![]() Stamattina alle quattro mi sono seduta in studio. Dovevo scrivere un paio di frasi che sintetizzassero il concetto di INGENUITÀ in relazione al disturbo narcisistico della personalità. Ho scritto di getto, ne è uscito questo che di sintetico non ha nulla e ho pensato di condividerlo, se pensate che possa esservi utile (e adesso vado a scrivere le due frasi!). Tematica alquanto complessa che siamo tutti chiamati ad affrontare: la deriva narcisista verso cui sta navigando a forte velocità la società oggi e le difficoltà di relazione che ne derivano. Come avevano predetto diversi psicologi e filosofi già nella prima metà del Novecento, il crescente diffondersi di un’educazione che repelle la frustrazione - e non allena gli individui a gestirla - ha fatto sì che in ognuno di noi il tratto narcisistico della personalità prendesse il sopravvento sugli altri, andando a modificare di fatto la natura delle relazioni tra gli individui. Qualsiasi tipo di relazione si tratti. La frustrazione è lo stato d’animo che si genera dal conflitto tra ciò che noi vorremmo e ciò che non possiamo avere. Allenare un individuo alla frustrazione (i no che dovremmo dire ai bambini, per esempio) significa prepararlo a gestire l’impossibilità di ottenere sempre ciò che vuole, senza che il suo equilibrio venga stravolto. Faccio un esempio banale: un bambino vuole un giocattolo e fa un capriccio. Comprargli il giocattolo, anche se ne ha già un milione e gliene abbiamo comprato uno anche ieri, ci solleva dal bisogno di dover gestire il capriccio. Il bambino è contento, noi non dobbiamo impiegare tempo a spiegargli perché “no”. Bello, giusto? Questo però cosa comporta? Che il bambino non viene allenato a gestire la frustrazione e si struttura il vuoto interiore perché dandogli il giocattolo noi non diamo attenzione al suo sentimento. Vuole, ha. Punto. Dire di no, diversamente, comporta la necessità di coinvolgerci con lui nella sua tristezza, sentircene anche “autori” in qualche modo (quindi sopportare la frustrazione di apparire "cattivi") e dover impiegare tempo a spiegargli perché non è corretto comprare un giocattolo ogni giorno. Negare e motivare è faticoso, ma sapete a cosa serve? Il bambino non avrà il giocattolo, quindi non vivrà il momento di effimera felicità legata al possesso di un oggetto, ma avrà la nostra attenzione al suo sentimento… Forse vi sembra irrisorio, ma questo, invece, farà sì che in lui non si crei il vuoto interiore, che impari a gestire la frustrazione e che in futuro una situazione in cui non può avere esattamente ciò che vuole non sia causa di una destabilizzazione non sopportabile. Non devo di certo spiegarvi che motivare i “no” è fondamentale per favorire la formazione di un carattere equilibrato in un bambino. La disabitudine a gestire la frustrazione in cui stiamo crescendo le nuove generazioni, invece, porta all’insicurezza interiore. Induce l’individuo a non sopportare che le cose vadano diversamente da come vorrebbe, gli preclude la possibilità di sentirsi “al sicuro” anche quando non ha tutto ciò che vuole. Un individuo che non viene allenato alla frustrazione sviluppa problematiche, tra le quali un tratto narcisistico della personalità basato su una profonda insicurezza, alla quale potrà sopperire solo ottenendo ciò che vuole, a ogni costo. Anche se non è meritato, anche se significa obbligare gli altri a fare ciò che non vorrebbero, anche se deve estorcere ciò che vuole… perché il meccanismo inconsapevole a cui risponde è: - riempire quel vuoto interiore che avverte (la frustrazione) se non può avere ciò che vuole - tenere lontana la sensazione di insicurezza che lo assale, se non può far andare le cose esattamente come vuole. Se non ha il controllo assoluto della situazione. Non stiamo parlando di capricci, insomma, ma dell’impossibilità che l’individuo ha nel tollerare una situazione che non gli garantisce di avere ciò che vuole e dei comportamenti che mette in atto al fine di ottenere ciò che vuole. Proprio per questo non intesse relazioni basate sull’empatia emotiva, ma mantiene un distacco affettivo dall’altro, chiunque esso sia, perché il suo scopo è ottenere, non condividere. E siccome una relazione sana è possibile solo tra due individui capaci di empatizzare emotivamente l’uno con l’altro, che vogliono il bene proprio ma anche quello dell’altro, gli individui con un tratto narcisistico della personalità molto sviluppato non sono in grado di intessere una relazione sana. Loro malgrado, guidati esclusivamente dall'empatia cognitiva, mettono in atto comportamenti finalizzati a cercare di riempire quel vuoto interiore che non si colmerà mai, essendo un “difetto” strutturale. Avendo questa insicurezza interiore strutturale, devono continuamente trovare conferma negli altri, a ogni costo, per non crollare. Ma chi sono questi “altri”? Abbiamo detto che un individuo che ha uno spiccato tratto della personalità narcisista non è in grado di empatizzare emotivamente e, quindi, è tendenzialmente anaffettivo. Non può quindi trovare ciò che cerca in “un suo simile”, ma deve necessariamente relazionarsi con persone empatiche e affettive, cercando di non far loro capire che l’unico scopo che può perseguire è riempire il proprio vuoto “fagocitando” il pathos e l’affetto che gli altri possono dare. Ovviamente, per ottenere ciò che vuole, deve far sì che gli altri non s’accorgano del suo vuoto interiore. Deve giocare di “furbizia”. Gli altri, invece, sono le persone empatiche affettive, quelle disposte a condividere (appunto) pathos e affetto. Certo, chi ha problemi di dipendenza affettiva è più a rischio, ma non è una condizione sine qua non. Quelle che oggi finiscono manipolate sono persone la cui sicurezza interiore strutturale consente loro di dare e ricevere, di mettersi in gioco in una relazione che costruisca ben essere per entrambi stabilendo un equilibrio tra il dare e il ricevere. Sono persone che non hanno bisogno di riempire vuoti incolmabili e, quindi, nemmeno di mettere in atto strategie per ottenere l’attenzione dell’altro. Sono persone INGENUE, nell’accezione ancestrale di questo termine che sempre più spesso viene usato in senso dispregiativo anziché per il suo reale significato etimologico: ingenuus (nativo, naturale, che nasce da dentro). L’ingenuità è la disposizione d’animo di chi si comporta con sincerità, spontaneamente, perché non concepisce malizia e inganno. È la persona genuina. Ecco, quindi, cosa è successo e sta succedendo: la sottocultura dominante narcisista, attraverso l’inganno, è stata in grado di diffondere la convinzione che la furbizia sia una virtù e l’ingenuità-genuinità sia un difetto. Sottocultura che ha preso e sta prendendo sempre più spazio perché agisce per l’appunto con l’inganno, inducendo malessere agli ingenui. Il furbo vince sulla persona genuina. Non ci sentiamo forse stupidi quando una persona ci inganna? Quando in una relazione di qualsiasi genere (amore, amicizia, lavoro, parentela) diamo tutto ciò che possiamo affinché funzioni, e ci ritroviamo invece sempre a sentire di essere usati (o, peggio, abusati)? Questo succede perché la comunicazione perversa diffusa dalla sottocultura dominante ha stravolto il significato del termine “ingenuo” e di conseguenza la percezione del concetto insito. Ha lentamente manipolato la nostra percezione, inducendoci a pensare che chi non fa il furbo sia uno stupido. Chi finisce in una relazione malsana è stupido. Non è più “colpa” di chi inganna, ma di chi finisce ingannato. Perché tutta questa manfrina? Perché vorrei che vi tornasse in mente, ogni volta che vi sovviene di attribuire stupidità a una persona che secondo voi non è stata abbastanza furba da accorgersi che un manipolatore la stava manipolando (uomo, donna, non cambia… sto scrivendo di getto, non fatene una questione di genere). Quella persona sta soffrendo, perché è una persona empatica affettiva e genuina. Affettivamente onesta. E si è trovata ad avere a che fare con una persona anaffettiva, incapace di empatizzare, che ha messo in atto comportamenti manipolatori al solo scopo di innalzare la propria autostima fagocitando la sua. Non accentuiamo la sofferenza del genuino. Non contribuiamo a farlo sentire colpevole di essere una persona genuina. Allo stesso modo, non spariamo a vista su chi non è in grado di empatizzare affettivamente per i motivi che vi ho raccontato sopra: non può essere diverso, non ne ha proprio possibilità. E, allora, come se ne esce, direte voi? Non ho una risposta. Non c’è una risposta. C’è il modo di provare, da persone genuine, a evitare di entrare in relazione con un narcisista patologico o imparare quanto meno a gestirlo, andando a conoscere le caratteristiche di comportamento delle persone portatrici di quel disturbo della personalità. Disturbo… Anche a fronte dei dati e degli articoli accademici, ho personalmente la convinzione che la deriva narcisista della società sia inevitabile e che quel disturbo sarà sempre più frequente, considerando lo stile educativo medio che abbiamo e la manipolazione in senso narcisistico a cui tutti siamo sottoposti per mano del sistema consumistico. Basti pensare alla pubblicità: basando il concetto di felicità sull’apparenza e dicendoci che siamo fighi solo se possediamo certe cose o facciamo certe cose, ci insinua costantemente un vuoto interiore per farci sentire inadeguati e bisognosi di un dato prodotto per sentirci appagati. Sempre che possiamo permettercelo... e fatto salvo che, quando abbiamo quel prodotto, ce n’è già un altro da conquistare e quello che abbiamo non basta più a riempire il nuovo vuoto. Ecco perché, sempre più spesso, abbiamo la sensazione che gli altri vogliano fotterci… Perché è vero. Perché stiamo tutti evolvendo in termini narcisistici. Perché siamo guidati tutti dalla convinzione che sia meglio essere furbi, che ingenui. Pensateci, nell'educare i vostri figli. Allenarli alla frustrazione è l'unico modo per evitare che crolli loro addosso il mondo, la prima volta che le cose non andranno come vorrebbe. Dire no, dando attenzione al loro sconforto del momento, è il modo più positivo per favorire il loro ben essere e la formazione di una personalità equilibrata, capace di sostenersi autonomamente. La chiudo qui, ma vi allego il link a questo articolo che mi sembra usare un linguaggio fruibile a tutti e poter essere molto utile per fare un po’ di chiarezza riguardo a un fatto che riguarda ognuno di noi, anche chi pensa di essere “immune”, chi pensa di essere troppo furbo per cadere in una relazione tossica e chi pensa di non essere narcisista. Lo siamo tutti, chi più e chi meno, e abbiamo tutti a che fare con persone che lo sono. Se vi siete già stancati (con tutto il mio blaterare) salvatelo e andate a leggerlo a mente fresca... o quando vi sentirete stupidi. IL NARCISISMO COME CARATTERE COLLETTIVO/PSICONLINE.IT
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GRAZIA SCANAVINI
Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Blog con intento educativo per favorire l'emancipazione dalle relazioni tossiche
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