![]() È successo che un paio di mesi fa, solo dopo parecchio tempo, mi sono resa conto che una ragazza con cui interagivo spesso su Facebook è non vedente. L'ho scoperto perché sotto a un post di un amico comune, lei ha fatto una battuta ironica sulla propria cecità. Voi direte: embè? Embè per me è stata una botta emotiva perché in quel frangente mi sono accorta che loro esistono. Brutta detta così, vero? Ma uso questa espressione solo per dire che io non mi ero mai resa conto che tra chi mi legge potessero esserci persone ipovedenti o non vedenti, e quindi la cieca nei loro confronti ero io. In timeline non mi passavano i post pubblicati da Giulia e, quando ci trovavamo a interagire, niente mi aveva fatto pensare a una disabilità: avevo sempre e solo colto brillantezza mentale, voglia di conoscere, spiccata sensibilità, empatia costruttiva, gioia di vivere cose e positività, non sempre scontate nemmeno in una ragazza giovane quale è lei. La cosa fantastica è che quella battuta che ho letto sotto al post dell'amico in comune mi ha messa spalle al muro e mi ha obbligata a chiedermi: e adesso? Come mi comporto nei suoi confronti? Riuscirò a non trattarla diversamente? Domanda sciocca lo so, mi ci sono sentita, però non avendo esperienze dirette con persone non vedenti, mi è venuta spontanea. Non volevo farla sentire diversa perché credo che il non plus ultra sarebbe proprio che nessuno facesse sentire diverso qualcun altro, però la diversità è un fatto oggettivo, quindi ho deciso di sfruttare la brillantezza mentale che avevo riconosciuto in lei e le ho chiesto di aiutarmi a capire cose, di dirmi se ci fosse un modo per favorire la visione dei contenuti social alle persone non vedenti. Ve ne dico una, che mi piacerebbe davvero prendeste tutti in considerazione: quando pubblichiamo post in cui scriviamo cose riferite all'immagine che alleghiamo, loro non vedono l'immagine... ci avevate mai pensato? Io no. Giulia mi ha spiegato che cliccando OPZIONI, sull'immagine, avrei trovato la dicitura MODIFICA TESTO ALTERNATIVO e, aprendola, avrei scoperto che un sistema automatico descrive sommariamente l'immagine. Il che è una cosa fantastica, non fosse che il sistema è piuttosto povero e schematico: poche parole, spesso non proprio indicative e per niente specifiche. Una sorta di elenco scarno delle cose che si vedono, a volte sono riportate le parole se l'immagine ne contiene, ma davvero poco. C'è però la possibilità, come appunto riporta la dicitura, di modificare il testo e narrare l'immagine a proprio piacimento. Sono partita con grande entusiasmo e per ogni foto che pubblicavo modificavo il testo alternativo in modo che Giulia, o chi come lei fosse impossibilitato a guardare l'immagine, potesse comunque "vederla", coglierne il significato. Pensate a quanto sono impattanti le immagini, a quanto sia predominante il loro utilizzo sui social e nel web in generale, e quanto sia quindi escludente non poterle vedere. Dicevo che sono partita con grande entusiasmo, anche per la stima che mi lega a Giulia. Entusiasmo che in qualche modo è diventato frustrazione quando magari pubblicavo un post e mi dimenticavo di modificare il testo, quindi poi vedevo il like di Giulia e mi sentivo in difetto per non averle dato la completa fruibilità del post. Entusiasmo che è diventato pesantezza quando, durante qualche giorno di viaggio, pubblicavo post contenenti molte fotografie: frustrazione perché descrivere certe immagini richiede tempo e se pubblichi -che ne so- dieci immagini, sono due palle eh. Quasi da manuale di psicologia, ho rimosso il testo alternativo dalla mente e non l'ho più modificato. Dopo qualche giorno dal rientro, mi sono resa conto di questa cosa. Così, improvvisamente, come se mi avessero dato una botta in testa: avevo pubblicato una foto poco prima, poi ero uscita, e mentre facevo al spesa ho pensato che se Giulia avesse incontrato quel post, in cui la battuta ironica senza la foto non avrebbe voluto dire un bel niente, non avrebbe avuto la possibilità di capirla. Fatto sta che Giulia mi ha scritto dopo poco per un'altra cosa e io le ho detto di questo mio default, questo mio aver mandato all'oblìo il testo alternativo. E l'ho ringraziata perché lei, con la sua presenza e la sua apertura crescente nel parlare del problema, mi sta educando. Non solo insegnando cose. Mi sta educando con la sua gentilezza, con la sua ironia, con la sua capacità di essere sempre pronta a costruire Bellezza. E io lo so che non è facile. Anche provando a mettermi nei panni di chi non può vedere, sono certa di non percepire nemmeno una minima percentuale della difficoltà che questa disabilità induce. Usare la parola disabilità mi piace davvero poco e mi mette sempre in imbarazzo, anche perché sono abituata a considerare le diversità come caratteristiche, non come mancanze. E credo che se tutti le considerassimo caratteristiche, potremmo avere un comportamento più inclusivo: io di Giulia, ad esempio, non ho avuto mai la sensazione che mancasse in qualcosa, anzi, vede molto di più lei di tante persone che hanno gli occhi buoni. Semplicemente ha questa caratteristica diversa dalla media, che io almeno in parte posso corrispondere descrivendo le immagini. Il che è anche un ottimo esercizio per imparare a descrivere cose o scene. Io vivo scrivendo ma le prime volte in cui mi sono messa a modificare il testo alternativo mi sono sentita davvero un'inetta, mi chiedevo se le parole che stavo usando sarebbero riuscite davvero a far vedere a Giulia ciò che l'immagine mostrava. Vi ho raccontato tutto questo perché sono ben felice che l'incontro con Giulia mi abbia permesso di vedere un lato di mondo che non avevo mai preso in considerazione non perché non volessi, ma proprio perché non ci avevo mai pensato. Adesso che so, perché non dovrei prendermi cinque minuti a immagine per favorire chi non ha quella fortuna di vedere che noi tutti diamo ovviamente per scontata, ma non lo è? Questa delle immagini è solo una considerazione che Giulia mi ha smosso, perché poi ho iniziato anche a riflettere sulla relazione tra il non vedere e gli argomenti che io tratto per lavoro: come vivono la sessualità e la sensualità, ad esempio. Pensate a quanto importante sia per noi, negli approcci, l'esteriorità, quello che si vede da fuori. Pensate a quanto tempo dedichiamo all'apparire in un certo modo, all'abbinamento dei colori, al trucco, al colore dei capelli, le diverse sensazioni che percepiamo a seconda dei colori di un dato contesto... mille cose che concorrono al farci piacere più o meno agli altri, a farci percepire per come ci sentiamo, anche. Io che parlo di Capitale Erotico, ad esempio: vero che non si basa banalmente sull'apparenza ma anche quella ha il suo ruolo, e come potrebbe quindi sfruttarlo una persona non vedente? Ma di questo riparlerò quando avrò approfondito di più gli studi al riguardo. Intanto volevo condividere con voi questa cosa delle immagini e di ciò che possiamo fare tutti per favorire chi non vede: non costa nulla, qualche minuto di tempo, ed è pure un buon esercizio per migliorarci nel descrivere le cose. E aggiungo una cosa: io non ho cambiato la mia percezione rispetto a Giulia. Sono meno spontanea, sì (me lo dice lei perché poi è tosta la ragazza eh! Non me ne perdona una!), ma solo perché mi sono dovuta riconsiderare in una cosa che non conoscevo, e io vivo di paturnie, tutto qui. Non la esalto perché non ci vede, la esalto perché è una gran bella testa tosta. (mi sono riferita a Facebook, ma anche altri social -come Twitter e Instagram, ad esempio- concedono la modifica al testo alternativo) |
GRAZIA SCANAVINI
Ricercatrice Educatrice umanista Counselor filosofica Accanita divoratrice di film, libri, serie tv e... di Vita. Blog dedicato a fatti, film, libri, serie tv e cose belle.
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