![]() Grazie ai numerosi feedback ricevuti in settimana, so che la metafora dei biscotti è stata utile a diverse persone per comprendere più a fondo le dinamiche che si instaurano in una manipolazione. Scriviamone un'altra, allora, che uso spesso in consulenza per cercare di focalizzare l'effetto della manipolazione sulla persona che la subisce, e per spiegare da dove viene quella sensazione di stordimento che si arriva a provare. Tenterò di utilizzare un linguaggio neutro. Perdonatemi eventuali errori, ma per me ultimamente è sempre più complicato capire come devo scrivere per rispettare la forma di genere (mi sto attrezzando, però). Immaginiamo un bosco a metà mattinata di un giorno di primavera inoltrata: c'è un bel tepore, gli uccellini cantano, le farfalle passano da un fiore in sboccio a un altro, si sente il rumore di acqua che scorre poco lontano. Bei colori, profumi buoni, sani. Ci sono tutte quelle cose che indicano tranquillità, insomma. Una bella luce filtra attraverso gli alberi alti che circondano e proteggono una casa. Quella casa sei tu, immersa nel mondo che ti circonda, fatto di tante cose con le quali sei in equilibrio. Stai trascorrendo la tua giornata come d'abitudine, immersa nel tuo mondo. A un certo punto qualcuno bussa alla porta. Tu guardi fuori dalla finestra e c'è questa persona sorridente, per niente allarmante, che guardandosi intorno esprime apprezzamento sia per il contesto in cui abiti, sia per la tua casa. Passava di lì, con il suo zaino sulle spalle, e non ha potuto fare a meno di fermarsi un attimo per dirtelo. È talmente entusiasta che ti viene spontaneo offrirle un caffè. Che sarà mai: due chiacchiere con una persona gentile che ti sta facendo una gran bella impressione. Porti il caffè fuori, sul patio. Seduti lì, le due chiacchiere diventano un dialogo interessante e portano in breve a una confidenza che raramente tu concedi a qualcuno. Questa persona, però, è talmente positiva, allegra e simile a te che ne resti quasi incantat*. Hai come la sensazione, mai provata, di conoscerla da sempre. Più parlate e più ti sembra incredibile che qualcuno possa capirti così, istintivamente, in cose che solitamente racconti a chi ti circonda ma non si raggiunge mai profondità. Uccellini, farfalle, alberi, fiori... quando parli ti ascoltano, ti sono vicini, ti girano intorno e poi svolazzano altrove, nelle loro vite. È la prima volta che hai un feedback pieno, così partecipe e vivo a ciò che dici. Ma la cosa ancor più sconvolgente è quel che ti racconta di sé e il modo in cui lo fa: talmente genuino, immediato, spontaneo, che non sai più distinguere quanto la bellezza che avverti e il calore che percepisci siano effetto del sole di mezzogiorno o sia questa persona stessa a irradiarteli. Tutto è più colorato, più caldo, più vivo. Vuoi vedere che le favole esistono? Vuoi vedere che la storia dell'anima gemella, a cui forse non hai nemmeno mai creduto, è vera? Talmente alta la compatibilità, talmente tanta la piacevolezza del tempo trascorso con questa persona, che si fa l'ora del tramonto e tu ti ritrovi dispiaciut* al pensiero che la giornata stia volvendo al termine e la persona possa riprendere il suo cammino. Andarsene. Sarebbe da incosciente farla entrare in casa, la conosci da poche ore appena... ma quando si alza e fa per infilare lo zaino sulle spalle, non resisti: "Vuoi entrare?" È talmente gentile che sulle prime mostra riserve: "Sei sicur*? Non sentirti in dovere. È buio ormai, ma troverò la strada e un riparo per la notte." A quel punto, di fronte a tanta premura nei tuoi confronti, sei disarmat*. Come potresti permettere che si inoltrasse nel bosco di notte e, ancor di più, rischiare di perdere una persona simile? Apri la porta, la inviti a entrare e a sentirsi come fosse a casa sua. Appena entrata, appoggia il suo zaino con garbo e resta ammaliata dall'interno della tua casa: aveva capito già guardando da fuori che fosse bella, ma non immaginava così tanto. Wow proprio! Mostra talmente tanto entusiasmo nel guardare ogni anfratto che pure tu, che la consideravi una casa accogliente e funzionale ma piuttosto normale, prendi a vederla con occhi diversi. Occhi nuovi. Cominci ad apprezzare di più ogni angolo di te. Il tempo che trascorrete insieme è talmente piacevole che ti dimentichi di tutto. Tanto l'entusiasmo nel condividersi, raccontarsi e darsi ore di piacere, che perdi la cognizione delle ore fino a non sapere nemmeno più che giorno è. Quanto tempo è trascorso da quando questa persona è dentro te? Boh. poco, ma è come se quella fosse sempre stata casa sua, in attesa che arrivasse. Passa da un angolo all'altro con l'entusiasmo negli occhi, dando valore a tutto. TUTTO. Mostra talmente tanto amore per ogni cosa che trai assoluto piacere dal dargliela, dal condividerla. Ciò che è mio, è tuo. Io sono te, tu sei me. Mai con nessuno, finora. Mai avrei creduto che avrei incontrato una persona con la quale sentirmi come se non ci fosse nemmeno la pelle a separarci. Questa è la fase del LOVE BOMBING. Tutto straordinario, extra-ordinario, inaspettato, energia positiva alle stelle. Quella persona ama talmente ciò che sei dentro che inizia anche a prendersene proprio cura, insieme a te. Non solo ti fa ballare, ti fa ridere a crepapelle, ti fa sentire la musica come mai l'hai percepita, ti dà un ben essere che mai avevi sentito... Passano i giorni e, trasportat* dall'entusiasmo di questa convivenza, realizzi che tu non avevi mai considerato possibile la storia della mezza mela che combacia esattamente. Cioè, tu ti sei sempre sentita una mela completa, ma adesso come ti sentiresti se questa persona se ne andasse? Se non si prendesse più cura di te? Sarebbe una mancanza, allora, non eri complet*, forse. Persona talmente vera che, per il tuo bene, inizia a farti vedere come il tuo interno sarebbe anche più bello e funzionale se lo si cambiasse un po'. E tu, che adesso stai guardando con i suoi occhi, realizzi che ha ragione: quel quadro sta meglio nella parete opposta; quella poltrona nel lato a sud della casa ti consente di avere più luce naturale quando leggi; la stufa meglio metterla a nord dove fa più freddo... "Caspita, sì. Non ci avevo mai pensato, ma è ovvio. ha ragione." Quel vaso, però, sembra bruttino. "Sì, ma è un ricordo di nonna..." "Sì, ok, ma hai bisogno di un oggetto per ricordarti dell'amore ricevuto? Forse, allora, non era un amore così potente, altrimenti non avresti bisogno di un oggetto scadente per ricordartelo... Cioè, fai come vuoi, eh, ma è pure scheggiato, vecchio... a che serve tenerlo?" "Giusto, buttiamolo!" Sul vaso non eri proprio convint*, ma quella persona si sta così tanto adoperando per te che... vabbè. Passano i giorni e si trascorre sempre più tempo a sistemare cose e a buttarne altre. Sempre meno a ridere, ballare e raccontarsi e darsi piacere. Adesso, poi, la persona ha preso ad agire senza nemmeno chiedere la tua opinione. È sempre meno sorridente, sembra sempre più appesantita dal dover fare quel lavoro e, quando tu le proponi di fermarsi, di ballare, di giocare, di darsi piacere, scatta, facendoti sentire inadeguat* e irriconoscente: si sta prodigando tanto, per te, ma evidentemente tu non te ne rendi conto. Tu ci resti male, non capisci. Ti ammutolisci, nel cercare di capire cosa sia successo. Pensi pure che forse ha ragione, ti senti un po' in colpa e decidi che è meglio lasciarla fare. Quando avrà finito, sicuramente, si tornerà a ballare, ridere e tutto il resto. Stai subendo svalutazione e negazione di ciò che provi, attraverso una comunicazione perversa. Sei già nel circolo vizioso del GASLIGHTING. Vorresti la bellezza dei primi giorni e avverti una certa confusione mentale rispetto al cambiamento dell'umore. Tuo (ok, non sei stat* abbastanza riconoscente, ma non ti sembra una tragedia. O forse lo è, effettivamente, perché tu - che apprezzavi tanto la profondità - sei stat* superficiale nel non capire l'impegno che ha messo per te. Oddio, che confusione!) e suo. La tensione è alta: quella persona adesso sta agendo a testa bassa, ti rivolge a malapena la parola e, quando lo fa, sembra parlarti attraverso, come se tu non esistessi e il tuo palesarti fosse solo un intralcio, una pesantezza. Passi le notti insonni a cercare di capire come sia successo che tutto è andato a rotoli, quali siano le tue responsabilità e non ne trovi. Cioè, forse hai sbagliato, sì, ma lo hai fatto in buona fede. Non avresti mai voluto ferirla, anzi... vorresti solo potergli dare tutto il bene che puoi. L'inquietezza che provi sembra avere un'unica soluzione: affrontare la situazione apertamente, anche a rischio che se ne vada. Una mattina ti alzi, apri l'armadio per vestirti e non trovi più nulla. Entri in cucina abbastanza irritat*, chiedi dove siano i tuoi vestiti e la persona ti risponde che te l'ha detto già due volte che stanno nella stanza accanto. Non ricordi, ma boh... ti dice talmente tante cose e poi sei talmente scombussolat* in questo periodo che potresti averlo dimenticato. Fa niente, c'è da risolvere la questione principale: chiarirsi. Sei arrabbiata, vada come vada questa cosa la devi risolvere. Sei pronta, sai che litigherete, ma non si può più rimandare. Vai a vestirti mentre ripassi mentalmente il discorso che vuoi fare, che ti gira in testa da giorni. Cerchi le parole migliori per evitare di apparire inadeguata e irriconoscente, che tocchino tutti i "ma" necessari senza dichiarare una vera e propria guerra. Quando torni in cucina trovi una colazione con i fiocchi, che ha preparato solo per te, e lei è al lavoro: sta dipingendo i muri di nero, perché il giallo di prima era troppo chiassoso. Il nero non ti va proprio giù e sbotti: "Senti, fermati. Dobbiamo parlare. Così non va bene perché io non ci sto più capendo niente! Questa casa ti piaceva tanto... Era perfetta, dicevi. Adesso non va più bene nemmeno il colore delle pareti?" La persona che fa? Crolla in ginocchio, inizia a piangere sommessamente. Si scusa, ha rovinato tutto... Tu resti sbigottit*, non ti aspettavi quella reazione. Più singhiozza, più la tua rabbia sfuma lasciando il posto alle parole che quella persona tira fuori apparentemente violentandosi: c'è un dolore molto profondo dentro di lei, che non era mai riuscita a esternare con nessuno... ma ti ama talmente che con te non può frenarsi. Non avrebbe voluto dirtelo, perché è una roba veramente brutta (un trauma o una violenza subiti durante l'infanzia o anche in età adulta)... ma quelle pareti gialle le rinnovano il ricordo, il dolore. Per quello ha bisogno di cambiarle. Si scusa tanto, ti abbraccia, ti fa l'amore. GASLIGHTING a manetta. Alti e bassi senza interruzione di continuità. Non che sia esattamente come all'inizio, ma siete tornati in sintonia, insomma. Vi state parlando, ti ha dato la parte più dolorosa di sé e tu ti senti stupid* e cattiv* ad aver provato rabbia nei suoi confronti. Ti riempi di comprensione e di emozione... e di certezza che, appena i muri non saranno più gialli, tutto tornerà come all'inizio... esattamente come ti ha promesso. Le dai pure una mano, guarda... Se i muri neri la fanno stare bene, li preferisci pure tu! "E buttiamo pure giù una parete, se la senti un ostacolo." Che ti frega di una parete, se buttarla giù può significare tornare a stare bene entrambi, come prima? Solo che quella parete era portante e il tetto sembra essersi abbassato. Lei capisce la tua preoccupazione: "Ma no... è una tua sensazione, amore... tranquill* Comunque, se non ti fidi di me, domani chiamo qualcuno che lo controlli, ok?" "Non è che non mi fido di te, è che il tetto ha una crepa là, vedi?" "Ma guarda che c'era già, anche quando io sono arrivat*. Forse non l'avevi notata perché la vedevi sempre... Non è successo niente. Comunque, affinché tu sia tranquill*, domani chiamo un ingegnere. Domani non lo fa. Ma nemmeno il giorno dopo e quelli a seguire. Giorni in cui alterna continuamente la testa bassa a fare cose (facendoti capire chiaramente che se obietti sei inadeguata e irriconoscente) e giustificazioni che ti sembrano del tutto incoerenti ma che - mannaggialaputtana - sembrano sempre avere un senso (e quindi sei stat* pesante per niente. Anzi, ti aveva detto che avrebbe fatto quella cosa e tu avevi concordato, poi te ne sei dimenticat*). Ti prepara da mangiare, ogni giorno, e ogni volta che inghiotti un boccone ti sembra che abbia un gusto buono, ma alla fine ti resta un sapore sempre più amaro e nauseabondo. A questo punto, tu davvero non ci capisci più niente. Hai impiegato talmente tante energie a cercare di capire, di aggiustare le cose, di riconquistare il clima iniziale, che sei stremat*. Non hai nemmeno più la forza di ricordare esattamente cosa sia successo... È talmente lontana, ora, l'immagine di come era casa tua prima, che non la ricordi più. Non sai dove siano finite le tue cose, sai solo che non ci sono più. Questa è dissonanza cognitiva. Non hai più certezze. Non sai più cosa sia vero e cosa sia falso. Non sai più come devi comportarti, ogni cosa che fai viene interpretata in modo esattamente opposto ai tuoi intenti. La testa sembra vagare senza più possibilità di gestirla: se succede un fatto, il pensiero te ne dà un'interpretazione, ma poi ti dà anche l'interpretazione esattamente contraria... e te le fa credere entrambi plausibili. Una mattina ti svegli in preda al panico, come se avessi fatto un incubo che non si dissolve aprendo gli occhi. Ti trascini in cucina, è tutto molto buio, nero, vuoto. Mancano anche le poche cose che ti sembra di ricordare che ci fossero la sera prima. La colazione pronta sul tavolo è cibo muffo e rinsecchito che la persona, però, ti dice essere una prelibatezza. Tu hai la nausea solo a vederlo, ma ti gira la testa, non hai proprio la forza di obiettare. Mangi lentamente per tenere placato il disgusto e taci, mentre guardi la crepa sul soffitto e temi possa cedere da un momento all'altro. La persona davanti a te lo capisce e mette le carte in tavola: ti fidi di lei o no? Tu vorresti solo riaddormentarti e svegliarti nella tua casa di prima che manco ricordi. E lei lo sa. Ti chiede apertamente se vuoi che se ne vada, magari, e tu non rispondi perché la nausea che senti è talmente forte che i conati di vomito ti chiudono la gola. La persona continua a parlare, parlare, parlare. Dice che sei tu che devi scegliere. Dice cose che non riesci a capire e, sorreggendoti, ti accompagna fuori, per dimostrarti che il tetto della casa è al suo posto. Ti fa sedere lì, sfinita, fuori da quella te stessa che tu ormai vedi solo come vuota, nera, brutta, sporca, rotta. Ti guardi intorno ed è arrivato l'inverno. Freddo, nebbia, alberi spogli, nessun fiore e nessuna farfalla. È tutto tetro. Ti rendi conto che sei stata talmente impegnata dentro, da dimenticarti completamente del fuori. Ti accorgi anche che non ci sono più le piante che coltivavi e le poltrone del patio, che servivano anche ad accogliere gli altri. Ti sei lasciata andare in un isolamento totale, senza nemmeno rendertene conto, concentrando tutto su ciò che quella persona stava determinando. "Come ci sono finit* in questa situazione?" La persona ti guarda, ti accarezza, e ti dice che sei tu a vedere tutto nero, a non vedere la bellezza di quei cambiamenti. Sei stremata, ma no... la bruttura è davanti ai tuoi occhi, la vedi. "Perché mi hai fatto tutto questo?" le chiedi a voce alta. Ma solo in quel momento ti rendi conto che, quella persona, non c'è più. È sparita. La chiami e non risponde. Hai freddo. Ti gira la testa. Ti senti esanime. Decidi di rientrare in casa e vaffanculo, ma quando fai per aprire la porta ti rendi conto che è chiusa e capisci che la persona si è portata via la chiave per aprirla. Le forze ti mancano, ti accasci lì, sulla soglia di te stess*. E resti immobile, pensando che tornerà presto. Passi le ore e i giorni in attesa, chiamando, chiedendoti dove sia andata e perché ti abbia lasciata senza darti nemmeno dirti dove sarebbe andata e soprattutto perché. Entri nel loop del bisogno di riavere la chiave. Ti fai forza e ti alzi a cercare la persona, affrontando senza forze il bosco che adesso ti sembra solo un ostacolo. E più ti allontani da casa, più avverti il senso di paura, pericolo, di fine che si avvicina. Vuoi che quella persona ti restituisca la chiave per poterti riappropriare di te stess*. Ma quella persona non tornerà, non adesso. Ha messo in atto lo SCARTO. La tua casa è diventata talmente brutta e vuota che non gli interessa più. Tu non te ne sei res* conto, ma tutte le tue cose le ha man mano accatastate fuori da te e se l'è vendute, le ha usate, bruciate, per trarne energie per sé. Abbruttendo la tua casa, ha potuto godere del piacere di vedere meno brutta la sua in cui viveva prima. Che è una casa inabbellibile: per quanto quella persona provi a migliorarla, è talmente un tugurio strutturale che non potrà mai sentirla accogliente. Probabilmente, mentre tu stai lì ad aspettare che torni e ti dia la chiave, quella persona sta già in casa di qualcun altro a cercare di fargli esattamente ciò che ha fatto a te. La chiave, nella metafora, rappresenta il confronto che, per le persone adulte, è il modo di elaborare un conflitto. Trovare un compromesso o chiudere la relazione, ma farlo in due, prendendo a vicenda una posizione sincera rispetto all'accaduto. Chiave che non otterrai mai da una persona con un disturbo narcisistico della personalità, perché ha bisogno di mantenere la possibilità di accedere a quella casa quando vuole - seppur ormai brutta e logora. Alle brutte sarà sempre un riparo, qualora non avesse a disposizione una casa più bella in cui stare. A questo punto, tu come ti senti? Disarmat*. Vuoi uscire da tutto questo malessere, ma non hai idea di come sia possibile farlo, senza quella chiave. Ti senti incapace di fare qualsiasi cosa, di muoverti in qualsiasi direzione. Il terrore che ogni passo possa essere un passo falso. La sensazione di morte imminente, che sembra un'esagerazione ma io so che è quella che avverti. Si chiama immobilità emotiva ed è una conseguenza del turbinio emotivo che hai vissuto, della svalutazione e della negazione del Sé che hai subito, fino a perdere autostima e autodeterminazione. Sei fuori da te stess*, non puoi nemmeno più accedere a quei muri che ti erano rimasti e sentirti al sicuro almeno un minimo. La tua sopravvivenza sembra dipendere da quella chiave. La tua sopravvivenza emotiva dipende dall'ottenere una risposta, dal capire se davvero è stata tutta illusione o cosa. Cosa puoi fare? So che istintivamente ti viene da continuare a cercare di ottenere la chiave. Te la deve, per tutti i danni che ti ha arrecato. Te la deve, per consentirti di uscire dal malessere. Alterni momenti di confusione mentale altissima alla rabbia, sia nei suoi confronti, sia nei tuoi. Tu di quella chiave ne hai bisogno! È tua. So anche che, nonostante tutto, sei talmente delus* dall'esserti fatt* fregare che ti maledici, ma al tempo stesso continui a sperare che sia solo un incubo dal quale ti sveglierai: che, nel confronto, quella persona si ravveda e ti conceda di pensare che non sei stat* così stupid*. Non succederà. Quel confronto non lo avrai. Tutt'al più otterrai comportamenti ambigui, promesse di riavere presto la chiave, ma anche esattamente niente. Indifferenza. Più cercherai di riavere la chiave, più ti sfinirai e permetterai a quella persona di capire che può tornare quando vuole, perché dipendi totalmente da quella chiave. Prova a fermarti un attimo, a respirare molto profondamente, ad accettare di essere stat* fregat*. Poi ci torniamo su, a questo fatto. Una porta, come si apre se non si ha la chiave? La si prova a buttare giù a calci. Ma ci vuole la forza necessaria. Se te la senti, puoi tentarci e magari anche riuscirci. Una volta entrat*, non pretendere di avere le forze necessarie per rimettere a posto casa subito, ok? Coricati in un angolo, guardala. Prendi consapevolezza di quanta devastazione ha subito e non arrabbiarti con te stess*. Hai accolto quella persona con tutto il bene che potevi e ti sei fidat* di ciò che sentivi (come sai se hai letto i post precedenti): non avresti potuto capire gli intenti di quella persona, quando l'hai conosciuta. E, se non hai potuto capire nemmeno dopo, è perché quella persona ti ha intenzionalmente drogato mettendo in atto schemi comportamentali che tu non avresti potuto annientare, non avendo gli strumenti e nella convinzione che fosse una relazione normale. La relazione con una persona affetta da un disturbo narcisistico della personalità NON È UNA RELAZIONE NORMALE. È paragonabile alla progressiva assunzione di sostanze che creano dipendenza, senza averne consapevolezza. Lascia DAVVERO perdere chi ti dice che sei stat* inett* a non accorgerti di ciò che succedeva: se ti dicono questo, significa che non hanno proprio la minima idea di cosa sia una manipolazione, ok? Lascia perdere anche chi ti dice che devi tirarti su e basta, che non si può morire appresso a una persona del genere. Non capiscono che sei chius* in una dipendenza pari a quella da stupefacenti. Confidati con chi ti dà comprensione, per alleggerire il carico emotivo, ma evita di parlarne con chiunque e di ascoltare i consigli che arrivano da ogni parte. Affidati a una persona che ha competenze e, non conoscendoti, potrà aiutarti con oggettività, trovando con te le strategie personalizzate adeguate a rimettere a posto casa e anche a cambiare la serratura... in modo che quella persona non possa più rientrare. Immagino che tu, che forse sei lì fuori dalla porta e hai già dato calci a ripetizione ma non sei riuscit* a rientrare, ti stia abbattendo ancora di più. Non farlo. La tua forza dipende inesorabilmente da quante ne hai già dovute usare. C'è un altro modo: chiamare una persona che scardini la serratura (e intendo un professionista competente) e la cambi proprio. Che ti accompagni dentro casa e ti faccia da spalla nel prendere atto che quella casa è cambiata, ma non è caduta. Ti guiderà nel capire quali sono i punti di forza e quali quelli da rinforzare. Non tornerà più la stessa, ma potrà essere di nuovo sicura, accogliente e farti sentire bene. Non puoi pensare che accada in fretta perché i lavori da fare sono tanti, strutturali prima e di abbellimento dopo. La cosa fondamentale è che te ne sei riappropriat* e che, una volta cambiata la serratura, devi prenderti il tempo di lavorarci con le energie che hai e che riacquisterai man mano, un lavoretto alla volta. Cambiare la serratura è una decisone che devi prendere tu, però. E capisci quanto sia fondamentale. Perché se inizi a sistemare casa e quella persona rientra... manderà all'aria tutto e sarà sempre più devastante, perché questa volta la struttura è ancora precaria e tu hai ancora poche energie per opporti. C'è un solo modo per cambiare quella serratura: mettere in atto il NO CONTACT. Ma ne parliamo al prossimo post, ok? Adesso concentrati nel guardare la tua casa, prendi atto che dovrai lavorarci ma focalizzati soprattutto sul fatto che non è caduta. Ha rischiato, ma non è caduta.
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![]() Per affrontare qualsiasi discorso sulle manipolazioni, ma soprattutto sulla questione narcisistica, è necessario aver capito che tutti siamo narcisisti e chi lo è in termini patologici non ce l'ha scritto in fronte, uomo o donna che sia. Il narcisismo è una componente della personalità, funzionale ad amare sé stessi e fondamentale per sviluppare una vita equilibrata. È una caratteristica sana, insomma, della personalità che è un’architettura relativamente stabile di tendenze comportamentali (tratti), stili cognitivi, preferenze (o motivi), disposizioni valutative (o atteggiamenti) che permettono di riconoscersi e di distinguersi dagli altri. Per semplificare, immaginiamoci una linea retta che rappresenta lo 0 della personalità, sulla quale sono allineate tutte le componenti e tutte le caratteristiche in perfetto equilibrio tra il meno e il più (prima immagine). La giusta misura di tutto. Nessuno di noi è così: abbiamo tutti caratteristiche più o meno preponderanti che non sono altro che l’ingrediente specifico della personalità unica di ognuno, ok? Diciamo che in una struttura di personalità funzionale i tratti restano tutti dentro certi limiti e interagiscono tra loro senza creare grossi casini, compensandosi. Casini che nascono invece quando uno o più tratti superano il limite al punto da condizionare la funzionalità della personalità. Quando la componente narcisismo è un po' più "alta", c'è un eccesso di vanità, che serve solitamente a compensare un difetto di autostima. La persona ha bisogno di un ritorno, di un riconoscimento importante da parte degli altri perché qualcosa non è andato benissimo nel processo della determinazione del sé durante lo sviluppo della personalità, ma non è così impattante da determinare un disturbo vero e proprio. Se, invece, nella fase di sviluppo qualcosa è andato molto storto (cosa, ne parleremo in un altro post), quindi autostima e determinazione del sé sono rimasti bassissimi (e si è sviluppata solo l'empatia cognitiva ma non quella affettiva) succede quello che vedete nella seconda figura. La caratteristica prevarica tutte le altre, condizionando la persona al punto che accentra tutte le attenzioni e tutte le energie sul sé, come una fissazione che non si limita a essere funzionale a sé stessa ma, appunto per la bassa autostima e determinazione del sé che la determinano, ha bisogno di trovare negli altri una continua conferma che il proprio sé sia grandioso. Come se avesse dentro un vuoto da colmare. Un vuoto che non ha fondo. Non riconoscendo gli altri come pari, ma solo come rifornitori di stima, in una relazione paritaria non otterrebbero abbastanza amore (inteso come riconoscimento affettivo spontaneo) per colmare il loro bisogno. Riprendiamo quel che abbiamo detto sopra: tutti abbiamo una componente narcisista. per questo, tutti tendiamo in qualche modo a far sì che gli altri ci riconoscano nel modo che piace a noi, no? Vi introduco una metafora che, chi è stato in consulenza da me, conosce già molto bene. Pensiamo alla stima come fossero BISCOTTI! In una relazione sana, due partner producono ognuno biscotti per sé (autostima) e biscotti per l'altro (stima), riuscendo così a mantenersi appagati entrambi. Una persona che ha un disturbo narcisistico della personalità, invece, vede il partner solo ed esclusivamente come una macchina che produce di biscotti. Non essendo dotato di empatia affettiva, il narcisista patologico non ha alcuna possibilità di interessarsi affettivamente al sentire e all'appagamento dell'altro. Risponde al vuoto interiore che deve colmare, quindi, usa l'empatia cognitiva per capire come si sente l'altro solo allo scopo di determinare in lui una certa risposta emotiva che lo porterà a produrre sempre più biscotti. E usa strategie affinché il partner desideri proprio produrre sempre più biscotti. Il patologico, attribuendo la propria fame e la propria assenza di energia a cose brutte che gli sono successe, a persone che gli hanno rubato i biscotti, spesso non chiede esplicitamente biscotti, anzi... usando la comunicazione perversa fa intendere al partner di non volerli, perché non vuole essere di peso, perché non li merita, perché non vuole imporre niente, ecc. Il partner, che ovviamente vuole il bene dell'amato, aumenta la produzione di biscotti perché appagare l'altro è un sentimento spontaneo e piacevole, per chi è innamorato, no? Cioè, in una relazione normale lo è. E lo è anche pensare che, dando moltissimi biscotti all'amato, questi riacquisterà presto energia e ricomincerà a produrre biscotti anche per lo scambio. Ma in questa relazione i biscotti prodotti per il patologico non bastano mai... il vuoto da colmare è a perdere. Quindi, il partner - aumentando crescentemente la produzione - arriverà a sfinirsi, a perdere ogni energia e perfino a cedere i biscotti necessari al proprio autosostentamento (autostima). Ecco perché la sensazione di vuoto interiore in cui si trova chi ha una relazione con chi è portatore di un disturbo narcisistico della personalità. Ci si svuota per riempire il vuoto dell'altro. Facendo un paragone tra il narcisista sano e quello patologico, possiamo dire che le persone sane producono biscotti per il proprio sostentamento e biscotti da scambiare nella relazione, mentre, i narcisisti patologici mangiano e basta. Vogliamo contestualizzare la metafora nelle fasi di manipolazione? Durante il primo periodo, con il LOVE BOMBING, il narcisista patologico fa uso di tutte le energie che ha per produrre temporaneamente una quantità spropositata di biscotti e ne inonda la persona che ha individuato come potenziale produttrice di biscotti. La scelta della persona dipende dal ruolo che intende darle. È sbagliato credere che le persone con disturbo narcisistico di personalità manipolino solo persone con problemi di dipendenza (fame affettiva). Solitamente scelgono in base al proprio potenziale di manipolazione (serve tanta energia per manipolare una persona con forte determinazione del sé) e al ruolo che intendono dare a quella persona: - per una relazione stabile, a lungo termine, una persona che ha problemi di dipendenza affettiva è la scelta migliore perché, anche se ha poca energia altalenante e produce pochi biscotti, difficilmente si rifiuterà di produrli e ancor più difficilmente deciderà di smettere. Poco, ma sempre, è un riferimento certo, una base sicura. - per una relazione a breve termine, un'ottima produttrice di biscotti (tanta autostima e tanta energia) è la sfida plus: è una persona che non ha fame, quindi, il narcisista patologico produce biscotti speciali, quelli che sa piacerle tanto (lo ha scoperto attraverso l'empatia cognitiva: tanta attenzione a tutti i dati che riesce a raccogliere) e ai quali non saprà resistere, magari solo per golosità, per la sensazione di aver incontrato un fine degustatore. C'è uno scambio di biscotti straordinariamente buoni e in abbondanza mai vista. Nella fase di GASLIGHTING, il narcisista patologico rallenta la produzione di biscotti e inizia a mangiarli solamente... motivando con qualche acciacco casuale e sfortunato della macchina che produce biscotti. Poi inizia anche a mettere in dubbio che i biscotti prodotti dal partner siano buoni come erano prima (SVALUTAZIONE), determinando così nel partner un impegno aggiuntivo: non capisce, produce i biscotti sempre con molta attenzione, dedizione... e gli sembrano buoni. Ma per l'amore che prova, che fa? Si impegna di più, prova a cambiare ingredienti seguendo le indicazioni che il manipolatore gli dà tra le righe. Più si impegna e più il manipolatore reagisce con disgusto a quei biscotti, magari insinuando che non ci sia più amore nel produrli o immettendo la figura di un terzo che produce biscotti molto più buoni. Comunicazione perversa, che produce dissonanza cognitiva: la persona manipolata non ci capisce più niente; produce sempre più biscotti nella convinzione di aver davvero sbagliato qualcosa e per dimostrare che invece li produce con amore. In questa fatica emotiva, che il manipolatore gestisce invece con la razionalità (empatia cognitiva), la persona manipolata arriva a dare tutti i biscotti che ha pur di dimostrare che lo fa con amore, eccome! Sforna biscotti e perde energia, sforna biscotti e perde energia,... fino a sfinirsi. Fino a non riuscire più a sfornare biscotti nemmeno per il proprio sostentamento. Una macchina da produzione di biscotti, che non produce praticamente più biscotti, è inutile. Quindi, viene scartata. SCARTO che il manipolatore mette in atto inducendo il partner a guardarsi per quello che è in quel momento: primo di energia, brutto, inutile. Ben lontano dalla meraviglia di energia che era all'inizio. A nulla vale cercare di recuperare o di avere un confronto oggettivo sulle quantità e sulla qualità di biscotti prodotta, anzi. Perché con la comunicazione perversa il manipolatore non farà altro che ricavare uno spazio sospeso, di misunderstanding, che gli potrebbe servire un giorno, qualora vedesse che avete recuperato energia e siete di nuovo potenziali produttori di biscotti. In quel caso, tornerà, se non ha un miglior produttore di biscotti a disposizione in quel momento. E lo farà con la scusa di chiarire il misunderstanding, o addirittura attribuendo la colpa a sé, a qualcosa che gli è successo, ecc. Proprio per questo, anche quando scarta, mette in atto le tecniche di ORBITING: presente quando gli scrivete, visualizza e non risponde? Però su Instagram mette like a quella frase d'amore rivolta a lui, a quanto vi manca, a quanto stavate bene insieme. O cuora un vostro selfie. O lo incontrate "casualmente" davanti ala palestra in cui sa benissimo che andate ogni venerdì pomeriggio alle 17, ma "Passavo di qui per caso". E voi lì appesi, nell'illusione che stia soffrendo per voi, come voi, che abbia bisogno di vedervi, ecc. No. Vi sta solo dando qualche biscotto per mantenere aperta la porta dalla quale poter rientrare nel vostro forno e mangiare biscotti nel momento in cui non avrà nessuno che sforni biscotti per lui e il livello del suo vuoto interiore stia andando in riserva. Mi fermo qui, nella speranza che questa metafora sia d'aiuto per comprendere che il vuoto a perdere è qualcosa di strutturale, che non dipende dalla volontà di chi manipola... Non può fare altro che provare a riempirlo in questo modo, ma non è colmabile. L'unica possibilità è che intervengano professionisti (psicologo e psichiatra, che riempiano il vuoto almeno parzialmente con psicoterapia e psicofarmaci che funzionano come pillole sazianti). Per i normali produttori di biscotti, invece, non c'è possibilità di riempire vuoti a perdere senza sfinirsi. E più ci si sfinisce, più sarà difficile riprendere a produrre biscotti, anche per sé. E più non se ne producono per sé, più sarà impossibile produrne per altri, soprattutto senza temere che di nuovo si tratti di una persona che vuole solo mangiare. Basilare, prima di immettersi in un'altra relazione, riportare " a regime" il proprio livello di autostima e determinazione del sé. Al di là di tutte le narrazioni romantiche, le relazioni funzionali sono quelle in cui entrambi i partner danno e ricevono. Certo, ci sono momenti in cui uno ha più bisogno dell'altro e viceversa, ma serve mantenere sempre un equilibrio tra i biscotti che si producono per sé e quelli per gli altri. Un modo semplicistico, forse, ma funzionale a restare vigili sul senso della relazione e a non sfinirsi in relazioni dannose.
Qualche tempo fa, dopo un post Fb sul narcisismo patologico (più correttamente: Disturbo narcisistico della personalità), mi sono trovata a parlare in privato con un uomo che si autodefinisce narcisista patologico.
Persona che apprezzo, con la quale siamo finiti a fare considerazioni sul fatto che, quando c'è un NP maschio al centro, dire "Attenta!" alle donne che gli stanno intorno (ignare) non è funzionale, perché si ottiene l'effetto esattamente contrario. Un po' perché noi donne per condizionamento socio-educativo abbiamo questa spinta alla convinzione di poter "guarire" l'altro, un po' perché non possiamo di certo credere che quello spettacolo di uomo sia tutt'altro da ciò che percepiamo direttamente di lui, che facciamo? Usiamo quel consiglio per dimostrare a lui che siamo dalla sua parte, che noi lo capiamo, ecc. Convinte che chi dice "Attenta!" lo faccia per invidia, per bruciargli il terreno intorno solo per una questione di "gelosia". Anche perché, diciamolo, succede anche questo, non esclusivamente quando c'è un NP di mezzo e nemmeno troppo di rado. Non siamo bravissime, ancora, a supportarci l'un l'altra... e di conseguenza, facciamo più fatica a fidarci. Non lo facciamo proprio, se quell'uomo al quale ci dicono di stare attente ci sembra Dio sceso in terra. I social, su queste dinamiche, hanno un impatto ancor più importante: sia perché il mezzo consente facilmente al NP di costruirsi il personaggio come vuole (mentre dal vivo è ovviamente molto più impegnativo), sia perché i social sono vera e propria fonte dalla quale attingere quell'attenzione che diversamente, da chi lo conosce davvero, non ha più. Succede quindi, sovente, che sul social il NP appaia come un'amalgama straordinaria di allegria, bellezza, ironia, bontà e chi più ne ha più ne metta. Si espone dipingendosi dalla parte delle donne, palesemente contro tutte le ingiustizie del mondo ed è brillantemente seducente. Spesso racconta di averne ha passate di tutte i colori per colpa delle donne, ma se ne prende la colpa eh: ha scelto la donna sbagliata, si è lasciato irretire, ma sa che tu sei diversa. Spessissimo ti stava cercando. Aveva proprio smesso di cercare perché pensava che tu non esistessi. Talmente capace nel costruire il proprio personaggio e diventarlo, che mai e poi mai potresti pensare che stia recitando. Non ho scritto "fingendo" perché non finge, recita la parte così come succede a teatro ai migliori attori: diventa proprio il personaggio. Di fronte a quel "Attenta!" pochissime donne possono credere che sia davvero un consiglio spassionato. Sono più portate a pensare che sia una mossa di gelosia o di vendetta, se tra i due c'è stato un trascorso. Succede, quindi, che si rafforzi l'idea che davvero quell'uomo non sia stato compreso. Del resto magari lui sta già scrivendo in privato "Come mi capisci tu, nessuna mai." Se al centro c'è un NP, chi scrive "Attenta!" può farlo per diverse motivazioni: - se non è entrata in relazione profonda con lui, perché nell'approccio ha subito riconosciuto il disturbo di personalità (ne ha competenza, oppure esperienza), ci tiene a mettervi in guardia; - se è entrata in relazione profonda ed è ancora dentro alla dinamica di manipolazione in fase di scarto (lui l'ha scartata), lo fa effettivamente per un discorso di gelosia, anche se spesso provocata dalla triangolazione che il NP ha messo in atto (oltre che splendido attore, diventa anche ottimo regista di dinamiche tra pretendenti: si nutre della gara per averlo); non è una gelosia che nasce spontanea, insomma: è voluta, provocata da lui che mette in atto indifferenza nei confronti di questa, e palesa pubblicamente l'interesse per l'altra. Gli serve: due donne che competono per averlo sono manna; non c'entrano nulla i sentimenti, sia chiaro: il suo obiettivo è l'approvvigionamento narcisistico, niente altro; - se è uscita dalla relazione, lo fa esclusivamente perché riconosce i comportamenti del NP, i suoi schemi, e le dispiace pensare che state rischiando di vivere quella sofferenza in cui lei è finita annientata e dopo la quale ha dovuto faticare enormemente per riprendersi in mano. Faccio questo discorso perché diverse volte mi trovo io stessa a voler dire "Attenta!" a qualcuna riguardo a diverse persone che conosco e, per competenza o conoscenza, sono certa di non sbagliarmi. Ma desisto, per evitare di rafforzare quella dinamica per la quale la donna consigliata finirebbe a investire emotivamente ancora di più in quella relazione. È una situazione che non ha una soluzione "buona". Desistere è come lasciare una potenziale vittima al suo destino. Intervenire è un po' come fornire un assist al NP. Quante volte vi è successo di dire "Attento!" a qualcuno e vedere poi distorcere il vostro intento buono? Quando c'è di mezzo un NP, succede sempre. So che, quando si legge qualcosa rispetto a questo disturbo, la risultante sembra sempre una caccia alla streghe ma in realtà questo succede solo perché analizziamo la relazione in termini empatici mentre nel NP l'empatia emotiva non esiste. E non lo dico per screditarli, ma perché è una caratteristica propria di chi è portatore della patologia. Non è che non vuole amarvi, volervi bene: è proprio impossibilitato a farlo. È invece molto dotato di empatia cognitiva... cosa significa? Che non potendo empatizzare emotivamente, ha imparato alla perfezione quali comportamenti deve mettere in atto per provocarvi certe emozioni, sensazioni o sentimenti. Sa che se vi dice che come voi, nessuna mai vi porterà a sentirvi uniche e a legarvi in un legame che ai vostri occhi è indice di unicità. Di extra-ordinarietà. Sia chiaro che il NP non sta bene, non è felice, non è niente di ciò che appare... la sua vita è un totale dipendere dal bisogno di sentirsi il migliore, il più amabile, il più desiderato, il più degno di attenzione. Se quell'attenzione decade, va in tilt. E, aggiungo, non necessariamente ha bisogno di un riconoscimento positivo: trae approvvigionamento anche dal vostro stare male, dal sapere che fareste qualsiasi cosa per lui, per riaverlo. Questo il motivo per cui è difficile uscirne: è un meccanismo perverso. Se le persone sane traggono ben essere dalle situazioni positive, in cui entrambi i partner stanno bene, in una relazione con un NP l'equilibrio non esiste: - nella prima fase, quella dell'idealizzazione (love bombing) lui fa di tutto per farvi vivere il paradiso, confacendosi al vostro ideale di uomo; e voi traete un appagamento emotivo enorme, incredibile. Tutto questo perché vi fa vivere un'euforia che scatena un rilascio di endorfine da sballo. Anche lui sembra al settimo cielo, eh. Sembra. In realtà sta investendo una quantità enorme di energie per rendervi dipendenti, per far sì che non abbiate scampo nella fase successiva. - nella seconda fase, quella di svalutazione, il NP diventa freddo e indifferente, mettendo in atto continue critiche e svalutazioni sulla vittima che appare confusa poiché non capisce cosa stia accadendo. Sperimenta un forte stress, si sente infelice, le sembra di “camminare sulle uova”. Confusa dal comportamento incomprensibile del narcisista, la vittima lavora di più per compiacerlo, nella speranza di recuperare il rapporto che aveva assaporato all’inizio. Mette in dubbio sé stessa, prova a far di tutto per essere adeguata (e quindi amata). Privata della "droga narcisistica” (le endorfine) la vittima sperimenta i sintomi dell’astinenza con ansia, rabbia, tristezza; e per far fronte a questi stati d'animo mette in atto una serie di meccanismi inconsci di difesa (negazione, razionalizzazione, modelli regressivi di comportamento infantile, ecc) che rappresentano l’unico modo per poter sopravvivere all'ansia. Questa è la fase vera e propria del gaslighting: la vittima diventa ostaggio del grandioso e patologico sé del narcisista. Il narcisista la guarda con disprezzo; la concepisce come impotente, inferiore e priva di valore ma allo stesso tempo anche la fonte attraverso la quale alimentare il suo bisogno di sentirsi potente. Qui il paradosso: quanto più la vittima mostra la sua angoscia quanto più chi ne abusa alimenta il proprio narcisismo. Abuso che si manifesta attraverso la violenza verbale e fisica, la svalutazione delle capacità intellettive, della sessualità, della creatività. Svaluta ma al tempo stesso ha bisogno della vittima per autoalimentare il senso di sé grandioso: “Fai schifo, sei inadeguata a me, ma non ti azzardare a lasciarmi”. Per la vittima è difficile fuggire alla trappola. Quanto difficile, ce lo dicono tutti i femminicidi. - la fase di rigetto: è la conclusione, lo scarto. L’interesse per la vittima ormai "inerme" decade. Il NP resiste a tutti i tentativi di salvataggio del rapporto, ha un atteggiamento da bullo (non risponde, si nega) ed è totalmente indifferente a qualsiasi necessità o desiderio della vittima. Sparisce, senza dare spiegazioni. Se lei rimane ancorata a questo livello (cosa che lui spesso predispone nella fase di Love Bombing dicendo "Se anche andrò via, un giorno, tornerò sempre da te perché tu sei l'unica che mi ha amato davvero. Passassero anche dieci anni, tornerò") rafforza solo il senso di potenza del narcisista e gli lascia la possibilità di ripresentarsi. Cosa che succede solitamente quando la vittima ha ripreso almeno in parte vitalità, allegria. Mi fermo. Volevo scrivere solo alcune righe e invece mi sono persa in un'elaborazione forse fin troppo tecnica. Sia chiaro che ho parlato in termini di NP maschio perché le dinamiche sono un po' diverse a seconda del genere di chi manipola usando la comunicazione perversa. Non meglio o peggio, diverse. E perché oggi c'è una donna in particolare alla quale vorrei dire "Attenta!". |
GRAZIA SCANAVINI
Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo per favorire l'emancipazione dalle relazioni tossiche
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