![]() Non era il genere di uomo che le piaceva, eppure in pochi momenti era diventato il centro del suo desiderio. Marta lavorava in quella pasticceria del centro da qualche anno ed era passato un numero infinito di uomini che le potevano piacere e che spesso si erano proposti alla sua attenzione. Con qualcuno era anche uscita, c’erano state amicizie, incontri saltuari e anche qualcosa di simile ad una storia, ma mai, fisicamente, era stata attratta come da quest’uomo. Lui. Che la sfiorava appena con lo sguardo per ordinare o per pagare. Doveva avere circa una quarantina di anni o poco più e Marta, appena venticinquenne, quando lo vedeva entrare si agitava, cercava di aggiustare i capelli senza che nessuno se ne accorgesse, e diventava il più sorridente possibile, fin troppo. Non riusciva a trattenersi. Era possibile? La prima volta era entrato una mattina di inverno e Marta l’aveva subito notato. Era completamente bagnato a causa dell’acquazzone che scrosciava da qualche minuto. Lei gli sorrise quando lui chiese un caffè, ma non ottenne riscontro. Bevve, pagò e se ne andò. Marta pensò che fosse di passaggio e che non sarebbe mai più tornato. Infatti, trascorse parecchio tempo. Tornò una mattina d’estate, in un orario tranquillo. “Salve, cosa posso prepararle?”. Cerco di nascondere l’agitazione ma la voce uscì distorta. “Un caffè, grazie.” Questa volta la guardò negli occhi. “Subito.” rispose Marta. “Non ho fretta, grazie. Posso sedermi?” “Prego, si accomodi, glielo servo al tavolo.” Prese la valigetta che aveva poggiato a terra ed andò a sedersi ad un tavolino all’esterno. Marta lo seguì con il vassoio e lo servì. Stava per allontanarsi nonostante la strana eccitazione che provava avvicinandosi a quest’uomo, quando lui chiese: “Posso chiederle se conosce un hotel nei dintorni?” “Proprio qui dietro l’angolo ne trova uno, altrimenti in fondo alla via, sulla destra trova un residence.” Marta girò la schiena per indicare fisicamente la zona e le si slacciò un bottone della camicia. Chiese scusa mentre si ricomponeva e lui sorrise, senza imbarazzo alcuno. Marta invece arrossì, era stato solo un incidente ma sentiva i seni turgidi al pensiero di avere attirato l’attenzione di lui proprio sul seno, che già si faceva notare da sé per l’abbondanza. L’uomo ringraziò, Marta rientrò. Rimase seduto fuori per circa una mezz’ora parlando al telefono poi entrò per pagare. Marta fece in modo di andare alla cassa prima di qualche suo collega. “Le pago il caffè.” “1 euro, grazie.” “Grazie a lei… Di tutto.” “Si figuri, è stato un piacere.” “…se vuole parlare di piacere, quello è stato tutto mio…” la stava guardando negli occhi ma stava pensando al suo seno, che aveva intravisto dalla camicetta sbottonata. Marta capì subito che aveva percepito la sua eccitazione ed era sicura che ne fosse attratto. Lui uscì salutando. Sarebbe tornato. Ne era certa. Trascorse qualche giorno, entrò un pomeriggio, dopo pranzo. Marta era di spalle, stava sistemando dei bicchieri. Nel locale c’erano solo due persone sedute ad un tavolino, la collega di Marta era in magazzino. “Buongiorno. Posso avere un caffè?” “Certo. Buongiorno a lei. “ Marta si sentì arrossare le guance. Lui andò a sedersi a un tavolino esterno. Quando Marta uscì, lui parlava al telefono ma interruppe la chiamata adducendo una scusa. Marta appoggiò la tazzina sul tavolo e lui, senza guardarla negli occhi, le chiese se era possibile avere un pezzo di carta ed una penna. Marta glieli portò e rientrò subito, delusa ed irritata dalla noncuranza con cui lui l’aveva trattata. Rimase seduto fuori per almeno mezz’ora, Marta evitò appositamente di uscire. Quest’uomo aveva su di lei un effetto assolutamente atipico. L’ultima volta che se ne era andato lei avrebbe giurato che sarebbe tornato presto per approfondire la confidenza, e invece era quasi più distaccato della prima volta. Entrò lui, pagò alla cassa alla collega di Marta e poi andò verso di lei, che stava servendo una signora. Le appoggiò sul banco la carta e la penna che le aveva chiesto prima. La guardò, la ringraziò ed uscì. Marta servì il caffè alla signora e prese il foglio appoggiato sul banco. C’era scritto: ”Giochiamo?”. Rimase stranita. Guardò fuori, se ne era andato. Marta mise in tasca il biglietto e lo rilesse almeno dieci volte prima di terminare il lavoro. Rientrò a casa passando davanti all’hotel che gli aveva consigliato sperando e temendo un incontro fortuito, senza sapere se lui avesse scelto di soggiornare lì o altrove. Era agitata ed eccitata da quel uomo. Abitava sola, appena in casa si spogliò ed entrò in doccia. Era eccitatissima anche se non capiva cosa la eccitasse, ma era bagnata al pensiero di quell’unica parola: giochiamo? Iniziò a toccarsi e quando appoggiò il dito sul clitoride lo trovò bagnato, non di acqua… la consistenza dell’umore la eccitò ulteriormente, prese a toccarsi con tutta la mano, spingendo le dite dentro di sé, desiderando che lui fosse lì a guardarla. Com’era possibile desiderare uno sconosciuto? Si masturbò fino a godere intensamente, fino a che le sue mani si bagnarono completamente del suo umore. L’indomani mattina lui entrò di buon’ora, lei era alla cassa, c’era molta gente. Lui prese un caffè a banco ed andò da lei per pagarlo. “Buongiorno.” “Buongiorno, cara. Dormito bene?” “…direi di sì… e lei?” chiese Marta porgendo lo scontrino. “Dormito bene… sognato anche meglio” rispose lui porgendole la moneta per pagare il caffè anziché poggiarla nel rendi resto. Marta allungò la mano, lui le sfiorò leggermente il palmo appoggiandovi la moneta. Marta sentì il cuore impazzire e lui lo capì. Dietro di lui due persone dovevano pagare, chiese di nuovo carta e penna. Marta glieli porse e fece il conto ai signori dietro di lui, che gli rese il biglietto ed uscì, questa volta guardandola negli occhi. Lesse subito: “Vuoi toccarti da sola anche stasera o vuoi che io ti guardi?”. Marta si sentì bagnare come se lui l’avesse toccata. Era incredibile come quest’uomo sapesse leggere la sua mente. Venne ora di pranzo e Marta, che quest’oggi avrebbe dovuto fare solo mezza giornata, chiese ad una collega se volesse andare a casa, perché pensava e sperava che lui sarebbe tornato. Infatti, alle 16 si presentò e sedette direttamente fuori senza ordinare nulla. Marta preparò un caffè e lo portò al suo tavolo, con carta e penna. Non disse niente. Aveva sbottonato appositamente la camicetta lasciando intravedere l’attaccatura dei seni e, servendo il caffè, si chinò sul tavolo come di solito non faceva. Lui la trovava attraente e lei era eccitatissima al pensiero che la guardasse. Lui la ringraziò e lei sorrise rientrando. Pensò che avrebbe voluto sedersi di fronte a lui ma non avrebbe saputo cosa dire, di fatto non c’era niente da dire… erano solo sensazioni. Trascorsero pochi minuti e lui entrò, pagò e lasciò il foglio di carta su cui aveva scritto: “Stasera 21.30, Osteria Ducale.” Se ne andò senza che Marta avesse il tempo di riflettere o rispondere. Sapeva già la risposta. Marta conosceva quel posto, era stata qualche volta. Era un locale tranquillo, intimo, sicuramente non casuale. Terminò di lavorare alle 17.30 e, prima di rientrare a casa, passò in un negozio del centro per comprare un vestito nuovo. Non che le servisse ma quella sera voleva essere provocante, tanto quanto lui si aspettava. Entrò in casa, appoggiò le borse che portava dal giro in centro e si fece un caffè. Accese il televisore per vedere qualcosa ma non le riusciva di fermare il pensiero. La spense. Era talmente impaziente di incontrarlo che le sembrava che il tempo non passasse. Al tempo stesso era timorosa della propria reazione: non che non avesse avuto avventure in passato ma quest’uomo la prendeva in modo totale. Non sapeva chi fosse ma al solo sentirsi sfiorare, desiderava che lui la toccasse. Era seduta sul divano e, pensando alle sue mani, aveva il desiderio di toccarsi. Aprì la lampo dei jeans e si distese sullo schienale sfilandoli… sotto non indossava nulla quando aveva i pantaloni, si sentiva meglio, più libera. Sfiorò piano il clitoride che era già sensibile al punto di sentire quasi fastidio al primo tocco. Pensava alle mani di lui che la toccavano, agli occhi di lui che la guardavano. Non pensava di essere baciata, di essere corteggiata. Voleva solo che lui la toccasse. Stava sfiorando il clitoride con un solo dito, il contatto con l’umore che stava uscendo la eccitò al punto di desiderare di essere leccata. Portò il dito alla bocca per immaginare la sensazione che avrebbe avuto lui leccandola e non volle trattenersi, aumentò la pressione sul clitoride e arrivò ad un’intensità di piacere tale da godere subito. Si stese su un fianco, chiudendo le gambe una su l’altra, leggermente piegate. Sentire le cosce umide all’interno aumentava la sensazione di benessere. Si rilassò. Si addormentò. Quando aprì gli occhi ci mise un attimo a ristabilire i pensieri. Guardò le lancette dell’orologio appeso alla parete proprio di fronte al divano: le 20.25. Ebbe un attimo di smarrimento prima di realizzare se l’appuntamento con quell’uomo fosse reale o uno strascico di sogno. Osservò le borse dello shopping e trasalì subito. Fece la doccia, asciugò i capelli e si truccò leggermente. Un soffio di profumo sul collo. Indossò un completo intimo di raso di seta e pizzo nero. Infilò il vestito acquistato nel pomeriggio: un abito semplice, di buona fattura, che lasciava nude le spalle e parte della schiena chiudendosi dietro al collo e seguiva alla perfezione, senza avvolgere troppo, la figura di Marta. L’orlo si fermava qualche centimetro sopra il ginocchio e permetteva quindi di indossare una scarpa con il tacco alto senza apparire eccessivamente provocante. Si guardò un attimo appena allo specchio, prese un copri spalle e la borsa ed uscì. Era in perfetto orario. Scelse di prendere la macchina nonostante il locale non distasse molto da casa sua. Entrò nel locale, le luci erano piuttosto basse e poche persone erano sedute ai tavoli. La accolse un cameriere, lei individuò con lo sguardo quell’uomo di cui, si rese conto in quel momento, non conosceva nemmeno il nome. Mentre camminava seguendo il cameriere che le faceva strada sentì uno strano senso di disagio assalirla tutto in un momento. Non sapeva cosa fosse, era certa di desiderare che la cena fosse già finita: sarebbe stato più facile incontrarlo a quattr’occhi, non in un luogo pubblico e abbandonarsi ai sensi, alle sensazioni, agli istinti, alle pulsioni. Perché questo era quello che lui le provocava: uno stimolo pulsionale, averlo, possederlo o meglio ancora esserne posseduta. Mentre camminava in direzione del suo tavolo in effetti si sentiva la preda che esegue ciò che il suo cacciatore desidera. Lui e solo lui aveva condotto il gioco per giungere a questo tavolo, lei lo aveva semplicemente assecondato per soddisfare l’istinto. Lui le sorrise compiaciuto intanto che il cameriere la faceva accomodare. “Buonasera Marta, ti aspettavo.” “Anche a lei buonasera. Sono qui.” Si domandò subito come facesse lui a conoscere il suo nome senza prestare attenzione al fatto di avergli risposto dandogli del lei. “Ero sicuro che saresti venuta.” “Non ho avuto nemmeno un dubbio” rispose lei. Il cameriere servì vino e antipasto, lei immaginò che lui dovesse avere già ordinato per entrambe. Aveva lo stomaco talmente chiuso che le sembrò difficile riuscire a mangiare. Era agitata, non preoccupata ma eccitata in un modo devastante, e lui non faceva niente per placare questo suo evidente stato. Anzi. Era fermissimo, la scrutava con sguardo compiacente ma al tempo stesso compiaciuto; era certo che lei stesse aspettando solo di essere toccata, baciata, presa. “Allora Marta, posso chiederti di spostare i capelli dietro le spalle, in modo che io possa immaginare l’odore della tua pelle, come se la mia bocca fosse poggiata sul tuo collo e il mio naso ti stesse respirando?” Marta non tolse lo sguardo un attimo da quello di quest’uomo che la stava già possedendo senza averla mai toccata. Discostò i capelli dal collo senza dire una parola. Le sembrava che il cuore saltasse. Pensò che lui potesse vedere il suo torace sussultare ad ogni battito. “Sei eccitata Marta. Stai desiderando di essere altrove, dove nessuno possa vederci, dove io possa farti quello che tu stai immaginando. Non è così forse?”. Marta annuì con lo sguardo. Non una parola. Le sembrava che le parole non c’entrassero in questo momento, che la sua voce avrebbe rovinato tutto, o forse temeva che le sue risposte avrebbero deviato il percorso che quest’uomo stava seguendo per averla. Aveva il timore di ritardare il momento che tanto stava desiderando. Quindi non disse nulla. Lui le porse il bicchiere che conteneva un vino rosso dal colore molto intenso. Marta lo prese e bevve, guardandolo negli occhi. “Senti il sapore di questo vino, Marta? E’ lo stesso che sento nella mia bocca. Ti piacerebbe che con questo sapore in bocca mi alzassi dalla sedia, sgomberassi il tavolo, ti prendessi per i fianchi e ti stendessi davanti a me, spalancandoti le gambe e succhiassi il tuo clitoride per assaggiarlo come faccio ora con il vino?”. Marta si sentiva impazzire. Non diceva niente ma non abbassava lo sguardo. Era talmente eccitata che sentiva il suo umore uscire tra le grandi labbra e bagnare il perizoma. “Scommetto che sei tutta bagnata sotto. Sai cosa mi piacerebbe, che tu ti togliessi ora gli slip e me li porgessi.” Così dicendo, allungò la mano in segno di attesa. Marta respirò di un respiro profondamente intenso ma non si oppose nemmeno adducendo il timore di essere vista. Non distolse lo sguardo dal suo ma non era per sfidarlo quanto per accondiscendere al suo desiderio. Con mosse che apparvero sapientemente eleganti e limitate a non dare nell’occhio, sfilò il perizoma e lo strinse nel proprio pugno che dischiuse solo per lasciar cadere l’indumento sul palmo della sua mano. Era compiaciuto. Chiuse a sua volta il pugno come se stringesse un trofeo. Lo portò al viso, aprì la mano e appoggiò la stoffa al naso e alle labbra. Respirò lentamente, guardando Marta negli occhi. “Sapevo di non sbagliarmi con te.” Infilò il perizoma in tasca e bevve. Mangiarono l’antipasto e quando il cameriere si avvicinò per prendere l’ordinazione per la cena, lui disse che era sufficiente e chiese il conto. Marta rimase stranita perché si aspettava una cena piuttosto lunga. Lui si alzò per pagare e Marta lo guardò allontanarsi: era un uomo elegantemente sportivo, doveva avere 42 o 43 anni all’incirca. Era alto, spalle larghe, né magro né grasso. Moro di capelli e scuro di carnagione, abbronzato forse. Indossava una camicia bianca ed un paio di jeans scuri. Aveva già notato durante la breve cena che non portava la fede, ma era sicura che fosse sposato, con una bella moglie, abbronzata come lui. Tornò al tavolo. “Andiamo?” Marta si alzò e lui la precedette verso l’uscita. Nel parcheggio del locale era buio ormai. Lui si appoggiò ad un’auto lussuosa che era parcheggiata appena fuori dalla porta. “Sali con me?” Marta annuì. Lui la prese per una mano e la attirò a sé, aggirando l’auto. A fianco era parcheggiata una moto. Salì e Marta alzò l’abito fino quasi ai fianchi accomodandosi dietro di lui. Provò una sensazione molto piacevole sedendosi a gambe aperte sulla sella. Era ancora bagnata per l’eccitazione di prima e, non indossando più il perizoma, il contatto della pelle fredda, contro la sua calda, le fece venire voglia di sfregare il bacino contro la sella. Lui mise in moto e lei si appoggiò a lui completamente. Il contatto dei seni contro la schiena di lui era un piacere delicato ma profondo. Lui guidò a forte velocità verso il mare che distava poco più di venti km. Non pensò a nulla Marta in quei minuti, apprezzava solo le sensazioni del momento. Parcheggiò all’ingresso di uno stabilimento balneare che, vista l’ora tarda, era deserto. Scesero dalla moto e lei tolse le scarpe. Lui la prese per mano. “Hai paura Marta?” “Dovrei?” Lui scostò i capelli che le coprivano gli occhi a causa del lieve vento che si era alzato. Avvicinò il viso al suo e Marta credette che lui stesse per baciarla. E invece annusò l’odore della sua pelle, scendendo verso il collo. Le si accapponò la pelle. Quest’uomo era deciso e gentile ad ugual modo, capì in quel momento che lui avrebbe potuto farle fare qualsiasi cosa. Sempre tenendole la mano, insinuò l’altra sotto il suo abito, continuando ad annusarla e poggiando le labbra sulla sua pelle, senza mai baciarla. “Volevo proprio trovarti così qui sotto, bagnata, per me.” Le accarezzò le grandi labbra e si incamminò verso la spiaggia, sempre senza perdere il contatto con la sua mano. Camminarono in silenzio fino a bagnarsi i piedi nell’acqua. C’era una luna non piena ma piuttosto luminosa, che permetteva di distinguere perfettamente anche i particolari. Lui si girò verso di lei e le sollevò l’abito fino a sfilarlo. Rimase immobile, con solo il reggiseno addosso, lui la guardava, le accarezzò una spalla scostando i capelli. Marta sembrava aver perso la capacità di parlare ma semplicemente non chiedeva perché non pensava. Sentiva. Sentiva lo sguardo di lui addosso, sentiva il desiderio che lui provava per lei, sentiva la brezza accarezzarle il corpo, sentiva la luna illuminarle la pelle. Si avvicinò e cominciò a baciarle il collo, scendendo verso i seni. Liberò prima un capezzolo poi l’altro abbassando la stoffa del reggiseno. Erano turgidi, eccitati. Iniziò a leccarli e succhiarli. Quando la sua bocca ne lasciava uno per dedicarsi all’altro, lei si eccitava ancora di più per la carezza della brezza sul capezzolo lasciato umido. Marta prese a sbottonare la camicia, desiderava che lui fosse nudo, sentire il contatto della sua pelle, sfiorare il suo torace con i capezzoli così eccitati. Lui le carezzava e stringeva dolcemente i seni abbondanti, ne era chiaramente molto attratto, non smetteva di toccarli, guardarli, succhiarli. Si fermò solo per continuare ciò che Marta aveva iniziato: si spogliò in un attimo, rimase solo con i boxer. Marta fece il resto: si inginocchiò davanti a lui e, mentre con le mani abbassava i boxer, con la bocca gli baciava e leccava il ventre, scendendo fino a sentire che l’odore della pelle cambiava, diventava più intenso, più intimo. Era molto eccitato e Marta rimase piacevolmente soddisfatta delle dimensioni del pene che si ergeva davanti al suo viso. Prese ad accarezzarlo e leccarlo, stringendolo nella mano per scoprirne le zone più sensibili e raggiungerle con la lingua. Poi dischiuse la bocca e anche se non riusciva ad accoglierlo tutto, iniziò a stimolarlo con labbra e lingua e a succhiarlo fino a sentirlo irrigidire ulteriormente. Marta trasalì un momento pensando a quanto avesse sempre ritenuto una convinzione giustificativa e consolatoria l’affermazione sociale dilagante che le dimensioni del pene non contano e che sia importante solo la capacità amatoria di un uomo. “Sarà pur vero,” pensò” ma preferisco così.” Poi non è che una qualità debba per forza escludere l’altra. Le piaceva il contatto delle labbra e dell’interno delle guance con questa carne dalla pelle tesa e dalla consistenza forte. Se non avesse temuto di non poterne poi godere in altre sensazioni, lo avrebbe leccato e succhiato fino a farlo godere così, tra le sue mani e le sue labbra. Si alzò, togliendosi il reggiseno. Voleva sentirsi completamente libera, lui la fece stendere sulla sabbia umida, si stese sopra di lei e prendendole il viso tra le mani, iniziò a leccarle le labbra scendendo al collo per poi risalire e baciarla sulla bocca con un’intensità tale da trasmetterle il desiderio che sentiva di entrarle dentro. Ma non adesso, non ancora. Il peso di lui la faceva sentire piacevolmente dominata. Adesso stava percorrendole il corpo con la bocca, sentiva la sua lingua giocare appena sotto l’ombelico. Lo stava desiderando da impazzire. Muoveva il bacino quasi a invitarlo a scendere perché desiderava la sua bocca. Allargò le gambe e lui colse l’invito. Le aprì delicatamente le grandi labbra e Marta sentì il fresco delicato della brezza marina subito seguito dal caldo e morbido tocco della sua lingua. Lui prese a leccarla intensamente, di un’intensità tale che Marta si sentiva allagare, e lui raccoglieva con la lingua ciò che il corpo di Marta sembrava donargli. Godette di un piacere fortissimo, tale che per un attimo le sembrò di uscire dal sonno, quasi non capisse cosa le fosse successo. Accarezzò i capelli di lui che la guardava sorridendole mentre ancora stava tra le sue gambe. Lui si alzò, la sua erezione sembrava forse ancora più imponente di prima. Le prese una mano e la fece alzare. “Vieni.” Entrarono in acqua, camminarono fino a raggiungere un punto dove la bassa marea lasciava una zona sabbiosa scoperta, che illuminata dalla luna pareva un’isola. Più in là qualche masso dolcemente levigato sembrava fare da spalla. Lui sedette a terra, lei si sedette su di lui. Era eccitatissima sentendolo premere contro di lei, presero a baciarsi voracemente, lui le stringeva il viso intanto che muoveva il bacino contro il suo. Marta sentiva il pene premere contro il clitoride,reso libere dalle cosce spalancate; era sicura che il suo umore stesse colando su di lui. Si adagiò in modo che potesse entrare dentro lei e provò un piacere intensissimo sentendosi riempire. Cominciarono a muoversi insieme mentre continuavano a baciarsi, mordersi, leccarsi, stringersi. Marta aveva la sensazione di essere diventata un tutt’uno con lui. I loro corpi premevano l’uno contro l’altro quasi fosse una danza. Non si trattennero, godettero uno dentro l’altra come se fossero amanti da sempre. Forse si sarebbero amati per sempre. Forse sarebbe stata l’unica volta.
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Grazia ScanaviniClick here to edit. Archives
Dicembre 2016
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