![]() Avendo una mutazione genetica di un fattore della coagulazione, non potevo assumere anticoncezionali per il rischio di trombosi, quindi chiesi al ginecologo di poter chiudere le tube. La legge non mi consentiva la legatura chirurgica, perché comunque non rientravo nelle specifiche che deve avere una donna per poterlo fare: ero giovane, non avevo ancora tre figli, bla, bla, bla. Mi propose allora di posizionarmi un dispositivo che andava inserito dall'esterno. Dispositivo della Bayer, nome commerciale #Essure. Mi spiegò che consisteva in due dispositivi fatti praticamente come una vite autofilettante, avete presente? Passando attraverso la vagina e l'utero, in isteroscopia quindi, venivano inseriti questi due dispositivi nelle tube che, per la loro conformazione, nell'essere inseriti andavano a tagliare la parete interna delle tube e il tessuto di cicatrizzazione sarebbe cresciuto attorno al dispositivo inglobandolo, inducendo così la chiusura del lume tubarico. Me lo presentò come la soluzione ideale, essendo che così veniva presentato al SSN: nessun intervento, pratica ambulatoriale in assenza, praticamente, di rischio. Unica cosa, controllo isteroscopico dopo qualche tempo, che io però non potei fare perché allergica al mezzo di contrasto. Vabbè, comunque i dati davano percentuali alte di successo, quindi decidemmo di farlo. Dieci minuti di ambulatorio e di dolore assurdo, perché veniva fatto senza anestesia, ma tutto bene. Era il 2014. Esattamente un anno dopo mi sorge un problema ai piedi e alle caviglie: si gonfiano, tumefazione proprio, si arrossano, prudono. Un dolore continuo alle articolazioni corrispondenti, robe da tirar giù tutti i santi quando appoggio il tallone a terra. Mi diagnosticano un eritema nodoso ad eziologia sconosciuta. Malattia autoimmune, dicono. Di quelle che se ti toccano, te le tieni e basta. Cortisone e antinfiammatori come a bere acqua: nonostante le terapie, il problema si diffonde a tutto il corpo, a tutte le articolazioni. Non c'era nulla che non mi facesse male nel muovermi, ma pure stando ferma. A fine 2016 ero arrivata al punto che anche solo per bere dovevo chiedere di versarmi l'acqua perché non ero in grado di sollevare una bottiglia. Avevo preso più di venti kg, avevo la febbre due giorni su tre, la nausea costante, mal di testa fisso, non riuscivo più a concentrarmi, non potevo camminare per la stanchezza devastante, ma dicevano fosse colpa della depressione e della sensazione di morte imminente che mi dava la malattia autoimmune. E sempre per il concetto del "ce l'hai e te la tieni" mi vennero prescritti degli antidepressivi, che non presi. Detesto quella roba. Un sabato pomeriggio stavo come ormai solito stesa in divano (dentro a un container, che pare superfluo dirlo ma avevano dato parte di colpa del mio malessere pure a quello, mentre io ci vivevo benissimo). Stavo leggendo il giornale online e mi passa un articolo di cui mi colpisce l'immagine: il dispositivo. Scopro così che Erin Brockovich negli USA stava portando avanti la causa di migliaia di donne che, in seguito all'impianto di questo dispositivo, erano finite più o meno come me. Approfondisco: in tutto il mondo c'erano proteste contro questo dispositivo, da ancor prima che a me fosse impiantato. Il lunedì cerco il ginecologo. Era all'oscuro di tutto, come me. Si prende il tempo di fare ricerca, mi vede qualche pomeriggio dopo e mi dice con molta comprensione che è scettico sul fatto che questo dispositivo possa fare tanti danni, però data l'evidenza dell'incidenza, si rende disponibile a operarmi per levarli, se io sono disponibile a fare da cavia, perché lui non li ha mai rimossi, non esiste un protocollo per la rimozione che è estremamente difficoltosa perché, essendo il dispositivo composto di filamenti di nickel e PET, quando li vai a sfilare, si rompe. E quindi, se all'interno dell'utero poi si disperdono filamenti, è come se tu non lo avessi tolto. In sostanza lui si affida alle indicazioni di un medico americano che è l'unico ad aver avviato una vera e propria campagna informativa sia per le pazienti che per i medici. Studia l'intervento e a Marzo 2017 entro in sala operatoria. Ci entro incrociando le dita a tutti gli effetti: già di mio sono a rischio per quel fattore della coagulazione, sono ingrassata venti kg, quindi le difficoltà sono aumentate, ho l'emoglobina sotto i minimi sindacali e lui non ha mai fatto quell'intervento: ci affidiamo l'un l'altro. Prima di entrare, gli dico che se mi fa morire, tornerò a tirargli i piedi finché campa, ogni notte. Il rischio era quello: morire. Dopo tre ore e mezzo di intervento, e di lotta contro aderenze che mi si erano formate nell'addome, sospendono perché perdo troppo sangue ma l'intervento è riuscito. Un paio di giorni di coma praticamente, da morfina in vena ma dolore allucinante, la terza mattina mi alzo in piedi e sono NUOVA. Non ho un dolore che uno alle articolazioni. Forse ancora effetto morfina, mi dicono. Boh, io sto bene. Al successivo controllo qualche giorno dopo anche il ginecologo non vuole crederci: impossibile. Ma io sto bene. In pochissimi giorni riprendo a essere più o meno quello che ero prima di mettere i dispositivi. Ritorno a vivere. Adesso dovrei raccontarvi tutto quello che è seguito per fare causa a Bayer, ma vi annoiereste un sacco perché è il racconto di tre anni, e molti soldi, spesi a lottare contro muri di gomma nobile e disonesta. Compreso il nostro Ministero della Salute perché, alla mia richiesta di richiamare tutte le 7000 donne che hanno impiantato Essure in Italia per informarle (visto che io ne ero venuta a conoscenza per caso, altrimenti starei ancora là sul divano a farmi versare l'acqua e a pensare "sto andando a morire"), mi è stato risposto con mail ufficiale che gli studi sul dispositivo riportano una bassa incidenza di effetti collaterali. Mi è stato allegato pure lo studio, alla mail. Indovinate un po' chi ha fatto lo studio e chi lo ha finanziato? La Bayer! Mi sento leggermente presa per il culo: comincio a fare ricerche metodologiche a 360 gradi, sia sul piano giuridico sia su quello sanitario, e arrivo a concludere che tutte le ricerche si sono concentrate sulla componente di nickel mentre, con ogni probabilità, il problema è dato dalla componente di PET: la plastica delle bottiglie, per intenderci. Plastica che, a temperatura superiore a quella ambiente, rilascia ftalati che vanno a bloccare certe funzioni biologiche che non sto a spiegarvi per non annoiarvi. Considerando che il dispositivo all'interno del corpo sta a una temperatura media di almeno 37/38 gradi, il rilascio di ftalati è ininterrotto. Cosa a cui non ha pensato nessuno, direte voi, prima di approvare il dispositivo e commercializzarlo? Uh, ci hanno pensato sì, visto che in The Blending Edge (docu di Netflix) viene mostrato in video il momento in cui la FDA approva e uno dei membri chiede agli altri, scherzando, se sono consapevoli che un giorno potrebbero finire tutti ammanettati. Ridono, firmano. Nei mesi successivi all'espianto ho portato avanti la battaglia su diversi fronti: la ricerca, il percorso legale, la richiesta al Ministero che venisse fatta un'indagine sulla composizione del dispositivo da parte dell'Istituto Superiore della Sanità. Li ho anche contattati personalmente. Ho ricevuto molte promesse. Promesse, appunto. Ad oggi io ho una perizia medico-legale che prova il nesso tra il dispositivo e la sindrome, magicamente sparita dopo la rimozione. La sfiga è che non posso chiedere una mattata di soldi di risarcimento perché la perizia psicologico-giuridica ha detto che ho un carattere altamente resiliente (un livello di ansia che la psicologa non aveva mai visto in vita sua tanto è basso) che mi ha consentito di superare in maniera piuttosto brillante il trauma. Cosa bellissima, no? Per me sì. Di bruttissimo invece c'è che migliaia di donne hanno questo dispositivo in corpo, magari stanno come stavo io, ma nessuno le ha informate. Forse stanno sul divano a sentirsi morire e io spero che capiti loro di leggere queste mie parole. Non chiedo mai a nessuno di condividere nulla ma questo mi piacerebbe che diventasse virale, sì. Perché qualsiasi donna conoscete potrebbe averlo in corpo ed essere all'oscuro di tutto. Preme specificare: -fin da subito, non avendo uno studio scientifico che prova la colpevolezza di Bayer, la mia posizione è stata ed è questa: DI CHI È LA COLPA? Della multinazionale che opera come in altri casi già sapendo di arrecare danno ma sceglie il guadagno, che sarà sempre superiore alla spesa di risarcimento? Ogni dispositivo costa 1700€, ci capiamo no? In Italia gli impianti sono stati pochi, ma nel mondo si parla di milioni di impiantate. O è del SSN, che prende per buono ciò che Bayer autocertifica e mi propone l'impianto come sicuro? -per questa questione io ci persi il lavoro, nel senso che a quei tempi io collaboravo con Starbene della Mondadori, rivista di salute. Proposi loro un'inchiesta sul dispositivo, mi venne accordata, iniziai il lavoro con una collega di New York, ma qualche dopo arrivò uno stop dalla redazione: Bayer è inserzionista del giornale per una cifra cospicua, quindi l'inchiesta non si fa. Mi sono "licenziata": non collaboro con una testata sulla salute che dà priorità alla questione economica. Lo so, funziona così, ma non io. -alla rimozione, ho chiesto che dopo l'istologico mi fossero consegnati i dispositivi (volevo farli analizzare): sono andati persi, ci spiace. -la questione è talmente complessa che servirebbero centinaia di pagine per fare una disamina esauriente. Ho quindi omesso moltissime cose al riguardo, tipo che comunque Bayer ha ritirato Essure dalla vendita e che ne è stato vietato l'impianto, in seguito alle cause avviate; tipo che si stanno susseguendo dinamiche di class-action ma non ci vedo chiaro e quindi ho scelto di portare avanti la mia battaglia personale con le mie sole forze, il che significa anche migliaia e migliaia di euro in avvocato, opposta a una multinazionale che non si presenta in sede di confronto; tipo che nel frattempo mi sono dedicata a supportare e assistere per quel che posso le donne che mi hanno contattata dopo che nel 2017 ho pubblicato i post informativi; ecc. In sostanza, questo post è un'infarinata di una questione complessissima. Che sarebbe estremamente semplice se le Istituzioni si prendessero la responsabilità che hanno. In ultimo, poi giuro che chiudo, vi invito a pensare che anche questo è un qualcosa che tocca le donne in quanto donne, e basta. Donne che si sono dimostrate consapevoli, che hanno provato a fare quel che i perbenisti sbattono in faccia in continuazione: "Il modo per non avere figli c'è, per evitare di ricorrere all'aborto". A me è andata bene, sono resiliente dice la perizia, ma moltissime donne ci hanno rimesso l'esistenza, non sono riuscite a riprendersi psicologicamente, qualcuna anche in senso fisico. Morte. Insomma, non è scritto da nessuna parte che il dispositivo faccia male. Milioni di donne in tutto il mondo si stanno sentendo rispondere questo. (perdonate eventuali errori nel post ma non lo rileggerò: ogni volta che parlo di questa cosa mi piglia lo schifo, nonostante io sia resiliente) Edit 20/08/2020 Apprendo oggi che pochissimi giorni fa Bayer ha istituito un fondo risarcimento danni relativo al dispositivo #Essure in USA. Non che questo cambi granché nel problema principale, fatto salvo che l'istituzione di un fondo risarcimento è un riconoscimento di responsabilità, almeno ai miei occhi, che diventa indicativo che si è trattato dell'ennesimo gioco: produco, vendo e impianto, sapendo di essere lesivo, tanto quanto dovrò andare a risarcire la cifra non sarà mai superiore al guadagno che ne ho tratto. Permane la tristezza riguardo al fatto che il Ministero della Sanità italiano in tutto questo sia stato quindi inefficace nel valutare la fattibilità della messa a disposizione del dispositivo e nel tutelare a danno avvenuto. E rimane in silenzio, ancora oggi. Alla luce dell'istituzione del fondo risarcimento in USA, non sarebbe dovuto l'intervento del Ministero a tutela di tutte le impiantate italiane?
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