Era strano quella sera, lo sentivo in agitazione; non nervoso, semplicemente avvertivo uno strano fervore nel suo modo di muoversi per casa . Da quando era rientrato gli avevo già chiesto almeno un paio di volte cosa stesse succedendo, ma lui sorrideva tranquillo semplicemente sussurrando: “Niente, una cosa per te.” Appena entrò in doccia, presi ad osservarmi in giro. Ogni tanto mi porta un fiore e lo lascia appoggiato sul ripiano della cucina, sulla mensola di vetro sotto lo specchio del bagno, a terra davanti all’entrata o sul tavolo del mio studio; e succede che io, presa da qualche faccenda o distratta dalla preparazione di qualche corso o di qualche articolo importante, non me ne accorga. Non lo faccio per poca considerazione ma solo perché quando mi concentro per un lavoro che mi prende molto, perdo il contatto con la realtà. Niente, non c’era niente. Mentre ancora Alessandro era in bagno, lo avevo sentito parlare al telefono e distrattamente avevo percepito un “A dopo.” che mi aveva lasciata stupita, non sapevo dovesse uscire. Stavo preparando la cena quando uscì dal bagno. “Che bello ti sei fatto! Barba, capelli… dove vai questa sera?” ammiccai con ironia tendenziosa, sorridendo. “Da nessuna parte, solo per te.” Sorrise, sembrava divertito. Cenammo in terrazza, allegramente. Il cielo di fine Maggio quella sera offriva un tramonto luminoso e caldo. La lieve brezza era piacevole sulla pelle. Restammo in terrazza ad ascoltare musica dopo cena, a goderci il lento tramontare del sole e il crescendo della luminosità della luna che pareva essere piena. Alessandro si alzò per prendere whisky e bicchieri, e io per farmi una doccia veloce. Amavo fare la doccia sapendo che lui mi aspettava rilassato sulla poltrona del terrazzo, con il bicchiere in mano e il sigaro che gustava lentamente, portandolo alla bocca come fosse cosa preziosa. Quando uscii in terrazzo, mi guardò intensamente mentre aspirava fumo e sorrise espirandolo, portando il bicchiere alla bocca con il fare di chi sa dove sta andando. Ancora avvolta nell’asciugamano, andai a sedermi sulla poltrona di fronte a quella dove sta seduto lui, allungando una gamba per appoggiare il piede tra le sue e raccogliendo l’altra al petto. Mi piaceva sedermi davanti a lui in modo che vedesse il mio sesso aperto con naturalezza davanti ai suoi occhi. Era eccitato, lo sapevo; lo sentivo quando in testa sua aveva già deciso che mi avrebbe avuta. E come sempre, la sua sicurezza eccitava me. Mi dava quella sensazione del non potermi esimere dal suo desiderio. Non che fosse una costrizione, tutt’altro, semplicemente un gioco di tensioni che mi faceva sentire il fulcro del suo desiderio e mi eccitava da impazzire. “A cosa stai pensando dolcezza?”. Aveva un tono avvolgente. ”Mi sto godendo la tua eccitazione.” Sorrisi accendendomi una sigaretta. “E cosa ti fa pensare che io sia eccitato?” Ora il tono era caldo e tendenzioso. “Lo sei da quando sei rientrato… la cosa strana è che tu non ci abbia ancora provato!” lo schernii ridendo. “Non mi va di scoparti adesso.” E abbassò lo sguardo, sempre sorridendo. “Ah no?!” “No!” Prese il piede che avevo appoggiato sulla sua poltrona, lo accarezzò, lo sfiorò con la bocca e lo appoggiò sul bracciolo della poltrona, allargandomi le gambe e inginocchiandosi davanti a me. Avvicinò piano le labbra alle mie cosce, percorrendole delicatamente fino a sfiorarmi le grandi labbra. Mi distesi sulla poltrona, avvicinando il bacino al bordo della seduta per offrirmi in maniera più completa. Continuavo a fumare e lui prese ad accarezzarmi lentamente con la lingua le grandi labbra, sfiorando sapientemente solo di tanto in tanto le piccole labbra e il clitoride. Sapeva come scaldarmi, sapeva che avrei sussultato ad ogni piccolo tocco. Io fumavo e lui mi leccava, guardandomi negli occhi. Sapeva che mi piaceva che mi leccasse mentre fumavo. Mi faceva sentire la padrona del mondo guardarlo con le labbra immerse nel mio piacere mentre io fumavo e godevo, godevo e fumavo. Gli chiesi di infilare una mano dentro di me ma alzò il viso e fece cenno di no con la testa, guardandomi fissa negli occhi e sorridendo, in segno di sfida giocosa. Alzai il tono della voce: “Mettimi dentro quella mano, fammi godere come piace a me”. Di nuovo fece cenno di no con la testa, allo stesso modo e immerse di nuovo il volto tra le mie gambe, portandomi a godere e lasciandomi sfinita, abbandonata sulla poltrona. Dopo qualche istante, quando aprii gli occhi, Alessandro era ancora inginocchiato tra le mie gambe e mi stava osservando. Aveva uno sguardo accogliente e compiaciuto. Mi accarezzò una gamba e si alzò, prese il bicchiere poggiato sul tavolino e bevve un sorso di whisky. Voleva scoparmi forte adesso, ne ero sicura. Mi aveva portata al massimo dell’eccitazione, senza indurmi al piacere completo, per poi goderne insieme. Mi accomodai meglio sulla poltrona ma Alessandro si incamminò verso la vetrata e mentre oltrepassava la porta per rientrare in sala disse: “Esco.” “Come esci? Dove vai?” ero incredula e stranita dal suo comportamento. “Faccio un giro. Non aspettarmi sveglia.” “Ma che succede? Ale?” Non rispose. Mi alzai e mentre mi incamminavo per raggiungerlo, lo intravidi prendere le chiavi sul tavolo e sentii la porta sbattere. Forse non l’aveva sbattuta, ma nello stato d’animo in cui ero, mi sembrò che la chiudesse con rabbia. Guardai fuori dalla finestra: stava già salendo in macchina. Mise in moto e partì bruscamente. Lo guardai allontanarsi, stava guidando nervosamente. Ma che era successo? Presi il telefono e lo chiamai, ma non rispose. Provai di nuovo. Segreteria telefonica. Tornai in terrazzo, accesi una sigaretta e, seduta sulla poltrona, rimasi almeno un paio d’ore a riflettere, a chiedermi cosa lo avesse turbato. Di tanto in tanto provavo a richiamare ma non mi rispose: una volta era occupato, le altre suonava a vuoto. Gli scrissi un messaggio chiedendo cosa fosse successo. Rispose semplicemente: “Tranquilla, non succede nulla, avevo voglia di farmi un giro. Mi vedo con Giorgio. Vai a dormire. Un bacio”. Era successo in passato che qualche volta si comportasse così, soprattutto quando qualcosa non andava al lavoro, ma era la prima volta che aveva un cambio di umore così repentino senza spiegarmi nulla, e soprattutto in un momento di intimità in cui niente lasciava pensare che ci fossero problemi. Rientrai in casa, cominciava a fare freddo e, dopo aver sfogliato una rivista e fatto un po’ di zapping con la televisione, me ne andai a dormire. Non riuscivo a prendere sonno. Mi alzai, mi versai un po’ di whisky e mi portai il bicchiere a letto. Stavo lì, nella penombra della camera da letto, illuminata appena dalla luce che filtrava dalla finestra. Mi rigirai nel letto, non so per quanto tempo, e scivolai in un sonno agitato senza accorgermene, presa da mille domande e da pensieri contrastanti. Sentii sfiorarmi la schiena dalla sua mano calda. Mi accarezzava, forse già da qualche minuto e quando mi girai per guardarlo in viso, mi accarezzò le labbra e mi chiese piano: “Stavi dormendo, eh?” “Sì…” “Bene… Adesso sogniamo…” Aveva tra le mani una benda nera, il che mi stupì molto perché non avevamo mai usato bende agli occhi. Me la sistemò sul viso e strinse forte, allacciandola dietro la nuca. “Ci vedi?” mi chiese mentre mi sfiorava un capezzolo. “No… “ “E ti piace a giudicare da come reagisci…” Nonostante fossi ancora intontita, i miei capezzoli erano turgidi. Il mio corpo era già eccitato, così come la mia testa. Lo sentii alzarsi dal letto, andò ad accendere lo stereo e il volume era piuttosto alto. Non potevo né vedere, né sentire i suoi movimenti all’interno della stanza. Lo sentii sussurrare vicino al mio orecchio: “Toccati!” Spostai il lenzuolo dal mio corpo, volevo che mi vedesse interamente. Doveva aver acceso delle candele perché percepivo una luce fioca oltre la trama della benda. Voleva guardarmi. Inumidii un dito infilandomelo in bocca, anche se non ce ne sarebbe stato bisogno: ero già bagnata di eccitazione. Spalancai le gambe, come sapevo che a lui piaceva, per mostrarmi completamente sua, dannatamente sua. Sapere che stava li a guardarmi mi eccitava da impazzire. Forse era in piedi, appoggiato al muro, o forse si era seduto sulla poltrona nell'angolo opposto. Forzai ulteriormente l'apertura delle gambe, doveva vedermi bene, ovunque si trovasse, volevo che i suoi occhi catturassero ogni minimo movimento del mio dito che aveva preso a carezzare languidamente il clitoride, muovendosi lentamente ma premendo forte: mi piace sentirlo toccare in modo deciso. Stringevo forte le grandi labbra con le mani allargandole, tirandole, che sentivo le unghie insinuarsi nella pelle. Sapevo quanto lo eccitasse vedere le mie unghie rosso scuro tirare la carne per mettere in mostra il clitoride, per farlo uscire completamente. Ormai ero al culmine del piacere, stavo raggiungendo l’orgasmo, quando sentii Alessandro afferrarmi un piede: pensai che volesse alzarmi la gamba per penetrarmi e invece sentii le sue mani passare qualcosa intorno alla caviglia e capii subito che si trattava di una corda. Sentivo i capezzoli inturgidirsi e continuavo a toccarmi prepotentemente. Quando strinse la corda ebbi un forte orgasmo ma non smisi di toccarmi, volevo continuare a godere. Quando mi strattonò la gamba, per fissarla al piede del letto, gridai di piacere talmente intenso da perdere quasi i sensi. Abbandonai le braccia lungo i fianchi mentre sentivo Alessandro legarmi anche l’altra gamba al letto. Stavo ancora ansimando quando si avvicinò al mio collo sussurrando: “Sei bellissima quando godi… non pensare più a niente ora. Pensa solo a godere…”. Sentire le sue labbra sfiorare il collo mentre mi diceva quelle parole mi mandò nuovamente in estasi e ripresi a toccarmi ma dopo qualche secondo sentii le sue mani prendermi i polsi, uno dopo l’altro e legarli al letto, così come aveva fatto con le caviglie. Il cuore batteva all’impazzata. “Lasciamene una libera, ti prego.” Di nuovo si avvicinò al mio collo: “Ssssst… stanotte devi godere come voglio io…” Dopo appena un secondo sentii la sua bocca appoggiarsi ad una caviglia e salire lentamente, baciando e leccando la gamba fino a raggiungere il mio sesso, spalancato e fradicio, per nulla imbarazzato ma in trepidante attesa di essere soddisfatto. Prese a leccarmi come non aveva mai fatto. Non staccava mai le labbra, avvolgendo totalmente il clitoride e la sua lingua lo massaggiava lentamente ma con una passionalità che mai avevo sentito. Sentivo scoppiare i capezzoli mentre mi sembrava che tutto il mio essere fosse ridotto al mio clitoride e a quella bocca che sembrava assetata e succhiava il mio clitoride come se volesse farne uscire acqua per dissetarsi. Ad un certo punto infilò un dito e poi subito spinse dentro tutte le dita della mano, allargandomi con un’unica spinta. Il mio sesso era talmente bagnato che la mano si infilò dentro superando un minimo attrito dovuto al restringimento delle ossa pubiche. Mi fece male, un male che mi eccitò ancora di più. Era la prima volta che la sua mano entrava completamente, sembrava quasi fosse più piccola tanto mi ero aperta per farla entrare. Iniziò a massaggiarmi dentro proprio come piaceva a me e intanto la sua lingua continuava a leccarmi, imperterrita, calma e pressante. Stavo ansimando di piacere, ogni respiro era un grido soffocato. D’improvviso sentii abbassarsi il materasso a lato della mia testa, come se qualcuno ci fosse salito sopra. Ebbi un attimo di smarrimento e, quando senti il sesso turgido e forte di Alessandro appoggiarsi alle mie labbra, credetti di svenire. Lui si chinò su di me e mi disse: “Tranquilla tesoro… godi… non pensare ad altro. Sei bellissima, mi stai facendo impazzire… Così voglio vederti… godere di tutto il piacere possibile…”. Ascoltavo le sue parole, la sua voce, mentre sentivo quella mano esperta massaggiarmi dentro allo stesso ritmo con cui la lingua continuava a leccarmi. Mi sembrava di impazzire. Di indecisione, di incredulità, forse di imbarazzo ma di piacere allo stesso momento. Mi lasciai andare. Non pensai più a niente come Alessandro mi aveva chiesto. Accolsi tra le labbra il suo sesso, era duro come mai lo avevo sentito in tanti anni. Presi a leccarlo come sapevo che a lui piaceva e mentre lui lo spingeva nella mia gola e lo ritraeva per farmelo leccare, sentii salire un piacere tale nel ventre che gridai con tutta la voce che avevo e contrassi il bassoventre fino a sentire uscire dal mio sesso una quantità di acqua che mi sembrava non finire più. Persi i sensi. Non so quanto rimasi in quelle condizioni ma quando mi ripresi qualcuno mi stava scopando forte, come piace a me, e qualcun’altro stava succhiando un mio capezzolo mentre con la mano massaggiava l’altro seno. Mi avevano slegato le gambe e le braccia, ero libera ora, mi rimaneva solo la benda. Per un momento pensai di toglierla. Non lo feci. Per qualche minuto ancora mi sentii confusa e quasi non percepivo il corpo. Alessandro, ne riconobbi le labbra, mi baciò intensamente mentre l’altro era uscito da me, poi si allontanò anche lui. Mi sentivo stremata di piacere. Nella stanza risuonava un pezzo e ogni cm del mio corpo sembrava essere una corda della chitarra. Non c’era nessuno accanto a me, forse nemmeno nella stanza. Mi girai con la pancia sotto, mi sentivo eccessivamente nuda ed esposta in quel momento in cui la tensione era fortissima: non sapevo se fossero usciti dalla stanza o fossero lì, a guardarmi, aspettandosi magari che mi togliesse la benda dagli occhi. Restai in attesa per qualche minuto, cercando di capire se ci fosse qualcuno, di sentire se magari stessero parlando o muovendosi di là, ma la musica era troppo alta. Niente. Non riuscivo a capire se fosse tutto finito o se si trattasse di un momento di pausa. Immobilità. Staticità. Mi sembrava che il mondo fosse lontano, quasi inesistente, quando sentii la pelle di Alessandro avvicinarsi al mio viso. Mi baciò, caldamente, e mi appoggiò un bicchiere alle labbra, sollevandomi dolcemente la testa. Fece scivolare nella mia bocca un sorso di whisky. Era Ardbeg, ne ero sicura. Lo sentii accendere una sigaretta e mi fece fumare. Non avevo la forza di muovermi, mi sentivo come se fossi ancora legata. Infilò piano la sigaretta nella mia bocca, appoggiandola alle labbra, me la faceva desiderare, allungavo la lingua per farmela dare. Mentre aspiravo sentii la sua mano accarezzarmi i capelli. E una mano mi stava accarezzando la caviglia destra, salendo piano e accompagnando le carezze della mano con carezze delle labbra. Ancora lui. L’altro. Il tocco della mano lieve e le labbra calde stimolavano l’interno delle mie cosce; calde come se conoscessero perfettamente il mio desiderio, delicate e affamate allo stesso modo; imperterrite e pretenziose a salire verso la mia eccitazione. Delicatamente, con tocco quasi trattenuto, aperse le grandi labbra e sentii il clitoride desiderare di essere racchiuso da labbra, succhiato da una bocca… di chiunque fosse. Alessandro, che continuava ad accarezzarmi i capelli, mi baciò intensamente, quasi aggressivamente, proprio mentre una bocca si prendeva il mio clitoride e lo succhiava lentamente ed intensamente, come se fosse capezzolo a cui attingere per dissetarsi. Sentii Alessandro spostarsi dal mio fianco, mentre mi lasciavo trasportare dal massaggio piacevole che quella bocca alternava a momenti di suzione sfrenata. Sentii mani accarezzarmi entrambi i seni, stimolarmi i capezzoli con dita bagnate. Non capii di chi fossero le mani, non capivo più niente. Il piacere mi offuscava la mente mentre cresceva il desiderio di sentirmi penetrare. Ero talmente eccitata che non mi accorsi quasi di gridare: “ Prendimi Alessandro… Scopami… Ti prego, scopami!”. Lo chiedevo ad Alessandro ma speravo mi penetrassero entrambi. Volevo sentirmi presa, usata. Mi eccitai spasmodicamente alle mie stesse parole e all’idea di sentirmi penetrare con forza. Sbottai in un orgasmo intenso e vigoroso, sentii il corpo sopraffatto dal piacere tendersi e contrarsi ripetutamente. Ma non ebbi tempo di riprendermi. La bocca lasciò il mio clitoride dopo averlo delicatamente accarezzato con la lingua. Mi sentii sollevare e spalancare le gambe. Avevo appena goduto ma bramavo di essere scopata senza freni, e Alessandro lo sapeva, conosceva alla perfezione le dinamiche del mio piacere. Sentii la mia carne cedere e aprirsi per accogliere un’eccitazione turgida e dirompente. Non sapevo chi fosse quell’uomo ma mi era entrato dentro con un solo movimento ed ora stava penetrando la mia carne come se mi conoscesse da sempre, quasi sapesse che mi eccita da impazzire sentirmi riempire fino in fondo, e spingere. Ancora bendata, presi a masturbarmi immaginando quell’uomo che mi stava scopando e Alessandro poco più in là a guardarmi. Avevamo fantasticato mille volte su una situazione del genere, mentre facevamo l’amore. Mi ripeteva in continuazione che l’idea di vedermi scopata da un altro uomo, o più uomini, lo eccitava in maniera sconsiderata, irragionevole. Poi quando ne parlavamo fuori dal letto, la razionalità lo restituiva alla certezza di non poter reggere effettivamente a quello che avrebbe vissuto come un confronto con un altro uomo ed un affronto all’esclusività. Per un attimo mi chiesi cosa fosse cambiato, perché questa decisione, questo cambiamento. Durò un attimo appena la mia perplessità perché mentre ancora distesa sulla schiena sentivo quell’uomo affondare tra i miei umori, Alessandro si avvicinò con la bocca al mio orecchio: “Sei bellissima amore mio… Ti piace eh?!”. Annuii in maniera quasi impercettibile mentre non riuscivo a trattenere gemiti di piacere, che aumentava alla vicinanza di Alessandro. “E a me piace guardarti… sei meravigliosa… la donna che ho sempre voluto…”. Il piacere divenne incontenibile e godetti gridando in direzione di Alessandro, arrivando a sfiorare la sua guancia con le labbra. Gridai sulla sua pelle. Come a volergli trasmettere tutto il mio piacere. Mi prese la mano con la quale stavo tenendomi alla spalliera del letto e me la baciò delicatamente all’interno, mentre io ancora mi contraevo negli spasmi di piacere. L’uomo che mi aveva portata a godere uscì da me e mi resi conto che non avevo nemmeno seguito il suo esserci, non sapevo se avesse goduto oppure no, la mia testa era completamente concentrata sul piacere che provavo e il desiderio di trasmetterlo ad Alessandro. Trascorse un attimo appena quando la voce di Alessandro mi invitò ad alzarmi. Ero confusa ma mi prese per un braccio guidandomi, poi mi mise le mani sui fianchi e mi aiutò a sedermi sulle sue gambe. Lui era steso sul letto, accanto a dove mi trovavo io pochi attimi prima. Era eccitatissimo. Presi il suo membro con una mano e lo accarezzai lentamente ma con vigore, stringendolo con tutta la mano per sentirne appieno la turgidità. Ero bagnata come mai mi era successo. Sollevai il bacino e mi avvicinai per sedermi sul suo membro. Scivolò dentro, quasi risucchiato. Era più duro del solito, lo sentivo riempirmi fino in fondo: mi spostavo con la schiena all’indietro poi in avanti; mi muovevo ora completamente seduta su di lui, ora chinata in avanti appoggiando le braccia oltre le sue spalle per sentirlo scorrere dentro me. Mi dimenticai completamente dell’altro. Non pensai che forse ci stava guardando, forse si stava toccando, o forse se ne era andato. Non sapevo quali fossero i loro accordi ed era l’ultimo dei miei pensieri in quel momento. Continuai ancora per qualche minuto a godermi la presenza di Alessandro dentro di me. Lo sentivo forte, pieno, caldo, sul punto di scoppiare. Più mi chinavo con il busto verso di lui, più lo sentivo eccitarsi. Lo baciai, intensamente e lui mi morse un labbro e poi prese a baciarmi quasi volesse mangiare la carne delle mie labbra, della mia lingua; la succhiava e la leccava. La leccava e la succhiava. Ero così, seduta sopra di lui, distesa sul suo petto, quando sentii l’altro appoggiare il glande al mio orifizio anale. Ebbi un sussulto, quasi a volermi alzare ma Alessandro mi trattenne le labbra e l’altro appoggiò una mano sulla mia schiena, spingendomi giù il busto. Fu un momento di un’intensità difficilmente esplicabile. Non interruppe mai il contatto tra il suo glande e il mio orifizio, aumentando la pressione in modo graduale, lasciando il tempo alla mia carne di accoglierlo e lasciarlo entrare. Quando il glande oltrepassò l’orifizio, gridai di piacere. Sentire questo membro turgido e grosso entrarmi dentro, diviso da quello di Alessandro solo dal sottilissimo strato di carne che separa la vagina dall’ano, mi mandò in uno stato di piacere talmente profondo da non avere più nessuna cognizione del tempo e dello spazio. Mi abbandonai completamente al loro fare: Alessandro si muoveva sotto di me per spingere a fondo, mentre l’altro premeva. Premeva. Premeva. Un piacere mai provato. La sensazione di essere completamente presa. Piena. Completa. Persi i sensi. Quando riaprii gli occhi, la musica continuava a riempire la stanza. Scivolai nel sonno mentre ancora Alessandro continuava ad accarezzarmi. Non chiesi mai ad Alessandro chi fosse quell’uomo, non mi interessava saperlo. Non contava nulla.
3 Comments
Daniele Aiolfi
7/8/2014 02:10:01 pm
La doppia penetrazione.
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grazia
7/8/2014 04:23:59 pm
Sono d'accordo con te Daniele! Sono anche convinta che, in questo senso, gli uomini potrebbero osare di più con le donne... nel senso che difficilmente una donna cercherà questa situazione da sola... rimane comunque molto più eccitante, per una donna, essere coinvolta in questa situazione che cercarla.
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Grazia ScanaviniClick here to edit. Archives
Dicembre 2016
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