![]() Per affrontare qualsiasi discorso sulle manipolazioni, ma soprattutto sulla questione narcisistica, è necessario aver capito che tutti siamo narcisisti e chi lo è in termini patologici non ce l'ha scritto in fronte, uomo o donna che sia. Il narcisismo è una componente della personalità, funzionale ad amare sé stessi e fondamentale per sviluppare una vita equilibrata. È una caratteristica sana, insomma, della personalità che è un’architettura relativamente stabile di tendenze comportamentali (tratti), stili cognitivi, preferenze (o motivi), disposizioni valutative (o atteggiamenti) che permettono di riconoscersi e di distinguersi dagli altri. Per semplificare, immaginiamoci una linea retta che rappresenta lo 0 della personalità, sulla quale sono allineate tutte le componenti e tutte le caratteristiche in perfetto equilibrio tra il meno e il più (prima immagine). La giusta misura di tutto. Nessuno di noi è così: abbiamo tutti caratteristiche più o meno preponderanti che non sono altro che l’ingrediente specifico della personalità unica di ognuno, ok? Diciamo che in una struttura di personalità funzionale i tratti restano tutti dentro certi limiti e interagiscono tra loro senza creare grossi casini, compensandosi. Casini che nascono invece quando uno o più tratti superano il limite al punto da condizionare la funzionalità della personalità. Quando la componente narcisismo è un po' più "alta", c'è un eccesso di vanità, che serve solitamente a compensare un difetto di autostima. La persona ha bisogno di un ritorno, di un riconoscimento importante da parte degli altri perché qualcosa non è andato benissimo nel processo della determinazione del sé durante lo sviluppo della personalità, ma non è così impattante da determinare un disturbo vero e proprio. Se, invece, nella fase di sviluppo qualcosa è andato molto storto (cosa, ne parleremo in un altro post), quindi autostima e determinazione del sé sono rimasti bassissimi (e si è sviluppata solo l'empatia cognitiva ma non quella affettiva) succede quello che vedete nella seconda figura. La caratteristica prevarica tutte le altre, condizionando la persona al punto che accentra tutte le attenzioni e tutte le energie sul sé, come una fissazione che non si limita a essere funzionale a sé stessa ma, appunto per la bassa autostima e determinazione del sé che la determinano, ha bisogno di trovare negli altri una continua conferma che il proprio sé sia grandioso. Come se avesse dentro un vuoto da colmare. Un vuoto che non ha fondo. Non riconoscendo gli altri come pari, ma solo come rifornitori di stima, in una relazione paritaria non otterrebbero abbastanza amore (inteso come riconoscimento affettivo spontaneo) per colmare il loro bisogno. Riprendiamo quel che abbiamo detto sopra: tutti abbiamo una componente narcisista. per questo, tutti tendiamo in qualche modo a far sì che gli altri ci riconoscano nel modo che piace a noi, no? Vi introduco una metafora che, chi è stato in consulenza da me, conosce già molto bene. Pensiamo alla stima come fossero BISCOTTI! In una relazione sana, due partner producono ognuno biscotti per sé (autostima) e biscotti per l'altro (stima), riuscendo così a mantenersi appagati entrambi. Una persona che ha un disturbo narcisistico della personalità, invece, vede il partner solo ed esclusivamente come una macchina che produce di biscotti. Non essendo dotato di empatia affettiva, il narcisista patologico non ha alcuna possibilità di interessarsi affettivamente al sentire e all'appagamento dell'altro. Risponde al vuoto interiore che deve colmare, quindi, usa l'empatia cognitiva per capire come si sente l'altro solo allo scopo di determinare in lui una certa risposta emotiva che lo porterà a produrre sempre più biscotti. E usa strategie affinché il partner desideri proprio produrre sempre più biscotti. Il patologico, attribuendo la propria fame e la propria assenza di energia a cose brutte che gli sono successe, a persone che gli hanno rubato i biscotti, spesso non chiede esplicitamente biscotti, anzi... usando la comunicazione perversa fa intendere al partner di non volerli, perché non vuole essere di peso, perché non li merita, perché non vuole imporre niente, ecc. Il partner, che ovviamente vuole il bene dell'amato, aumenta la produzione di biscotti perché appagare l'altro è un sentimento spontaneo e piacevole, per chi è innamorato, no? Cioè, in una relazione normale lo è. E lo è anche pensare che, dando moltissimi biscotti all'amato, questi riacquisterà presto energia e ricomincerà a produrre biscotti anche per lo scambio. Ma in questa relazione i biscotti prodotti per il patologico non bastano mai... il vuoto da colmare è a perdere. Quindi, il partner - aumentando crescentemente la produzione - arriverà a sfinirsi, a perdere ogni energia e perfino a cedere i biscotti necessari al proprio autosostentamento (autostima). Ecco perché la sensazione di vuoto interiore in cui si trova chi ha una relazione con chi è portatore di un disturbo narcisistico della personalità. Ci si svuota per riempire il vuoto dell'altro. Facendo un paragone tra il narcisista sano e quello patologico, possiamo dire che le persone sane producono biscotti per il proprio sostentamento e biscotti da scambiare nella relazione, mentre, i narcisisti patologici mangiano e basta. Vogliamo contestualizzare la metafora nelle fasi di manipolazione? Durante il primo periodo, con il LOVE BOMBING, il narcisista patologico fa uso di tutte le energie che ha per produrre temporaneamente una quantità spropositata di biscotti e ne inonda la persona che ha individuato come potenziale produttrice di biscotti. La scelta della persona dipende dal ruolo che intende darle. È sbagliato credere che le persone con disturbo narcisistico di personalità manipolino solo persone con problemi di dipendenza (fame affettiva). Solitamente scelgono in base al proprio potenziale di manipolazione (serve tanta energia per manipolare una persona con forte determinazione del sé) e al ruolo che intendono dare a quella persona: - per una relazione stabile, a lungo termine, una persona che ha problemi di dipendenza affettiva è la scelta migliore perché, anche se ha poca energia altalenante e produce pochi biscotti, difficilmente si rifiuterà di produrli e ancor più difficilmente deciderà di smettere. Poco, ma sempre, è un riferimento certo, una base sicura. - per una relazione a breve termine, un'ottima produttrice di biscotti (tanta autostima e tanta energia) è la sfida plus: è una persona che non ha fame, quindi, il narcisista patologico produce biscotti speciali, quelli che sa piacerle tanto (lo ha scoperto attraverso l'empatia cognitiva: tanta attenzione a tutti i dati che riesce a raccogliere) e ai quali non saprà resistere, magari solo per golosità, per la sensazione di aver incontrato un fine degustatore. C'è uno scambio di biscotti straordinariamente buoni e in abbondanza mai vista. Nella fase di GASLIGHTING, il narcisista patologico rallenta la produzione di biscotti e inizia a mangiarli solamente... motivando con qualche acciacco casuale e sfortunato della macchina che produce biscotti. Poi inizia anche a mettere in dubbio che i biscotti prodotti dal partner siano buoni come erano prima (SVALUTAZIONE), determinando così nel partner un impegno aggiuntivo: non capisce, produce i biscotti sempre con molta attenzione, dedizione... e gli sembrano buoni. Ma per l'amore che prova, che fa? Si impegna di più, prova a cambiare ingredienti seguendo le indicazioni che il manipolatore gli dà tra le righe. Più si impegna e più il manipolatore reagisce con disgusto a quei biscotti, magari insinuando che non ci sia più amore nel produrli o immettendo la figura di un terzo che produce biscotti molto più buoni. Comunicazione perversa, che produce dissonanza cognitiva: la persona manipolata non ci capisce più niente; produce sempre più biscotti nella convinzione di aver davvero sbagliato qualcosa e per dimostrare che invece li produce con amore. In questa fatica emotiva, che il manipolatore gestisce invece con la razionalità (empatia cognitiva), la persona manipolata arriva a dare tutti i biscotti che ha pur di dimostrare che lo fa con amore, eccome! Sforna biscotti e perde energia, sforna biscotti e perde energia,... fino a sfinirsi. Fino a non riuscire più a sfornare biscotti nemmeno per il proprio sostentamento. Una macchina da produzione di biscotti, che non produce praticamente più biscotti, è inutile. Quindi, viene scartata. SCARTO che il manipolatore mette in atto inducendo il partner a guardarsi per quello che è in quel momento: primo di energia, brutto, inutile. Ben lontano dalla meraviglia di energia che era all'inizio. A nulla vale cercare di recuperare o di avere un confronto oggettivo sulle quantità e sulla qualità di biscotti prodotta, anzi. Perché con la comunicazione perversa il manipolatore non farà altro che ricavare uno spazio sospeso, di misunderstanding, che gli potrebbe servire un giorno, qualora vedesse che avete recuperato energia e siete di nuovo potenziali produttori di biscotti. In quel caso, tornerà, se non ha un miglior produttore di biscotti a disposizione in quel momento. E lo farà con la scusa di chiarire il misunderstanding, o addirittura attribuendo la colpa a sé, a qualcosa che gli è successo, ecc. Proprio per questo, anche quando scarta, mette in atto le tecniche di ORBITING: presente quando gli scrivete, visualizza e non risponde? Però su Instagram mette like a quella frase d'amore rivolta a lui, a quanto vi manca, a quanto stavate bene insieme. O cuora un vostro selfie. O lo incontrate "casualmente" davanti ala palestra in cui sa benissimo che andate ogni venerdì pomeriggio alle 17, ma "Passavo di qui per caso". E voi lì appesi, nell'illusione che stia soffrendo per voi, come voi, che abbia bisogno di vedervi, ecc. No. Vi sta solo dando qualche biscotto per mantenere aperta la porta dalla quale poter rientrare nel vostro forno e mangiare biscotti nel momento in cui non avrà nessuno che sforni biscotti per lui e il livello del suo vuoto interiore stia andando in riserva. Mi fermo qui, nella speranza che questa metafora sia d'aiuto per comprendere che il vuoto a perdere è qualcosa di strutturale, che non dipende dalla volontà di chi manipola... Non può fare altro che provare a riempirlo in questo modo, ma non è colmabile. L'unica possibilità è che intervengano professionisti (psicologo e psichiatra, che riempiano il vuoto almeno parzialmente con psicoterapia e psicofarmaci che funzionano come pillole sazianti). Per i normali produttori di biscotti, invece, non c'è possibilità di riempire vuoti a perdere senza sfinirsi. E più ci si sfinisce, più sarà difficile riprendere a produrre biscotti, anche per sé. E più non se ne producono per sé, più sarà impossibile produrne per altri, soprattutto senza temere che di nuovo si tratti di una persona che vuole solo mangiare. Basilare, prima di immettersi in un'altra relazione, riportare " a regime" il proprio livello di autostima e determinazione del sé. Al di là di tutte le narrazioni romantiche, le relazioni funzionali sono quelle in cui entrambi i partner danno e ricevono. Certo, ci sono momenti in cui uno ha più bisogno dell'altro e viceversa, ma serve mantenere sempre un equilibrio tra i biscotti che si producono per sé e quelli per gli altri. Un modo semplicistico, forse, ma funzionale a restare vigili sul senso della relazione e a non sfinirsi in relazioni dannose.
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![]() Stamattina alle quattro mi sono seduta in studio. Dovevo scrivere un paio di frasi che sintetizzassero il concetto di INGENUITÀ in relazione al disturbo narcisistico della personalità. Ho scritto di getto, ne è uscito questo che di sintetico non ha nulla e ho pensato di condividerlo, se pensate che possa esservi utile (e adesso vado a scrivere le due frasi!). Tematica alquanto complessa che siamo tutti chiamati ad affrontare: la deriva narcisista verso cui sta navigando a forte velocità la società oggi e le difficoltà di relazione che ne derivano. Come avevano predetto diversi psicologi e filosofi già nella prima metà del Novecento, il crescente diffondersi di un’educazione che repelle la frustrazione - e non allena gli individui a gestirla - ha fatto sì che in ognuno di noi il tratto narcisistico della personalità prendesse il sopravvento sugli altri, andando a modificare di fatto la natura delle relazioni tra gli individui. Qualsiasi tipo di relazione si tratti. La frustrazione è lo stato d’animo che si genera dal conflitto tra ciò che noi vorremmo e ciò che non possiamo avere. Allenare un individuo alla frustrazione (i no che dovremmo dire ai bambini, per esempio) significa prepararlo a gestire l’impossibilità di ottenere sempre ciò che vuole, senza che il suo equilibrio venga stravolto. Faccio un esempio banale: un bambino vuole un giocattolo e fa un capriccio. Comprargli il giocattolo, anche se ne ha già un milione e gliene abbiamo comprato uno anche ieri, ci solleva dal bisogno di dover gestire il capriccio. Il bambino è contento, noi non dobbiamo impiegare tempo a spiegargli perché “no”. Bello, giusto? Questo però cosa comporta? Che il bambino non viene allenato a gestire la frustrazione e si struttura il vuoto interiore perché dandogli il giocattolo noi non diamo attenzione al suo sentimento. Vuole, ha. Punto. Dire di no, diversamente, comporta la necessità di coinvolgerci con lui nella sua tristezza, sentircene anche “autori” in qualche modo (quindi sopportare la frustrazione di apparire "cattivi") e dover impiegare tempo a spiegargli perché non è corretto comprare un giocattolo ogni giorno. Negare e motivare è faticoso, ma sapete a cosa serve? Il bambino non avrà il giocattolo, quindi non vivrà il momento di effimera felicità legata al possesso di un oggetto, ma avrà la nostra attenzione al suo sentimento… Forse vi sembra irrisorio, ma questo, invece, farà sì che in lui non si crei il vuoto interiore, che impari a gestire la frustrazione e che in futuro una situazione in cui non può avere esattamente ciò che vuole non sia causa di una destabilizzazione non sopportabile. Non devo di certo spiegarvi che motivare i “no” è fondamentale per favorire la formazione di un carattere equilibrato in un bambino. La disabitudine a gestire la frustrazione in cui stiamo crescendo le nuove generazioni, invece, porta all’insicurezza interiore. Induce l’individuo a non sopportare che le cose vadano diversamente da come vorrebbe, gli preclude la possibilità di sentirsi “al sicuro” anche quando non ha tutto ciò che vuole. Un individuo che non viene allenato alla frustrazione sviluppa problematiche, tra le quali un tratto narcisistico della personalità basato su una profonda insicurezza, alla quale potrà sopperire solo ottenendo ciò che vuole, a ogni costo. Anche se non è meritato, anche se significa obbligare gli altri a fare ciò che non vorrebbero, anche se deve estorcere ciò che vuole… perché il meccanismo inconsapevole a cui risponde è: - riempire quel vuoto interiore che avverte (la frustrazione) se non può avere ciò che vuole - tenere lontana la sensazione di insicurezza che lo assale, se non può far andare le cose esattamente come vuole. Se non ha il controllo assoluto della situazione. Non stiamo parlando di capricci, insomma, ma dell’impossibilità che l’individuo ha nel tollerare una situazione che non gli garantisce di avere ciò che vuole e dei comportamenti che mette in atto al fine di ottenere ciò che vuole. Proprio per questo non intesse relazioni basate sull’empatia emotiva, ma mantiene un distacco affettivo dall’altro, chiunque esso sia, perché il suo scopo è ottenere, non condividere. E siccome una relazione sana è possibile solo tra due individui capaci di empatizzare emotivamente l’uno con l’altro, che vogliono il bene proprio ma anche quello dell’altro, gli individui con un tratto narcisistico della personalità molto sviluppato non sono in grado di intessere una relazione sana. Loro malgrado, guidati esclusivamente dall'empatia cognitiva, mettono in atto comportamenti finalizzati a cercare di riempire quel vuoto interiore che non si colmerà mai, essendo un “difetto” strutturale. Avendo questa insicurezza interiore strutturale, devono continuamente trovare conferma negli altri, a ogni costo, per non crollare. Ma chi sono questi “altri”? Abbiamo detto che un individuo che ha uno spiccato tratto della personalità narcisista non è in grado di empatizzare emotivamente e, quindi, è tendenzialmente anaffettivo. Non può quindi trovare ciò che cerca in “un suo simile”, ma deve necessariamente relazionarsi con persone empatiche e affettive, cercando di non far loro capire che l’unico scopo che può perseguire è riempire il proprio vuoto “fagocitando” il pathos e l’affetto che gli altri possono dare. Ovviamente, per ottenere ciò che vuole, deve far sì che gli altri non s’accorgano del suo vuoto interiore. Deve giocare di “furbizia”. Gli altri, invece, sono le persone empatiche affettive, quelle disposte a condividere (appunto) pathos e affetto. Certo, chi ha problemi di dipendenza affettiva è più a rischio, ma non è una condizione sine qua non. Quelle che oggi finiscono manipolate sono persone la cui sicurezza interiore strutturale consente loro di dare e ricevere, di mettersi in gioco in una relazione che costruisca ben essere per entrambi stabilendo un equilibrio tra il dare e il ricevere. Sono persone che non hanno bisogno di riempire vuoti incolmabili e, quindi, nemmeno di mettere in atto strategie per ottenere l’attenzione dell’altro. Sono persone INGENUE, nell’accezione ancestrale di questo termine che sempre più spesso viene usato in senso dispregiativo anziché per il suo reale significato etimologico: ingenuus (nativo, naturale, che nasce da dentro). L’ingenuità è la disposizione d’animo di chi si comporta con sincerità, spontaneamente, perché non concepisce malizia e inganno. È la persona genuina. Ecco, quindi, cosa è successo e sta succedendo: la sottocultura dominante narcisista, attraverso l’inganno, è stata in grado di diffondere la convinzione che la furbizia sia una virtù e l’ingenuità-genuinità sia un difetto. Sottocultura che ha preso e sta prendendo sempre più spazio perché agisce per l’appunto con l’inganno, inducendo malessere agli ingenui. Il furbo vince sulla persona genuina. Non ci sentiamo forse stupidi quando una persona ci inganna? Quando in una relazione di qualsiasi genere (amore, amicizia, lavoro, parentela) diamo tutto ciò che possiamo affinché funzioni, e ci ritroviamo invece sempre a sentire di essere usati (o, peggio, abusati)? Questo succede perché la comunicazione perversa diffusa dalla sottocultura dominante ha stravolto il significato del termine “ingenuo” e di conseguenza la percezione del concetto insito. Ha lentamente manipolato la nostra percezione, inducendoci a pensare che chi non fa il furbo sia uno stupido. Chi finisce in una relazione malsana è stupido. Non è più “colpa” di chi inganna, ma di chi finisce ingannato. Perché tutta questa manfrina? Perché vorrei che vi tornasse in mente, ogni volta che vi sovviene di attribuire stupidità a una persona che secondo voi non è stata abbastanza furba da accorgersi che un manipolatore la stava manipolando (uomo, donna, non cambia… sto scrivendo di getto, non fatene una questione di genere). Quella persona sta soffrendo, perché è una persona empatica affettiva e genuina. Affettivamente onesta. E si è trovata ad avere a che fare con una persona anaffettiva, incapace di empatizzare, che ha messo in atto comportamenti manipolatori al solo scopo di innalzare la propria autostima fagocitando la sua. Non accentuiamo la sofferenza del genuino. Non contribuiamo a farlo sentire colpevole di essere una persona genuina. Allo stesso modo, non spariamo a vista su chi non è in grado di empatizzare affettivamente per i motivi che vi ho raccontato sopra: non può essere diverso, non ne ha proprio possibilità. E, allora, come se ne esce, direte voi? Non ho una risposta. Non c’è una risposta. C’è il modo di provare, da persone genuine, a evitare di entrare in relazione con un narcisista patologico o imparare quanto meno a gestirlo, andando a conoscere le caratteristiche di comportamento delle persone portatrici di quel disturbo della personalità. Disturbo… Anche a fronte dei dati e degli articoli accademici, ho personalmente la convinzione che la deriva narcisista della società sia inevitabile e che quel disturbo sarà sempre più frequente, considerando lo stile educativo medio che abbiamo e la manipolazione in senso narcisistico a cui tutti siamo sottoposti per mano del sistema consumistico. Basti pensare alla pubblicità: basando il concetto di felicità sull’apparenza e dicendoci che siamo fighi solo se possediamo certe cose o facciamo certe cose, ci insinua costantemente un vuoto interiore per farci sentire inadeguati e bisognosi di un dato prodotto per sentirci appagati. Sempre che possiamo permettercelo... e fatto salvo che, quando abbiamo quel prodotto, ce n’è già un altro da conquistare e quello che abbiamo non basta più a riempire il nuovo vuoto. Ecco perché, sempre più spesso, abbiamo la sensazione che gli altri vogliano fotterci… Perché è vero. Perché stiamo tutti evolvendo in termini narcisistici. Perché siamo guidati tutti dalla convinzione che sia meglio essere furbi, che ingenui. Pensateci, nell'educare i vostri figli. Allenarli alla frustrazione è l'unico modo per evitare che crolli loro addosso il mondo, la prima volta che le cose non andranno come vorrebbe. Dire no, dando attenzione al loro sconforto del momento, è il modo più positivo per favorire il loro ben essere e la formazione di una personalità equilibrata, capace di sostenersi autonomamente. La chiudo qui, ma vi allego il link a questo articolo che mi sembra usare un linguaggio fruibile a tutti e poter essere molto utile per fare un po’ di chiarezza riguardo a un fatto che riguarda ognuno di noi, anche chi pensa di essere “immune”, chi pensa di essere troppo furbo per cadere in una relazione tossica e chi pensa di non essere narcisista. Lo siamo tutti, chi più e chi meno, e abbiamo tutti a che fare con persone che lo sono. Se vi siete già stancati (con tutto il mio blaterare) salvatelo e andate a leggerlo a mente fresca... o quando vi sentirete stupidi. IL NARCISISMO COME CARATTERE COLLETTIVO/PSICONLINE.IT
Qualche tempo fa, dopo un post Fb sul narcisismo patologico (più correttamente: Disturbo narcisistico della personalità), mi sono trovata a parlare in privato con un uomo che si autodefinisce narcisista patologico.
Persona che apprezzo, con la quale siamo finiti a fare considerazioni sul fatto che, quando c'è un NP maschio al centro, dire "Attenta!" alle donne che gli stanno intorno (ignare) non è funzionale, perché si ottiene l'effetto esattamente contrario. Un po' perché noi donne per condizionamento socio-educativo abbiamo questa spinta alla convinzione di poter "guarire" l'altro, un po' perché non possiamo di certo credere che quello spettacolo di uomo sia tutt'altro da ciò che percepiamo direttamente di lui, che facciamo? Usiamo quel consiglio per dimostrare a lui che siamo dalla sua parte, che noi lo capiamo, ecc. Convinte che chi dice "Attenta!" lo faccia per invidia, per bruciargli il terreno intorno solo per una questione di "gelosia". Anche perché, diciamolo, succede anche questo, non esclusivamente quando c'è un NP di mezzo e nemmeno troppo di rado. Non siamo bravissime, ancora, a supportarci l'un l'altra... e di conseguenza, facciamo più fatica a fidarci. Non lo facciamo proprio, se quell'uomo al quale ci dicono di stare attente ci sembra Dio sceso in terra. I social, su queste dinamiche, hanno un impatto ancor più importante: sia perché il mezzo consente facilmente al NP di costruirsi il personaggio come vuole (mentre dal vivo è ovviamente molto più impegnativo), sia perché i social sono vera e propria fonte dalla quale attingere quell'attenzione che diversamente, da chi lo conosce davvero, non ha più. Succede quindi, sovente, che sul social il NP appaia come un'amalgama straordinaria di allegria, bellezza, ironia, bontà e chi più ne ha più ne metta. Si espone dipingendosi dalla parte delle donne, palesemente contro tutte le ingiustizie del mondo ed è brillantemente seducente. Spesso racconta di averne ha passate di tutte i colori per colpa delle donne, ma se ne prende la colpa eh: ha scelto la donna sbagliata, si è lasciato irretire, ma sa che tu sei diversa. Spessissimo ti stava cercando. Aveva proprio smesso di cercare perché pensava che tu non esistessi. Talmente capace nel costruire il proprio personaggio e diventarlo, che mai e poi mai potresti pensare che stia recitando. Non ho scritto "fingendo" perché non finge, recita la parte così come succede a teatro ai migliori attori: diventa proprio il personaggio. Di fronte a quel "Attenta!" pochissime donne possono credere che sia davvero un consiglio spassionato. Sono più portate a pensare che sia una mossa di gelosia o di vendetta, se tra i due c'è stato un trascorso. Succede, quindi, che si rafforzi l'idea che davvero quell'uomo non sia stato compreso. Del resto magari lui sta già scrivendo in privato "Come mi capisci tu, nessuna mai." Se al centro c'è un NP, chi scrive "Attenta!" può farlo per diverse motivazioni: - se non è entrata in relazione profonda con lui, perché nell'approccio ha subito riconosciuto il disturbo di personalità (ne ha competenza, oppure esperienza), ci tiene a mettervi in guardia; - se è entrata in relazione profonda ed è ancora dentro alla dinamica di manipolazione in fase di scarto (lui l'ha scartata), lo fa effettivamente per un discorso di gelosia, anche se spesso provocata dalla triangolazione che il NP ha messo in atto (oltre che splendido attore, diventa anche ottimo regista di dinamiche tra pretendenti: si nutre della gara per averlo); non è una gelosia che nasce spontanea, insomma: è voluta, provocata da lui che mette in atto indifferenza nei confronti di questa, e palesa pubblicamente l'interesse per l'altra. Gli serve: due donne che competono per averlo sono manna; non c'entrano nulla i sentimenti, sia chiaro: il suo obiettivo è l'approvvigionamento narcisistico, niente altro; - se è uscita dalla relazione, lo fa esclusivamente perché riconosce i comportamenti del NP, i suoi schemi, e le dispiace pensare che state rischiando di vivere quella sofferenza in cui lei è finita annientata e dopo la quale ha dovuto faticare enormemente per riprendersi in mano. Faccio questo discorso perché diverse volte mi trovo io stessa a voler dire "Attenta!" a qualcuna riguardo a diverse persone che conosco e, per competenza o conoscenza, sono certa di non sbagliarmi. Ma desisto, per evitare di rafforzare quella dinamica per la quale la donna consigliata finirebbe a investire emotivamente ancora di più in quella relazione. È una situazione che non ha una soluzione "buona". Desistere è come lasciare una potenziale vittima al suo destino. Intervenire è un po' come fornire un assist al NP. Quante volte vi è successo di dire "Attento!" a qualcuno e vedere poi distorcere il vostro intento buono? Quando c'è di mezzo un NP, succede sempre. So che, quando si legge qualcosa rispetto a questo disturbo, la risultante sembra sempre una caccia alla streghe ma in realtà questo succede solo perché analizziamo la relazione in termini empatici mentre nel NP l'empatia emotiva non esiste. E non lo dico per screditarli, ma perché è una caratteristica propria di chi è portatore della patologia. Non è che non vuole amarvi, volervi bene: è proprio impossibilitato a farlo. È invece molto dotato di empatia cognitiva... cosa significa? Che non potendo empatizzare emotivamente, ha imparato alla perfezione quali comportamenti deve mettere in atto per provocarvi certe emozioni, sensazioni o sentimenti. Sa che se vi dice che come voi, nessuna mai vi porterà a sentirvi uniche e a legarvi in un legame che ai vostri occhi è indice di unicità. Di extra-ordinarietà. Sia chiaro che il NP non sta bene, non è felice, non è niente di ciò che appare... la sua vita è un totale dipendere dal bisogno di sentirsi il migliore, il più amabile, il più desiderato, il più degno di attenzione. Se quell'attenzione decade, va in tilt. E, aggiungo, non necessariamente ha bisogno di un riconoscimento positivo: trae approvvigionamento anche dal vostro stare male, dal sapere che fareste qualsiasi cosa per lui, per riaverlo. Questo il motivo per cui è difficile uscirne: è un meccanismo perverso. Se le persone sane traggono ben essere dalle situazioni positive, in cui entrambi i partner stanno bene, in una relazione con un NP l'equilibrio non esiste: - nella prima fase, quella dell'idealizzazione (love bombing) lui fa di tutto per farvi vivere il paradiso, confacendosi al vostro ideale di uomo; e voi traete un appagamento emotivo enorme, incredibile. Tutto questo perché vi fa vivere un'euforia che scatena un rilascio di endorfine da sballo. Anche lui sembra al settimo cielo, eh. Sembra. In realtà sta investendo una quantità enorme di energie per rendervi dipendenti, per far sì che non abbiate scampo nella fase successiva. - nella seconda fase, quella di svalutazione, il NP diventa freddo e indifferente, mettendo in atto continue critiche e svalutazioni sulla vittima che appare confusa poiché non capisce cosa stia accadendo. Sperimenta un forte stress, si sente infelice, le sembra di “camminare sulle uova”. Confusa dal comportamento incomprensibile del narcisista, la vittima lavora di più per compiacerlo, nella speranza di recuperare il rapporto che aveva assaporato all’inizio. Mette in dubbio sé stessa, prova a far di tutto per essere adeguata (e quindi amata). Privata della "droga narcisistica” (le endorfine) la vittima sperimenta i sintomi dell’astinenza con ansia, rabbia, tristezza; e per far fronte a questi stati d'animo mette in atto una serie di meccanismi inconsci di difesa (negazione, razionalizzazione, modelli regressivi di comportamento infantile, ecc) che rappresentano l’unico modo per poter sopravvivere all'ansia. Questa è la fase vera e propria del gaslighting: la vittima diventa ostaggio del grandioso e patologico sé del narcisista. Il narcisista la guarda con disprezzo; la concepisce come impotente, inferiore e priva di valore ma allo stesso tempo anche la fonte attraverso la quale alimentare il suo bisogno di sentirsi potente. Qui il paradosso: quanto più la vittima mostra la sua angoscia quanto più chi ne abusa alimenta il proprio narcisismo. Abuso che si manifesta attraverso la violenza verbale e fisica, la svalutazione delle capacità intellettive, della sessualità, della creatività. Svaluta ma al tempo stesso ha bisogno della vittima per autoalimentare il senso di sé grandioso: “Fai schifo, sei inadeguata a me, ma non ti azzardare a lasciarmi”. Per la vittima è difficile fuggire alla trappola. Quanto difficile, ce lo dicono tutti i femminicidi. - la fase di rigetto: è la conclusione, lo scarto. L’interesse per la vittima ormai "inerme" decade. Il NP resiste a tutti i tentativi di salvataggio del rapporto, ha un atteggiamento da bullo (non risponde, si nega) ed è totalmente indifferente a qualsiasi necessità o desiderio della vittima. Sparisce, senza dare spiegazioni. Se lei rimane ancorata a questo livello (cosa che lui spesso predispone nella fase di Love Bombing dicendo "Se anche andrò via, un giorno, tornerò sempre da te perché tu sei l'unica che mi ha amato davvero. Passassero anche dieci anni, tornerò") rafforza solo il senso di potenza del narcisista e gli lascia la possibilità di ripresentarsi. Cosa che succede solitamente quando la vittima ha ripreso almeno in parte vitalità, allegria. Mi fermo. Volevo scrivere solo alcune righe e invece mi sono persa in un'elaborazione forse fin troppo tecnica. Sia chiaro che ho parlato in termini di NP maschio perché le dinamiche sono un po' diverse a seconda del genere di chi manipola usando la comunicazione perversa. Non meglio o peggio, diverse. E perché oggi c'è una donna in particolare alla quale vorrei dire "Attenta!". |
GRAZIA SCANAVINI
Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo per favorire l'emancipazione dalle relazioni tossiche
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