![]() Grazie ai numerosi feedback ricevuti in settimana, so che la metafora dei biscotti è stata utile a diverse persone per comprendere più a fondo le dinamiche che si instaurano in una manipolazione. Scriviamone un'altra, allora, che uso spesso in consulenza per cercare di focalizzare l'effetto della manipolazione sulla persona che la subisce, e per spiegare da dove viene quella sensazione di stordimento che si arriva a provare. Tenterò di utilizzare un linguaggio neutro. Perdonatemi eventuali errori, ma per me ultimamente è sempre più complicato capire come devo scrivere per rispettare la forma di genere (mi sto attrezzando, però). Immaginiamo un bosco a metà mattinata di un giorno di primavera inoltrata: c'è un bel tepore, gli uccellini cantano, le farfalle passano da un fiore in sboccio a un altro, si sente il rumore di acqua che scorre poco lontano. Bei colori, profumi buoni, sani. Ci sono tutte quelle cose che indicano tranquillità, insomma. Una bella luce filtra attraverso gli alberi alti che circondano e proteggono una casa. Quella casa sei tu, immersa nel mondo che ti circonda, fatto di tante cose con le quali sei in equilibrio. Stai trascorrendo la tua giornata come d'abitudine, immersa nel tuo mondo. A un certo punto qualcuno bussa alla porta. Tu guardi fuori dalla finestra e c'è questa persona sorridente, per niente allarmante, che guardandosi intorno esprime apprezzamento sia per il contesto in cui abiti, sia per la tua casa. Passava di lì, con il suo zaino sulle spalle, e non ha potuto fare a meno di fermarsi un attimo per dirtelo. È talmente entusiasta che ti viene spontaneo offrirle un caffè. Che sarà mai: due chiacchiere con una persona gentile che ti sta facendo una gran bella impressione. Porti il caffè fuori, sul patio. Seduti lì, le due chiacchiere diventano un dialogo interessante e portano in breve a una confidenza che raramente tu concedi a qualcuno. Questa persona, però, è talmente positiva, allegra e simile a te che ne resti quasi incantat*. Hai come la sensazione, mai provata, di conoscerla da sempre. Più parlate e più ti sembra incredibile che qualcuno possa capirti così, istintivamente, in cose che solitamente racconti a chi ti circonda ma non si raggiunge mai profondità. Uccellini, farfalle, alberi, fiori... quando parli ti ascoltano, ti sono vicini, ti girano intorno e poi svolazzano altrove, nelle loro vite. È la prima volta che hai un feedback pieno, così partecipe e vivo a ciò che dici. Ma la cosa ancor più sconvolgente è quel che ti racconta di sé e il modo in cui lo fa: talmente genuino, immediato, spontaneo, che non sai più distinguere quanto la bellezza che avverti e il calore che percepisci siano effetto del sole di mezzogiorno o sia questa persona stessa a irradiarteli. Tutto è più colorato, più caldo, più vivo. Vuoi vedere che le favole esistono? Vuoi vedere che la storia dell'anima gemella, a cui forse non hai nemmeno mai creduto, è vera? Talmente alta la compatibilità, talmente tanta la piacevolezza del tempo trascorso con questa persona, che si fa l'ora del tramonto e tu ti ritrovi dispiaciut* al pensiero che la giornata stia volvendo al termine e la persona possa riprendere il suo cammino. Andarsene. Sarebbe da incosciente farla entrare in casa, la conosci da poche ore appena... ma quando si alza e fa per infilare lo zaino sulle spalle, non resisti: "Vuoi entrare?" È talmente gentile che sulle prime mostra riserve: "Sei sicur*? Non sentirti in dovere. È buio ormai, ma troverò la strada e un riparo per la notte." A quel punto, di fronte a tanta premura nei tuoi confronti, sei disarmat*. Come potresti permettere che si inoltrasse nel bosco di notte e, ancor di più, rischiare di perdere una persona simile? Apri la porta, la inviti a entrare e a sentirsi come fosse a casa sua. Appena entrata, appoggia il suo zaino con garbo e resta ammaliata dall'interno della tua casa: aveva capito già guardando da fuori che fosse bella, ma non immaginava così tanto. Wow proprio! Mostra talmente tanto entusiasmo nel guardare ogni anfratto che pure tu, che la consideravi una casa accogliente e funzionale ma piuttosto normale, prendi a vederla con occhi diversi. Occhi nuovi. Cominci ad apprezzare di più ogni angolo di te. Il tempo che trascorrete insieme è talmente piacevole che ti dimentichi di tutto. Tanto l'entusiasmo nel condividersi, raccontarsi e darsi ore di piacere, che perdi la cognizione delle ore fino a non sapere nemmeno più che giorno è. Quanto tempo è trascorso da quando questa persona è dentro te? Boh. poco, ma è come se quella fosse sempre stata casa sua, in attesa che arrivasse. Passa da un angolo all'altro con l'entusiasmo negli occhi, dando valore a tutto. TUTTO. Mostra talmente tanto amore per ogni cosa che trai assoluto piacere dal dargliela, dal condividerla. Ciò che è mio, è tuo. Io sono te, tu sei me. Mai con nessuno, finora. Mai avrei creduto che avrei incontrato una persona con la quale sentirmi come se non ci fosse nemmeno la pelle a separarci. Questa è la fase del LOVE BOMBING. Tutto straordinario, extra-ordinario, inaspettato, energia positiva alle stelle. Quella persona ama talmente ciò che sei dentro che inizia anche a prendersene proprio cura, insieme a te. Non solo ti fa ballare, ti fa ridere a crepapelle, ti fa sentire la musica come mai l'hai percepita, ti dà un ben essere che mai avevi sentito... Passano i giorni e, trasportat* dall'entusiasmo di questa convivenza, realizzi che tu non avevi mai considerato possibile la storia della mezza mela che combacia esattamente. Cioè, tu ti sei sempre sentita una mela completa, ma adesso come ti sentiresti se questa persona se ne andasse? Se non si prendesse più cura di te? Sarebbe una mancanza, allora, non eri complet*, forse. Persona talmente vera che, per il tuo bene, inizia a farti vedere come il tuo interno sarebbe anche più bello e funzionale se lo si cambiasse un po'. E tu, che adesso stai guardando con i suoi occhi, realizzi che ha ragione: quel quadro sta meglio nella parete opposta; quella poltrona nel lato a sud della casa ti consente di avere più luce naturale quando leggi; la stufa meglio metterla a nord dove fa più freddo... "Caspita, sì. Non ci avevo mai pensato, ma è ovvio. ha ragione." Quel vaso, però, sembra bruttino. "Sì, ma è un ricordo di nonna..." "Sì, ok, ma hai bisogno di un oggetto per ricordarti dell'amore ricevuto? Forse, allora, non era un amore così potente, altrimenti non avresti bisogno di un oggetto scadente per ricordartelo... Cioè, fai come vuoi, eh, ma è pure scheggiato, vecchio... a che serve tenerlo?" "Giusto, buttiamolo!" Sul vaso non eri proprio convint*, ma quella persona si sta così tanto adoperando per te che... vabbè. Passano i giorni e si trascorre sempre più tempo a sistemare cose e a buttarne altre. Sempre meno a ridere, ballare e raccontarsi e darsi piacere. Adesso, poi, la persona ha preso ad agire senza nemmeno chiedere la tua opinione. È sempre meno sorridente, sembra sempre più appesantita dal dover fare quel lavoro e, quando tu le proponi di fermarsi, di ballare, di giocare, di darsi piacere, scatta, facendoti sentire inadeguat* e irriconoscente: si sta prodigando tanto, per te, ma evidentemente tu non te ne rendi conto. Tu ci resti male, non capisci. Ti ammutolisci, nel cercare di capire cosa sia successo. Pensi pure che forse ha ragione, ti senti un po' in colpa e decidi che è meglio lasciarla fare. Quando avrà finito, sicuramente, si tornerà a ballare, ridere e tutto il resto. Stai subendo svalutazione e negazione di ciò che provi, attraverso una comunicazione perversa. Sei già nel circolo vizioso del GASLIGHTING. Vorresti la bellezza dei primi giorni e avverti una certa confusione mentale rispetto al cambiamento dell'umore. Tuo (ok, non sei stat* abbastanza riconoscente, ma non ti sembra una tragedia. O forse lo è, effettivamente, perché tu - che apprezzavi tanto la profondità - sei stat* superficiale nel non capire l'impegno che ha messo per te. Oddio, che confusione!) e suo. La tensione è alta: quella persona adesso sta agendo a testa bassa, ti rivolge a malapena la parola e, quando lo fa, sembra parlarti attraverso, come se tu non esistessi e il tuo palesarti fosse solo un intralcio, una pesantezza. Passi le notti insonni a cercare di capire come sia successo che tutto è andato a rotoli, quali siano le tue responsabilità e non ne trovi. Cioè, forse hai sbagliato, sì, ma lo hai fatto in buona fede. Non avresti mai voluto ferirla, anzi... vorresti solo potergli dare tutto il bene che puoi. L'inquietezza che provi sembra avere un'unica soluzione: affrontare la situazione apertamente, anche a rischio che se ne vada. Una mattina ti alzi, apri l'armadio per vestirti e non trovi più nulla. Entri in cucina abbastanza irritat*, chiedi dove siano i tuoi vestiti e la persona ti risponde che te l'ha detto già due volte che stanno nella stanza accanto. Non ricordi, ma boh... ti dice talmente tante cose e poi sei talmente scombussolat* in questo periodo che potresti averlo dimenticato. Fa niente, c'è da risolvere la questione principale: chiarirsi. Sei arrabbiata, vada come vada questa cosa la devi risolvere. Sei pronta, sai che litigherete, ma non si può più rimandare. Vai a vestirti mentre ripassi mentalmente il discorso che vuoi fare, che ti gira in testa da giorni. Cerchi le parole migliori per evitare di apparire inadeguata e irriconoscente, che tocchino tutti i "ma" necessari senza dichiarare una vera e propria guerra. Quando torni in cucina trovi una colazione con i fiocchi, che ha preparato solo per te, e lei è al lavoro: sta dipingendo i muri di nero, perché il giallo di prima era troppo chiassoso. Il nero non ti va proprio giù e sbotti: "Senti, fermati. Dobbiamo parlare. Così non va bene perché io non ci sto più capendo niente! Questa casa ti piaceva tanto... Era perfetta, dicevi. Adesso non va più bene nemmeno il colore delle pareti?" La persona che fa? Crolla in ginocchio, inizia a piangere sommessamente. Si scusa, ha rovinato tutto... Tu resti sbigottit*, non ti aspettavi quella reazione. Più singhiozza, più la tua rabbia sfuma lasciando il posto alle parole che quella persona tira fuori apparentemente violentandosi: c'è un dolore molto profondo dentro di lei, che non era mai riuscita a esternare con nessuno... ma ti ama talmente che con te non può frenarsi. Non avrebbe voluto dirtelo, perché è una roba veramente brutta (un trauma o una violenza subiti durante l'infanzia o anche in età adulta)... ma quelle pareti gialle le rinnovano il ricordo, il dolore. Per quello ha bisogno di cambiarle. Si scusa tanto, ti abbraccia, ti fa l'amore. GASLIGHTING a manetta. Alti e bassi senza interruzione di continuità. Non che sia esattamente come all'inizio, ma siete tornati in sintonia, insomma. Vi state parlando, ti ha dato la parte più dolorosa di sé e tu ti senti stupid* e cattiv* ad aver provato rabbia nei suoi confronti. Ti riempi di comprensione e di emozione... e di certezza che, appena i muri non saranno più gialli, tutto tornerà come all'inizio... esattamente come ti ha promesso. Le dai pure una mano, guarda... Se i muri neri la fanno stare bene, li preferisci pure tu! "E buttiamo pure giù una parete, se la senti un ostacolo." Che ti frega di una parete, se buttarla giù può significare tornare a stare bene entrambi, come prima? Solo che quella parete era portante e il tetto sembra essersi abbassato. Lei capisce la tua preoccupazione: "Ma no... è una tua sensazione, amore... tranquill* Comunque, se non ti fidi di me, domani chiamo qualcuno che lo controlli, ok?" "Non è che non mi fido di te, è che il tetto ha una crepa là, vedi?" "Ma guarda che c'era già, anche quando io sono arrivat*. Forse non l'avevi notata perché la vedevi sempre... Non è successo niente. Comunque, affinché tu sia tranquill*, domani chiamo un ingegnere. Domani non lo fa. Ma nemmeno il giorno dopo e quelli a seguire. Giorni in cui alterna continuamente la testa bassa a fare cose (facendoti capire chiaramente che se obietti sei inadeguata e irriconoscente) e giustificazioni che ti sembrano del tutto incoerenti ma che - mannaggialaputtana - sembrano sempre avere un senso (e quindi sei stat* pesante per niente. Anzi, ti aveva detto che avrebbe fatto quella cosa e tu avevi concordato, poi te ne sei dimenticat*). Ti prepara da mangiare, ogni giorno, e ogni volta che inghiotti un boccone ti sembra che abbia un gusto buono, ma alla fine ti resta un sapore sempre più amaro e nauseabondo. A questo punto, tu davvero non ci capisci più niente. Hai impiegato talmente tante energie a cercare di capire, di aggiustare le cose, di riconquistare il clima iniziale, che sei stremat*. Non hai nemmeno più la forza di ricordare esattamente cosa sia successo... È talmente lontana, ora, l'immagine di come era casa tua prima, che non la ricordi più. Non sai dove siano finite le tue cose, sai solo che non ci sono più. Questa è dissonanza cognitiva. Non hai più certezze. Non sai più cosa sia vero e cosa sia falso. Non sai più come devi comportarti, ogni cosa che fai viene interpretata in modo esattamente opposto ai tuoi intenti. La testa sembra vagare senza più possibilità di gestirla: se succede un fatto, il pensiero te ne dà un'interpretazione, ma poi ti dà anche l'interpretazione esattamente contraria... e te le fa credere entrambi plausibili. Una mattina ti svegli in preda al panico, come se avessi fatto un incubo che non si dissolve aprendo gli occhi. Ti trascini in cucina, è tutto molto buio, nero, vuoto. Mancano anche le poche cose che ti sembra di ricordare che ci fossero la sera prima. La colazione pronta sul tavolo è cibo muffo e rinsecchito che la persona, però, ti dice essere una prelibatezza. Tu hai la nausea solo a vederlo, ma ti gira la testa, non hai proprio la forza di obiettare. Mangi lentamente per tenere placato il disgusto e taci, mentre guardi la crepa sul soffitto e temi possa cedere da un momento all'altro. La persona davanti a te lo capisce e mette le carte in tavola: ti fidi di lei o no? Tu vorresti solo riaddormentarti e svegliarti nella tua casa di prima che manco ricordi. E lei lo sa. Ti chiede apertamente se vuoi che se ne vada, magari, e tu non rispondi perché la nausea che senti è talmente forte che i conati di vomito ti chiudono la gola. La persona continua a parlare, parlare, parlare. Dice che sei tu che devi scegliere. Dice cose che non riesci a capire e, sorreggendoti, ti accompagna fuori, per dimostrarti che il tetto della casa è al suo posto. Ti fa sedere lì, sfinita, fuori da quella te stessa che tu ormai vedi solo come vuota, nera, brutta, sporca, rotta. Ti guardi intorno ed è arrivato l'inverno. Freddo, nebbia, alberi spogli, nessun fiore e nessuna farfalla. È tutto tetro. Ti rendi conto che sei stata talmente impegnata dentro, da dimenticarti completamente del fuori. Ti accorgi anche che non ci sono più le piante che coltivavi e le poltrone del patio, che servivano anche ad accogliere gli altri. Ti sei lasciata andare in un isolamento totale, senza nemmeno rendertene conto, concentrando tutto su ciò che quella persona stava determinando. "Come ci sono finit* in questa situazione?" La persona ti guarda, ti accarezza, e ti dice che sei tu a vedere tutto nero, a non vedere la bellezza di quei cambiamenti. Sei stremata, ma no... la bruttura è davanti ai tuoi occhi, la vedi. "Perché mi hai fatto tutto questo?" le chiedi a voce alta. Ma solo in quel momento ti rendi conto che, quella persona, non c'è più. È sparita. La chiami e non risponde. Hai freddo. Ti gira la testa. Ti senti esanime. Decidi di rientrare in casa e vaffanculo, ma quando fai per aprire la porta ti rendi conto che è chiusa e capisci che la persona si è portata via la chiave per aprirla. Le forze ti mancano, ti accasci lì, sulla soglia di te stess*. E resti immobile, pensando che tornerà presto. Passi le ore e i giorni in attesa, chiamando, chiedendoti dove sia andata e perché ti abbia lasciata senza darti nemmeno dirti dove sarebbe andata e soprattutto perché. Entri nel loop del bisogno di riavere la chiave. Ti fai forza e ti alzi a cercare la persona, affrontando senza forze il bosco che adesso ti sembra solo un ostacolo. E più ti allontani da casa, più avverti il senso di paura, pericolo, di fine che si avvicina. Vuoi che quella persona ti restituisca la chiave per poterti riappropriare di te stess*. Ma quella persona non tornerà, non adesso. Ha messo in atto lo SCARTO. La tua casa è diventata talmente brutta e vuota che non gli interessa più. Tu non te ne sei res* conto, ma tutte le tue cose le ha man mano accatastate fuori da te e se l'è vendute, le ha usate, bruciate, per trarne energie per sé. Abbruttendo la tua casa, ha potuto godere del piacere di vedere meno brutta la sua in cui viveva prima. Che è una casa inabbellibile: per quanto quella persona provi a migliorarla, è talmente un tugurio strutturale che non potrà mai sentirla accogliente. Probabilmente, mentre tu stai lì ad aspettare che torni e ti dia la chiave, quella persona sta già in casa di qualcun altro a cercare di fargli esattamente ciò che ha fatto a te. La chiave, nella metafora, rappresenta il confronto che, per le persone adulte, è il modo di elaborare un conflitto. Trovare un compromesso o chiudere la relazione, ma farlo in due, prendendo a vicenda una posizione sincera rispetto all'accaduto. Chiave che non otterrai mai da una persona con un disturbo narcisistico della personalità, perché ha bisogno di mantenere la possibilità di accedere a quella casa quando vuole - seppur ormai brutta e logora. Alle brutte sarà sempre un riparo, qualora non avesse a disposizione una casa più bella in cui stare. A questo punto, tu come ti senti? Disarmat*. Vuoi uscire da tutto questo malessere, ma non hai idea di come sia possibile farlo, senza quella chiave. Ti senti incapace di fare qualsiasi cosa, di muoverti in qualsiasi direzione. Il terrore che ogni passo possa essere un passo falso. La sensazione di morte imminente, che sembra un'esagerazione ma io so che è quella che avverti. Si chiama immobilità emotiva ed è una conseguenza del turbinio emotivo che hai vissuto, della svalutazione e della negazione del Sé che hai subito, fino a perdere autostima e autodeterminazione. Sei fuori da te stess*, non puoi nemmeno più accedere a quei muri che ti erano rimasti e sentirti al sicuro almeno un minimo. La tua sopravvivenza sembra dipendere da quella chiave. La tua sopravvivenza emotiva dipende dall'ottenere una risposta, dal capire se davvero è stata tutta illusione o cosa. Cosa puoi fare? So che istintivamente ti viene da continuare a cercare di ottenere la chiave. Te la deve, per tutti i danni che ti ha arrecato. Te la deve, per consentirti di uscire dal malessere. Alterni momenti di confusione mentale altissima alla rabbia, sia nei suoi confronti, sia nei tuoi. Tu di quella chiave ne hai bisogno! È tua. So anche che, nonostante tutto, sei talmente delus* dall'esserti fatt* fregare che ti maledici, ma al tempo stesso continui a sperare che sia solo un incubo dal quale ti sveglierai: che, nel confronto, quella persona si ravveda e ti conceda di pensare che non sei stat* così stupid*. Non succederà. Quel confronto non lo avrai. Tutt'al più otterrai comportamenti ambigui, promesse di riavere presto la chiave, ma anche esattamente niente. Indifferenza. Più cercherai di riavere la chiave, più ti sfinirai e permetterai a quella persona di capire che può tornare quando vuole, perché dipendi totalmente da quella chiave. Prova a fermarti un attimo, a respirare molto profondamente, ad accettare di essere stat* fregat*. Poi ci torniamo su, a questo fatto. Una porta, come si apre se non si ha la chiave? La si prova a buttare giù a calci. Ma ci vuole la forza necessaria. Se te la senti, puoi tentarci e magari anche riuscirci. Una volta entrat*, non pretendere di avere le forze necessarie per rimettere a posto casa subito, ok? Coricati in un angolo, guardala. Prendi consapevolezza di quanta devastazione ha subito e non arrabbiarti con te stess*. Hai accolto quella persona con tutto il bene che potevi e ti sei fidat* di ciò che sentivi (come sai se hai letto i post precedenti): non avresti potuto capire gli intenti di quella persona, quando l'hai conosciuta. E, se non hai potuto capire nemmeno dopo, è perché quella persona ti ha intenzionalmente drogato mettendo in atto schemi comportamentali che tu non avresti potuto annientare, non avendo gli strumenti e nella convinzione che fosse una relazione normale. La relazione con una persona affetta da un disturbo narcisistico della personalità NON È UNA RELAZIONE NORMALE. È paragonabile alla progressiva assunzione di sostanze che creano dipendenza, senza averne consapevolezza. Lascia DAVVERO perdere chi ti dice che sei stat* inett* a non accorgerti di ciò che succedeva: se ti dicono questo, significa che non hanno proprio la minima idea di cosa sia una manipolazione, ok? Lascia perdere anche chi ti dice che devi tirarti su e basta, che non si può morire appresso a una persona del genere. Non capiscono che sei chius* in una dipendenza pari a quella da stupefacenti. Confidati con chi ti dà comprensione, per alleggerire il carico emotivo, ma evita di parlarne con chiunque e di ascoltare i consigli che arrivano da ogni parte. Affidati a una persona che ha competenze e, non conoscendoti, potrà aiutarti con oggettività, trovando con te le strategie personalizzate adeguate a rimettere a posto casa e anche a cambiare la serratura... in modo che quella persona non possa più rientrare. Immagino che tu, che forse sei lì fuori dalla porta e hai già dato calci a ripetizione ma non sei riuscit* a rientrare, ti stia abbattendo ancora di più. Non farlo. La tua forza dipende inesorabilmente da quante ne hai già dovute usare. C'è un altro modo: chiamare una persona che scardini la serratura (e intendo un professionista competente) e la cambi proprio. Che ti accompagni dentro casa e ti faccia da spalla nel prendere atto che quella casa è cambiata, ma non è caduta. Ti guiderà nel capire quali sono i punti di forza e quali quelli da rinforzare. Non tornerà più la stessa, ma potrà essere di nuovo sicura, accogliente e farti sentire bene. Non puoi pensare che accada in fretta perché i lavori da fare sono tanti, strutturali prima e di abbellimento dopo. La cosa fondamentale è che te ne sei riappropriat* e che, una volta cambiata la serratura, devi prenderti il tempo di lavorarci con le energie che hai e che riacquisterai man mano, un lavoretto alla volta. Cambiare la serratura è una decisone che devi prendere tu, però. E capisci quanto sia fondamentale. Perché se inizi a sistemare casa e quella persona rientra... manderà all'aria tutto e sarà sempre più devastante, perché questa volta la struttura è ancora precaria e tu hai ancora poche energie per opporti. C'è un solo modo per cambiare quella serratura: mettere in atto il NO CONTACT. Ma ne parliamo al prossimo post, ok? Adesso concentrati nel guardare la tua casa, prendi atto che dovrai lavorarci ma focalizzati soprattutto sul fatto che non è caduta. Ha rischiato, ma non è caduta.
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La cicatrice più brutta che lascia un narcisista patologico (uomo o donna che sia) a relazione conclusa è sicuramente la difficoltà di concedersi di vivere di nuovo emotivamente, di affidarsi alla spontaneità in una nuova relazione di qualsiasi genere. Un po' ciò che succede anche in altre relazioni in cui magari si scopre che il/la partner mentiva, sì, ma il grado d'intensità della ferita è tanto più profondo quanto più è stata totalizzante la manipolazione e quanto più sia consistente la dissonanza tra la persona che credevamo che fosse e quella che abbiamo scoperto essere in realtà. E soprattutto, a lasciare il segno, è l'evidenza dell'intento di chi manipolava. Ci si sente smarriti da sé, ci si chiede come si possa essere stati così stupidi, così incapaci di tutelarsi. Si rimane increduli di come ci si possa essere lasciati render ciechi, di come non ci si sia resi conto di perdere gradualmente la lucidità. Non ci si fida più di sé stessi, delle proprie capacità di capire chi si ha di fronte. Si entra in uno stato confusionale, in cui ci si sente incapaci di muoversi. Una totale sensazione di fallimento. Non si capisce in quale direzione si debba camminare per riprendere in mano sé stessi. Un'immobilità emotiva: si sente l'esigenza di andarsene da quello stato, di uscirne, ma non si capisce cosa si debba fare in concretezza. E i comportamenti altrui, per quanto onesti e spontanei, determinano un perpetuo dubbio interiore, generando un conflitto apparentemente ingestibile tra il desiderio di fidarsi e l'incapacità a farlo completamente. Ogni volta che qualcosa ci stimola emozione positiva, inevitabilmente quell'emozione si scontra con il timore che quella persona stia mentendo, che ci stia dando ciò che vorremmo al solo fine di attirarci nella gabbia in cui vorrebbe rinchiuderci. Se ho scelto di inoltrarmi nello studio di queste dinamiche è perché non riuscivo a capire per quale motivo, anche dopo aver preso consapevolezza di essere vittime di un NP, le persone non riuscissero a svincolarsi emotivamente dal manipolatore/manipolatrice. Nello studio delle dinamiche annesse alle dipendenze che ho portato avanti negli anni ho osservato centinaia di situazioni in cui la persona manipolata -seppur supportata psicologicamente da professionisti che stimolavano l'emancipazione con i corretti contenuti- di fatto non riusciva a uscire da quella gabbia fatta di schemi comportamentali del NP. Mi sono quindi chiesta se fosse possibile elaborare un metodo educativo per guidare l'emancipazione, al di là della necessità dell'analisi che la persona manipolata deve affrontare riguardo a sé e del necessario supporto per raggiungere la piena consapevolezza di quanto accaduto. Senza fare paragoni di sorta sul grado di sofferenza, quella che si genera quando ci si trova abbandonati in quella gabbia ha la particolarità di mantenere la persona lontana da sé: come se chi ha manipolato fosse entrato dentro la persona stessa, l'avesse buttata fuori da sé e se ne fosse andato tenendosi le chiavi del sé in tasca. Le chiavi di una gabbia che, anziché rinchiuderti dentro, ti chiude fuori. A quasi nulla valgono i "Devi stare lontano da quella persona", "Metti in atto il distacco totale", ecc. Devi, devi, devi... ma tu sei immobile. Lo vuoi, ma non ci riesci. Pensi a riprenderti quelle chiavi. Pensi di dovertele riprendere proprio da lui/lei, che le otterrai solo attraverso le spiegazioni che ti deve. Perché ti ha fatto questo? È davvero possibile che quello che tu sentivi come l'amore più intenso mai ricevuto fosse solo un insieme di comportamenti messi in atto metodologicamente per nutrirsi del ritorno emotivo che tu davi con tutt* te stess*? È davvero possibile che non ti abbia mai amato nemmeno un secondo? Il primo passo necessario per ritrovarsi è prendere consapevolezza che i NP non provano empatia. La recitano nel più funzionale dei modi, addirittura credendoci, in quel momento. Il bisogno che hanno di nutrirsi demolendo te, l'oggetto di manipolazione, li rende visceralmente credibili proprio perché non recitano una parte ma diventano realmente ciò che tu vorresti. Nella prima fase si conformano chirurgicamente a quello che tu ritieni l'ideale di persona con cui condividerti totalmente. Nelle fasi successive, all'apice del coinvolgimento che provi, mettono in atto comportamenti finalizzati a destabilizzarti, a metterti in confusione, a farti dubitare di te, a sentirti in colpa perché sbagli sempre nei suoi confronti, non gli/le dai mai ciò che vorrebbe, non sei mai all'altezza. Finché arrivi a pensare che se le cose vanno male la responsabilità è tutta tua. E tu cerchi in ogni modo di recuperare, ci capire come riportare la relazione all'idillio dei primi tempi, convinto di aver rovinato tutto proprio tu. Ma il/la NP ti allontana, mette in atto indifferenza, e rimani con la sensazione di aver rovinato proprio tu quella relazione che tanto avevi da sempre bramato. E vuoi recuperare. Ci provi in ogni modo. Ma non è possibile. Sono schemi. Non c'è un coinvolgimento emotivo puro nel NP: c'è solo l'inovviabile bisogno di annientare l'altro per nutrirsi. Non è che non vuole amarti. Non ce la fa proprio. A nulla vale il tentativo di guarirlo/a. La persona manipolata, memore dei momenti belli e intensi vissuti, quasi sempre crede che quello stato di ben essere iniziale sia la reale natura de* NP e che -con l'amore, l'accudimento, la dedizione- si possa far sì che il/la NP si acquieti in una relazione sana. Prendere atto che non è possibile è l'unico modo per iniziare il viaggio per ritrovare sé stessi. Ce la si fa. È durissima. Due passi avanti e uno indietro. Ma ce la si fa. (uso il termine Narcisismo Patologico per questioni di efficacia comune; la dicitura corretta è Disturbo Narcisistico della personalità) |
GRAZIA SCANAVINI
Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo per favorire l'emancipazione dalle relazioni tossiche
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