel laboratorio e mi stendesse sul tavolo infarinato!"

"Mi vergogno un po' a dirtelo ma, avendo un figlio ventenne, ho pensato spesso di trovarmi un giorno in casa con i suoi amici e che lui non ci fosse"

"E' forte, tieniti stretta: entro in casa e mio marito è seduto su una sedia, legato e con nastro sulla bocca. Un uomo con un corpo potente mi prende alle spalle e mi obbliga a fare sesso. Subito cerco di divincolarmi, più per rispetto a mio marito ma quando mi accorgo che lui è eccitato nel vedermi con l'altro me lo godo tutto! Anzi, ripensandoci, se fossero due meglio"

"Mi eccita pensare che un uomo seduto a fianco a me, al cinema, allunghi la mano e mi tocchi mentre mio marito guarda il film!"

"Fare la prostituta per una notte. Sì, mi piacerebbe per una sera ricevere uomini, uomo dopo l'altro, ognuno diverso e farlo perché sono pagata."

"Mio marito con un trans"

"Essere fermata da due carabinieri ed essere obbligata a fare sesso con loro"

"Vado spesso con un'amica alle terme e, nonostante io sia eterosessuale, l'ultima volta in sauna ho immaginato di abbassarle l'asciugamano e iniziare a leccarle i capezzoli, per poi scendere, aprirle le gambe e leccarla come piace a me essere leccata. So che esistono posti "adatti" a farlo ma ho l'impressione che lì vadano solo lesbiche vere e proprie... quello mi metterebbe a disagio, vorrei che fosse una cosa spontanea"

"Cosa darei perché mio marito entrasse a casa con un amico e cominciasse a toccarmi davanti a lui che guarda. Come andrebbe a finire è inutile che te lo dica vero?"

"Ho sognato più di una volta di vedere mio marito con un'altra donna o più di una. Io non farei nulla, lo guarderei solo. Mi eccita da impazzire pensare a quanto sarebbe eccitato"

"Vorrei che la sera del mio compleanno mio marito entrasse a casa, mi bendasse, mi dicesse: stasera ti festeggio a modo mio e mi portasse in un club privé. Lo sogno da tanto questo e ci ho pensato ancor di più da quando ho letto il tuo articolo sui club ma non ho il coraggio di dirglielo"

Mi riallaccio, per concludere, all'ultima citazione: "ma non ho il coraggio di dirglielo" e vi invito a riflettere perché a queste donne ho chiesto se abbiano mai confessato al marito queste fantasie e la maggior parte (quasi tutte) non lo hanno mai fatto perché temono che il marito diventi geloso o creda che lei lo tradisca, avendo pensieri di questo genere.
Le fantasie sono desideri "congelati"... vorrei farlo ma non si può, quindi le vivo mentalmente e basta. 
Siamo sicuri che siano tutte inattuabili? Siamo così certi che, metterle in pratica, sia così sbagliato? Perché abbiamo così paura di attuarle?
Quel che è certo è che tante fantasie femminili corrispondono in toto a quelle maschili ma il muro del timore, del senso di colpa e di tutti i condizionamenti che abbiamo, fa sì che ognuno tenga le sue ben nascoste dentro di sé.

E se facessimo il tentativo di fantasticare insieme? 


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INTELLECTUAL SERIAL FISHERMEN ovvero LA VERSIONE CULTURALE DEI PESCATORI IN CHAT!

26/2/2018

 
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Chi mi segue su Facebook sa che da qualche tempo, nell'ambito di uno studio riguardante gli approcci sui social network, sto pubblicando i contenuti di alcune chat che, tra il serio e l'ironico, hanno lo scopo di stimolare gli uomini a riflettere sul "come" approcciare una donna online.
Molte le critiche pervenute riguardo a #chatting (così ho titolato la "serie" di pubblicazioni), soprattutto da parte degli uomini che si sentono derisi e offesi. Puntualmente ho provato a spiegare che uso le chat in modo ironico perché l'ironia è per me strumento di diffusione: non credo di dovermi giustificare se attuo strategie di pubblicazione perché trovo abbastanza normale in qualità di blogger cercare di farmi leggere da più persone possibili.
Ma difficilmente mi sentono, arroccati dietro a pregiudizi del tipo "tu ce l'hai con gli uomini", spesso contestano le pubblicazioni arrivando anche a chiedere "Perché non fai lo stesso per le donne? Guarda che anche loro sono ridicole spesso o biasimabili".
Io non voglio biasimare nessuno, semplicemente essendo donna mi approcciano gli uomini e non posso riportare esperienza diretta sul fare femminile.
Detto questo (che piaccia o non piaccia è una situazione oggettiva) non posso non specificare che NON TUTTI GLI UOMINI approcciano in maniera ridicola, ripetitiva o banale. Alcuni lo fanno in maniera creativa, interessante, coinvolgente e anche simpatica. Solitamente ciò che "infastidisce" una donna nella maggioranza degli approcci che riceve è la serialità e l'evidente sensazione di essere oggetto di attenzione impersonale, nel senso che ti scrivono senza nemmeno prima guardare chi sei, cosa fai, dove vivi, di cosa ti interessi. Guardando ad esempio la bacheca di Facebook di una persona (non a caso ho scelto questo social per lo studio) è abbastanza facile capire con chi ci stiamo rapportando no? A parte le informazioni che ognuno di noi decide di mettere a disposizione degli altri, anche dare un'occhiata ai link pubblicati e al genere di post scritti da una persona può essere molto indicativo riguardo al tipo di persona a cui ci stiamo rivolgendo.
E allora succede che quando arrivano messaggi da un uomo che comincia a chiederti di dove sei, cosa fai nella vita e se sei sposata (quando tu nelle info hai messo tutti questi dati) già storci il naso perché questo ti sta scrivendo senza nemmeno aver guardato chi sei. Dopo tre messaggi al massimo hai già la sensazione che questo abbia scritto a te ma avrebbe potuto scrivere a mille altre con lo stesse interesse: butto l'amo, vediamo chi abbocca... come fossero dei pescatori. La sensazione che hanno le donne, con i pescatori virtuali, è quella del  "Se abbocca, me la mangio! Virtualmente o anche realmente se accetta di incontrarci."
Qui nasce la diatriba: anche alle donne piace ricevere proposte, non ci stiamo nascondendo, ma non ci piace che avvenga in questo modo! Ci hanno cresciute con le favole delle principesse, vi ricordate? Ma ciò non significa che ci scaldiamo per ogni principe che ci fa provare la scarpa... abbiamo questo dannato (per voi) bisogno di sentirci uniche. E i pescatori questo lo sanno quindi inviano complimenti a go go che però al netto del numero degli approcci che riceviamo, sono un ripetersi dei soliti apprezzamenti (bellissima, meravigliosa, intrigante, intelligente, dea, magnifica creatura...).
Quindi, diranno gli uomini, che ciccio andate cercando?
Anche niente a volte, ma un uomo che si propone distinguendosi, facendoci capire che è interessato proprio a noi e non a qualsiasi essere di genere femminile che possa inviargli una foto osé o concedere una videochiamata sessuale, potrebbe anche coinvolgerci.
Sì, è vero, siamo impegnative (anche pesanti spesso) ma siamo fatte così... prendetene atto. 
Quindi che succede? Tra cento approcci di tipo "pescatore seriale" arriva invece quello di un tipo con il quale già pubblicamente interagisci da un po' e che un po' conosci perché avete "parlato" di diversi argomenti magari. Ti scrive in privato senza subito "puntarti" e lo scambio è anche piacevole. Ha un certo modo di fare, si rivolge a te in maniera consona (nel senso che anche lui un po' ti conosce quindi non hai la sensazione del "fa così con tutte". E' una persona che dimostra una certa cultura, parlare con lui è davvero interessante e stimolante. Magari ci scappa un invito per un caffè o qualche allusione al piacere che ci sarebbe nell'incontrarsi o nel videochiamarsi... perché no? Questo è diverso.
Poi succede che, come nella realtà, magari ti trovi a parlare con un'amica comune e dici:
"Sai che Tizio ci sta provando e, ti dirò, ci sto facendo un pensiero?"
" Ah sì? Sai che ci sta provando pure come me?"
"Dai!"
"Sì sì e anche io ci stavo facendo un pensierino... Mi scrive cose molto belle, mi manda suoi scritti, mi dedica anche pensieri che sembrano quasi poesie..."
"Ehm... tipo?"
" Aspetta, ti faccio leggere quello che mi ha mandato stamattina" e te lo copia in chat
"Ahahahahah!!! È lo stesso che ha mandato a me ieri sera!"
"No dai!"
"Giuro!"
Ci ridete su e vi viene anche voglia di scrivere a un'altra amica che avete in comune con lui e, facile da prevedere, anche lei è "sotto approccio". E indovinate un po'!! La stessa "poesia" (che si riferiva ai vostri occhi, alla vostra anima e alla vostra femminilità) lei l'ha ricevuta l'altro ieri!  
Risata generale, nessuna rimane troppo delusa e, ahimè per lui, inevitabilmente diventa oggetto di derisione, perdendo chiaramente quell'aurea del "lui è diverso".
Che a dire la verità un po' si è distinto, non è un pescatore seriale ma un pescatore seriale intellettuale.
Ovviamente ci scherziamo su e questa situazione fa parte della "normalità": non è sicuramente un problema ma ho voluto scriverne qualche riga per stimolare gli INTELLECTUAL SERIAL FISHERMEN con un consiglio: state andando benino, meglio dei pescatori "semplici", ma se volete che funzioni abbiate la prontezza di non approcciare le amiche a tappeto e non con gli stessi slanci poetici dicendo che sono scritti per lei ad hoc... ché lo sapete che le donne hanno la mania di confidarsi con l'amica, no? ;)



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VADEMECUM PER ASPIRANTI (E SPIRATI) AMANTI

1/3/2017

 
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La primavera, si sa, è periodo di ormoni sessuali fisiologicamente in ripresa. E le confidenze delle mie donne, così come le temperature di questi giorni, confermano che quest'anno la primavera è in netto anticipo.
Detta così può sembrare l'inizio di una festa e, in modalità pregiudizio, già immagino gli uomini che sorridono dentro e si fregano le mani.
ALT! Prendetevi dieci minuti per riflettere insieme a me, mettetevi in modalità "ascolto" e spegnete quella del "io non sono così" perché questo post vuole essere un suggerimento, non una critica. Chi mi legge lo sa, non mi interessa accusarvi, anche perché a me non porterebbe proprio nessuna soddisfazione farlo, mentre mi  appaga molto pensare di poter essere stimolo a migliorare i rapporti e le relazioni, in termini di benessere. 
Oggi parto dal punto di vista femminile, non perché le donne abbiano sempre ragione ma perché le loro confidenze ultimamente fanno molto riflettere e credo possano esservi utili alcuni suggerimenti su una condizione che molti criticheranno (ma noi di quelli ce ne freghiamo pari pari): quella di amanti.
E allora vi spiego alcune cose, nella speranza che la modalità "ascolto" resti attiva e vi permetta di sfruttare alcuni aspetti.
Perché si decida di avere una storia extra coniugale, lo sappiamo, è molto soggettivo: chi lo fa per cercare ciò che manca nel rapporto stabile ha sicuramente, a mio pare, la motivazione più deprimente ma molto diffusa e intrisa di conflitti deleteri, se non servono a crescere in senso affettivo.
Ma oggi ci occupiamo di quelli che invece hanno una relazione duratura, appagante, che non cercano un rifugio ma semplicemente non hanno una mentalità legata all'esclusivismo sessuale e amano vivere emozioni diverse, con persone diverse. In fin dei conti ognuno di noi è diverso ed emoziona l'altro in modo diverso.
Sì, lo so, volete affermare che se si cerca altro qualcosa manca, ma non è così, e quindi voi che non avete la mentalità di cui stiamo parlando non potete giudicare, ok? Ve lo vieto proprio, oggi. 
Torniamo agli amanti per scelta e non per necessità.
Una donna che imbastisce una relazione sessuale extraconiugale per scelta, cerca intensità. È appagata dal rapporto coniugale ma ama vivere situazioni che le diano scosse di passione... quella passione che, bando alle ipocrisie, è data dalla scoperta, dal vivere un nuovo odore di pelle, una nuova mente. Quell'emozione che stimola la produzione di oppioidi endogeni e che regala intensità con leggerezza (in senso positivo), quello stato che non condiziona la relazione stabile e che, semmai, le dona anche lustro.
Lo so che in tanti stanno corrucciando il viso e vorrebbero bastonarmi ma non potete, ho detto!
Dunque... io di queste donne ne conosco parecchie: hanno mandato a quel paese il senso di colpa dopo aver capito che fa bene a loro stesse e pure alla loro relazione stabile.
Ma cosa cercano?
È presto detto: un uomo che sappia trasmettere forza, un uomo risolto, non banale, non in cerca di una mamma o di una fidanzata ma di momenti ad alta intensità. Un uomo che non le tenga ore e ore in discorsi sui problemi personali, soprattuto legati a eventuali mogli o fidanzate, presenti o passate.
Un uomo che non le renda partecipi delle mille difficoltà a trovare il modo per vedersi, ma sappia autogestirsi e dire "ci sono".
Non servono miliardi di messaggi al giorno, non servono fiori, non servono regali... serve passione, e tanta! Non serve nemmeno esserci sempre ma ESSERCI in quelle due ore che ci si ritaglia dalla quotidianità. Serve creare desiderio, serve attenzione al momento dell'incontro, serve essere in grado di farla sentire desiderata (e non solo a parole).
Serve non crearle problemi, serve non metterle ansia, serve non essere gelosi, serve essere in grado di amarla (sì, ho scritto amarla) di quell'amore in grado di scindere dal tempo, anche in termini di evoluzione della storia.
Vada come vada insomma, godiamoci l'un l'altro finché vogliamo farlo, finché ci appaga.  
Ché poi lo sappiamo tutti che sono storie destinate a finire e, se vissute con la giusta mentalità, possono finire anche molto bene, senza tragedie e senza pianti apocalittici: come guardare un bel film insomma... magari dispiace che sia finito ma portare avanti la trama avrebbe portato noia, perché a eccitare una donna, in tutto questo, è la conoscenza. Lo stimolo che solo la novità può dare. Poi può succedere di tutto: qualche incontro e poi amici come prima o anche una relazione più duratura, ma non infinita. Può essere l'occasione per vivere quelle esperienze che si ha il timore di proporre alla partner abituale (lo so, le "abituali" si offendono ma la realtà è questa). Può diventare una amicizia particolare, che solo chi vive o ha vissuto sa capire.
Concludo dicendovi perché ho scritto questo post: la maggior parte delle donne di cui abbiamo parlato sopra lamentano, da parte degli uomini, l'incapacità di "entrare nel film" in veste di protagonista. Uomini che, magari conosciuti online,  quando giunge il momento del "real" sfioriscono in intensità. Cioè, sembrano avere più vita virtuale che reale.
Per non parlare di quelli (numerosi) che si lanciano in promesse da mille e una notte poi magari (è successo) "cedessero" dopo pochissimi minuti, magari pure ammettendo di essere affetti da un problema di lunga data.
Ora, non incazzatevi subito... keep calm: non sto bastonando chi ha problemi relativi alla sessualità ma credo sia questione di coerenza affrontarli prima di surriscaldare una donna per poi chiedere comprensione, visto che non stiamo parlando di storie "canoniche" imbastite nell'ottica di arrivare insieme alla pensione! Stiamo parlando di storie sessuali, che possono avere sfumature di affettività, di sentimenti veri e propri pur non essendo usuali, ma sono comunque storie basate sulla sessualità. 
E poi ci sono i "cuccioli": quelli che non sanno essere propositivi, cercano una guida, una mamma, una seconda fidanzata. Ecco... per quelli ho un solo consiglio: lasciate perdere. Queste donne non fanno per voi. Per avere una storia con queste donne serve determinazione, serve la capacità di vivere la storia per quello che è, serve essere in grado di "possedere" a termine, di estraniarsi dal contesto esterno e  da tutte quelle dinamiche che aspirano al "per sempre".

Se vi si è spenta la modalità "ascolto", riaccendetela e siate obiettivi: può esservi solo utile.
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MILF, TARDONE E LUOGHI COMUNI

27/2/2017

 
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​Era da un po' di tempo che volevo scrivere due righe a riguardo e oggi arriva lo stimolo giusto.
Siamo tutti consapevoli, credo, che la nostra epoca sia scandita dalla necessità di categorizzare: dall'etnia, ai prodotti di commercio, allo status, alle caratterialità, alle fisicità. Tutto! Perché essendo una società che ragiona principalmente sul pregiudizio, se non abbiamo una dicitura che ci indica il genere, in qualsiasi cosa, ci troviamo destabilizzati.
L'argomento è molto vasto ma io, chiaramente, mi limito a riflettere sulle categorizzazioni nell'ambito sessuale, quello a me pertinente. 
Stamattina mi sono trovata a leggere questo interessante racconto che riguarda "le tardone", scritto da  Laura Costantini, giornalista e scrittrice per la quale nutro molta stima. E anche oggi non mi ha delusa, portando all'attenzione dei suoi lettori una situazione che richiama le più vecchie dinamiche sessuali del ragazzino che aspira al letto della appetibile ultra quarantenne. Quella che, volendola categorizzare, viene definita con l'acronimo MILF.
Ecco qui... alla parola MILF la maggior parte degli uomini ha un movimento ormonale (anche inconscio, eh) difficile da tenere a freno: i ragazzini perdono la ragione, i giovani fremono, gli adulti comunque si figurano un'avvenente figura composta di due gambe ben tornite, un seno abbondante, fianchi dalla presa facile e tanto desiderio sessuale che la vede incapace di resistere a qualsiasi uomo le passi davanti, specie se più giovane di lei. 
Insomma: un'affamata di sesso, resa ancora più famelica dal tempo che le sta per scadere. 

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Ma posticipiamo le considerazioni e leggiamo il racconto di Laura Costantini, che potete trovare anche qui: 

Un raccontino sulle “tardone” e le sorprese che possono riservare...
 
LAURA ZG COSTANTINI·LUNEDÌ 27 FEBBRAIO 2017
Davide è un ragazzo sulla ventina senza particolari attrattive, più trendy che elegante. Ha in mano una rosa rossa a stelo lungo quando entra nel ristorante preceduto dal cameriere che lo guida al tavolo
“Tavolo d’angolo, signore, come aveva chiesto.”
“Grazie.”
Davide si siede, avendo cura di scegliere la sedia che guarda verso l’ingresso del ristorante. Il cameriere intanto accende la candela sul tavolo.
“Aspettiamo la signora per la scelta dei vini?”
“Si, grazie.”
E’ evidente che vuole liquidare il cameriere. L’uomo recepisce e si allontana. Appena esce di scena, Davide infila la mano in tasca e ne estrae un telefonino. Un unico tasto di chiamata rapida e dopo pochi secondi è in linea.
“Ohi, Giacomo, sono io. Sono appena arrivato al ristorante.
No, macchè, vedrai che si farà aspettare, la tardona.
Beh, oddio, a giudicare dalla foto su Meetic ha un suo perché, ma lo sai che non è questo che mi interessa.
E che vuol dire? Certo che me le scopo, ma si tratta pur sempre di una tesi sperimentale, no?
La tua è solo invidia, caro mio. Se l’idea fosse venuta a te, adesso non faresti tanto il moralista.
Rossana, Rossana, stai diventando un disco rotto: sei amico mio o di Rossana?
Certo che è la mia ragazza, ma questo che c’entra? Per studiare i rapporti intergenerazionali tra i sessi ai tempi di Internet bisogna scendere sul campo ed è proprio questo che faccio.
Si, esatto. Il mio è interesse antropologico e ti consiglierei di provare.
Le tardone hanno una marcia in più, caro mio. Hanno una fame repressa e la possibilità di sfogarla, ti assicuro che se ne provi una, dopo guardi tua madre con altri occhi.
Ma che c’entra! Certo che non mi farei mai mia madre, ma adesso so che non è una creatura asessuata, come mi è sempre piaciuto pensare.
E certo! Ti pare che la tua non doveva essere diversa? Ma piantala che secondo me i tuoi non scopano più da una vita.
Beh, si, perché no? Magari neanche i miei sono tanto attivi sessualmente, ma questo non significa che mia madre, se ne avesse la possibilità, non si farebbe una scappatella con un pischello della mia età. Le donne sono arrapate quanto noi.
Si, infatti, è questa la tesi che voglio sostenere e che sto scientificamente dimostrando.
A Rossana ho detto quello che le dico tutte le volte: sto lavorando per la tesi. Che poi è la sacrosanta verità.”
Davide punta lo sguardo verso l’ingresso e assume una postura meno rilassata sulla sedia.
“Ti mollo Giac, è arrivata ed è decisamente in gran tiro. Poi ti racconto.”
Chiude la comunicazione e infila il cellulare in tasca, poi si alza in piedi e mette la rosa dietro la schiena.
Fiorella è una bella donna, elegante e curata in ogni particolare, si vede che ha una quarantina ma li porta alla grande. Entra accompagnata dal cameriere che si allontana subito. Davide si produce in un baciamano, poi le offre la rosa.
“Addirittura!” commenta ironica.
Davide le gira attorno per scostarle la sedia, poi torna al suo posto.
“Eccoci qui, finalmente.”
“Finalmente?”
“Beh, non è un segreto per nessuno che morivo dalla voglia di incontrarti.”
Fiorella giocherella con la rosa.
“Si era parlato di massima sincerità, quindi non sentirti in dovere di essere galante e romantico.”
“E tu non sentirti in dovere di fare la cinica. Dopo un mese di chat ti conosco meglio di quanto pensi.”
“Ma davvero?”
Fiorella aspira il profumo della rosa e continua a fissarlo, Davide sostiene lo sguardo, poi alza la mano per fare cenno al cameriere che arriva prontamente con i menù.
“Buonasera signora, la scelta è ampia ma, se posso, consiglierei la spigola al sale.”
Fiorella scorre rapidamente il menù.
“Tutto a base di pesce”, commenta rivolta a Davide.
Lui sorride e assume un’aria complice.
“Non si dice sia afrodisiaco?” sussurra incurante della presenza del cameriere.
“Vada per la spigola al sale, ma prima, per rimanere in tema, prendiamo un antipasto di ostriche e tartine di aragosta.”
“Ottima scelta, signora. Posso consigliare un Ferrari per accompagnare l’antipasto?”
“Volentieri, ma per la spigola ci porti la carta dei vini.”
Il cameriere si allontana. Fiorella fruga nella borsetta e ne estrae il cellulare che consulta prima di chiuderlo e posarlo sul tavolo.
“Mi devi scusare, ma con il lavoro che faccio devo sempre essere reperibile.”
Davide allunga la mano attraverso il tavolo con aria complice. Lei lo lascia fare.
“Ti ammiravo mentre ordinavi. Mi piacciono le donne che sanno quello che vogliono.”
“Altrimenti non saresti qui, ma con qualche tua coetanea.”
“Le mie coetanee non stimolano il mio interesse. Per lo più sono noiose e insicure, alla continua ricerca di conferme su quanto sono belle, quanto sono magre, quanto sono alla moda, quanto sono brave a letto.”
Fiorella mima un applauso.
“Bella sfilza di luoghi comuni, bravo.”
“E’ la verità, ne abbiamo già parlato.”
“Certo, tu sei quello che si trova bene con le tardone.”
“Non ho mai usato quella parola.”
“Non davanti a me.”
“Non cercare complimenti, non ne hai bisogno.”
“E allora tu non farne.”
Il cameriere si avvicina con il Ferrari nel cestello e Davide lo blocca.
“Lasci, faccio io.”
“Come desidera, signore”, si allontana.
Davide stappa con abilità lo spumante e lo versa nelle flutes.
“A questo incontro a lungo desiderato.”
“A questo incontro”, gli fa eco Fiorella, poi posa il bicchiere. “Dunque, mi dicevi che sei uno studente universitario.”
“Laureando per l’esattezza. Sto preparando la tesi in Sociologia.”
“Argomento?”
“I rapporti intergenerazionali tra i sessi ai tempi di Internet.”
“Quindi stasera ti sei portato i compiti a casa.”
“Non ancora, ma conto di farlo.”
“Molto sicuro di te, direi.”
“Più che sicuro, pieno di fondate speranze.”
“Interessante.”
Fiorella gioca con il cellulare e lo spinge verso il centro del tavolo.
“E sentiamo, dottor Davide, cosa pensi di poter offrire a una donna della mia età, una che potrebbe esserti madre?”
“Mi stai intervistando?”
“Perché no? Mi incuriosisce la tua scelta.”
“Sei una donna stupenda.”
“Quanti anni hai, Davide?”
“Ventitrè, lo sai bene. E tu ne hai venti più di me. Però io non lo vivo come un problema. Una donna della tua età ha fascino.”
Fiorella scuote la testa.
“Ancora luoghi comuni, Davide, non ci siamo.”
“Non posso dire le cose che tu vuoi sentirmi dire.”
“E quali sarebbero?”
Il cameriere si avvicina con il vassoio delle ostriche e le tartine di aragosta. Devono aspettare di essere serviti.
“La lista dei vini, signora.”
Fiorella la scorre rapidamente.
“Direi Falanghina, ben freddo, mi raccomando.”
“Ottima scelta, signora.”
Il cameriere si ritira e Fiorella addenta una tartina.
“Dicevamo?”
“Dicevamo che sono un ragazzo con molti più talenti di quanto immagini, ma che non riesco ancora a leggerti nel pensiero.”
“Oh, ne troveresti di sorprese!”
“Ma renderebbe tutto troppo facile, non trovi?”
“Con me niente è facile.”
“Me ne sto accorgendo.”
“Sei sempre in tempo per tirarti indietro.”
“E se ti dicessi che mi piacciono le sfide?”
“Direi che hai quasi esaurito l’elenco dei luoghi comuni.”
“Bene, allora ribaltiamo il gioco: perché hai accettato di incontrarmi?”
“Perché sono curiosa. Succede sempre più spesso, a me e alle mie amiche, di essere corteggiate da ragazzini della tua età.”
“Non sono un ragazzino.”
“E il divario è talmente enorme che non riesco a capire come sia possibile. Cosa abbiamo in comune io e te?”
“Ci piacciono le ostriche, per esempio.”
“Che altro?”
“Siamo stufi della banalità che ci circonda.”
Fiorella si guarda intorno.
“Potresti scoprire che una coppia male assortita ormai è più banale di quanto immagini. Altro?”
“Siamo attratti fisicamente.”
“Mi vedi oggi per la prima volta.”
“Dimentichi le foto in rete.”
“E che sono attraente lo hai deciso da pochi pixel su Internet?”
“Non è quello che hai fatto anche tu?”
“No.”
“No?”
“No.”
“Questo vuol dire che non mi trovi attraente?”
Davide cerca di dirlo con tono ironico, ma è colpito.
“Lo vedi che sei un ragazzino?”
“E tu sei una strega. Queste ostriche sono favolose.”
Ne prende una con la forchettina e gliela porge attraverso il tavolo. Fiorella accetta di farsi imboccare, poi fa altrettanto. “Si, sei proprio una strega.”
“Siamo solo all’antipasto, Davide. Non bruciare le tappe.”
“Per me potremmo anche saltare la cena.”
“Per arrivare dove?”
“Alla conoscenza. Quella più vera, profonda, carnale.”
“Quindi si tratta di questo, sostanzialmente.”
“Conosci qualcosa di meglio?”
“Se conosco qualcosa di meglio di una sveltina nel discreto alberghetto qui accanto? Si, direi proprio di si.”
“Chi ha parlato di una sveltina?”
“La tua faccia, Davide. Stai correndo troppo con la fantasia e la fantasia, alle volte, gioca brutti scherzi.”
“Ok, madame, prendiamocela con calma. Potremmo parlare del tuo lavoro.”
“No, per carità. Non parlo d’altro tutti i giorni. Tu, piuttosto, ce l’hai una ragazza?”
“Se ce l’avessi sarei qui con te, ora?”
“Vuoi sapere quello che penso? Si, saresti esattamente dove ti trovi.”
“Infatti”, ridacchia lusingato.
“Quindi una ragazza c’è.”
“Beccato!”
“E come si chiama?”
“Rossana.”
“E’ carina?”
“Vuoi sapere se può competere con te? No, non può.”
“Perché?”
“Perché non ha niente da insegnarmi.”
“Quindi stiamo parlando del solito mito della nave scuola, giusto?”
“Che c’è di male? Te l’ho detto fin dall’inizio, una donna che sa quel che vuole, in ogni circostanza, è una vincente. Tu hai un lavoro di successo, hai una posizione, sei bella e non ti lasci scegliere.”
“Non mi lascio scegliere?”
“Esatto. Non è andata così tra noi? Non sei stata tu a pescarmi tra le facce e i ridicoli annunci di Meetic?”
“E da questo cosa si arguisce?”
“Che sei una donna cui piace fare la prima mossa, tenere ben salde le redini del gioco. Non è così?”
“Forse, ma in quanto rappresentante della categoria maschi, non dovresti sentirtene troppo lusingato.”
“Al contrario. Mi lusinga moltissimo, perché tra tanti hai scelto proprio me.”
“Potrei dirti che tu o un altro non faceva nessuna differenza.”
“E saresti ingiusta nei confronti di entrambi.”
“Tu non capisci. Non mi lascio scegliere perché se aspettassi da un uomo la prima mossa, starei fresca. Credi che gli uomini della mia età siano diversi da te? Ti sbagli. Voi maschi odiate la fatica della conquista, del corteggiamento. Trovate irresistibile una donna che ha le idee chiare, perché vi serve su un piatto d’argento ciò che più desiderate.”
“E’ vero ma insisto: che c’è di male in questo?”
“Per esempio che la tua… Rosanna?”
“Rossana.”
“Che la tua Rossana potrebbe fare esattamente come te e cercare in un uomo di vent’anni più vecchio, qualcuno che sappia farla sentire desiderata, circondata di attenzioni, ricercata come una rarità. Gli uomini della mia generazione non si sprecano con le coetanee, ma sono molto bravi a imbambolare ragazzine. Come reagiresti?”
“Rossana non è il tipo.”
“Davvero?”
“Davvero. E adesso basta parlare di lei. Come ci sei finita su un sito per cuori solitari?”
“Ci sono finita perché sono una single. Io.”
“Difficile credere che una donna come te abbia bisogno di Meetic per trovare compagnia.”
“La compagnia in realtà si trova facilmente.”
“Adesso sei tu che scadi nel luogo comune. Vuoi farmi credere che tutte le tue coetanee che si mettono on line sono alla ricerca dell’anima gemella? Dai!”
“Dimenticavo di avere davanti un vero esperto in sociologia dei rapporti umani in rete.”
“Puoi dirlo forte. Le donne dai 35 in su viaggiano su Internet alla ricerca di sesso. Del sano, vigoroso, soddisfacente sesso.”
“Parli per esperienza diretta?”
“Diciamo che si, qualche esperienza diretta l’ho avuta.”
“Qualche?”
“Sono un gentiluomo, non dimenticarlo. Però parlo a ragion veduta e credo sia giunto il momento di sfatare la concezione della donna romantica, poco interessata al sesso fine a se stesso. Soprattutto voi adulte dovreste prendere atto che il desiderio e il piacere sessuale hanno per la donna lo stesso valore che hanno per il maschio. Tutto il resto è sovrastruttura sociale, condizionamento morale e religioso.”
“Interessante punto di vista. Ma continuo a chiedermi se una simile apertura mentale valga anche per la tua fidanzata. Se anche lei, in questo momento, fosse a caccia di sesso?”
Davide si protende a prenderle le mani, ammiccante.
“Cosa vuoi sentirti dire, dolce Fiorella?”
“Fa’ uno sforzo di creatività.”
“Vuoi che ti dica che in questo momento l’unica cosa che realmente mi interessa è riuscire a portarti a letto?”
“Poco romantico ma efficace.”
“Vuoi che ti dica che non vedo l’ora di dimostrarti cosa sa fare tra le lenzuola un ragazzino come me?”
“E dicevi di non saper leggere nel pensiero.”
“Posso chiamare il cameriere e dirgli che per quelle spigole al sale sarà per la prossima volta?”
“Direi che devi.”
Davide non sta più nella pelle. Si sbraccia in direzione del cameriere che arriva rapidamente.
“Posso portare via, signori?”
“Si, e può anche portarci il conto.”
“C’è stato qualche problema, signore?”
“Nessun problema.”
“Avete qualche lamentela sulla freschezza delle ostriche?”
“Niente di tutto questo. Abbiamo semplicemente fretta”, gli strizza l’occhio, cercando una complicità tra maschi. “Metta in conto anche le spigole, se necessario.”
“Come vuole signore, il conto arriva in un attimo.”
Il cameriere si allontana.
“Finalmente l’ha capita. Dovrebbero trovare personale più perspicace.”
“La perspicacia non è una dote molto diffusa, Davide.”
“Me ne sono accorto.”
“Davvero?”
Qualcosa nel tono di Fiorella lo colpisce.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?”
“Non chiederlo a me”, gli porge il telefonino. “C’è qualcuno che vuole parlarti.”
Davide se lo porta istintivamente all’orecchio.
“Pronto?”
“Davide, mi senti?”
“Rossana? Ma cosa? Come?”
“Vuoi sapere chi è la donna che non vedevi l’ora di portarti a letto?”
“Rossana, aspetta.”
“E’ mia madre.”
“Rossana, non hai capito.”
“Ti ho capito benissimo e adesso sparisci dalla mia vita.”
Rossana ha riattaccato. Fiorella sfila dolcemente il telefonino dalle mani di Davide e lo mette in borsa. Intanto il cameriere arriva con il conto ma percepisce qualcosa di strano ed esita con il vassoio tra le mani.
“Prego”, lo incoraggia Fiorella. “Lo consegni al signore e si assicuri che le aggiunga una lauta mancia. E questa”, gli porge la rosa, “la porti alla sua fidanzata. La apprezzerà.”
Prende la borsa ed esce senza neanche uno sguardo per Davide che rimane lì, seduto al tavolo.
 

Laura, con ironia e brillantezza, ha fatto un puzzle di tutti i luoghi comuni che riguardano le MILF (se non sapete cosa significhi questo acronimo, usatemi la cortesia di googlarlo) andando poi a chiudere evidenziando una situazione che non è sicuramente rara, anzi. Sui siti di incontri sono innumerevoli i ragazzi sotto i trent'anni che cercano sesso con ultra quarantenni.
E io proprio su questo mi vorrei soffermare: d'accordo che Freud possa dire la sua, d'accordo che la maturità sessuale abbia un tempo, d'accordo pure che l'inesperto cerchi l'esperta, sia per imparare ma soprattutto, e ribadisco soprattutto, per vantare la propria capacità sessuale. A sé stesso, se la performance è buona, agli altri indipendentemente da come vada a finire la storia: l'importante è vantarsi.
D'accordo, dicevo, che le donne che hanno esperienze sessuali con uomini più giovani lo sappiano e d'accordo pure che alcune ne siano fiere, ma quel che mi preme specificare, concludendo questo post, è che:
- la pornografia influisce talmente tanto sulla nostra vita che un termine, nato negli anni ’90 in alcuni newsgroup di Internet riferito alla signora Robinson del film “Il laureato” (considerata la prima milf della storia del cinema), e diffusosi nell'ambiente porno fino a creare un vero e proprio mercato di video e foto specifico, ora fa parte della normalità nel definire una 35-50enne. Laura non ha usato questo termine e, se la conosco almeno un po', non è un caso: nessuna donna con una buona capacità intellettiva ama essere categorizzata con un termine che la annulla, che la volgarizza e ne rende un'immagine da film porno; e lei, credo, non ha voluto usarlo nemmeno per definire un personaggio di creatività per non sminuirne l'intelligenza;
- la maturità sessuale di una quarantenne, in linea di massima, è innegabilmente ciò a cui un uomo aspira, ma la maturità sessuale femminile non sottintende che la donna in oggetto abbia perso la lucidità nel gestire le proprie relazioni sessuali, in base ai propri desideri, gusti e soggettività. Traduco: una donna matura sessualmente non necessariamente si scoperebbe chiunque, pur di scopare!
- l'idea che una donna "matura" debba sentirsi lusingata dai complimenti o dai tentati approcci di un uomo più giovane, è frutto della vostra creatività! Ce ne saranno, ne sono certa, ma non stiamo sicuramente parlando di donne risolte (le quali non trovano appagamento nell'essere la Mother I'd Like to Fuck, bensì in un rapporto che appaghi la loro totale essenza);
- quando usate il termine MILF o COUGAR o qualsiasi altro termine che categorizzi una donna ricordatevi sempre che quel termine viene usato anche per definire vostra madre, vostra moglie, vostra figlia che in quel momento, qualsiasi sia il momento, viene associata a un comportamento di richiamo pornografico.

Non ci provate a dirmi che voi lo usate il termine milf, ma in senso ironico, affettuoso, carino ecc... digitate la parola MILF su Google immagini e fatemi sapere cosa ci trovate di carino e affettuoso.
Potete trovare contenuti ironici, sì... marche di abbigliamento, di tutto... 
​
Chiudo chiedendovi di ragionare su questo: categorizzare una persona, uomo o donna che sia, a livello mentale implica una deformazione (vostra) della percezione di quella stessa persona e vi limita nella conoscenza perché partite già da un pregiudizio. Stabilire a priori come andranno le cose con una donna potrebbe essere fuorviante... potrebbe riservarvi delle sorprese! 
Come ci ha narrato Laura, che ringrazio.
 


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    è uno spazio riflessivo nato nell'ambito di scambi di punti vista, sui rapporti tra uomo e donna, con Alessandro Pellizzari, giornalista e vice caporedattore di Starbene (Mondadori). Proseguito poi come spazio dedicato alle dinamiche sessuali e sentimentali, che talvolta appaiono ovvie e scontate ma non lo sono per nulla se si è in grado di abbandonare i luoghi comuni.​

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